[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 0.5.0 "Bellis Perennis").
I numerosi pezzi politici scritti l'uno dopo l'altro della scorsa settimana mi hanno “bruciato”: nonostante abbia più di un'idea valida non ho la volontà di metterle nero su bianco...
Per cercare di vincere questa particolare indolenza ho deciso di complimentarmi un po' con me stesso! Dopotutto, se i miei lettori danno molto raramente segni di vita e mai pensano a complimentarsi per qualche pezzo particolarmente interessante, allora devo pensarci io!
Vabbè, sto scherzando... un po'...
Il punto di partenza delle mie riflessioni odierne me lo dà Breve storia delle religioni di Donini. Ormai ho superato la metà del libro e io e l'autore, nel nostro dialogo immaginario, cominciamo a ripeterci. Il Donini periodicamente, direi ogni 3/4 pagine, ripete il suo mantra: “La religione riflette le strutture delle classi della società”, e io, altrettanto regolarmente, penso: “La mia teoria sulla religione è molto più corretta di quella marxista”. E di questo ho già scritto nella seconda parte di Ready Donini One...
Probabilmente il secondo concetto ripetuto più spesso è invece quello di come il cristianesimo sia nato nell'epoca in cui l'economia basata sullo schiavismo era al suo culmine. In genere, quando il Donini fa questa considerazione ne approfitta anche per collegarla alla precedente e, quindi, il concetto diventa “il cristianesimo giustifica la schiavitù e mantiene l'ordine sociale illudendo gli schiavi col paradiso dopo la morte”.
Ieri, mentre riguardavo la mia Epitome, mi sono imbattuto nella nota 252 dell'ottavo capitolo dove scrivo:
«Un'interessante speculazione ce la fornisce il rapporto del cristianesimo con la schiavitù: l'economia dell'impero romano era fortemente incentrata sullo sfruttamento degli schiavi; nel corso dei secoli però, grazie alla manumissione (l'atto con cui il padrone faceva di uno schiavo un liberto; pratica necessaria nel lungo periodo per garantire l'obbedienza degli schiavi prospettandogli una potenziale libertà) molti liberti erano divenuti cittadini ricchi e potenti: addirittura i loro figli (e quindi discendenti di schiavi) erano divenuti senatori. È evidente quindi che nella società romana doveva esserci una profonda dissonanza cognitiva ([E] 1.3) sullo stato dello schiavo: da una parte, per la legge, lo schiavo era considerato come un semplice oggetto; da un'altra c'era la consapevolezza che lo schiavo era una persona con capacità identiche a quelle dei cittadini liberi. La mente umana non tollera le dissonanze cognitive e cerca di risolverle decidendosi o per una versione o per un'altra: come ormai ben sappiamo gli schiavi erano persone come tutte le altre e questa verità non poteva essere negata; d'altra parte però la schiavitù era essenziale per l'economia romana e non era quindi proponibile rinunciare a essa. In questi casi l'unica soluzione è ricorrere a un protomito che giustifichi la dissonanza nascondendola tramite una coltre di argomentazioni speciose. Da questo punto di vista la soluzione proposta dal cristianesimo è perfetta: con la “Prima lettera a Timoteo” San Paolo assolve chi possiede degli schiavi, purché li tratti con umanità, e contemporaneamente incita gli schiavi all'obbedienza con la giustificazione che la temporanea vita terrena è solo il preambolo della vera vita eterna. È notevole il potenziale stabilizzante di questa visione (protomito) della schiavitù per la società.»
La mia visione è estremamente compatibile con quella marxista visto che entrambi riconosciamo nel cristianesimo la medesima funzione di stabilizzazione della società. Eppure la mia è di gran lunga superiore: è più generale, logica e affidabile.
La religione non è vista come un'invenzione teorica, ideate a tavolino, usata dai potenti per controllare le “masse” (termine molto marxista ma che mi piace!). La religione è invece un potere come tutti gli altri e, come tale, segue le leggi del potere ([E] 5). È solo a causa della legge del confronto ([E] 5.7) che la religione tenda a cooperare con gli altri parapoteri: e questa cooperazione può prendere un'unica forma: la religione, sfruttando la propria forza, ovvero l'autorità morale che ha sui fedeli, rafforza i protomiti che giustificano il ruolo (e quindi i privilegi) degli altri parapoteri che, in cambio, useranno la propria forza a beneficio della religione.
Inoltre nel Donini non ho ancora trovato chiaramente traccia della seconda funzione della religione (dove la prima è stabilizzare la società) ovvero fornire rassicurazioni all'uomo: ovviamente ci sono vari accenni ma di nuovo manca chiara la comprensione che a ogni potere corrispondono delle funzioni specifiche ([E] 8.1 e 8.2) e, se e solo se queste mancassero, allora anche tale potere (che corrisponde a un particolare gruppo, Marx direbbe “classe”, della società) non avrebbe ragione d'essere e, presto, sparirebbe.
Nella mia Epitome è invece chiaro e limpido il processo con cui la scienza abbia quasi completamente sostituito la religione nella sua funzione di rassicurare l'uomo. Non solo: nella mia teoria è anche chiaro quali religioni abbiano una maggiore capacità di “convivere” con la scienza (chi è interessato legga il capitolo 8 dell'Epitome) mentre invece il Donini sbatte contro il muro ideologico che la religione debba sempre essere un riflesso delle diseguaglianze della società che la professa, ovvero al “dogma” che la società senza classi (“come si sta realizzando nell'URSS”) non avrà più bisogno della religione.
La storia ha invece dimostrato che la religione è sopravvissuta all'URSS (a causa della sua funzione atta a rassicurare l'uomo) e che, in quanto potere autonomo, non potendovi collaborare si è opposta al comunismo: comportamento totalmente logico nella mia visione ma paradossalmente assurdo nella prospettiva del Donini.
Oggi ho poi letto il seguente aforisma di Nietzsche: «I mezzi di conforto escogitati dai mendicanti e dagli schiavi sono pensieri di cervelli mal nutriti, stanchi o ipereccitati. Con questo metro bisogna giudicare anche il cristianesimo e il fanatismo socialista.»
Tale frase mi ha ricordato il Donini: non perché il suo fosse un cervello “mal nutrito”, anzi ho subito apprezzato la sua cultura e perspicuità (altrimenti non continuerei a leggere un testo sul quale non mi trovo troppo d'accordo) ma perché mette sullo stesso piano la religione con l'ideologia politica (pensiero ribadito anche da Harari). E il Donini, probabilmente senza rendersene conto, è talmente fedele all'ideologia comunista dall'esserne accecato: non a caso ho usato la parola “dogma” riferendomi alla sua visione della religione.
Ho spesso la sensazione che il Donini forzi la natura di una religione per poterla spiegare col dogma che essa sia il riflesso della struttura della società che l'ha prodotta. A volte la sensazione è vaga altre invece molto forte: mi pare che il Donini invece di essere uno studioso neutrale nel valutare e applicare la propria teoria (cioè quella marxista) alla religione tenda a riportare tutti gli elementi che la confermino e a tacere, o almeno a sminuire, quelli in contraddizione con essa.
Conclusione: mi estollo dicendo che: 1. l'Epitome è un capolavoro assoluto, secondo alcuni studiosi (cioè me!), paragonabile all'Origine della Specie di Darwin; 2. KGB batte Marx 3 a 0...
Ecco, adesso mi sento meglio e non posso esimermi dal ringraziarmi per i generosi e sinceri complimenti che mi sono fatto!
giovedì 7 giugno 2018
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