«[Figlio dell'uomo] Porgi l'orecchio e ascolta le parole di KGB
e applica la tua mente alla SUA istruzione
» Pv. 22,17

Qui si straparla di vari argomenti:
1. Il genere dei pezzi è segnalato da varie immagini, vedi Legenda
2. Per contattarmi e istruzioni per i nuovi lettori (occasionali e non) qui
3. L'ultimo corto è questo
4. Molti articoli di questo blog fanno riferimento a definizioni e concetti che ho enunciato nella mia Epitome gratuitamente scaricabile QUI. Tali riferimenti sono identificati da una “E” fra parentesi quadre e uno o più capitoli. Per esempio: ([E] 5.1 e 5.4)

sabato 12 settembre 2020

La tripla negazione

Completata la nuova versione dell’Epitome oggi ho voglia di scrivere. Stanotte avevo numerose idee ma al mattino mi sono volate tutte via. Ah! Ho pure fatto un sogno semi-orrorifico: vi risparmio i miei ricordi sconnessi ma mi sono svegliato perché nel sonno ho “ruggito” mentre correvo alla carica di un demone in una chiesa sconsacrata!

Vabbè, in mancanza di idee ho ripreso in mano il terribile “Storia di Dio” di Karen Armstrong: dovete sapere che da tempo (un anno o due), quando leggo un libro impegnativo, marco particolari concetti con una “B” racchiusa in un quadrato: si tratta di spunti miei o tratti da ciò che sto leggendo che mi sembrano interessanti riflessioni per questo ghiribizzo.
Poi, in verità, nella maggioranza dei casi non ne faccio di niente: oramai scrivo un pezzo ogni 2, talvolta 3 giorni, mentre se dovessi mettere nero su bianco tutte le idee che mi annoto dovrei scrivere a getto continuo…

Comunque anche in questo pessimo libro vi è ovviamente qualcosa (beh, anche molte in realtà) di interessante. In particolare a pagina 193 viene citata la “tripla negazione” di Al-Sijistani (un filosofo musulmano del X secolo).
Uno dei problemi di qualsiasi fede monoteista è quello della definizione e descrizione di Dio: essendo infinito tutti i concetti umani espressi dai comuni aggettivi gli vanno stretti. Nell’ottica del fedele dire che Dio è buono o intelligente è estremamente limitativo: un uomo può essere buono e intelligente ma Dio, essendo perfetto, lo è a un grado così sommo che trascende il significato di questi due aggettivi.
Allora Al-Sijistani suggerisce di definire Dio con una doppia negazione: Dio quindi è non non-buono (cioè non cattivo) oppure Dio è non non-intelligente (cioè non stupido).
Usando la doppia negazione si ha già una sensazione di illimitatezza perché nella mente vi è ora un nuovo termine di confronto, quello di infinito, che non appare esplicitamente ma che è comunque sottinteso nella definizione negativa: dovendo pensare al concetto di non non-buono entra in gioco quello d’infinito a cui si deve “sottrarre” la componente di “non-bontà”. L’impressione di maggiore estensione, di vastità di significato, mi pare evidente nella definizione ottenuta dalla doppia negazione.
Ma perché allora si parla di “tripla negazione”? Perché Al-Sijistani va oltre la doppia negazione: la sua apparente semplicità dà infatti l’illusione errata che Dio sia così troppo facilmente definibile e comprensibile: in un certo senso la sensazione di poterlo definire con semplici parole è fondamentalmente errata. Certamente dire che “Dio è non non-buono” è preferibile a “Dio è buono” ma non è comunque corretto: Dio è ancora oltre e trascende il mero significato tale vocabolo.
E allora Al-Sijistani conclude che si deve dire “Dio non è non non-buono” o “Dio non è non non-intelligente” perché semplicemente è ancora di più.

Personalmente trovo affascinante questa intuizione e ho una sensazione, al momento ineffabile, che questo metodo lo si possa usare anche in altre situazioni. Del resto non è solo a Dio che le parole vanno strette. Altre entità hanno problemi affini quando cerchiamo di definirle col linguaggio.
Lo sapete, l’ho scritto più volte (v. Il pericolo della comprensione o La lingua degli angeli), sono piuttosto scettico sull’efficienza del linguaggio: le parole hanno significati limitati e, anzi, possono essere fraintese.
E allora: invece di insistere con pertinacia nel ricercare una precisione e perfezione linguistica comunque inarrivabile, non sarebbe forse più saggio riconoscere l’inadeguatezza delle parole e ricorrere, quando possibile, alla doppia negazione?
Sì, intuisco già quale sarebbe il problema: la perdita di accuratezza. Eppure, almeno in alcuni casi, specialmente se caratterizzati da elementi ineffabili, credo che la doppia negazione potrebbe avere una sua utilità.
Mi tornano poi in mente l’idea di Nietzsche sulla “non verità” (Al di là di Nietztsche) o la mia intuizione sul valore della “non logica” (L’ironia della non logica): ma non divaghiamo troppo…

Vabbè, per oggi ho scritto abbastanza: non voglio strafare, preferisco mantenermi un po’ di uzzolo per un pezzo anche per domani…

Conclusione: qui ci vorrebbe una non non-conclusione, per esemp

Nessun commento:

Posta un commento