Come accennato in 3x3 pochi giorni fa ho iniziato a leggere “Le conseguenze economiche della pace” di Keynes (1919).
Onestamente ero piuttosto titubante: ero infatti sicuro che sarebbe stato un libro “importante” ma temevo un mattone essendo scritto da un economista. Avevo paura che si perdesse a evidenziare gli errori tecnici degli accordi di Versailles e che nascondesse le sue argomentazioni dietro formule, termini e calcoli di economia.
Già i primi capitoli erano piuttosto interessanti ma oggi ho iniziato il terzo (“La conferenza”) e le mie annotazioni hanno iniziato a moltiplicarsi…
Keynes scrive nel 1919 e dà per scontato che i lettori conoscano gli aspetti salienti della conferenza di Parigi che però, cento anni dopo, non sono più così ovvi a tutti. Intuisco che a questa conferenza parteciparono le potenze vincitrici che si riunivano a discutere nel Consiglio dei Quattro. Per la Francia abbiamo il primo ministro Clemenceau, poi il Premier britannico Lloyd George, il presidente americano Wilson e, rullo di tamburi, il primo ministro italiano Orlando (!). Ovviamente questi personaggi erano accompagnati dai vari esperti tecnici fra cui, per l’Inghilterra, Keynes, l’autore del libro.
Il terzo capitolo inizia quindi con la descrizione psicologica dei protagonisti e, al momento, ho letto solo quella di Clemenceau.
Piuttosto sorprendentemente fu proprio Clemenceau che riuscì a imporsi psicologicamente sui colleghi compreso il presidente americano Wilson.
Di seguito voglio evidenziare i particolari che più mi hanno colpito. L’essenza di Clemenceau era la sua devozione verso la Francia che metteva davanti a tutto, compresa la giustizia. Clemenceau era convinto che la Germania fosse il maggiore e inevitabile avversario della Francia e che, prima o poi, ci sarebbe stato un nuovo scontro fra le due nazioni. Non voleva quindi arrivare a delle misure eque per la Germania ma, invece, scientemente cercò di ottenerle il più punitive possibile in maniera che le occorressero molteplici generazioni per riprendersi e, quindi, sfidare nuovamente la Francia.
1. «Clemenceau pensava della Francia quello che Pericle pensava di Atene: essa era per lui un valore senza pari, e nient’altro importava. Ma la sua teoria della politica era quella di Bismarck. Aveva una sola illusione, la Francia; e una sola delusione, l’umanità, inclusi i francesi e non ultimi i suoi colleghi.» (*1)
Il primo paragrafo l’ho incluso perché è bello e rende bene l’idea della bussola dei valori di Clemenceau, ma cosa significa l’ultimo? Io lo capisco così: idealizzava il concetto di Francia ma aveva scarsa fiducia nelle capacità degli uomini, compresi i propri concittadini. Servitore quindi della Francia ma non dei francesi…
2. «[…] il tedesco capisce ed è in grado di capire soltanto l’intimidazione [...]» (*1) e poi aggiunge tutta una lunga lista di caratteristiche negative dei negoziatori tedeschi. Questa è l’idea della psicologia tedesca che aveva Clemenceau. Il mio commento a margine involontariamente ironico (me ne accorgo solo ora rileggendolo) è: “[KGB] Opinione molto squallida sui tedeschi. A me pare possa adattarsi a tutte le nazioni!”. Infatti anch’io, come Clemenceau, ho poca stima dell’umanità…
Poche righe dopo (io in genere annoto via via che leggo e quindi non so cosa è scritto in seguito) Keynes conferma il mio sospetto: «Ma è dubbio fino a che punto Clemenceau ritenesse queste caratteristiche peculiari della Germania, e se la sua schietta opinione di alcune altre nazioni fosse fondamentalmente diversa.» (*1)
La morale comunque è: «Quindi non bisogna mai negoziare con un tedesco o blandirlo: bisogna comandargli.» (*1)
Mi chiedo se i “gestori” (*2) di Biden abbiano seguito questa massima con il Portinaio Scholz: lo ritengo possibile…
3.Con un pizzico di cinismo Clemenceau considerava poi gli americani (e suppongo Wilson) come degli sciocchi idealisti mentre gli inglesi come degli ipocriti. Sfortunatamente Keynes non scrive cosa ne pensasse degli italiani. Per inciso altrove accenna che Orlando parlava solo francese mentre Wilson solo inglese e che quindi i due non potevano parlare direttamente fra loro (all'epoca mancava un poliglotta della caratura di Di Maio).
4. Come ho scritto nell’introduzione Clemenceau temeva che la Germania avrebbe presto sorpassato (economicamente e demograficamente) la Francia e che, per questo, fece di tutto per affossarla il più possibile. Questo mi fa pensare a quanto a lungo sopravvivano questi topoi politici: uno dei motivi per cui l’euro fu così fortemente voluto dalla Francia era l’idea che togliendo alla Germania il marco la si sarebbe potuta controllare e imbrigliare. In verità poi l’euro è stato nei fatti comunque controllato dalla Germania che l’ha gestito secondo i propri interessi e non quelli della Francia o della UE in genere…
5. «Non si può rimettere indietro l’orologio. Non si può riportare l’Europa centrale al 1870 [...]» (*3). Clemenceau voleva infatti cercare di riportare la Germania alla situazione del 1870 quando la Francia era più forte. Ma l’affermazione è storicamente vera in generale: probabilmente avrei dovuto essere meno pigro e ampliare la citazione. Keynes infatti successivamente spiega perché non sia possibile tornare indietro nel tempo: le tendenze naturali che hanno portato alla situazione attuale infatti andrebbero in direzione opposta e produrrebbero delle tensioni grandissime che, caricandosi come una molla, prima o poi esploderebbero travolgendo la società e le sue imposizioni artificiali. Mi pare un concetto valido in più situazioni storiche: le modifiche devono essere strutturali per avere effetti profondi. Sì, più volte questo fenomeno si è verificato: mi vengono in mente esempi economici ma anche in contesti storici/politici…
Conclusioni: e nelle prossime pagine sarà il turno dell’analisi del presidente Wilson! Comunque notevole la sensibilità psicologica di un economista come Keynes… Vediamo che tipo psicologico gli attribuiscono… INTJ… uhm… mi pare plausibile: la diplomazia è tipica di Te (che in INTJ è funzione secondaria, quindi forte)...
Nota (*1): tratto da “Le conseguenze economiche della pace” di John Maynard Keynes, (E.) Adelphi, 2007, trad. Franco Salvatorelli, pag. 41.
Nota (*2): da qualche tempo parecchie delle fonti che seguo invece di dire “Biden ha fatto X” dicono “i gestori (handlers) di Biden hanno fatto X”. Mi piace: io usavo “squadra” ma è più corretto dire che Biden abbia dei “gestori”.
Nota (*3): ibidem, pag. 44.
alla prima stazione
1 ora fa
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