Di solito premetto sempre che devo scrivere di Rogers immediatamente perché non posso prendere appunti direttamente sul libro come faccio usualmente. Ieri ho letto qualche nuova pagina ma non mi era sembrata particolarmente interessante.
Oggi mi sono chiesto che cosa mi ricordavo di quanto letto ieri: sul momento niente! Poi, pensandoci qualche secondo, mi è venuto in mente l’argomento generale e, a seguito, il passaggio che mi aveva più colpito.
Da questo punto di vista il tempo e lo spazio si assomigliano: allontanandosi fanno perdere dettagli ma migliorano la visione d’insieme.
Il nuovo capitolo è basato su una conferenza che Rogers tenne nel 1960 (*1) a degli scienziati. Forse proprio per questo cercò di essere più analitico del solito nella sua esposizione (non ho finito di leggerla ma ho notato che è molto strutturata).
Il passaggio che mi ha colpito è la spiegazione del funzionamento della psicoterapia. Nei capitoli precedenti aveva più volte affermato la necessità di essere comprensivi, franchi e non giudicanti verso il paziente. Addirittura non si deve neppure cercare di guidarlo verso quello che pensiamo essere il suo bene (*2). Ma allora come fa a migliorare?
Nei capitoli precedenti questa parte mi era parsa un po’ fumosa ma qui Rogers si sforza di definire più chiaramente il meccanismo.
Adesso mi farebbe comodo il libro ma continuiamo a vedere come vado a memoria.
Il paziente deve rendersi conto che è compreso e non giudicato dallo psicoterapeuta comprensivo: questo è un altro punto che va specificato. Quello che conta è la percezione che il paziente ha del dottore, non la realtà. Rogers dice che il dottore deve essere franco solo perché il paziente prima o poi si accorgerebbe dell’incongruenza. E con “congruente” intende una persona che si esprime in maniera allineata ai propri sentimenti. È una coerenza del dire e agire col proprio sentire. E affinché questo sia possibile è necessaria l’autocomprensione di se stessi. Scusatemi la digressione infarcita di nozioni.
Il paziente sentendosi compreso e accettato dal dottore inizia a sua volta ad accettare se stesso: a non vergognarsi delle proprie pulsioni, desideri o debolezze. Emozioni che magari reprimeva non ritenendole degne di essere ascoltate o magari semplicemente “sbagliate”.
Questa possibilità di ascoltarsi è importante perché è il primo passo verso l’autocomprensione: essere consapevoli delle proprie emozioni e riconoscerle per quel che sono è necessario per capire e accettare se stessi.
Questo permette al paziente di capire “dove si trova”: una volta che si ha la propria posizione è possibile iniziare a evolversi nella direzione che vogliamo. Di nuovo qui è importante che il paziente sia pienamente consapevole delle proprie emozioni per poter capire che cosa effettivamente desideri.
Per Rogers si tratta quindi di un processo di autoguarigione in cui il ruolo dello psicoterapeuta è limitato a dare al paziente sicurezza facendolo sentire compreso, non giudicato ma accettato per quel che è.
Come al solito io sono rimasto un po’ perplesso: lo psicoterapeuta mi sembra una specie di “mamma comprensiva” solo senza gli abbracci e gli sbaciucchiamenti.
Di nuovo (v, le mie perplessità in Sulle relazioni) ho la sensazione che questo approccio non tenga conto del paziente, di quali siano le sue specifiche esigenze.
Perché il paziente ha bisogno dell’approvazione del dottore? Perché nessuno nella società pare comprenderlo, accettarlo etc.
Sembra vi sia quindi un bisogno di una validazione dell’esterno di se stessi. La persona si valuta in base al riflesso della percezione che la società ha di lei.
Ora, fermo restando che questa necessità un po' la hanno tutti, quello che cambia è la forza di questa esigenza. Io per esempio sono a un’estremità di questa fascia di variabilità.
Per me la società è fatta da una massa di idioti immaturi: cosa volete che mi interessi della loro approvazione! Per questo non mi preoccupo di essere vestito “male”, di avere i calzini spaiati, di non essermi fatto la barba o di essere completamente spettinato (*3).
Poi, certo, anch’io mi irrito quando mi accorgo, per esempio, che le poche donne che mi piacciono non mi apprezzano, non mi vedono per quel che sono. Ma è solo questo, una vaga irritazione che non mi spinge a cercare di essere ciò che non sono.
Ecco diciamo che anche a me piacerebbe l’approvazione della società ma, contemporaneamente, la sua mancanza mi lascia indifferente. Per altre persone evidentemente è il contrario: l’approvazione altrui è l’unico metro con cui misurano la qualità e il valore della propria vita: sono quello che gli altri vedono in loro. In pratica sono congruenti non con loro stessi ma con il giudizio esterno dei propri conoscenti. Ovvio che questo modo di comportarsi crea in loro una disarmonia quando non un vero e proprio conflitto con la propria interiorità: inascoltata perché la sottomessa alle superficiali aspettative delle altre persone.
Ma questo esempio prova il mio punto: per certe persone questo tipo di terapia sarà utilissima ma per altre sarà praticamente inutile. Ora tanto per capirsi, probabilmente, le persone come me sono una forte minoranza rispetto a quelle che, semplificando, si schiacciano sulla visione che gli altri hanno di loro. Questo non significa che la terapia funziona il 90% delle volte ma che il 90% delle volte i pazienti sono del tipo “giusto” (*4).
Insomma questa terapia è un po' come una medicina: serve solo a coloro che hanno una specifica malattia: gli antibiotici sono utili a chi ha un'infezione batterica ma non a chi ha un virus...
Ah! ho scritto a memoria: non escludo quindi di aver infilato qua e là un po’ di KGB: insomma valutazioni mie e non di Rogers. Ma il succo penso di averlo spiegato bene…
Conclusione: e questo è più o meno quello che ricordo di quanto letto ieri con in più la mia "usuale" critica...
Nota (*1): buffo come ricordi facilmente i numeri mentre fatichi con i nomi propri (di cui di solito ricordo solo la prima lettera o poco più!).
Nota (*2): quello che sarebbe il mio approccio INTP!
Nota (*3): quando avevo i capelli si intende!
Nota (*4): percentuale scritta a caso! E che include anche le persone per le quali questo tipo di terapia è un aiuto. Non so: per un 30% di pazienti sarà l’ideale e diverranno persone “nuove” grazie a essa ma per un 60% sarà un qualcosa di utile ma non altrettanto efficace. Sempre percentuali a caso ovviamente.
alla prima stazione
1 ora fa
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