[E] Attenzione! Per la comprensione di questo pezzo è necessaria la lettura della mia Epitome (V. 1.6.2 "Coniugazioni").
Ieri, ho buttato giù la bozza di quello che avrebbe dovuto essere un pezzo impegnativo: le mie considerazioni scaturite dalla lettura di “Storia politica del mondo” di Jonathan Holslag (Editore Il saggiatore, 2019, trad. Giulia Poerio) e soprattutto, dai due capitoli finali (1500-1750 e 1750-2000).
Ho riempito due pagine del quadernone dell’Epitome: beh, una pagina di note e osservazioni e l’altra con una nuova teoria tutta mia che chiamerò “Teoria dell’espansione” o qualcosa del genere.
Il libro (praticamente l’ho finito, mi manca qualche pagina dell’epilogo) è stata una grandissima delusione: semplicemente l’autore si è proposto un obiettivo troppo vasto cercando di riassumere 3000 anni di storia mondiale in 500 pagine (gliene sarebbero occorse almeno il doppio e sarebbe stato comunque poco). Alla fine ci si ritrova con riassuntini storici da livello scuola elementare e, forse, medie. Quel che è peggio è che anche i sottocapitoli finali dove tira le conclusioni sono altrettanto sintetici: alla fine si perde completamente la logica delle tendenze politiche che dovrebbe essere invece il succo di questo testo.
Suppongo che l’autore abbia ceduto alla pressione dell’editore. Mi immagino un discorso del tipo: “C’è posto per un testo di questo tipo solo se è sotto le 500 pagine altrimenti non lo compra nessuno e quindi io non lo pubblico”. Ma la sintesi finale è davvero troppo sterile e superficiale (*1).
Nonostante questi difetti il libro ha comunque dei suoi meriti: il primo è quello di mettere nella giusta prospettiva la storia di ogni parte del mondo senza cioè concentrarsi sulla storia europea od occidentale. Grazie a questa prospettiva emergono spontanee delle considerazioni più generali (in realtà non sempre evidenziate dall’autore: non so se per i soliti motivi di spazio o perché, non essendo uno storico, non ha osato proporre nessuna propria teoria limitandosi invece a ripetere e riassumere quanto già noto).
Interessante è anche l’importanza della Via della Seta (che in realtà erano più d’una): l’occidente essendo a una sua estremità non la vede nella giusta prospettiva ma essa, ovvero i suoi snodi principali, condizionarono la storia dei regni e degli imperi dell’Asia centrale.
Nel capitolo finale evidenzia poi, in maniera mi pare oggettiva, gli aspetti di politica imperialista degli USA: e questo va a credito dell'onestà intellettuale dell'autore.
Queste considerazioni più generali finiranno nella mia Epitome sotto forma di note, di esempi e di un nuovo sottocapitolo: la teoria dell’Espansione.
In pratica ho ideato quello che l’autore non ha saputo, voluto o potuto esprimere (*2): una sintesi teorica che spieghi, ovviamente a grandissime linee, l’evoluzione storica. Il tutto ovviamente saldamente inserito sulla base della mia teoria.
Beh, ormai ho divagato con considerazioni generali sul libro e non rimane abbastanza spazio per riassumere degnamente la mia nuova teoria: ne approfitto quindi per scorrere il libro alla ricerca di note evidenziate con [B] (*3).
Ecco (ho aperto il libro a caso) nel capitolo 4° (dal 500 al 250 a.C.) si parla degli “Stati combattenti” quando, letteralmente per secoli, la Cina fu frammentata in numerosi regni spesso in guerra fra di loro (inizialmente ben 14!).
Nonostante i numerosissimi conflitti e relativa instabilità politica, il testo parla di “danni incalcolabili”, fu anche un periodo di grandi innovazione tecnologiche: si diffuse l’impiego del ferro, l’uso dei fertilizzanti in agricoltura e la rotazione delle culture.
Questo è un esempio perfetto di applicazione della mia legge dell’evoluzione ([E] 5.14): nella Cina del periodo c’è la giusta miscela di diversità e uniformità che moltiplica il progresso e l’evoluzione scientifica: molte delle condizioni necessarie a essa ([E] 9.5) sono presenti.
Un controesempio può essere invece la dinastia Qing: la Cina di per sé è un gigante troppo uniforme mentre i suoi vicini in confronto troppo deboli. Il risultato è che mentre l’Europa nello stesso periodo progrediva enormemente, la Cina rimaneva uguale a se stessa.
In realtà i [B] sono piuttosto scarsi: come ho spiegato il libro di per sé è piuttosto sterile.
Comunque un altro [B] l’ho messo al capitolo 11°. Nella storia dell’occidente non è evidente la minaccia portata dalle tribù di cavalieri nomadi: gli unni e i mongoli sembrano più delle eccezioni sfortunate. Invece seguendo la storia della Cina, che costantemente ebbe a che fare con le popolazioni nomadi del nord, appare ovvio che queste rappresentassero un grande pericolo per gli imperi con popolazione sedentaria.
Quando è quindi che queste popolazioni cessano di essere un reale pericolo?
Più o meno verso la fine del XV secolo: da quel momento le armi da fuoco sostanzialmente annullano i vantaggi della cavalleria negli scontri diretti contro soldati appiedati.
Aggiungo infine un’ultima mia considerazione: per l’intero libro l’autore ricorre spesso alla stessa motivazione per spiegare la fine di grandi regni o imperi: il cambiamento climatico.
Certamente in alcuni casi questo potrebbe avere avuto un ruolo significativo ma, più spesso, credo che l’autore si sia fatto condizionare dalla situazione attuale. È un fenomeno comune (non ricordo dove l’ho letto, ma mi pare fosse una fonte autorevole) quello di interpretare il passato usando chiavi prese in prestito dal presente (*4). Il professor Holslag non fa eccezione.
Conclusione: il libro a causa della sua sinteticità risulta troppo ambizioso e finisce per fornire al lettore solo dei riassuntini storici estremamente superficiali e talvolta confusi. Ovviamente ha anche qualche merito ma di certo non vale 32€! Compratelo solo se lo trovate a metà prezzo o meno...
Nota (*1): secondo me l’autore avrebbe fatto meglio a concentrarsi sulle dinamiche politiche ricorrenti riportando poi degli esempi concreti in cui le si vedono applicate: questo sarebbe stato per me un super libro!
Nota (*2): non ha “saputo” perché ormai ho capito che ciò che appare semplice ed evidente a me, la mia capacità di sussumere teorie da pochi casi concreti, un misto di fantasia, ragione e intuizione, è molto molto alta. O magari non ha “voluto” perché non voleva esporsi, temeva di essere ridicolizzato da storici di professione. O, infine, potrebbe essere stato l’editore a impedirglielo con logiche economiche.
Nota (*3): come ho già spiegato altrove le mie note talvolta sono contrassegnate da una “B” inserita in un riquadro per segnalare che si tratta di un utile spunto per questo ghiribizzo.
Nota (*4): lo so: sembra una mia teoria ma non lo è!
alla prima stazione
1 ora fa
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