È da tempo che non scrivo del libriccino di Chomsky che comprai qualche mese fa: se era così interessante e corto come avevo scritto perché non l’ho finito in pochi giorni?
Semplicemente avevo deciso di leggermelo con calma, con l’umore giusto. Oggi finalmente l’ho ripreso in mano e ne ho letto diverse pagine in giardino con un sole veramente primaverile: sono stato veramente bene!
Comunque ho iniziato il terzo articolo (mi rifiuto di credere che siano dei saggi!) intitolato “La nascita della propaganda”. Veramente interessante: non l’ho finito ma voglio intanto mettere nero su bianco alcune considerazioni.
L’articolo ripercorre la nascita e l’evoluzione della propaganda moderna.
Nel 1916 il presidente Wilson era favorevole all’entrata in guerra degli USA ma la gran maggioranza della popolazione era assolutamente pacifista: la politica estera nel XIX era sempre stata quella di tenersi fuori dagli affari europei.
Fu così creata la commissione Creel con lo scopo di persuadere il popolo americano della malvagità dei tedeschi e del dovere di entrare in guerra: fu un successo completo e in soli sei mesi l’opinione degli americani cambiò di 180°.
Nel dopoguerra le stesse tecniche furono utilizzate per creare il “terrore rosso” e anche in questo caso fu un successo che portò all’azzeramento dei sindacati e all’abolizione della libertà d’espressione di pensiero politico.
Fu così che un teorico della democrazia liberale Walter Lippmann coniò il termine “fabbrica del consenso”. Nella sua concezione la massa della popolazione non è sufficientemente matura per prendere le decisioni importanti e deve quindi essere guidata da una minoranza ben preparata di intellettuali (*1): nei regimi totalitari si mantiene l’ordine con il manganello nelle democrazie invece si può usare la propaganda.
In questo periodo iniziale, aggiungo io, almeno vi è la buona fede del potere politico che cerca comunque di fare gli interessi della popolazione privandola della possibilità di interferire seriamente nelle decisioni importanti dello stato. Insomma il popolo va guidato, magari anche circuito, per il suo stesso bene (*2).
Ah! devo aggiungere che non fu solo il potere politico a scoprire e sfruttare di buon occhio la propaganda: anche il potere economico, e con esso la voce dei media, fu lesto ad apprezzarne le potenzialità per controllare la popolazione.
Il voto negli USA alla fine si riduce fra scegliere fra partiti (repubblicano e democratico) che nella sostanza sono molto simili (*3). Non per niente l'astensionismo è molto elevato.
Interessante quali siano le basi della propaganda secondo Chomsky:
- i media
- la scuola
- la cultura popolare
E poi vi è tutto un meccanismo di selezione degli studenti/laureati che premia e promuove quelli che introiettano gli epomiti del potere, ovvero coloro che si convincono e credono nella narrazione dominante. Questi individui saranno sinceri affermando che nessuno li censura: il motivo è che dicono ciò che il potere vuole che sia detto (*4).
Secondo Chomsky l’ultima “vittoria” democratica della popolazione negli USA fu nel 1935 con la legge Wagner che dette ai lavoratori il potere di organizzarsi in sindacati.
Ma i poteri economici avevano già trovato la contromossa basata sulla propaganda.
Nel 1937 vi fu un importante sciopero nelle acciaierie di Johnstown in Pennsylvania e gli industriali invece di ricorrere ai “soliti” picchiatori e crumiri usarono una strategia incruenta basata sul persuadere la popolazione che i suoi interessi e quelli degli industriali erano gli stessi in maniera da isolare gli scioperanti.
Per realizzare questo scopo furono usati i media che proponevano concetti di questo tipo: “Siete a favore dell’armonia?”, “È favorevole allo spirito americano?” che di per sé non avevano nessuna attinenza con lo sciopero e alle quali il 99% degli americani non poteva non dichiararsi d’accordo. Il passaggio successivo era quello di far passare inconsciamente il messaggio che, dato che il cittadino aveva approvato questi principi allora doveva schierarsi col potere che rappresentava e si sovrapponeva a tali concetti. Insomma si crea uno slogan in cui non è possibile non riconoscersi e si dice che anche il potere la pensa alla stessa maniera quindi (ma il passaggio inconscio è illogico) gli scioperanti, che si oppongono al potere, sono contro questi stessi principi (tipo l’armonia e lo spirito americano).
Senza il supporto della popolazione le rivendicazioni dei lavoratori sono destinate a fallire.
Vabbè, ovviamente Chomsky spiega tutto meglio di me: è incredibile la linearità con cui riesce a esprimere il suo pensiero (dove io invece sono un susseguirsi di incisi e digressioni!)…
Conclusione: fra oggi e domani finirò questo libriccino: a presto quindi per la seconda parte!
Nota (*1): Chomsky aggiunge che questo era in realtà anche il pensiero leninista. Aggiungo io che anche Aristotele la pensava così: per lui il regime migliore era quello degli aristocratici, dei migliori cioè (diverso invece dall’oligarchia che, in genere, è composta dai più ricchi).
Nota (*2): Giusto o sbagliato? Per Kant l’eterodirezione è sempre sbagliata: il fine non giustifica i mezzi. Io sono d’accordo.
Nota (*3): Su un canale che seguo su Youtube (Jacobin) ero curioso di scoprire cosa pensavano dei bombardamenti in Siria di Biden e vi ho trovato un divertente paragone fra repubblicani e democratici: i repubblicani si vantano della prova di forza mentre i democratici parlano di “attacco difensivo” (e altre parole politicamente corrette) ma nella sostanza le bombe le lanciano entrambi.
Nota (*4): Credo che nel suo piccolo anche Mentana cerchi di fare lo stesso con la piattaforma di informazione Open Online: i giovani giornalisti “migliori”, ovvero quelli che difendono con maggior efficacia il pensiero dominante, verranno promossi con incarichi in altre testate? Vedremo...
alla prima stazione
2 ore fa
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