E così sono finalmente arrivato al libro La nascita della tragedia di Friedrich Nietzsche (1844-1900), Ed. Longanesi & C., 1976, trad. Liliana Scalero.
Come ho spiegato nella precedente puntata il mio obiettivo principale era stabilire se, a distanza di tanti anni e per giunta con un titolo diverso, avrei nuovamente provato quell'incredibile sensazione di familiarità che provai con Al di là del bene e del male.
In realtà di tutte le opere di Nietzsche, La nascita della tragedia, è l'unica dal titolo insipido che non mi ispirava per niente ma ho deciso di essere sistematico e di iniziare la lettura dal suo primo libro pubblicato.
Oggi però non voglio ancora addentrarmi nel contenuto in sé dell'opera ma preferisco limitarmi a considerazione più generali.
Per prima cosa ho letto la premessa: se non sono dell'autore le salto ma in questo caso era di Nietzsche, scritta nel 1886, ovvero a 15 anni di distanza dalla pubblicazione. Il titolo della premessa è “Tentativo di un'autocritica” e, in pratica, dice che il libro è pesante, mal scritto e che si è dilungato troppo... Non proprio il miglior viatico per intraprenderne la lettura!
In effetti sono d'accordo: più volte, capitolo dopo capitolo, gli stessi concetti sono ripresi e mostrati da nuove prospettive. Il problema è che alla fine il lettore rimane confuso da queste molteplici sovrapposizioni di idee e considerazioni. Sempre dalla stessa premessa (e dall'originale del 1871) si scopre che l'intera opera era dedicata al compositore Richard Wagner (1813-1883).
Dalla lettura, e tenendo appunto presente la dedica iniziale, ho elaborato la seguente teoria: l'intera opera è stata scritta per impressionare e trovare l'approvazione dell'amico compositore. A mio parere Nietzsche ne aveva compreso il genio e bramava a sua volta essere considerato tale da lui. Ho la sensazione che Nietzsche vedesse Wagner come un padre: questo mi fa pensare che non ci fosse un buon rapporto fra Nietzsche e il suo reale padre. Come al solito, per non farmi condizionare, non ho ancora guardato wikipedia ma adesso è il momento di darle un'occhiata!
Eh! eh! Come immaginavo: il padre morì quando Friedrich aveva cinque anni.
Ho la sensazione che Nietzsche abbia fatto uno sforzo enorme per forzare le sue idee filosofiche facendole derivare da un principio estremamente artificioso: la fusione nella tragedia greca dell'elemento apollineo con quello dionisiaco.
L'equazione è relativamente semplice: i più grandi uomini = gli antichi greci = antica tragedia → degenerazione della tragedia = degenerazione dei greci → passano molti secoli → rinascita dell'antica tragedia sotto forma di dramma = dramma di Wagner = rinascita del popolo tedesco.
In pratica con questo libro Nietzsche esalta Wagner come uno, se non il principale, fautore della rinascita del popolo tedesco. Insomma una maniera estremamente complessa per ingraziarsi l'anziano compositore e riceverne l'approvazione!
Ma veniamo al mio esperimento vero e proprio. La lettura delle prime pagine è stata deludente: non riuscivo a capire, rileggevo gli stessi paragrafi molte volte ma dentro di me non scattava niente. Capivo pochi concetti, superficialmente e solo con grande fatica. Stavo già ipotizzando ipotetiche colpe della traduttrice quando ho scoperto il trucco!
Nietzsche non deve essere interpretato parola per parola ma bisogna visualizzare le immagini delle sue metafore. Non bisogna affidarsi al significato letterale delle parole altrimenti ci si perde e non si arriva a niente; bisogna invece fluire con le immagini, come se fosse una pellicola o una poesia. In altre parole Nietzsche va intuito, non capito!
Da questo punto di vista il suo modo di esprimersi è estremamente elementare in quanto non si basa su castelli di definizioni ma su immagini: la controindicazione è che per percepire il suo messaggio è necessaria una certa sensibilità.
Talvolta anch'io scrivo usando questo stile ma lo faccio con parsimonia, in genere se scrivo di notte, quando sono molto stanco e lascio correre le idee senza inibizioni. Non mi piace abusarne perché mi vergogno dell'esaltazione (*1) che talvolta, almeno a me, pare trasparire evidente. Preferisco essere più convenzionalmente chiaro, usando frasi semplici e non ambigue, pianificando attentamente i concetti che voglio esprimere e cercando di usare, per quanto mi è possibile, uno stile neutro e imparziale. Qualche esempio: niente... non li trovo: so che esistono ma non so che marcatore cercare perché, come spiegato, tendo a disconoscerli e dimenticarli.
In totale si tratta di un libriccino di circa 160 pagine, di queste una dozzina sono per la prefazione del 1886 e un paio per la prefazione originale. Io ho improvvisamente iniziato a “capire” da pagina 60 e quindi ho un “buco” iniziale di circa 40 pagine che ho compreso solo superficialmente a livello intellettuale. Probabilmente, fossi un buon lettore, dovrei rileggermele in maniera da avere una padronanza completa del contenuto del libro ma onestamente non ne ho molta voglia. Magari mi rileggerò la lunga premessa del 1886 in una notte d'insonnia...
Nelle prossime puntate (un paio credo) entrerò nei dettagli del libro confrontando di volta in volta gli episodi a cui ho accennato nei precedenti pezzi di questa serie.
Nota (*1): beh, è una mistura di emozioni diverse, con di volta in volta sfumature cangianti, ma tutte un po' troppo sopra le righe, leggermente oltre l'oggettivo e pieno controllo razionale.
alla prima stazione
2 ore fa
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