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martedì 9 settembre 2014

Mjölnir

Recentemente ho riletto tutti i vecchi sogni e l'esperienza mi ha dato una strana sensazione, comunque piacevole. Per questo, anche se il seguente è decisamente incompleto, siccome però è altrettanto interessante, ho deciso di scriverlo ugualmente.

Vivevo in una casa nuova, mai vista, in una città che non sembrava italiana. La casa si trovava in un'area residenziale con tanti piccoli giardini separati da staccionate mezze rotte e siepi trascurate.

Ricordo che stavo riflettendo sulle potenziali utilità degli scacchi per i bambini {ieri sera, prima di dormire, mi ero appuntato delle note per scriverci un pezzo e nel sogno mi era venuta una nuova idea che però ora non ricordo più...}. In quel momento rientra una famigliola di vicini: genitori e tre bimbi, il maggiore sui dieci anni, una bambina poco più piccola e un bambino biondo sui sei. Parcheggiano la macchina nel giardino adiacente al mio e si dirigono direttamente nella loro casa: Bisba però li vede e scappa via impaurita.
Capisco che i ragazzini le devono aver fatto qualche dispetto. Poi deve essere passato del tempo, non so dire quanto ma non troppo, direi giorni, massimo settimane. In qualche maniera so che i bambini hanno ucciso Bisba e quindi sono molto arrabbiato. La mia però è una collera molto fredda e lucida. Aspetto la notte e armato di un pesante martello a due mani {martello che ho veramente: non è poi così pesante, mi pare che la testa sia 5Kg., ma comunque dà delle belle botte...} mi introduco nella cantina della casa dei vicini. La cantina è grigia e polverosa e sembra inutilizzata da lungo tempo. Ma non mi ci trattengo a lungo: trovo un passaggio per salire e mi dirigo silenziosamente al piano terra.
Qui mi trovo subito a un bivio non solo fisico ma anche estetico: da una parte la casa sembra avere un arredamento ricco e moderno, tutto appare estremamente pulito e ordinato; l'altra strada mi porta invece a una parte della casa dall'aspetto un po' più trascurato: predomina il legno, le vernici laccate un po' scrostate, i suppellettili hanno un'aria vissuta. Qualcosa mi dice che l'area abitata è la seconda.
Sono preoccupato perché mi rendo conto di non essere troppo silenzioso: so che se voglio uccidere tutti dovrò coglierli di sorpresa uno a uno. Mentre sto salendo delle scale a chiocciola di legno mi imbatto nel bambino piccolo che appena mi vede gira sui tacchi e scappa su per le scale.
Io l'inseguo ma il martello mi impaccia: sono stupito che il bimbo non gridi per richiedere aiuto ma non ho tempo di pensarci. Riesco a assestargli una goffa martellata in testa senza troppa forza ma, con mio stupore, la sua testa si spacca come se fosse stata molto fragile. Soddisfatto continuo a salire. Trovo il ragazzino più grande: anche questo non urla ma scappa via sempre salendo le scale. Lui è più veloce del fratello e non riesco a raggiungerlo. Arriviamo all'ultimo piano: è un grande salone immerso nella penombra. Ci sono tanti letti e delle grandi vetrate su un lato. Ma non ho tempo di guardarmi intorno. Ad attendermi c'è la madre, oltre la quale il ragazzino scappa via: non è arrabbiata, anzi è estremamente tranquilla quasi annoiata. Mi dice «Ce ne hai messo di tempo a venire...». Capisco che tutte le provocazioni e dispetti fatti dai bambini erano mirati a provocare questa mia reazione. Esito, solo per curiosità e stupore, non perché mi senta soddisfatto o placato.
Nel frattempo la madre chiama una ragazza: forse una sorella minore sui 35 anni. La donna non è brutta ma semplicemente e totalmente anonima. Ha un'espressione seria e indifferente. Io provo a colpirla un paio di volte ma le mie martellate rimbalzano sul suo corpo e lei non sembra neppure accorgersene. Mi raggiunge, forse mi afferra alla gola, forse mi addormenta con una puntura, comunque perdo i sensi e tutto diventa nero.
Poi mi risveglio: una voce mi dice che sono passati cinquant'anni. Cerco uno specchio per guardarmi ma ho la sensazione di essere tornato bambino. So che mi verrà chiesto di attirare, in qualsiasi maniera, qualcuno nella casa. Intuisco che lo scopo della strana famigliola è solo quello. In qualche maniera, hanno dei macchinari per far ringiovanire le persone di un giorno al giorno: quindi per ringiovanire di dieci anni devono passare dieci anni.
Un effetto collaterale è che le ossa diventano estremamente fragili però, via via che si reinvecchia, al contrario si diventa sempre più forti, inumanamente forti come la ragazza che mi aveva soggiogato. Poi mi sono svegliato.

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