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lunedì 1 maggio 2023

Ding Liren

Ding Liren è da ieri il 17esimo campione del mondo di scacchi!

Dopo quattordici partite classiche (di quelle lente, una al giorno; per esempio la quattordicesima è durata oltre 7 ore!) lo scontro si è deciso all’ultima partita del “tie break”, ovvero alla quarta partita semilampo (della durata complessiva di circa 1 ora l’una).

Ho seguito più o meno distrattamente tutte le partite così come l’ultima giornata di spareggio e, credo, di essermene fatto una buona idea.
I due giocatori, Ian Nepomniachtchi e ovviamente Ding, erano di forza praticamente pari e questo spiega come mai l’incontro è stato così in equilibrio. Personalmente ho creduto fino all’ultimo che alla fine Nepomniachtchi avrebbe prevalso: Nepomniachtchi infatti aveva già perso due sfide per il titolo mondiale contro Carlsen ed ero convinto che queste esperienze su come gestire le forze, prepararsi, essere pronto a sostenere la tensione etc. gli avrebbero fornito un vantaggio decisivo.
Inoltre, se avevo capito bene, Nepomniachtchi sarebbe stato molto avvantaggiato nello spareggio finale che si sarebbe giocato in partite rapidissime (più o meno dieci minuti complessivi ciascuna) e che, praticamente, sono quasi un gioco diverso.

A parte questo Nepomniachtchi mi aveva dato la sensazione di essere più forte: più volte aveva raggiunto una situazione di vantaggio, talora anche decisivo, e poi se l’era fatta sfuggire via.
Ovviamente si può dare una lettura ambivalente a questo andamento: si potrebbe anche dire, come probabilmente fa la maggioranza degli esperti, che Ding è stato ancora più bravo a resistere e a sopravvivere. È un’opinione legittima.
Io però parto dall’idea che gli scacchi sia un gioco che finisce in pareggio se non ci sono errori. Cioè si può andare in vantaggio solo se l’avversario commette degli errori.
Quando la situazione è pari anche degli errori piccolissimi, delle imprecisioni, sommati fra loro possono permettere all’avversario di costruire lentamente il proprio vantaggio. Questo è insito nel gioco e inevitabile.

Quando però uno dei due contendenti è già in forte vantaggio, affinché la situazione si ribalti, è necessario che chi sta meglio commetta degli errori significativi, spesso delle vere e proprie sviste.

Le partite che si pareggiano (o a maggior ragione che si ribaltano) dopo che una parte è andata in vantaggio sono quindi caratterizzate da più errori rispetto a quelle che dall’equilibrio si spostano lentamente in favore della parte che poi riesce a vincere.

Alla fine questo numero maggiore di errori è solo in parte provocato dalla strenua resistenza dell’avversario che sta peggio: la loro origine è soprattutto psicologica, oppure è legata alla stanchezza o alla preparazione fisica. Qualcosa che insomma, secondo me, esula dall’ideale degli scacchi anche se, indubbiamente, sono fattori che fanno parte degli scacchi competitivi.

Probabilmente proprio la maggiore esperienza di Nepomniachtchi gli è stata fatale: nel senso che almeno un paio di volte ha avuto paura di vincere. Forse l’essere considerato favorito, senza considerare che fosse riuscito per tre volte ad andare in vantaggio di una vittoria, gli è pesato troppo. Al contrario Ding aveva, psicologicamente, meno da perdere.

Ovviamente poi sul titolo di Deng pesa l’ombra di Magnus Carlsen, nettamente il giocatore più forte, il quale ha semplicemente deciso di non difendere il proprio titolo.
Che dire? Non è la prima volta che il giocatore più forte non è il campione del mondo: altre volte è già successo. Ma del resto anche in altri sport è così: banalmente anche nel calcio la coppa del mondo o gli europei non sono sempre vinti dalla squadra più forte.
La differenza in questo caso è che Carlsen è MOLTO più forte del campione del mondo!
Però anche il comportamento di Carlsen è comprensibile: ormai aveva difeso con successo il titolo molte volte e non aveva da dimostrare di essere il giocatore più forte: quindi credo che abbia fatto bene a seguire il proprio istinto. Magari fra qualche anno ritroverà le giuste motivazioni e si riprenderà il titolo…

Conclusione: comunque bravo Ding Liren!

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