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domenica 17 dicembre 2023

Darwin scopre il razzismo

In questi giorni non sto, sfortunatamente, leggendo molto: colpa mia. Sì c’è il problema del rumore ma sono anche stato pigro io. Su Jung mi sono bloccato sul capitolo lunghissimo su Schiller e anche per il nuovo libro di Hobsbawm che ho iniziato (“L’età degli imperi”) ho una cattiva sensazione.

Comunque in bagno, nonostante la stitichezza, continuo ad andare e di conseguenza la lettura di “Cotton is king” procede bene.

Sono a un capitolo dove viene descritta l’esperienza canadese nella prima metà del XIX secolo. Il Canada è una colonia del Regno Unito e la schiavitù è bandita: il paese è quindi una metà per gli schiavi fuggitivi (se ho ben capito negli stati senza schiavitù degli USA c’era sempre il pericolo di essere rimandati indietro; forse scrivo una sciocchezza ma mi pare che fosse nella costituzione).
Comunque qui l’autore presenta delle lunghe testimonianze sulla convivenza fra gli ex schiavi accolti in specifiche cittadine qua e là nel Canada.
Ne ho letta una lunghissima che ho trovato perfino divertente: molti anni fa in risposta a una domanda di un amico esordii con “Io non sono razzista ma…” e qui fui subito da lui stoppato. Mi spiegò che chi dice così allora è razzista. Io trovai il concetto ingiusto e irritante: come potevo premettere che sarei arrivato a una conclusione, in genere condivisa dai razzisti, ma senza usare argomentazioni razziste?
Probabilmente il mio amico partiva dall’idea che tutte le conclusioni dei razzisti sono sbagliate e, quindi, se io arrivavo a una delle medesime conclusioni, non importa per quale via, sarei giunto comunque a una conclusione sbagliata, insomma avrei sprecato tempo e fiato.
Ero quindi libero di esprimere la mia opinione se e solo se non giungevo a certe conclusioni. In realtà, dal mio punto di vista, anche i razzisti, un po’ come gli orologi rotti segnano comunque due volte al giorno l’ora giusta, possono esprimere idee corrette. Inoltre, come sapete, sono istintivamente contro la censura e, quindi, l’intera faccenda mi irritava assai.
Ovvio il paralogismo del mio amico: tutti i razzisti sbagliano → ogni loro conclusione è errata → se condividi una loro conclusione sbagli → se sbagli sei razzista.
L’ultimo passaggio è chiaramente illogico ma è l’unica maniera con cui dare senso all’idea che chi dica “Io non sono razzista ma…” sia automaticamente da considerarsi razzista.

Comunque tutta questa lunga premessa è per arrivare a dire che, almeno nel caso della prima testimonianza (di un maggiore dell’esercito inglese che per vent’anni aveva servito in India, poi si era trasferito come agricoltore in Canada dove era anche stato eletto sceriffo e, infine, negli USA), aveva ragione il mio amico!
Il maggiore si dilunga infatti a lungo a spiegare di come lui non fosse razzista, che nei suoi vent’anni di esperienza in India, non aveva mai avuto problemi con i neri locali, che lui è contro la schiavitù e pensa che sia giusto aiutare gli schiavi in fuga, che prima di conoscerli bene aveva fatto di tutto per aiutarli come poteva MA…
Poi racconta tutta una serie di aneddoti e dati estemporanei e apparentemente oggettivi a cui, senza informazioni precise, è impossibile controbattere che mostrano come queste comunità nere siano peggio delle cavallette, soprattutto portano tanta piccola e un po’ di grande criminalità. In una cittadina il 90% dei crimini è per esempio attribuito alla piccola minoranza di popolazione nera.
Il razzismo del maggiore lo si ricava indirettamente: per esempio spesso si riferisce ai neri con metafore del tipo “the ill fated race” (“la sventurata razza”) che fa capire come, sebbene paternalisticamente e sempre dichiarando la sua pietà per la loro sventura, abbia pregiudizi sulla loro natura.

Cosa molto interessante è che per l’intero libro non si parla mai di razzismo, di inferiorità congenità dei neri.
Inizialmente avevo stupidamente pensato che l’autore volesse evitare di cascare nel tipo di “trappola” comunicativa di cui il mio amico era fautore: “se tiri in ballo il razzismo allora sei razzista”.
Ma da qualche giorno mi sono reso conto che il problema è contemporaneamente più semplice ma anche più interessante.
Questo libro è del 1860 mentre la versione definitiva delle “Origine delle specie” è del 1871. Chiaro che all’epoca, specialmente fuori dall’ambiente dei naturalisti, le idee di Darwin non fossero note.

Ecco io credo che l’idea di superiorità razziale possa venire fuori solo alla luce della teoria dell’evoluzione delle specie. Altrimenti, se ci rifacciamo ai miti cristiani, tutti gli uomini sono uguali: dire che una razza è inferiore a un’altra è un po’ come andare contro a quanto affermato e voluto da Dio.
Ci vogliono nuove idee (protomiti) alternative a questa visione religiosa delle razze umane per poter giungere a conclusioni diverse: in questo caso è la teoria scientifica di Darwin che permette di ipotizzare come, magari tutte le razze siano anche state create uguali da Dio, ma alcune (per enne motivi) si sono poi evolute più di altre e ora sono loro superiori: e questa è l'essenza del razzismo tradizionale.

Credo insomma che, paradossalmente, il razzismo propriamente detto, così come lo intendiamo comunemente oggi, non esistesse negli USA degli schiavisti!
Non per nulla le due maggiori argomentazioni a favore della schiavitù che ho trovato fin qui sono o di carattere economico (gli USA fallirebbero senza la schiavitù) oppure di impreparazione morale degli schiavi a vivere liberi (che si risolve con più religione cristiana nelle piantagioni): anzi qua e là si loda il fisico dei neri e la loro resistenza alle malattie.

Conclusione: quando ho spiegato a mio padre cosa stavo scrivendo non ne è rimasto impressionato, anzi… A me pare pare invece straordinario aver trovato una forte relazione diretta fra due concetti apparentemente così distanti, ovvero che l’evoluzione darwiniana è premessa necessaria al razzismo (almeno partendo da un’ottica cristiana com’è la cultura occidentale).

8 commenti:

  1. In un mondo pacifico, ahimè del tutto immaginario, ogni razza è legata ad un territorio ed insieme, questi due elementi vanno rispettati e salvaguardati. Nel mondo reale, il diverso può essere percepito solo come superiore o come inferiore: nel primo caso ci si deve sottomettere, nel secondo va spazzato via. Ma questa patologia umana, non può intaccare anche il pensiero astratto e libero da condizionamenti, secondo cui la razza è e rimarrà sempre un valore da tutelare.

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  2. È una visione molto pessimista!
    Secondo me è tutto più sfumato: tanto per iniziare le razze sono astrazioni, nel senso che la razza non è una persona, non ha una propria idea e volontà, ma piuttosto è una somma di individui con tutto il bagaglio di diversi punti di vista che questi si portano dietro…

    Se poi la razza sia un valore non saprei… di certo sembra portare con sé tante complicazioni: magari se si fosse tutti con la stessa sfumatura di pelle il mondo sarebbe più tranquillo… o forse avremmo trovato altri dettagli su cui dividerci… non so…

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  3. Il razzismo è proprio l'approccio ideologico che giustifica lo sfruttamento economico di alloctoni.
    E' esattamente ciò che i razzisti anti delle sinistre ripetono da decenni con le infinite ripetizioni di slogan come
    o - contribuiscono al [loro, dei padroni del vapore] PIL
    o - fanno i lavori [schiavili] che gli italiani non vogliono più fare
    o - ti pagano le pensioni
    o - ...

    Conoscevo alcune esponenti della gauche caviar di queste parti colla colf tata filippina.
    Queste donne venivano pagate il minimo per pulire i cessi, i pavimenti, cucinare, fare il bucato alle razziste anti sopra di esse, troppo impegnate per andare al seminar sulle erbe curative oppure al boarda dell'azienda dei servizi.
    Come gandhiano io trovo tutto questo, in effetti, estremamente razzista.
    Così come peggio dei fascisti ci sono solo i fascisti anti, peggio dei razzisti ci sono i razzisti anti.
    Il problema si risolve coi signorini che si puliscono il proprio cesso, vuotano i propri rifiuti, puliscono i propri pavimenti.
    Cosa che i comunisti-col-rolex sono anni luce dal fare e che detestano come la peste.

    Sarebbe la fine della immigrazione di massa che è voluta da queste castalie progressiste parassitarie a danno del resto della piramide sociale.

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    1. > Il razzismo è proprio l'approccio ideologico che giustifica lo sfruttamento
      > economico di alloctoni.

      Questa è stata infatti una delle motivazioni che mi ha spinto a leggere questo libro. Spesso mi era capitato di sentir dire che le argomentazioni dei favorevoli all’immigrazione erano le stesse degli schiavisti e così ho voluto verificare di persona.
      In effetti le motivazioni economiche di immigrazione e schiavismo sono le stesse: più che qui ne ho scritto in un pezzo precedente (che non mi ricordo!)...

      > Conoscevo alcune esponenti della gauche caviar di queste parti colla colf tata
      > filippina.

      Beh, anche gli schiavisti accusano, e mi pare a ragione, gli abolizionisti di ipocrisia dato che tutti, a partire dall’Inghilterra, comprano il frutto della schiavitù, ovvero il cotone grezzo. Gli schiavisti affermano che se il Regno Unito volesse porre fine allo schiavismo americano basterebbe che smettesse di acquistare il cotone prodotto dagli schiavi (UK comprava il 90% della produzione USA)...

      > Sarebbe la fine della immigrazione di massa che è voluta da queste castalie
      > progressiste parassitarie a danno del resto della piramide sociale.

      Sui veri motivi del perché si vuole l’immigrazione ci sarebbe molto da scrivere...

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    2. Trovo molti italici che si lamentano dei cinesi e poi, ci mandano la moglie a farsi i capelli perché costa il 20% in meno delle parrucchiere o vanno al bar a prendersi l'espresso, stesso motivo.
      Lamentoni, scemi, incoerenti.
      Siamo pieni di questa gentaccia e lo era pure il RU, a quanto pare.
      I valori della società in cui viviamo devono essere difesi e questo ha un costo.
      Quanto potrei scrivere su questo: il GAS fu un osservatorio eccezionale.

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  4. L'ipocrisia è molto diffusa...

    Da piccolo la consideravo il maggior difetto degli italiani ma ora non ne sono più sicuro.

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  5. Qualche tempo fa vidi una pellicola sudcoreana dove una famiglia borghese era in preda alla esterofilia piu' estrema e demenziale (verso Italia, cultura e Germania, prodotti)
    I tratti erano, a tratti, grotteschi.
    L'erba del vicino e' piu' verde in molti posti.

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    1. Possibilissimo...
      Anche se io non vedo sempre l'erba più verde nei giardini altrui: ad altre popolazioni associo difetti diversi mentre considero l'ipocrisia il difetto principale degli italiani!

      Poi, ovvio, che anche altre popolazioni abbiano o percepiscano di avere, lo stesso problema...

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