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venerdì 19 maggio 2023

Chiarificazione etica

Mesi fa un commento di Un.Uomo.In.Cammino al pezzo Solipsismo ontologico mi diede da pensare: diversamente dal mio solito (spero!), e sebbene solo in un commento dove in genere non ragiono molto, avevo scritto una sciocchezza.

In particolare avevo giustificato la Stato finlandese scrivendo: «In questo caso io credo che il governo finlandese volesse comunicare un messaggio che non era “questa è la nostra migliore donna pattinatrice” ma “dobbiamo considerare le transessuali come donne a tutti gli effetti”. [...] Si può discutere se il messaggio sia condivisibile o no ma di per sé è legittimo.»

Giustamente Un.Uomo.In.Cammino aveva prontamente replicato: «Uno stato liberale non deve essere un parroco, rabbino o mullah che impone sermoni e catechismo ai cittadini.»

E in effetti riconobbi immediatamente che aveva ragione: è proprio dello stato etico cercare di indirizzare la morale della popolazione non di uno liberale che lascia, per quanto possibile, ai singoli il diritto e dovere di stabilire cosa sia il proprio bene.

La questione comunque mi scombussolò alquanto: nella mia Epitome ho un sottocapitolo intitolato “Stato etico o liberale?” ([E] 19.4) in cui, appunto, accenno all’argomento e mi era venuto il dubbio di aver scritto qualche sciocchezza anche lì. Questo perché nella definizione della giustizia nella mia società utopistica in [E] 18.4 sembro, vagamente in realtà, per uno stato etico.
Avevo quindi diligentemente appuntato nel mio quadernone di riverificare il tutto alla luce della correzione di Un.Uomo.In.Cammino.

Finalmente oggi ero dell’umore giusto e mi sono tuffato nell’impresa. Per prima cosa ho controllato quali fossero i punti salienti del sottocapitolo [E] 19.4. Di seguito la mia sintesi:
1. Il mio è un approccio pratico (l’opposto di Rawls!)
2. Siccome il potere politico collabora per sua natura con gli altri poteri…
3. ...allora il pericolo sarebbe quello che la morale normata non sarebbe quella della popolazione ma degli altri grandi poteri:
4. ovvero il profittismo, cioè l’anteporre il profitto all’uomo.
5. Per evitare questo possibile pericolo meglio tagliare la testa al toro e optare per uno stato liberale che lasci massima libertà, anche morale, alla propria popolazione.

A complicare il tutto, come detto, c’è però il mio sottocapitolo [E] 18.4 dove fra la varie indicazioni davo anche la seguente (dalla versione “Sofia”): « - La legge dovrà essere basata sulla morale altrimenti, prima o poi, l’infrangerà: ovviamente vi dovrà essere sempre la consapevolezza che la morale non è immutabile ma che evolve nel tempo (v. 19.4). La legge, e quindi di nuovo il giudice, dovrà avere la capacità e il dovere di usare buon senso.»

Questo accenno al fatto di dover basare la legge sulla morale ha un “sapore” vagamente da Stato etico e quindi in [E] 19.4 spiegavo che in 18.4 descrivo uno stato ideale dove i parapoteri sono tenuti opportunamente sotto controllo e non hanno la capacità di influenzare il potere politico: non c’era quindi la possibilità di abusi che invece temevo nella situazione più realistica descritta in 19.4.
Eppure questa distinzione, sebbene corretta, non mi soddisfaceva più del tutto: infatti sembra quasi che in una situazione ideale io sarei favorevole a uno stato etico (con il “ma” di tener conto della costante evoluzione della morale popolare).

La soluzione è stata quella di aggiungere note e precisazioni sia in 18.4 che 19.4…
In 18.4:
All’indicazione « - La legge dovrà essere basata sulla morale altrimenti, prima o poi, l’infrangerà: ovviamente vi dovrà essere sempre la consapevolezza che la morale non è immutabile ma che evolve nel tempo (v. 19.4). La legge, e quindi di nuovo il giudice, dovrà avere la capacità e il dovere di usare buon senso.» ho aggiunto due note:
«Non per imporre una specifica morale al singolo ma per difendere quei principi morali fortemente condivisi dalla maggioranza della popolazione. In pratica si rientra nel principio che è possibile limitare la libertà del singolo solo per salvaguardare quella di molti.»
Questo per sottolineare come difendere la morale non sia esclusiva dello stato etico ma che, cercando di evitare ingerenze sulle libertà individuali, lo faccia anche lo stato liberale (per esempio provate a girare nudi per strada!).
e
«Potrebbe essere una buona idea che ogni legge che preveda considerazioni morali debba essere periodicamente riapprovata dal potere politico ogni certo numero di anni (magari una generazione, cioè circa 25 anni) con la consapevolezza che la morale della popolazione potrebbe essere cambiata e, quindi, essendo mentalmente preparati ad aggiornare se necessario anche la relativa legge.»
Questo per spiegare cosa intendo col dover “tenere presente” che la morale evolve nel tempo.

Ho anche aggiunto una nuova indicazione:
«- La legge, benché basata sulla morale, non dovrà mai cercare di fare proselitismo sulla popolazione: l’evoluzione etica della popolazione deve essere naturale e non guidata. Viceversa ai singoli e alle organizzazioni private dovrebbe essere lasciata la massima libertà di esprimere il proprio pensiero.»

Con la nota:
«Questo perché è sempre pericoloso affidare a un gruppo ristretto la responsabilità di stabilire in campo morale cosa sia meglio per tutti: sarebbe una pasticciata eterodirezione probabilmente controproducente.»

Precisazioni che mi sembrava giusto sottolineare anche se si tratta di concetti che, più o meno, avevo già ripetuto qua e là…

Invece in 19.4 ho lasciato invariato il mio approccio pratico e ho aggiunto (a parte piccolissime modifiche) alla sezione col “conflitto” con 18.4 la seguente nota:
«In realtà anche nel capitolo 18.4 la mia posizione è intermedia: le leggi dovrebbero essere sì basate sulla morale (concetto più da stato etico che liberale) ma tenendo conto che questa evolve nel tempo; inoltre lo stato non dovrebbe cercare di imporre specifiche idee morali alla popolazione (concetto tipico dello stato liberale).»

Nel complesso mi pare di aver “rattoppato” abbastanza la situazione: più che correggendo aggiungendo precisazioni e cercando di spiegare meglio il mio pensiero.

Mi viene adesso il dubbio che forse dovrei aggiungere in 19.4 una sorta di pensiero finale in cui spiegare che, anche in una situazione ideale (utopistica), sarei per un approccio sostanzialmente liberale col tocco di “etico” sullodato.
Del resto credo veramente nell’apoftegma (mio!) “Se la legge non è basata sulla morale prima o poi l’infrangerà” e, siccome penso che la legge deve riflettere il volere e il sentire della popolazione, credo che il massimo torto che le si può fare è permettere quella che sarebbero considerate ingiustizie perché contrarie al comune sentire (*1).

Conclusione: Nel complesso mi pare che la correzione di Un.Uomo.In.Cammino sia stata molto proficua perché mi ha portato a migliorare e chiarire una sezione decisamente approssimativa della mia Epitome: non per voler cavillare ma questo è un esempio indiretto dell’utilità dei commenti costruttivi...

Nota (*1): proprio oggi su Diamond ho letto un qualcosa che mi ha portato a una riflessione analoga: ora non voglio divagare ma, se me lo ricordo, vedrò di tornarci quando commenterò “Collasso”...

3 commenti:

  1. Sempre la vecchia diatriba tra junghiani (Sii ciò che sei!) e freudiani (Sii ciò che devi essere!).
    In realtà, come in ogni dilemma, la soluzione è paradossale: entrambe appartengono alla realtà e sono necessarie.
    UUiC

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  2. In quanto a stati etici: non di rado passano dalla utopia alla distopia.
    Se alcuni aspetti dell'umanità contraddicono quella teoria, segue necessariamente una disumanizzazione.
    Dalla padella alla brace.

    UUiC

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    1. È vero il pericolo della distopoa c'è sempre... ma non solo negli stati etici (anche se qui la possibilità di andare contro la propria popolazione è più alta) ma anche in quelli liberali: ho visto una bellissima intervista a Hobsbwam su Youtube e accenna all'argomento. Quando una superpotenza rimane senza rivali c'è il pericolo che vada in decadenza e questo è appunto ciò che è successo agli USA. Adesso abbiamo una democrazia che è un guscio vuoto e una libertà, subordinata al denaro, e comunque limitata fino a quando non disturba specifici desideri e volontà. Insomma ancora non siamo alla distopia ma ci manca poco: e i nostri politici ci stanno portando fra sorrisi e salamelecchi al disastro...

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