Oggi (o forse era ieri?) ho letto un altro capitoletto di “Una teoria della giustizia” di John Rawls: il 23°, ovvero “Vincoli formali al concetto di giusto”.
Un capitolo decisamente lineare che, come al solito, è ancora di premessa…
Come spiegato in 20-21=-1 (in realtà il titolo avrebbe dovuto essere “21-22=-1” ma mi sono confuso!) Rawls non si vuole limitare a proporre una teoria della giustizia e a elencarne i pregi: vuole invece dimostrare che sia la migliore in assoluto partendo da delle premesse “minime”.
A mio parere le sue premesse non sono poi così “minime” e comunque, qua e là, impone delle condizioni arbitrarie: insomma per capirci, dopo 140 pagine, non siamo ancora a niente: di concreto non ha ancora formulato nulla ma siamo ancora nelle fase in cui vengono elencate le premesse che userà per giungere alle sue conclusioni.
In particolare qui considera l’assemblea iniziale, i cui membri dovranno accordarsi fra lor per giungere a un accordo, e quali dovranno essere i vincoli al concetto di giusto: cioè su quale condizioni i membri dell'assemblea dovranno concordare e che certamente il “giusto” dovrà soddisfare per essere tale.
Le condizioni elencate sono le seguenti:
1. principi generali: non potranno cioè essere specificate eccezioni a essi.
2. principi universali: si devono applicare a tutti gli uomini.
[“generali” e “universali” possono apparire equivalenti ma non lo sono. Esempio universale ma non generale: “Tutti (universale) devono ubbidire al dittatore (NON generale perché specifica una persona)”. Esempio generale ma non universale: “Chi ha i capelli neri (non universale; generale perché non specifica una singola persona) deve pagare più tasse”]
3. principi pubblicizzati.
[Concetto che non mi è chiarissimo: se ho ben capito i principi su cui ci si accorda devono essere ben noti a tutti. Credo che significhi che le decisioni saranno quindi ben motivate]
4. Principi ordinabili. In caso di conflitti deve essere chiaro quale principio abbia la priorità sugli altri; e deve valere la proprietà transitiva: cioè se A>B e B>C allora A>C (e non C>A).
5. Principi definitivi. I principi stabiliti non potranno essere rimessi in discussione.
Comunque Rawls riassume lo scopo di queste condizioni così: «Se consideriamo complessivamente queste condizioni e le concezioni del giusto, abbiamo il seguente risultato: una concezione del giusto è un insieme di principi di forma generale e di applicazione universale, che devono essere collettivamente riconosciuti come corte d’appello definitiva per imporre un ordinamento alle pretese contrattuali di persone morali.» (*1)
Il capitoletto si conclude con una considerazione interessante: l’egoismo, sia personale che della società (generalizzato), è in contraddizione con queste condizioni e, per questo, è incompatibile con il punto di vista morale. Rawls lo spiego piuttosto bene ma non ho voglia di ripetere le sue argomentazioni.
Conclusione: il prossimo sottocapitolo, intitolato “Il velo d’ignoranza” dovrebbe essere molto interessante. Da quello che ricordo dovrebbe essere la condizioni per cui le persone che devono accordarsi insieme non ricordano le proprie caratteristiche personali (per esempio il colore della propria pelle) e questo dovrebbe portarli a scelta più equilibrate e giuste. Sono curioso di vedere come formula nel concreto questo concetto...
Nota (*1): tratto da “Una teoria della giustizia” di John Rawls, (E.) Feltrinelli, 2021, trad. Ugo Santini, pag. 141.
alla prima stazione
1 ora fa
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