«[Figlio dell'uomo] Porgi l'orecchio e ascolta le parole di KGB
e applica la tua mente alla SUA istruzione
» Pv. 22,17

Qui si straparla di vari argomenti:
1. Il genere dei pezzi è segnalato da varie immagini, vedi Legenda
2. Per contattarmi e istruzioni per i nuovi lettori (occasionali e non) qui
3. L'ultimo corto è questo
4. Molti articoli di questo blog fanno riferimento a definizioni e concetti che ho enunciato nella mia Epitome gratuitamente scaricabile QUI. Tali riferimenti sono identificati da una “E” fra parentesi quadre e uno o più capitoli. Per esempio: ([E] 5.1 e 5.4)

domenica 5 dicembre 2021

Il fiato pestilenziale di Roma

Via, è domenica, non ho letto la cronaca del giorno e non ho nuovi motivi per lamentarmi di Draghi e della sua camarilla: ne approfitto quindi per scrivere un nuovo pezzo su “Democrazia cosa è” premettendo che ormai non ricordo nulla di quanto letto e che mi affiderò quindi alle mie cospicue note.

Oops… non trovo il libro! Allora farò una rapida recensione di The fate of Rome di Kyle Harper che ho finito di leggere pochi giorni fa.

In realtà le riflessioni più importanti su questo libro le ho già fatte in questi mesi:
- Come succede spesso l'autore interpreta la storia, in questo caso la fine dell’impero romano, alla luce delle idee del proprio tempo: scrivendo nel 2017 aveva in testa il cambiamento climatico che ha cercato di applicare all’impero romano. L’avesse scritto oggi probabilmente l’accento sarebbe stato maggiormente sulle pandemie.
- L’autore poi non si rende conto di quanto la sua prospettiva temporale sia falsata: nell’ottica della durata della vita dell’impero 50 anni sono niente ma per le persone corrispondono a due generazioni. L’autore però non riesce a conciliare queste due diverse prospettive.
- Per non ammettere che le prime due pandemie antiche (la peste antonina e quella cipriana) non abbiano avuto niente a che fare con la caduta dell’impero d’occidente l’autore introduce un concetto tutto suo, quello di resilienza complessiva, che sarebbe stata lentamente erosa dalle due pandemie sullodate rendendo Roma più vulnerabile.
- La terza pandemia di peste bubbonica è invece probabile che abbia contribuito sensibilmente all’indebolimento dell’impero romano d’oriente. Però non ho mai studiato il VI secolo quindi prendo questa nuova teoria col beneficio di inventario.
- Molto più convincente una teoria “religiosa”: vari ritrovamenti archeologici mostrano che dopo la peste antonina (165-172 d.C.) ci fu una grande diffusione del culto di Apollo come protettore dalle malattie. Ancora più interessante è che in contemporanea con la peste di Cipriano (249-262 d.C.) si ebbe la definitiva esplosione del cristianesimo che proprio in quel periodo moltiplicò i propri fedeli. L’ipotesi è che le attività di assistenza alla popolazione e, probabilmente, l’interpretazione escatologica della stessa ne abbiano favorito la diffusione. Infine nel sesto secolo, con la peste giustiniana si ebbe il diffondersi del culto mariano.
- Quello che ne ricavo è che le persone, davanti all’ignoto e alla paura, cercano protezione nell’illusione che dà loro più sicurezze.
- Oggi attraversiamo una pandemia che ha una mortalità irrisoria rispetto a quelle dell’antichità: probabilmente se una malattia analoga all’attuale si fosse diffusa anche solo nel XIX secolo (o prima) nessuno se ne sarebbe neppure accorto! Però l’esaltazione data a essa dai media, i cambiamenti sociali che ci sono stati imposti in suo nome, ne hanno ingigantito la pericolosità nell’inconscio della popolazione. Questo ha fatto sì che la risposta della popolazione di oggi abbia delle analogie con quelle del passato: invece di cercare sicurezza e conforto nella religione la si cerca nella scienza: ma non nella scienza propriamente detta, fatta di ricerca, analisi oggettiva dei dati, confronto sereno e aperto fra le varie teorie. Al contrario si è trasformata la scienza in una specie di religione i cui dettami vanno a coincidere, in maniera a mio avviso sospetta, con la concezione liberista del profitto a ogni costo, anche prima della salute. Anche questa falsa scienza (quella vera è ben diversa) viene abbracciata con fanatismo e si pende acriticamente dalle labbra dei suoi santoni televisivi, opportunamente selezionati fra quelli più disponibile a convalidare il “verbo scientifico” prevalente e funzionale a interessi, dovrebbe essere ormai evidente, non solo sanitari.
- Niente di nuovo in effetti: del resto abbiamo anche la caccia agli untori di manzoniana memoria che sarebbero i diversi del tempo. Nel nostro caso i non vaccinati: e questo al di là non solo delle ricerche scientifiche ma anche delle evidenze epidemiologiche sotto gli occhi di tutti.
- Direttamente dalla mia nota conclusiva al libro: «[KGB] Altro paradosso: l’epidemia uccide l’impero romano ma contemporaneamente permette la nascita del califfato. Ne concludo che determinante fosse la struttura socio/economica piuttosto che la malattia che comunque colpì tutti.»
In altre parole la pandemia fu sicuramente un fattore ma, probabilmente, non quello determinante.
- Altra notizia interessante: nel IV secolo esisteva un vero e proprio esercito di religiosi (monaci e simili) di una consistenza pari a metà di quello militare vero e proprio. Chiaro che questa massa non produttiva di persone dovette avere un grande impatto nell’economia dell’impero.

Tutto qui? Beh, sì…
In verità la teoria di questo saggio è molto semplice e non c’è molto altro da aggiungere. Per esempio c’è almeno una cinquantina di pagine che spiegano nel dettaglio l’evoluzione del batterio (non è un virus!) della peste e di come questa si diffonda, come effetto totalmente secondario, alla popolazione. Interessantissimo dal punto di vista naturalistico ma meno da quello storico.

Nel complesso comunque un buon libro: sebbene a mio parere non determinanti, anche il fattore climatico e pandemico furono importanti e andrebbero considerati per valutare il fenomeno, non solo romano ma storico in genere, nella sua interezza.
Come detto le teorie esposte sono semplici ma il libro è scritto molto bene: è ricco infatti di aneddoti (per il poco che ne so) poco conosciuti ma interessantissimi. E infatti, ho verificato su wikipedia ma era scritto anche sulla quarta di copertina, il professor Harper insegna lettere antiche. Questo spiega probabilmente la sua prospettiva storica deformata sulla vita dell’impero romano.

Da questo punto di vista l’attenzione certosina ai dettagli tipica degli uomini di legge come il prof. Klarman (“The framers’ coup”) rende maggiore beneficio alla storia che la sensibilità romantica dell’uomo di lettere. Mia opinione ovviamente.

Conclusione: su GoodReads.com gli ho dato 4 stelline e da 1 a 10 credo che quest’opera meriti un più che dignitoso 7+.

Nessun commento:

Posta un commento