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giovedì 7 dicembre 2023

La nonna di Schiller

Stanotte 00:40-5:40. Ieri credo che, se fossi stato una persona normale, avrei avuto il mal di testa tutto il giorno. Comunque mi è venuto il mal di schiena: è un problema di cui non soffrivo più da quando presi il materasso duro e le doghe in legno... se non occasionalmente (tipo dormire con un qualcosa fra materasso e schiena).

Anche oggi mi sento già stanco (6:30) ma voglio comunque provare a scrivere il pezzo su Jung che ho in arretrato da ieri (e comunque non ho letto altro).

Il titolo del pezzo è dovuto a un aneddoto del libro: sfogliando infatti il capitolo per capire quanto ancora mi mancava per terminarlo (un’enormità, circa 40 pagine di Schiller & C.!) mi è cascato l’occhio sulle parole “nonna di Schiller”. Siccome il soggetto mi incuriosiva molto mi sono imposto, nonostante la stanchezza, di arrivare a leggere fino a tale paragrafo.
Però, siccome è stata l’ultima cosa letta, credo sia meglio procedere con ordine e parlarne al termine di questo pezzo...

Come forse ricorderete in questo capitolo Jung analizza Schiller partendo dalla sua intuizione dell’incompletezza dell’uomo moderno. La società richiede infatti che le persone si specializzino e questo porta a uno sviluppo asimmetrico delle funzioni umane: il problema è che le funzioni represse causano frustrazione nell’individuo.
Poi Jung passa dalla società al singolo: Schiller riconosce questo problema perché lo vive in prima persona e, nei suoi scritti, oscilla da una razionalità (dominante) al sentimento (represso). Schiller viene poi contrapposto a Goethe per il quale invece vale il contrario.
Ah! altro nuovo elemento è che per Schiller l’essere umano può ricostituire la propria interezza tramite la bellezza (mentre Jung proponeva una facoltà a cui dava il nome di fantasia). Jung ne approfitta per evidenziare come però Schiller, a causa del proprio conflitto interiore, non riesca a sposare del tutto neppure la propria idea.

La mia prima nota riguarda la teoria di Jung secondo la quale l’uomo può sì sviluppare le proprie funzioni represse ma a scapito della sua funzione principale.
L’idea mi ha lasciato perplesso: tenete presente che Jung per me non è chiarissimo. Come Rawls dovrebbe essere un INFJ (sentimento predominante su ragione) e come Rawls si sente razionale, preciso e metodico senza esserlo veramente. Dove io uso termini vaghi come “funzione” o “represso” Jung è altrettanto vago: la sua esposizione si basa sulla presentazione di una serie di principi e cercare di legarli insieme come faccio io è riduttivo perché dei significati restano sempre fuori.
Questo per dire che anche in questo caso il pensiero di Jung non è chiarissimo ma è, come dire, “diffuso” e quindi sfumato su più pagine.
Io vi vedo una doppia lettura: una compatibile con quanto mi pare intenda Jung mentre la seconda no.
Se pensiamo alla mente umana come a un motore capace di potenza 100 dove il 75% dell’energia è fornita dalla funzione primaria e il resto dalle rimanenti allora se aumentiamo la percentuale di queste ultime dovremmo diminuire quella della principale. Analogamente se puoi mangiare solo una quantità ben precisa di minestrone allora se aumenti la quantità ingurgitata di patate dovrai diminuire quella di cavolfiore...
Ma l’altra lettura, la mia insomma, è che noi si possa sviluppare la capacità di ogni singola funzione in maniera da poterla sfruttare meglio. Io come INTP credo di aver sviluppato il mio sentimento e in alcune situazioni, sforzandomi, posso usarlo per esempio per interpretare queste parole di Jung. Successivamente, non in contemporanea cioè, posso tornare a usare la mia razionalità per interiorizzare quanto ho capito in una forma a me più congeniale. La mia capacità F si è rafforzata ma non a scapito della T.
Mi si potrebbe obiettare che l’uomo è sempre un tutto inscindibile e che quindi solo la prima forma, quella compatibile col pensiero di Jung, è possibile: ma a me pare invece di poter funzionare, sebbene non automaticamente, nel secondo modo che ho descritto.
Forse si può risolvere questo apparente dilemma ipotizzando che Jung intenda una “normalità” di comportamento dell’individuo e non le sue eccezioni...
Non so: come ho detto questa idea mi lascia perplesso e ancora non la ho “digerita” del tutto.

Ah! Una frase (di Schiller in realtà) che mi è piaciuta: «Chi non andrà oltre la realtà, non conquisterà mai la verità» (*1)
Curiosamente un’altra frase di Schiller mi piace sempre citare: «Un’epoca grande il secolo ha generato / ma il grande momento trova una stirpe meschina.»
Due contraddizioni che probabilmente sono sintomatiche del conflitto interiore fra ragione e sentimento di Schiller e di cui anch’io percepisco il fascino: del resto Schiller è tipato INTP come me… Intuisco adesso che proprio il paradosso, nelle persone logiche, scavalca la ragione e tocca il sentimento...

La mia seconda nota mi serve per evidenziare (e spero memorizzare) un meccanismo psicologico illustrato da Jung e che mi sembra particolarmente interessante.
Invece di cercare di esprimerlo a parole mi conviene citare direttamente l’autore: «Quando noi urtiamo contro un ostacolo […] il contrasto fra la nostra intenzione e l’oggetto che si oppone diventa ben presto un conflitto interiore. Infatti, mentre mi sforzo di subordinare alla mia volontà l’oggetto che mi si oppone, tutto il mio essere si mette poco a poco in rapporto con esso […]. Ne risulta una identificazione parziale di determinati elementi affini della mia personalità con l’essenza dell’oggetto. Appena attuata questa identificazione il conflitto si trasferisce nella mia propria anima. Questa “introiezione” del conflitto con l’oggetto mi rende discorde con me stesso […] suscita perturbazioni affettive […] sintomo di un dissidio interiore.» (*2)
Nella “mia” nota a margine «1. identificazione con oggetto; 2. introiezione; 3. scontro interiore»
Intendiamoci, personalmente ancora non sono convinto di questo meccanismo ma di sicuro sento di doverlo prendere in considerazione.

E finalmente arriviamo all’aneddoto che tanto mi aveva incuriosito e spronato a continuare nella difficile letture nonostante una certa stanchezza!
Ebbene sfogliando rapidamente le pagine avevo letto male: non si parla della nonna di Schiller ma di una sua “norma”: “rm” che nei caratteri usati nel testo assomigliano molto a “nn”…

Conclusione: spero che i lettori mi perdonino il piccolo inganno. Io personalmente ho riso molto quando mi sono reso conto dell’equivoco: a margine ho perfino scritto: «Ah! ah!»...

Nota (*1): tratto da “Tipi psicologici” di Carl Gustav Jung, (E.) Bollati Boringhieri, 2022, trad. Cesare L. Musatti e Luigi Aurigemma, pag. 96.
Nota (*2): ibidem, pag. 99.

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