Probabilmente dovrei scrivere di qualche libro che sto leggendo: guardando i titoli dei pezzi scritti a giugno c’è pochissimo su di essi.
Oggi però voglio parlare di un fenomeno psicologico di cui mi pare (97%) di aver letto su Diamond.
Non mi ricordo bene il contesto in cui ne scrive: probabilmente per aiutare a spiegare come mai le popolazioni talvolta non si rendono conto del pericolo che stanno attraversando.
L’esperimento chiedeva alle persone che vivevano in una valle dove era presente una grande diga di valutarne la pericolosità. Ebbene il pericolo percepito diminuiva fino a sparire via via che ci si avvicinava alla diga vera e propria. Le persone che vivevano nel primo paese che sarebbe stato spazzato via dalle acque non pensavano mai a tale rischio.
Inizialmente mi sembrò un fenomeno inspiegabile: come è possibile rifiutarsi di vedere la realtà? Come mai non ammettere un pericolo evidente per sé e i propri cari?
Poi, pensandoci meglio, mi sono reso conto che si tratta di un risultato intuibile anche alla luce di quanto già sapevo e che, soprattutto, non colpisce solamente chi abita nei pressi di una diga…
Già scorrendo i diversi limiti cognitivi ([E] 1.1) è facile riconoscerne molti che devono avere un ruolo nel fenomeno: la misconoscenza (la volontà di non sapere), l’irrazionalità, l'anti-resipiscenza (non voler ammettere qualcosa che ci costringerebbe a modificare la nostra visione della vita), o la scelta delle priorità. Ma soprattutto vi vedo due fenomeni legati alle relazioni e pressioni sociali ([E] 1.3 e 1.4): la dissonanza cognitiva (che in questo caso di sovrappone sull’anti-resipiscenza) e il pensiero di gruppo. L’uomo non ama i conflitti irrisolti: nella consapevolezza di un pericolo teorico sa bene che dovrebbe affrontarlo per risolverlo, nel caso della diga però il singolo può fare ben poco e, anche per evitare di sentirsi impotente (protezione della propria autostima) semplicemente cancella l’esistenza del pericolo.
Quando poi la maggior degli abitanti del paese rimuovono il problema dai loro pensieri e dalle loro conversazioni allora anche chi, compiendo uno sforzo di volontà e razionalità, sarebbe disposto ad approfondire la problematica ne è dissuaso dal pensiero di gruppo (dal desiderio di essere accettato dagli altri). Suppongo poi non manchino le razionalizzazioni come, per esempio, la fiducia totale nelle parole dell’autorità, del sindaco che giura sulla sua sicurezza (e che magari vive in una villa nei pressi del paese: le autorità possono benissimo sbagliare in buona fede!) o del ministro giunto per l'inaugurazione decenni prima: sicuramente tutti i “rigidi” criteri di sicurezza sono stati rispettati e, di certo, tutti i controlli di sicurezza sono stati eseguiti scrupolosamente perché con un qualcosa di potenzialmente pericoloso come una diga “non si scherza”: quale politico rischierebbe che magari non subito ma dopo trenta o passi anni la diga potesse cedere?
L’ultima domanda è ironica: in realtà un altro elemento che influisce su questo fenomeno è la prospettiva esistenziale ([E] 1.2). L’uomo tende a confondere ciò che non accade nella propria vita col “mai”. Il pericolo che teoricamente si dovrebbe presentare una volta ogni 200 anni viene confuso con un pericolo inesistente: peccato però che se le dighe sono mille allora, statisticamente, si verificherà un problema ogni pochi mesi in una di queste.
Questo senza ricordare l’insegnamento di Taleb ([E] appendice E), ovvero che le probabilità di rischio molto basse non possono mai essere calcolate con precisioni e, spesso, si basano su modelli errati e ottimistici. Quante volte dopo un disastro si sente dire che il tale fattore era stato sottostimato o addirittura non considerato?
Secondo chatGPT questo fenomeno psicologico è noto come “falsi allarme” o “falsa sicurezza”: il primo nome non mi convince ma “falsa sicurezza” mi sembra possa andare.
Secondo le conoscenze dell’IA i principale fattori che la provocano sono la prospettiva esistenziale e la dissonanza cognitiva (più vari e indefiniti). Approfondendo un po’ chatGPT fa il nome di vari psicologhi che hanno studiato il processo decisionale umano di fronte al rischio: insomma non è la teoria di un singolo ma si tratta di un fenomeno ben conosciuto e accertato.
Ma il suo aspetto più straordinario è come questa teoria della falsa sicurezza si possa applicare in tanti altri ambiti dove le persone non sembrano reagire razionalmente a dati concreti che evidenziano un problema o un pericolo.
Da una parte, nei casi che ho in mente e che il lettore può facilmente immaginare, un ruolo fondamentale lo giocano i media nel veicolare la voce rassicurante dell’autorità, vuoi scientifica che politica: la tendenza a fidarsi e obbedire all’autorità della popolazione è già fortissima di suo ed, evidentemente, la sua efficacia è moltiplicata quando la spinge in una direzione che istintivamente già vorrebbe prendere. Cioè gli esperimenti hanno dimostrato che l’uomo, per obbedire all’autorità, è disposto ad andare contro la proprio moralità e a compiere atti inumani: figuriamoci quindi quando l’autorità lo spinge verso ciò che vorrebbe fare o credere. Per esempio “Lei XXX si merita una promozione!” o, appunto, “state tranquilli, non preoccupatevi: non c’è nessun pericolo”.
Un altro fattore decisivo è quale sia il pericolo diretto percepito dal singolo: quando cioè si tratta di un pericolo che colpirà gli “altri” o che effettivamente potrebbe colpire anche noi.
La mia sensazione intuitiva è che se il rischio personale è minore dell’1% allora venga molto più facilmente ignorato.
Il terzo fattore è se il singolo può o no fare qualcosa per evitare o almeno diminuire il pericolo in questione. Se il singolo da solo è impotente diviene ancora più facile che preferisca dimenticarsi l'intera problematica. Se poi sa di non essere l'unico che ne sarà colpito allora si tranquillizzerà ulteriromente.
Da un punto di vista matematico andrebbe valutata la probabilità del rischio moltiplicata per la sua gravità: insomma anche un rischio improbabile dell’uno per mille andrebbe preso in seria considerazione se le sue conseguenze potrebbero essere la morte o, comunque, malattie debilitanti a vita. Ma l’uomo non è razionale.
Conclusione: qui rischiavo di mettermi a ripetere le solite cose ma secondo me questo fenomeno della falsa sicurezza, che come abbiamo visto è causato e può essere amplificato da molti fattori, è utilissimo per comprendere come mai fasce molto ampie, quando non maggioritarie, della popolazione sembrano rifiutarsi di vedere ciò che invece dovrebbe essere loro ovvio: la possibilità di una guerra nucleare fra occidente e Russia, le controindicazioni dei vaccini mRNA, il crollo del dollaro, la fine dell’egemonia occidentale, la riduzione delle libertà e una miriade di altri fenomeni “sgraditi” a cui la popolazione, spesso incoraggiate dalle istituzioni, preferisce non preoccuparsi.
alla prima stazione
1 ora fa
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