[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 0.5.2 "Paterna").
L'introduzione a questo pezzo l'ho già scritta in Introduzione (al pezzo) sul fascismo: ovviamente non avrebbe senso ripetermi ma voglio comunque ribadire un concetto fondamentale.
Ancora non ho una chiara comprensione delle risposte alle tre questioni che più mi stavano a cuore, ovvero: 1. la definizione di fascismo; 2. il rapporto di Mussolini con la religione; 3. come il fascismo abbia preso il potere.
Per questo motivo seguirò le mie note, riassumendo quelle che mi sembrano più significative, per poi, spero, riuscire a ricollegare ogni idea insieme. Ah, ricordo anche che il testo a cui faccio riferimento è Fascisti di Giordano Bruno Guerri, Arnoldo Mondadori Editore, 1995.
Il nazionalismo non nasce improvvisamente col fascismo ma ha una storia ben più lunga che ha le sue radici nel risorgimento. Già nel 1861 con l'annessione di Roma, D'Azeglio scrive «Fatta l'Italia bisogna fare gli italiani». I governi liberali dell'epoca ne sono consapevoli e puntano tutto nel nazionalismo, cercando di “fare” gli italiani instillando loro l'amore per la patria.
Più intellettuali, come Mazzini e De Sanctis, arrivano a teorizzare la patria come religione: sfruttando la plasmabilità infantile ([E] 1.3) si interviene sui più giovani. Nel 1877 viene abolito lo studio della religione a scuola e introdotta al suo posto una sorta di educazione civica.
Ma il successo non è totale, probabilmente anche a causa della strenua opposizione della Chiesa a tutte le iniziative dello stato italiano.
Ecco questo aiuta molto a chiarire perché l'ateismo di Mussolini non era una specie di stigma sociale: l'opposizione frontale della Chiesa allo stato italiano (ad esempio i cattolici non dovevano fare politica, nemmeno partecipando alle elezioni) legittimava un altrettanto netta opposizione a essa da parte dei nazionalisti. Dopotutto chi aveva realmente come propria religione l'Italia non poteva avere un altro Dio. Probabilmente quindi l'ateismo era molto diffuso fra i politici e gli elettori dovevano esservi abituati. Sì, probabilmente questa considerazione risponde già in parte (*1) alla mia perplessità sul perché l'ateismo di Mussolini non ne abbia decisivamente ostacolato la popolarità.
Il nazionalismo fascista non nacque dal nulla ma si sviluppò su un “terreno” culturale che già da almeno mezzo secolo veniva preparato. Non per nulla anche intellettuali non fascisti come Benedetto Croce e Prezzolini si auspicavano una nuova “religione civile”.
Decisiva fu poi l'esperienza della prima guerra mondiale: contadini e analfabeti, probabilmente fino ad allora tagliati fuori dall'indottrinamento scolastico, si ritrovarono catapultati in trincea insieme a soldati di ogni parte d'Italia. Per non impazzire, per dare un senso alla propria vita e forse alla propria morte, i soldati furono spinti a credere alle parole degli ufficiali: ovvero che essi combattevano per il bene dell'Italia, la loro patria e nazione. È facile immaginare come, al di là delle incomprensioni fra i diversi dialetti, l'avere un comune nemico, il combattere insieme, l'aiutarsi a vicenda avesse finalmente dato agli italiani la consapevolezza di essere un unico popolo. Consapevolezza che, è bene ribadirlo, rimarrà anche dopo la fine della guerra ([E] 3.4).
Il fascismo aggiungerà a questa costruzione di idee sulla nazione (epomiti, [E] 6.2) un semplice “cappello”: il concetto che nazione e fascismo sono in un rapporto di coessenzialità, inseparabili l'uno dall'altro. Ovvero amare la nazione equivale ad amare il fascismo e amare il fascismo equivale ad amare la nazione.
Il risultato fu che il fascismo divenne una religione che venerava la propria nazione ma anche se stesso: le tendenze storiche puntavano tutte in questa direzione. Se poi il Dio è la nazione allora essa viene prima di tutti, anche dei singoli individui. Anzi l'uomo deve trovare la propria realizzazione nel servire la patria anche a costo della propria vita.
Questo è praticamente lo stesso concetto della natura più essenziale del fascismo espresso da Harari (v. Harari e il fascismo). La totale sovrapposizione fra quanto scritto da Guerri e detto da Harari mi fa pensare che questa concezione non sia un'interpretazione stravagante ma che sia invece una valutazione piuttosto condivisa e accertata dagli storici (*2).
Dopotutto il concetto di fascismo=religione era affermato dallo stesso Mussolini e altri intellettuali dell'epoca (Gentile: «Il fascismo è forza spirituale e religione»). Insomma la trasformazione di partito in religione non era un fenomeno inconscio e sfumato, difficile da cogliere, ma un progetto ben chiaro e sviluppato scientificamente e altrettanto apertamente proclamato.
L'idea del fascismo come religione ha poi l'effetto di giustificare tutto con la morale tipica delle religioni più fanatiche: il “bene” della religione giustifica ogni cosa, anche il ricorso alla violenza contro gli infedeli che, anzi, diventa un bene. La violenza non è solo giustificata ma diviene anche buona: andare a picchiare il socialista non era quindi solo giustificato ma anche ritenuto bene.
In particolare “l'eresia” di comunisti e socialisti era particolarmente grave perché questi si opponevano direttamente al concetto di patria; invece i liberali e i cattolici, comunque nazionalisti, erano colpevoli “solo” di non respingere più fermamente i socialisti/comunisti e di non riconoscere la “fede” fascista.
Il fascismo scientemente si travestirà da religione adottando tutta una serie di riti equivalenti a liturgie sacre: piantare alberi a ricordo dei caduti fascisti, il culto della bandiera, nuove festività (28 ottobre - marcia su Roma; 23 marzo – fondazione dei Fasci; 21 aprile – “compleanno di Roma”), la simbologia fascista (il fascio, il pugnale, il teschio), l'anno dell'era fascista, la casa del fascio (contrapposta alla chiesa; tanto che nel 1932 fu stabilito che ogni Casa del fascio dovesse avere una “torre littoria” con campana da suonare per i “riti” del regime)...
Insomma l'essenza del fascismo (60%?) è in buona parte religione della nazione con la quale si sovrappone.
Conclusione: e queste erano le 17 pagine del primo capitolo introduttivo! Per i prossimi capitoli dovrò cercare di essere più sintetico, magari limitandomi agli argomenti di mio interesse, altrimenti non finisco più!
Comunque sono contento: mi sono già chiarito la perplessità sull'ateismo di Mussolini, ha trovato conferma la teoria di Harari che il fascismo sia religione della nazione e, mi pare, di avere già le idee un po' più chiare su come Mussolini sia riuscito a prendere il potere...
Nota (*1): l'altro motivo per cui l'ateo Mussolini fu accettato dalla popolazione cattolica italiana è invece banale da capire: come vedremo in seguito si “comprò”, mi pare anche a buon mercato, l'appoggio del Vaticano con tutto ciò che ne consegue.
Nota (*2): oltretutto io stesso trovo questa visione molto logica e convincente e, in genere, la mia intuizione è molto affidabile!
alla prima stazione
1 ora fa
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