[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.1.1 "Psicomante Maior").
Ieri, avendo finalmente un po’ meno materiale da leggere, ho iniziato un nuovo vulumetto: Scienza è democrazia di Maria Luisa Villa, (Ed.) Guerini e Associati, 2018.
Ne avevo già accennato in Quattro son pochi dopo aver letto l’introduzione e mi era sembrata un’opera molto interessante e, soprattutto, funzionale (perché ricca di spunti) alla mia Epitome.
Per questo motivo (e anche perché molto più corta!) l’ho fatta passare avanti a Il tramonto dell’euro di Bagnai che dovrà quindi ancora attendere qualche altra settimana…
Comunque ieri sera ho letto qualche pagina del primo capitolo e subito mi sono imbattuto in un concetto molto interessante: perché la scienza, nella sua prima incarnazione antica, è nata proprio in Grecia e non, ad esempio, in Egitto o Cina?
Probabilmente a causa della forma di governo più comune delle città greche: ovvero la democrazia (*1). In breve: la democrazia implica l’attività politica con il problema di dimostrare agli altri le proprie ragioni: proprio questa necessità e abitudine alla logica favorisce la nascita del pensiero scientifico. Per non dire poi di quanto la retorica fosse legata a doppio filo con logica di Aristotele…
In Grecia quindi la conoscenza non è solo accumulata (come era avvenuto, ad esempio, in Egitto) ma era anche messa in discussione: come in politica, iniziavano ad avere più peso le prove a supporto invece che l’autorità e fama di chi proponeva una teoria.
Ovviamente vi erano conflitti col potere religioso che vedeva alcune teorie come blasfeme (per esempio l’origine non divina di molti fenomeni naturali) ma poiché questo potere non era ben strutturato non aveva la forza per imporre le proprie verità religiose.
Nel prossimo sottocapitolo l’autrice affronta l’obnubilamento della scienza antica con la conquista romana della Grecia: immagino che la metterà in relazione con l’autorità indiscussa dell’imperatore; immagino poi che ci sarà un accenno al concetto di auctoritas medioevale (dopotutto anche l’autorità del re non era posta in discussione!) per poi arrivare al rinascimento (riscoperta degli autori greci) e illuminismo. Vedremo!
Comunque trovo assolutamente convincente questa teoria: a differenza dell’autrice non metto in relazione la scienza direttamente con la democrazia (*2) ma con la libertà in tutte le sue forme: di pensiero, di espressione, di critica, etc...
Il concetto che generalizzo da questa affascinante teoria è alla fine piuttosto semplice: gli epomiti ([E] 6.2) non mantengono solo la società stabile ma ne plasmano e indirizzano anche la fantasia e il pensiero, compreso il modo di porsi di fronte a una problematica.
Se gli epomiti del tempo esaltano la libertà ecco allora che questa avrà una notevole importanza anche in altri aspetti della società, come ad esempio nel dibattito scientifico.
Questa è una precisazione che inserirò nell’Epitome…
Conclusione: ottimo libro che ha l’unico difetto di confondere insieme democrazia e libertà. Secondo me il titolo del libro avrebbe dovuto essere "Scienza è libertà"!
Nota (*1): come accennato in Quattro son pochi l’autrice sembra avere una concezione idilliaca della democrazia della quale non vede i limiti e che tende a sovrapporre agli ideali di libertà. Anche dove scrive della democrazia greca, in almeno due passaggi del primo capitolo, sembra volerla idealizzare. In un passaggio scrive “...tutti i cittadini partecipavano personalmente all’assemblea...”, in un altro spiega che le decisioni venivano prese attraverso “la discussione di tutti i cittadini”.
Queste espressioni mi sembrano fuorvianti, non sono un esperto di storia greca, ma ho la precisa sensazione che la democrazia greca fosse più un’oligarchia (immagino legata al censo): uguali, questi sì, fra loro ma non rappresentativi di veramente tutti i cittadini (e ovviamente con l’esclusione delle donne).
Ricordo di aver letto chiaramente (non ricordo dove!) di una differenza sostanziale fra la democrazia della repubblica romana e quella greca: alla democrazia greca partecipavano pochi ma che fra loro erano effettivamente liberi e uguali; in quella romana invece potevano effettivamente partecipare tutti i cittadini (maschi) ma era organizzata in maniera tale (un voto per tribù) che la maggior parte della popolazione era distribuita in poche tribù mentre gli aristocratici erano distribuiti su molte di esse: la conseguenza era che gli aristocratici, sebbene pochi, controllavano più voti della maggioranza della popolazione! (mi è venuto a mente dove lo lessi! Due anni fa in Ultimisstoria 7!)
Nota (*2): La democrazia moderna infatti dà al popolo solo l’apparenza di governare la propria nazione ma in realtà, come spiegato in [E] 11, non è così. Contemporaneamente la libertà individuale sta venendo sempre più compressa e limitata e questo ha, infatti, riflessi evidenti anche nel mondo della Scienza: vedi ad esempio l’assurdo divieto di qualunque ombra di critica ai vaccini imposto ai medici. Oggi l’autorità statale ricorda quella religiosa che nel Seicento metteva i libri all’indice, decidendo di fatto d’autorità quali teorie fossero accettabili e quali no.
alla prima stazione
1 ora fa
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