In uno dei miei primi pezzi di questa serie (“Censura #”), dove ancora scrivevo principalmente della mia personale vicenda con Blogger, feci la previsione (facile in effetti) che non sarei stato l'ultimo a soffrire del nuovo giro di vita sulla libertà d’espressione della UE.
In effetti “gufai” a un altro paio di bloggatori, che hanno la pazienza di leggermi, che presto sarebbe toccato anche a loro: se ben ricordo ipotizzai che questo sarebbe accadutro in autunno, dando un po' di tempo dal ritorno dalle vacanze dei parlamentari europei.
Infatti non consideravo il mio caso come un malaugurato episodio isolato ma, invece, come la conferma di una tendenza repressiva che da anni osservavo, temevo e avevo previsto.
La vittima della censura questa volta è stato Marco Poli sul suo ghiribizzo Correndo sull’orlo del boccale. I dettagli della vicenda li spiega lui perfettamente nel pezzo C19/N – Blogger ( Google ) ha cancellato il post del 26 agosto su Mario Draghi, qui volevo invece limitarmi alle similitudini col mio caso e ad alcune riflessioni.
Beh, banalmente anche in questo caso il censore è Blogger: essendo però una tendenza generalizzata suppongo che le varie piattaforme di “blogging” si adegueranno a queste nuove direttive politiche sulla censura. Insomma, anche se non usate Blogger ma un’altra piattaforma, è solo questione di tempo…
L’accusa è stata la stessa della mia: aver diffuso informazioni “fuorvianti”. Ovviamente senza specificare quale e dove fosse il problema ma, paradossalmente, stava all’accusato scoprirlo e correggerlo. È come se una persona venisse accusata di essere un ladro e portata in tribunale a difendersi senza che venga specificato cosa abbia rubato: un’ovvia ingiustizia per chi crede che l'onere di dimostrare la colpa spetti all'accusa.
Come me Marco inizialmente sospettava che dietro alla censura ci fosse un’intelligenza, seppure maligna, che avesse riconosciuto nel suo testo un messaggio particolarmente pericoloso. Dopo qualche esperimento ha però verificato che, come nel mio caso, la censura era stata causata semplicemente dalla presenza di un collegamento proibito: evidentemente Blogger ha una lista nera di siti la cui condivisione porta automaticamente alla censura. Come dovrebbe fare il bloggatore a sapere, prima di essere censurato, se un sito appartiene o no a tale lista non è dato conoscerlo.
Come mai tutta questa ambiguità e mancanza di trasparenza? In parte per motivi tecnici (non è facile, neppure per le IA attuali, interpretare un testo), in parte per motivi legali (fornire dettagli specifici porterebbe a un’esplosione di ricorsi in tribunale) e in parte perché il vero motivo di queste inadeguatezze è quello di poter censurare a piacimento senza regole chiare. Questa mia teoria, specialmente l’ultima motivazione, è confermata dal disinteresse (apparente) della politica a obbligare le piattaforme di “blogging” (ma anche di altri servizi come le reti sociali) a essere specifici quando accusano un loro utente di qualcosa.
Questa è la tendenza: la UE, dopo averci donato mille anni di pace, adesso ci proteggerà sempre di più dalle bufale in contrasto con l’unica verità.
La situazione non andrà a migliorare ma a peggiorare.
Temo ancora che in autunno ci sarà un ulteriore giro di vite: magari non sarà la presenza di un semplice collegamento a stabilire se un pezzo debba essere censurato, ma saranno delle IA, poliziotte della verità. E allora questo ghiribizzo (e tanti altri) verrà chiuso in pochi giorni...
La faida
5 ore fa
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