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martedì 19 novembre 2019

Teorie cupe e limitate

[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.3.2 "Westernheim").

Uno dei migliori video di Barbero è sicuramente quello su Cavour (v. LEZIONI DI STORIA Il Carattere degli Italiani Alessandro Barbero): senza lui e Garibaldi non credo che si sarebbe potuta “fare” l’Italia. Poi, certo, può sempre arrivare un Monti a distruggerla: grandi e piccoli uomini: pochi dei primi e pletora dei secondi.

Nel video il professore spiega che Cavour era aggiornatissimo, seguiva le tendenze del proprio tempo con estrema attenzione. In una lettera del 1848 commenta un libro pubblicato a Londra nel febbraio dello stesso anno: si tratta de Il manifesto del partito comunista di Marx ed Engels.
La sua analisi è acutissima e profonda: Cavour non è tanto preoccupato dal comunismo in sé ma della reazione che, per paura, potrebbe provocare. In pratica, in un attimo, già prevede una delle dinamiche storiche più importanti che porteranno al fascismo in Italia circa 70 anni dopo!

Ma, sorpresa, oggi non voglio scrivere di Cavour. Sempre nella sua lettera Cavour, scrivendo delle dottrine socialiste e comuniste, le definisce “...nate nei cupi cervelli di alcuni filosofi della Germania...”: ho trovato l’immagine molto divertente, con un singolo aggettivo dà immediatamente una connotazione negativa a tali teorie, le colora di scuro e le rende minacciose: sembra quasi la descrizione di una malattia, di un parassita che cresce e nasce spontaneamente nei cervelli infetti perché dediti a malsane riflessioni…

Io, nella mia ignoranza, non ho ancora letto Il manifesto del partito comunista: probabilmente lo farò perché, dopo tutto, è una pietra d’angolo della storia attuale o, almeno, del secolo scorso.

Però leggendo Gramsci inizio a farmene una vaga idea che combino con gli accenni del Donini (v. Riflessioni smarxiste e Ready Donini One).
Mi pare che nella sua essenza vi sia un fondamentale dualismo fra i lavoratori e i padroni, nel mezzo la piccola e media borghesia che però, nella sostanza, equivale ai padroni per affinità di idee e di visione della vita.
Riflettevo che questo è il grande limite della teoria di Marx ed Engels rispetto alla mia Epitome: essi vedono un unico grande parapotere che prende varie forme e un unico grande gruppo di sfruttati, i lavoratori. In tale visione manca la fondamentale intuizione che ogni gruppo sociale ([E] 3.2) segue le stesse leggi del potere ([E] 5) e che la loro principale distinzione sta solo nella loro forza che, a sua volta, dipende dal loro grado di apertura/chiusura e dalla loro autonomia o mancanza di essa.
La visione di Marx/Engels non può prevedere le divisioni fra i parapoteri (semplificate a disaccordi all’interno di uno stessa unità) né quelle fra lavoratori (ridotte a mera disinformazione). La chiesa, per esempio, non è vista come un potere a sé stante ma come un’emanazione, uno strumento, dell’unico potere centrale atto a controllare il proletariato con la superstizione.
La teoria dell’Epitome invece ci spiega che il parapotere religioso, in quanto parapotere, tenderà a collaborare con gli altri parapoteri ([E] 5.9) ma che in particolari circostanze ([E] 5.1, 5.2 o 5.5) potrebbe anche opporvisi: basti pensare al ruolo della Chiesa in Polonia negli anni ‘80…
Oltretutto la teoria marxista non dà strumenti per prevedere cosa potrebbe succedere se il “proletariato” arrivasse effettivamente al potere: sconfitto il “nemico” non si può che concludere che vi sarebbe la massima armonia, ricchezza e giustizia per tutti.
Al contrario l’Epitome offre molti mezzi per intuire cosa accadrebbe: vi è la tendenza a un potere egemone ([E] 5.5) visto che i gruppi più forti tendono a diventarlo sempre più, vi è la legge dell’implosione ([E] 5.6) che spiega cosa accade quando un potere cresce troppo, è spiegato il difficile rapporto fra potere delegato e rappresentato con il primo che, a causa delle condizioni della rappresentatività imperfetta ([E] 5.8), tenderà inevitabilmente a tradire il secondo, etc…
Già queste poche leggi mostrano chiaramente come l’URSS avrebbe dovuto essere strutturata in maniera completamente diversa per sopravvivere e prosperare nel tempo: non è infatti sbagliata l’idea di giustizia sociale del comunismo, assolutamente no, ma i mezzi e le strutture per raggiungerla e mantenerla.

Vabbè, mi diranno i lettori indignati: “Tu scrivi a posteriori, sapendo ciò che è successo nel XX secolo! Hai semplicemente scritto le tue «leggi» in maniera che tutto tornasse...”
Certo, ho proprio fatto così: ma il bello della mia teoria è che la si può applicare a ogni epoca storica e a ogni livello di dettaglio ([E] 4.3). La si può applicare all’antichità classica, al medioevo o all’epoca moderna ma anche limitatamente a una grande azienda o a una singola città o paese: basta individuare i gruppi che compongono tale società e stabilirne il tipo…
Avete invece mai letto un’interpretazione storica marxista? Io sì: non torna niente, perché proletariato e industriali non si possono sovrapporre a ogni epoca o struttura sociale: ecco quindi che lo storico marxista si arrampica sugli specchi, deve inventarsi eccezioni stando attendo però a non “bestemmiare”. Perché poi il comunismo/socialismo diviene una fede, una religione come il cristianesimo: tale concezione è evidente in Gramsci (*1)…

Già solo con la teoria dei gruppi e le leggi del potere la mia teoria è estremamente più precisa e affidabile delle teorie di Marx ed Engels: ma nell’Epitome c’è di più. C’è la teoria dei limiti psicologici e cognitivi dell’uomo ([E] 1) e c’è l’altrettanto fondamentale teoria dei protomiti ([E] 2) con le loro regole e leggi. Questi ulteriori strumenti permettono di perfezionare, di calibrare finemente per ogni situazione, l’interpretazione che si deve fare delle leggi del potere e, quindi, comprendere meglio il proprio mondo.

Alla fine mi è venuto fuori un panegirico per la mia Epitome: non era questa la mia intenzione ma, essendo di parte, mi sono lasciato trascinare nel lodare, non me stesso, ma quanto ho pensato e scritto…

Non lo so: mi chiedo se non sia un mio dovere fare qualcosa per cercare di diffondere maggiormente le mie idee piuttosto che limitarmi al minimo indispensabile, ovvero al solo pubblicarle sul mio ghiribizzo…
Ma lo voglio ribadire, non per me, ma per le mie idee: davvero credo che l’umanità trarrebbe giovamento non dico dall’accettare ma almeno dal riflettere su di esse…

Conclusione: che dire? Sopravvaluto le mie teorie? Forse. Eppure più che leggo e imparo e più mi sembrano evidenti i limiti altrui: non quelli dell’uomo comune ma quelli dei grandi intellettuali della storia…
Forse questa mia illusione è in realtà il vero motivo per cui ho pochissimi lettori!

Nota (*1): tanto per dimostrare che sto ancora leggendo Gramsci, cito: «Il socialismo è una visione integrale della vita: ha una filosofia, una mistica, una morale.». Frammento di “Scritti politici 1” di Antonio Gramsci, tratto dall’omonimo e-book pubblicato su Liber Liber e curato da Paolo Spriano.

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