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mercoledì 10 aprile 2019

Mi ripeto

[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.2.1 "Awanagana").

Oggi avevo voglia di scrivere un pezzo ma per decidere l’argomento (avevo varie idee in mente) ho deciso di verificare se su FB qualcosa andasse per la maggiore…
Al di là delle foto di cani, mici, frasi scopiazzate e battute più o meno divertenti, ho trovato un amico/conoscente che esprimeva la propria opinione sul recente caso della madre sessantenne che ha prestato il proprio utero per dare un bimbo al figlio omosessuale e al suo compagno.

Egli, nonostante sia di mentalità molto aperta, si è dichiarato più che contrario, direi sconcertato: attonito e sorpreso, forse con la sensazione predominante che in questo caso si fosse superato un limite che non avrebbe dovuto essere varcato. Qualcosa che va oltre il legittimo desiderio di una coppia, indipendentemente dalla sua composizione, di avere un figlio.

Io invece non sono contrario: secondo me il caso ha fatto scalpore perché l’utero in “affitto” era quello della madre di uno dei due ragazzi omosessuali. C’è nella vicenda un qualcosa di edipico che pungola la nostra coscienza e stuzzica la nostra sensibilità per uno dei più profondi tabù sessuali della nostra società.

Ma in realtà l’utero della madre era veramente solo in “affitto”: lo sperma era sì del figlio ma l’ovulo era della sorella del compagno di questi.
Anzi, proprio il fatto che l’utero fosse della madre certifica in maniere inequivocabile che la gravidanza sia stata un atto d’amore: il sacrificio, e allo stesso tempo il dono, di una madre per la felicità del figlio.
Io non ci vedo altro se non un mezzo miracolo della scienza moderna che ha permesso, non solo l’impianto dell’ovulo fecondato, ma anche all’anziana donna di portare a termine la gravidanza: ma questo trionfo della medicina è secondario rispetto al dilemma etico che comporta.

Mi pare di aver già espresso in passato la mia opinione sulla questione della legittimità di permettere o meno “l’affitto” degli uteri per questo tipo di gravidanze ma prendo l’occasione per ripetermi (sì, l’avevo fatto: vedi la conclusione!).

Sono contrario quando l’utero in affitto è realmente tale, ovvero quando si paga la donna, al di là delle spese mediche, per portare avanti la gravidanza.
Mi si potrebbe obiettare che ogni donna dovrebbe essere lasciata libera di decidere cosa fare col proprio corpo e, quindi, di eventualmente decidere liberamente di “affittare” il proprio utero (*1).
Ma sta proprio in questa apparente libertà il problema.
State sicuri che l’ipotetica figlia di Bill Gates (non so se ne ha!) cederebbe il proprio utero in affitto in cambio di denaro? Ne dubito: solo le donne che hanno bisogno di denaro lo farebbero.
E questo è il nodo del problema: necessità e libertà non vanno d’accordo insieme. La necessità obbliga a delle scelte che rendono la libertà solo illusoria (*2).
La completa legalizzazione degli uteri in affitto porterebbe al seguente risultato: solo le coppie ricche potrebbero permettersi di pagare l’affitto dell’utero di ragazze povere. Una società che permette lo sfruttamento del ricco sul povero non può essere giusta e, anzi, si devono cercare di combattere queste sue degenerazioni.
Volendo questo è l’ennesimo esempio della deriva morale della società moderna che ho analizzato in [E] 13.3: il permettere l’affitto dell’utero è un altro passo nella direzione di una morale con al centro il denaro al posto dell’uomo (e della donna!). Una morale dove tutto ha un prezzo ed è quindi lecito comprare il corpo di un’altra persona e usarlo per i propri scopi.

Quindi sono favorevole agli uteri in “prestito” gratuito ma non a quelli in "affitto" per denaro.

Conclusione: la necessità è nemica della libertà. Comunque ne avevo già scritto più o meno negli stessi termini in Libertà vs necessità...

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