In questi giorni ho a lungo ponderato su una questione che mi angustiava non poco: come valutare l'equazione “più sicurezza in cambio di meno libertà”?
Premetto che le proposte fatte sulla cyber security (*1) non diminuiscono significativamente il rischio di attentati mentre invece riducono enormemente le libertà individuali. Come ho già scritto altrove queste misure si prestano perfettamente a essere abusate, sicuramente (è nella natura umana) lo saranno e, per questo, sarebbe bene evitarle in toto.
La mia riflessione non era quindi incentrata sulle specifiche misure che il nostro governo ha intenzione di prendere, queste infatti sono totalmente inutili, ma era di natura più filosofica: fra due principi ugualmente validi quale deve prevalere quando questi vanno in contrasto fra loro?
Infatti, benché io sia di natura per la massima libertà individuale, quando mi veniva prospettata la possibilità di ridurre il numero di vittime per attacchi terroristici riducendo tali libertà, avevo dei dubbi su cosa fosse più giusto fare.
Dopo tutto siamo abituati a considerare la vita umana come il valore più alto e più sacro: è un facile mantra che sentiamo ripetere spesso e da più parti; è anche un'affermazione plausibile e, per questo, è facile considerarla una verità assoluta senza sì e senza ma.
E, se consideriamo valida questa premessa, allora diventa facile la scelta fra più sicurezza e meno libertà. Se la vita è il valore più alto, da preservare a ogni costo, allora si deve essere disposti a pagare qualsiasi prezzo per essa.
Torniamo quindi alla mia antinomia iniziale: da una parte la libertà e dall'altra la vita: quale di questi valori ha la precedenza sull'altro? Questa è la domanda su cui ho riflettuto a lungo.
Poi mi è venuto in mente il mito (*2) della resistenza nella sua essenza: il sacrificio della propria vita per valori più alti, in questo caso la libertà.
E questo, già da solo, scioglie completamente il dilemma: da tempo accettiamo, siamo consapevoli e riteniamo giusto che si possa arrivare a sacrificare la propria vita per valori più alti. Da questo consegue che la vita di per sé non è il maggiore valore assoluto ma ne esistono altri più elevati. Si potrebbe obiettare che, in questo caso, si tratta della vita di pochi per la libertà di molti: ma questo non cambia assolutamente il mio ragionamento susseguente.
È triste ma giusto sacrificare la vita di pochi (le eventuali vittime del terrorismo) per preservare la libertà di molti.
È possibile che l'uomo nel corso della storia venga chiamati a difendere col proprio sangue libertà e diritti conquistati col sangue perché, come in passato ne valse la pena, così ancora adesso è ugualmente giusto farlo. E questo periodo, con la minaccia del terrorismo, sembra essere uno di questi periodi.
Prendere e accettare misure di sicurezza che limitino la nostra libertà non equivale alla sconfitta del terrorismo ma, al contrario, alla vittoria della dittatura. Non si combatte il terrorismo soffocando la democrazia: equivalerebbe ad amputarsi il braccio per non rischiare di graffiarsi la mano.
Semmai l'unica differenza sostanziale fra gli esempi che ci giungono dal passato, di difesa (o conquista) della libertà a costo della vita, è che spesso (ma non sempre) si tratta di decisioni personali mentre il terrorismo colpisce indiscriminatamente. A mio avviso questa diversità non è necessariamente peggiore: infatti oggi per preservare le nostre libertà non sarebbero richiesti eroi ma solo un pizzico di coraggio in più da parte di tutti.
Cento morti all'anno vi sembrano un prezzo troppo alto per proteggere la libertà?
Io invece credo che, anche fossero mille morti, sarebbe comunque un prezzo basso!
Dal Fattoquotidiano.it odierno: Smog: 84.000 decessi...
Eppure non mi pare che il governo abbia preso, o abbia intenzione di farlo, misure di emergenza per combattere questo fenomeno: forse perché si tratta di morte silenziose, tanti casi singoli che, anche sommati insieme, non raggiungono il clamore delle prime pagine come le vittime della violenza terrorista.
Ma se le morti, anzi le vite, sono ugualmente importanti non sarebbe questa una priorità almeno mille volte più importante da affrontare?
In questo caso l'abbassamento dell'inquinamento comporterebbe modifiche importanti al nostro sistema economico e al nostro stile di vita e, per questo, non si fa nulla o quasi: invece sull'onda dell'isteria e dell'emotività provocata dal terrorismo siamo subito pronti a sacrificare le nostre libertà. Questa differenza dovrebbe farci profondamente riflettere...
Conclusione: il vero pericolo del terrorismo sono i provvedimenti liberticidi che si prendono contro di esso.
Nota (*1): come al solito si usano dei vocaboli stranieri per confondere gli italiani mistificando il senso di ciò che veramente si intende. Da adesso in poi tradurrò “cyber security”con “spionaggio di massa in rete”: vi sembra ancora ugualmente innocente e indolore?
Nota (*2): per questo concetto (mito resistenza) rimando a Miti attuali o Protomiti e distorsioni.
lunedì 30 novembre 2015
venerdì 27 novembre 2015
Tolleranza e rispetto
Ho finito di leggere un interessante libriccino: La religione di Zarathustra di Ferdinando Romano, Ed. Xenia, 1998. Ma oggi non intendo parlarne direttamente: piuttosto voglio esporre una mia teoria, sulla quale da tempo ponderavo, che questa ultima lettura mi ha confermato.
Premessa: tutte le religioni sono pacifiche.
Le religioni vanno infatti a sovrapporsi alla società influenzandola pesantemente: una religione non pacifica porterebbe a una società instabile e, sicuramente, incompatibile col mondo moderno (*1).
Tutte le religioni sono pacifiche ma ci sono quelle che lo sono di più e quelle che lo sono di meno. In particolare credo che giudaismo, cristianesimo e Islam abbiano elementi che le rendano poco tolleranti verso l'esterno, verso chi non è un correligionario.
Sul giudaismo scrissi l'interessante corto Poli vs Mono: 0-1; sul cristianesimo ho scritto più volte ma, forse, il pezzo che più centra l'argomento è Sulla diffusione del cristianesimo; infine, per l'Islam, rimando al mio recente Il vero Islam qual è?
Per rendersene conto basta confrontare queste tre religioni con altre. Io non sono un esperto ma sia taoismo che buddismo (le uniche altre religioni di cui conoscevo qualcosa) mi sono sembrate molto più rispettose degli altri.
Ecco, il punto è proprio questo, al posto di tolleranza si parla di rispetto. La differenza è evidente: la tolleranza è la sorella povera del rispetto. Chi rispetta gli altri li tollera pure mentre il contrario non è sempre vero.
Ma buddismo e taoismo sono religioni estremamente filosofiche che, in pratica, danno una razionalità alla pacifica convivenza: è ragionevole aspettarsi che siano rispettose delle idee altrui e quindi degli altri.
Invece lo zoroastrismo ha l'impianto di una religione monoteistica (il suo dualismo è solo apparente) e il confronto con le tre religioni abramitiche è più facile: ecco che in questa religione spicca enormemente l'accento sul rispetto degli altri...
Conclusione: mi fermo qui perché non mi va di scrivere di argomenti così delicati senza conoscerli adeguatamente. Credo comunque di aver sufficientemente spiegato la mia teoria.
Nota (*1): non escludo infatti che religioni violente possano essere esistite in passato...
Premessa: tutte le religioni sono pacifiche.
Le religioni vanno infatti a sovrapporsi alla società influenzandola pesantemente: una religione non pacifica porterebbe a una società instabile e, sicuramente, incompatibile col mondo moderno (*1).
Tutte le religioni sono pacifiche ma ci sono quelle che lo sono di più e quelle che lo sono di meno. In particolare credo che giudaismo, cristianesimo e Islam abbiano elementi che le rendano poco tolleranti verso l'esterno, verso chi non è un correligionario.
Sul giudaismo scrissi l'interessante corto Poli vs Mono: 0-1; sul cristianesimo ho scritto più volte ma, forse, il pezzo che più centra l'argomento è Sulla diffusione del cristianesimo; infine, per l'Islam, rimando al mio recente Il vero Islam qual è?
Per rendersene conto basta confrontare queste tre religioni con altre. Io non sono un esperto ma sia taoismo che buddismo (le uniche altre religioni di cui conoscevo qualcosa) mi sono sembrate molto più rispettose degli altri.
Ecco, il punto è proprio questo, al posto di tolleranza si parla di rispetto. La differenza è evidente: la tolleranza è la sorella povera del rispetto. Chi rispetta gli altri li tollera pure mentre il contrario non è sempre vero.
Ma buddismo e taoismo sono religioni estremamente filosofiche che, in pratica, danno una razionalità alla pacifica convivenza: è ragionevole aspettarsi che siano rispettose delle idee altrui e quindi degli altri.
Invece lo zoroastrismo ha l'impianto di una religione monoteistica (il suo dualismo è solo apparente) e il confronto con le tre religioni abramitiche è più facile: ecco che in questa religione spicca enormemente l'accento sul rispetto degli altri...
Conclusione: mi fermo qui perché non mi va di scrivere di argomenti così delicati senza conoscerli adeguatamente. Credo comunque di aver sufficientemente spiegato la mia teoria.
Nota (*1): non escludo infatti che religioni violente possano essere esistite in passato...
giovedì 26 novembre 2015
L'etichettatore
Leggere quotidianamente le notizie fa veramente male alla salute: non avete idea della mia rabbia e disgusto per ciò che leggo. Che Renzi fosse un pessimo primo ministro l'avevo ormai capito da molto tempo: gli bastarono un paio di mesi per farmi capire di che pasta fosse fatto.
Da parte mia non sto a perdere tempo a studiare i dettagli delle sue iniziative perché so già che saranno pessime: in questo caso sbaglio perché quando poi mi capita di parlarne con altre persone non posso essere specifico nelle mie critiche. Ma sebbene questo sia già di per sé uno spunto interessante, voglio scrivere di qualcosa di diverso...
Erroneamente ritenevo Renzi al livello di Monti e Letta ma invece, mi sto rendendo conto adesso, lui è ancora peggio: non solo esegue prontamente gli ordini che gli arrivano dai poteri forti esteri ma lo fa anche con una solerzia e un entusiasmo che mi lasciano attonito. Letta, ad esempio, mi dava l'idea di una persona in imbarazzo a eseguire i suoi ordini; Monti invece li condivideva e cercava di spiegarli agli italiani dandogli una parvenza di giustificazione economica: Renzi invece non ha dubbi, probabilmente non capisce ciò che sta facendo e, sicuramente, non gli interessa. Ma sebbene questo sia già di per sé uno spunto interessante, voglio scrivere di qualcosa di diverso...
Voglio infatti ritornare alle preoccupazioni che espressi all'indomani degli attentati di Parigi. In Bombe e champagne scrissi:
«Spero, ma sono sicuro del contrario, che come al solito i vari governi europei, quello italiano in primis, non prendano l'occasione per limitare ulteriormente le libertà individuali, soprattutto minando i diritti dei singoli. Si tratterebbe infatti di misure sostanzialmente inutili per prevenire questo tipo di violenza ma che, potenzialmente, potrebbero ulteriormente indebolire la già fragile “democrazia”...»
Ovviamente questa è la direzione che Renzi ha prontamente deciso di imboccare: al riguardo questo articolo dal FattoQuotidiano riassume benissimo il problema.
Quello che ho letto è allucinante. Apparentemente Renzi ha imparato una nuova parola inglese: “tag”. Adesso, come un bambino iperattivo con il suo giocattolino nuovo, vuole “taggare” tutto e tutti.
Spesso, come giustamente diceva anche Grillo (*1), si usa l'inglese per confondere l'italiano medio: già di per sé semi analfabeta nella propria lingua madre lo è ancor di più in quelle straniere.
Ad esempio, ormai ci siamo abituati al termine inglese “ticket” quando dobbiamo accedere alle cure sanitarie. Tale parola ha assunto una valenza tutta sua che, grossomodo, si può riassumere come “prezzo che devo pagare per potermi curare”. Ma se invece di “ticket” si fosse usato un termine italiano corrispondente, ad esempio “gabella”, allora ci sarebbe molta più rabbia a dover pagare lo stesso denaro per curarsi: l'associazione sarebbe infatti “prezzo che devo pagare ingiustamente (che sia una spesa ingiusta è infatti già insito nel termine “gabella”) per potermi curare”.
In altre parole si usa l'inglese per nascondere il vero significato di ciò che si intende veramente.
Vediamo quindi cosa significa “tag” e cosa sarebbe possibile usare in italiano al suo posto. Come vocabolario uso WordReference che mi pare sia nettamente il migliore disponibile in linea: Tag = “etichetta, cartellino, targhetta” e poi altri significati più particolari... ma “etichetta” va benissimo.
Quindi traducendo in italiano le parole di Renzi egli, semplicemente, vuole etichettare tutto e tutti.
Ma quando pensate a un'etichetta a voi cosa viene in mente? A me ricorda i prodotti del supermercato...
Ma le persone non sono prodotti ed è immorale e profondamente ingiusto considerarli tali.
Per questo mi disgusta qualsiasi idea di “taggare” ovvero “etichettare” le persone: sfortunatamente però il senso della morale di Renzi non è il mio...
Continuando a leggere l'articolo menzionato in precedenza si scopre anche di peggio: come ad esempio la condivisioni delle banche dati sul DNA. Tali dati non solo non andrebbero condivisi ma, anzi, andrebbero distrutti. Sfortunatamente ancora la popolazione italiana, ed europea, non ha alcuna sensibilità al problema, non ne vede i rischi e non ne capisce i pericoli.
Al riguardo io scrissi di una nuova forma di schiavitù dove gli schiavi non erano direttamente le persone ma la loro essenza genetica. Per maggiori approfondimenti rimando ad Allarme schiavismo...
Il futuro che si sta profilando all'orizzonte sarà peggiore di quelli immaginati nelle distopie dei più pessimisti scrittori di fantascienza. Ma nessuno pare rendersene pienamente conto...
E in Italia ci sarà un'opposizione a questi provvedimenti?
Io non ne prevedo alcuna: al massimo una buffonata in Parlamento organizzata dal M5S ma di manifestazioni di piazza, le uniche che potrebbero mettere un po' di pressione al governo, nessuna...
Conclusione: e così il "rottamatore", dopo aver rottamato solo la Costituzione, da bravo commesso dei poteri forti è diventato un "etichettatore". C'è speranza? No, nessuna.
Nota (*1): Grillo diceva molte cose giuste: sfortunatamente non aveva intenzione di realizzarle...
Da parte mia non sto a perdere tempo a studiare i dettagli delle sue iniziative perché so già che saranno pessime: in questo caso sbaglio perché quando poi mi capita di parlarne con altre persone non posso essere specifico nelle mie critiche. Ma sebbene questo sia già di per sé uno spunto interessante, voglio scrivere di qualcosa di diverso...
Erroneamente ritenevo Renzi al livello di Monti e Letta ma invece, mi sto rendendo conto adesso, lui è ancora peggio: non solo esegue prontamente gli ordini che gli arrivano dai poteri forti esteri ma lo fa anche con una solerzia e un entusiasmo che mi lasciano attonito. Letta, ad esempio, mi dava l'idea di una persona in imbarazzo a eseguire i suoi ordini; Monti invece li condivideva e cercava di spiegarli agli italiani dandogli una parvenza di giustificazione economica: Renzi invece non ha dubbi, probabilmente non capisce ciò che sta facendo e, sicuramente, non gli interessa. Ma sebbene questo sia già di per sé uno spunto interessante, voglio scrivere di qualcosa di diverso...
Voglio infatti ritornare alle preoccupazioni che espressi all'indomani degli attentati di Parigi. In Bombe e champagne scrissi:
«Spero, ma sono sicuro del contrario, che come al solito i vari governi europei, quello italiano in primis, non prendano l'occasione per limitare ulteriormente le libertà individuali, soprattutto minando i diritti dei singoli. Si tratterebbe infatti di misure sostanzialmente inutili per prevenire questo tipo di violenza ma che, potenzialmente, potrebbero ulteriormente indebolire la già fragile “democrazia”...»
Ovviamente questa è la direzione che Renzi ha prontamente deciso di imboccare: al riguardo questo articolo dal FattoQuotidiano riassume benissimo il problema.
Quello che ho letto è allucinante. Apparentemente Renzi ha imparato una nuova parola inglese: “tag”. Adesso, come un bambino iperattivo con il suo giocattolino nuovo, vuole “taggare” tutto e tutti.
Spesso, come giustamente diceva anche Grillo (*1), si usa l'inglese per confondere l'italiano medio: già di per sé semi analfabeta nella propria lingua madre lo è ancor di più in quelle straniere.
Ad esempio, ormai ci siamo abituati al termine inglese “ticket” quando dobbiamo accedere alle cure sanitarie. Tale parola ha assunto una valenza tutta sua che, grossomodo, si può riassumere come “prezzo che devo pagare per potermi curare”. Ma se invece di “ticket” si fosse usato un termine italiano corrispondente, ad esempio “gabella”, allora ci sarebbe molta più rabbia a dover pagare lo stesso denaro per curarsi: l'associazione sarebbe infatti “prezzo che devo pagare ingiustamente (che sia una spesa ingiusta è infatti già insito nel termine “gabella”) per potermi curare”.
In altre parole si usa l'inglese per nascondere il vero significato di ciò che si intende veramente.
Vediamo quindi cosa significa “tag” e cosa sarebbe possibile usare in italiano al suo posto. Come vocabolario uso WordReference che mi pare sia nettamente il migliore disponibile in linea: Tag = “etichetta, cartellino, targhetta” e poi altri significati più particolari... ma “etichetta” va benissimo.
Quindi traducendo in italiano le parole di Renzi egli, semplicemente, vuole etichettare tutto e tutti.
Ma quando pensate a un'etichetta a voi cosa viene in mente? A me ricorda i prodotti del supermercato...
Ma le persone non sono prodotti ed è immorale e profondamente ingiusto considerarli tali.
Per questo mi disgusta qualsiasi idea di “taggare” ovvero “etichettare” le persone: sfortunatamente però il senso della morale di Renzi non è il mio...
Continuando a leggere l'articolo menzionato in precedenza si scopre anche di peggio: come ad esempio la condivisioni delle banche dati sul DNA. Tali dati non solo non andrebbero condivisi ma, anzi, andrebbero distrutti. Sfortunatamente ancora la popolazione italiana, ed europea, non ha alcuna sensibilità al problema, non ne vede i rischi e non ne capisce i pericoli.
Al riguardo io scrissi di una nuova forma di schiavitù dove gli schiavi non erano direttamente le persone ma la loro essenza genetica. Per maggiori approfondimenti rimando ad Allarme schiavismo...
Il futuro che si sta profilando all'orizzonte sarà peggiore di quelli immaginati nelle distopie dei più pessimisti scrittori di fantascienza. Ma nessuno pare rendersene pienamente conto...
E in Italia ci sarà un'opposizione a questi provvedimenti?
Io non ne prevedo alcuna: al massimo una buffonata in Parlamento organizzata dal M5S ma di manifestazioni di piazza, le uniche che potrebbero mettere un po' di pressione al governo, nessuna...
Conclusione: e così il "rottamatore", dopo aver rottamato solo la Costituzione, da bravo commesso dei poteri forti è diventato un "etichettatore". C'è speranza? No, nessuna.
Nota (*1): Grillo diceva molte cose giuste: sfortunatamente non aveva intenzione di realizzarle...
mercoledì 25 novembre 2015
Suono in un gruppo!!
Per la terza volta (v. i corti Chitarra onirica e Altro sogno chitarresco) ho fatto un sogno che coinvolgeva la chitarra...
Per qualche motivo strano (non so come avessero fatto a convincermi) sto suonando la chitarra in un gruppo di fronte al pubblico di un teatro semivuoto. Ovviamente sto suonando male ma non sono preoccupatissimo perché ho la concreta speranza che gli altri strumenti nascondano le mie imprecisioni: sono dell'idea che solo i musicisti, o comunque chi ha l'orecchio allenato, si accorgerà di quanto io faccia schifo mentre, per l'ascoltatore medio, sarò invisibile. Anche perché, da quel che ricordo, non faccio assoli ma solo accordi di accompagnamento.
Dopo un paio di minuti ci fermiamo e io mi dileguo fra il pubblico chiedendo pareri. Alla fine incontro un musicista (bravo) del gruppo che, messo alle strette, mi conferma che sul finale avevo accelerato notevolmente il ritmo.
Mentre parliamo mi accorgo che una ragazza, stranamente interessata, ci ascolta facendo finta di niente.
Non so come ma mi ritrovo in un locale con questa ragazza che, nel frattempo, si è trasformata in una mia compagna del liceo: parliamo e io mi rendo conto che è interessata a me, fingo di non accorgermene e lei pure finge di non aver capito che io ho capito...
Improvvisamente arriva qualcuno che mi chiama, forse per riprendere a suonare (non ricordo), ma io faccio capire alla ragazza che se mi dice di rimanere io sarò ben felice di farlo. Sfortunatamente lei rimane zitta e io, non volendo interrompere la mia recita per primo, a malincuore seguo il tizio all'esterno.
Per raggiungerà la nostra meta dobbiamo prendere un autobus e quindi ci rechiamo alla fermata vicina ad aspettare. Con mia sorpresa però la ragazza (si è trasformata in un'altra ma me ne accorgo solo da sveglio) di prima sbuca da un angolo e mi fa cenno di tornare indietro: questa mi piace meno e infatti mi accingo a raggiungerla un po' controvoglia, più per dovere che per piacere. Mi fermo a una rotonda bloccata da un gigantesco autocarro mezzo incastrato fra le macchine. Qui, non so se nel sogno o da semiaddormentato, inizio a fare delle riflessioni matematico/geometriche sul TIR incastrato, le sue dimensioni, il diametro della rotonda interno ed esterno, etc... e poi mi sveglio definitivamente...
Per qualche motivo strano (non so come avessero fatto a convincermi) sto suonando la chitarra in un gruppo di fronte al pubblico di un teatro semivuoto. Ovviamente sto suonando male ma non sono preoccupatissimo perché ho la concreta speranza che gli altri strumenti nascondano le mie imprecisioni: sono dell'idea che solo i musicisti, o comunque chi ha l'orecchio allenato, si accorgerà di quanto io faccia schifo mentre, per l'ascoltatore medio, sarò invisibile. Anche perché, da quel che ricordo, non faccio assoli ma solo accordi di accompagnamento.
Dopo un paio di minuti ci fermiamo e io mi dileguo fra il pubblico chiedendo pareri. Alla fine incontro un musicista (bravo) del gruppo che, messo alle strette, mi conferma che sul finale avevo accelerato notevolmente il ritmo.
Mentre parliamo mi accorgo che una ragazza, stranamente interessata, ci ascolta facendo finta di niente.
Non so come ma mi ritrovo in un locale con questa ragazza che, nel frattempo, si è trasformata in una mia compagna del liceo: parliamo e io mi rendo conto che è interessata a me, fingo di non accorgermene e lei pure finge di non aver capito che io ho capito...
Improvvisamente arriva qualcuno che mi chiama, forse per riprendere a suonare (non ricordo), ma io faccio capire alla ragazza che se mi dice di rimanere io sarò ben felice di farlo. Sfortunatamente lei rimane zitta e io, non volendo interrompere la mia recita per primo, a malincuore seguo il tizio all'esterno.
Per raggiungerà la nostra meta dobbiamo prendere un autobus e quindi ci rechiamo alla fermata vicina ad aspettare. Con mia sorpresa però la ragazza (si è trasformata in un'altra ma me ne accorgo solo da sveglio) di prima sbuca da un angolo e mi fa cenno di tornare indietro: questa mi piace meno e infatti mi accingo a raggiungerla un po' controvoglia, più per dovere che per piacere. Mi fermo a una rotonda bloccata da un gigantesco autocarro mezzo incastrato fra le macchine. Qui, non so se nel sogno o da semiaddormentato, inizio a fare delle riflessioni matematico/geometriche sul TIR incastrato, le sue dimensioni, il diametro della rotonda interno ed esterno, etc... e poi mi sveglio definitivamente...
martedì 24 novembre 2015
Buco!
Mi sono accorto di aver lasciato un buco nei miei corti: il pezzo Classifica alla 10° giornata, invece dei canonici cinque corti, ne contiene solo tre!
Probabilmente, per qualche motivo che ora mi sfugge, non volevo mettere due corti con le classifiche nello stesso pezzo...
Comunque ho intenzione di rimediare e, al momento, vi ho appena inserito un nuovo corto!
Fan sudicia - 29/11/2015
Tappato il “buco” riprendo a scrivere i miei corti qui di seguito...
Ieri ho aperto il mio calcolatore e ho provato a pulire manualmente, aiutandomi con un pennello, la ventola del processore. Ci provai anche anni fa col “nonno” del calcolatore attuale ma non servì a niente...
Però tentare non nuoce e così ci ho provato lo stesso: stranamente l'operazione sembra aver avuto successo!! Attualmente il ronzio della ventola è tornato completamente normale!
Io spero di poterci andare avanti ancora qualche mese e, magari, anche molto di più...
Nuovo Strabuccino - 29/11/2015
Sto scrivendo un nuovo racconto di Strabuccino, l'eroe buono e sfortunato, che così tanto piace a grandi e piccini.
In realtà sono un po' arenato: la trama generale è tutta pronta e ho già completata un po' meno di metà del racconto... però mi pare un po' stentato! Idealmente ogni paragrafo dovrebbe contenere almeno una battuta, o comunque un motivo divertente, e qui siamo proprio al limite: speriamo di farcela...
Berlusconi docet - 9/12/2015
Dal FattoQuotidiano.it: Berlusconi a Maroni: “I miei giornali vi massacreranno”.
Non è interessante la notizia in sé quanto la generalizzazione del concetto: in Italia i giornali, ma direi i media in genere, sono ormai (ma probabilmente lo sono sempre stati) solo degli strumenti di propaganda e di disinformazione di massa.
Ricordo quando anni fa mi lamentavo che mio padre non si accorgesse della campagna di stampa (Corriere + Repubblica + Espresso e RAI un po' a rimorchio) contro Berlusconi per quello che era: pura propaganda politica.
Adesso non è cambiato niente: i bersagli sono altri ma i media sono sempre proni al servizio del potere. Totalmente inaffidabili e inattendibili.
Domanda da 500€ - 9/12/2015
Vorrei porre a Renzi solo una domanda: “Perché?”
Sicuramente mi risponderebbe parlando a vanvera per dieci minuti, gesticolando, facendo le sue smorfie e infarcendo il discorso di ovvietà e verità più o meno irrilevanti. Magari sul momento darebbe anche l'impressione di essere stato chiaro ed esaustivo: sicuramente Fazio, al mio posto, si commuoverebbe e con voce rotta dall'emozione ne canterebbe le lodi ringraziandolo per la chiarezza...
Ma dubito che risponderebbe alla vera domanda che sta dietro al “perché?”, ovvero: “Qual è lo scopo dello Stato? Fare regali di compleanno o impegnarsi per dare un futuro migliore?”
La domanda precedente è ovviamente retorica: quello che mi chiedo è quindi perché non investire questi soldi, ad esempio, per creare nuovi posti di lavoro? Oltretutto come ha sottolineato lo stesso Renzi non ci sono elezioni a breve termine e, soprattutto aggiungo io, i giovani non sono fessi e capiscono che dietro il regalo di compleanno c'è il vuoto pneumatico di idee per un domani migliore.
Probabilmente, per qualche motivo che ora mi sfugge, non volevo mettere due corti con le classifiche nello stesso pezzo...
Comunque ho intenzione di rimediare e, al momento, vi ho appena inserito un nuovo corto!
Fan sudicia - 29/11/2015
Tappato il “buco” riprendo a scrivere i miei corti qui di seguito...
Ieri ho aperto il mio calcolatore e ho provato a pulire manualmente, aiutandomi con un pennello, la ventola del processore. Ci provai anche anni fa col “nonno” del calcolatore attuale ma non servì a niente...
Però tentare non nuoce e così ci ho provato lo stesso: stranamente l'operazione sembra aver avuto successo!! Attualmente il ronzio della ventola è tornato completamente normale!
Io spero di poterci andare avanti ancora qualche mese e, magari, anche molto di più...
Nuovo Strabuccino - 29/11/2015
Sto scrivendo un nuovo racconto di Strabuccino, l'eroe buono e sfortunato, che così tanto piace a grandi e piccini.
In realtà sono un po' arenato: la trama generale è tutta pronta e ho già completata un po' meno di metà del racconto... però mi pare un po' stentato! Idealmente ogni paragrafo dovrebbe contenere almeno una battuta, o comunque un motivo divertente, e qui siamo proprio al limite: speriamo di farcela...
Berlusconi docet - 9/12/2015
Dal FattoQuotidiano.it: Berlusconi a Maroni: “I miei giornali vi massacreranno”.
Non è interessante la notizia in sé quanto la generalizzazione del concetto: in Italia i giornali, ma direi i media in genere, sono ormai (ma probabilmente lo sono sempre stati) solo degli strumenti di propaganda e di disinformazione di massa.
Ricordo quando anni fa mi lamentavo che mio padre non si accorgesse della campagna di stampa (Corriere + Repubblica + Espresso e RAI un po' a rimorchio) contro Berlusconi per quello che era: pura propaganda politica.
Adesso non è cambiato niente: i bersagli sono altri ma i media sono sempre proni al servizio del potere. Totalmente inaffidabili e inattendibili.
Domanda da 500€ - 9/12/2015
Vorrei porre a Renzi solo una domanda: “Perché?”
Sicuramente mi risponderebbe parlando a vanvera per dieci minuti, gesticolando, facendo le sue smorfie e infarcendo il discorso di ovvietà e verità più o meno irrilevanti. Magari sul momento darebbe anche l'impressione di essere stato chiaro ed esaustivo: sicuramente Fazio, al mio posto, si commuoverebbe e con voce rotta dall'emozione ne canterebbe le lodi ringraziandolo per la chiarezza...
Ma dubito che risponderebbe alla vera domanda che sta dietro al “perché?”, ovvero: “Qual è lo scopo dello Stato? Fare regali di compleanno o impegnarsi per dare un futuro migliore?”
La domanda precedente è ovviamente retorica: quello che mi chiedo è quindi perché non investire questi soldi, ad esempio, per creare nuovi posti di lavoro? Oltretutto come ha sottolineato lo stesso Renzi non ci sono elezioni a breve termine e, soprattutto aggiungo io, i giovani non sono fessi e capiscono che dietro il regalo di compleanno c'è il vuoto pneumatico di idee per un domani migliore.
Brennan ammonisce KGB
Mi sono imbattuto in questa breve notizia d'agenzia: Brennan, da ignoranti applaudire Snowden.
Nell'articolo (poche righe che invito a leggere) si riporta una dichiarazione di Brennan che recita (mia sintesi): “è ignorante chi considera Snowden un eroe perché: 1. con le sue rivelazioni ha reso meno efficace l'attività di antiterrorismo; 2. ha infranto il giuramento (quale non è specificato)”.
Ovviamente mi sono sentito tirato direttamente in ballo perché, all'epoca, scrissi diversi pezzi su Snowden:
Edward Snowden e i corti Video importante, Un eroe (appunto!), La “fidanzata”dell'eroe e Comunque eroe... (appunto... di nuovo!)
Ma chi è Brennan? Come spiegato nell'articolo si tratta del direttore della CIA. Di lui non so altro e non ho voglia di leggere la sua biografia su Wikipedia: trovo più divertente cercare di indovinarne il carattere osservandone la foto allegata.
Su tutto spiccano gli occhi leggermente infossati e contornati da sopracciglia cespugliose: una leggera asimmetria dà intensità allo sguardo che, nonostante l'età, è limpido e intenso.
La fronte è ampia e sottolineata da rughe meditabonde, i capelli brizzolati danno un'idea di saggia maturità ma non di estrema vecchiezza. Il naso è volitivo ma non ingombrante. La bocca non sembra abituata a gridare ma adatta a una persona alle cui parole tutti prestano la massima attenzione. Anche le rughe del volto sono dure e le loro pieghe non riescono a nascondere le spigolosità di un carattere indubbiamente forte.
Nel complesso si ha l'idea di una persona intelligente, matura, riflessiva, decisa e molto sicura di sé.
Eppure Brennan, seppure forse in buona fede, in questo caso ha torto: vediamo perché!
Punto 1: L'attività di spionaggio di massa, usando reti sociali, i vari servizi di posta elettronica e simili, non è meno efficace per colpa delle rivelazioni di Snowden: semplicemente non lo è MAI stata.
I terroristi, anche senza Snowden, non avrebbero organizzato gli attentati di Parigi comuinicando fra loro attraverso un gruppo “segreto” su FB!
Non a caso all'epoca, in Edward Snowden, scrissi:
«Gli [alla notizia delle rivelazioni di Snowden] ho dato poco risalto per un mio errore di valutazione: davo già per scontato che l'NSA controllasse le telefonate, la posta elettronica e i social network. Lo consideravo un segreto di pulcinella.»
L'unico risultato di questi controlli di massa sono delle schedature di massa le quali a loro volta portano a eserciti immaginari di migliaia e migliaia di sospetti. La conseguenza che queste schedature porteranno, se non lo hanno già fatto, saranno discriminazioni (*1) e, quindi, ingiustizia.
Chiedo a Brennan: ha senso difendere la democrazia e quindi la libertà uccidendo la libertà e quindi la democrazia?
È come voler salvare degli ostaggi uccidendoli insieme ai terroristi! Non è questo un paradosso palmare?
Punto 2: è proprio l'infrangere il giuramento di fedeltà ciò che fa di Snowden un eroe! Se Snowden avesse potuto fare le sue rivelazioni senza correre alcun rischio, magari in incognito, avrebbe ancora fatto la cosa giusta ma non sarebbe stato un eroe.
L'averlo fatto mettendo in serio rischio la propria vita, oltretutto più agiata e ricca di privilegi della media, per degli ideali di libertà, principi su cui poi si basa la democrazia americana, lo rende un grande eroe. È vero: Snowden ha infranto un giuramento ma lo ha fatto per il bene del proprio paese e per difendere il proprio popolo dagli abusi delle autorità che, in teoria, dovrebbero difenderlo. Autorità che adesso, chi ipocritamente chi in buona fede, accusano lui invece di ammettere i propri errori.
C'è poi da aggiungere che non so quale sia stato esattamente il giuramento fatto da Snowden ma, se esso chiedeva di “proteggere gli USA”, allora egli non lo ha infranto ma, anzi, lo ha mantenuto con onore e coraggio.
Conclusione: confido che la storia, magari fra cento o duecento anni, assegnerà a tutti la giusta etichetta: “vero eroe” a Snowden, “miope burocrate” a Brennan.
Nota (*1): Es. quella persona non potrà avere quel lavoro, nonostante ne abbia tutti i requisiti, perché quando aveva 16 anni mise un like su...
Nell'articolo (poche righe che invito a leggere) si riporta una dichiarazione di Brennan che recita (mia sintesi): “è ignorante chi considera Snowden un eroe perché: 1. con le sue rivelazioni ha reso meno efficace l'attività di antiterrorismo; 2. ha infranto il giuramento (quale non è specificato)”.
Ovviamente mi sono sentito tirato direttamente in ballo perché, all'epoca, scrissi diversi pezzi su Snowden:
Edward Snowden e i corti Video importante, Un eroe (appunto!), La “fidanzata”dell'eroe e Comunque eroe... (appunto... di nuovo!)
Ma chi è Brennan? Come spiegato nell'articolo si tratta del direttore della CIA. Di lui non so altro e non ho voglia di leggere la sua biografia su Wikipedia: trovo più divertente cercare di indovinarne il carattere osservandone la foto allegata.
Su tutto spiccano gli occhi leggermente infossati e contornati da sopracciglia cespugliose: una leggera asimmetria dà intensità allo sguardo che, nonostante l'età, è limpido e intenso.
La fronte è ampia e sottolineata da rughe meditabonde, i capelli brizzolati danno un'idea di saggia maturità ma non di estrema vecchiezza. Il naso è volitivo ma non ingombrante. La bocca non sembra abituata a gridare ma adatta a una persona alle cui parole tutti prestano la massima attenzione. Anche le rughe del volto sono dure e le loro pieghe non riescono a nascondere le spigolosità di un carattere indubbiamente forte.
Nel complesso si ha l'idea di una persona intelligente, matura, riflessiva, decisa e molto sicura di sé.
Eppure Brennan, seppure forse in buona fede, in questo caso ha torto: vediamo perché!
Punto 1: L'attività di spionaggio di massa, usando reti sociali, i vari servizi di posta elettronica e simili, non è meno efficace per colpa delle rivelazioni di Snowden: semplicemente non lo è MAI stata.
I terroristi, anche senza Snowden, non avrebbero organizzato gli attentati di Parigi comuinicando fra loro attraverso un gruppo “segreto” su FB!
Non a caso all'epoca, in Edward Snowden, scrissi:
«Gli [alla notizia delle rivelazioni di Snowden] ho dato poco risalto per un mio errore di valutazione: davo già per scontato che l'NSA controllasse le telefonate, la posta elettronica e i social network. Lo consideravo un segreto di pulcinella.»
L'unico risultato di questi controlli di massa sono delle schedature di massa le quali a loro volta portano a eserciti immaginari di migliaia e migliaia di sospetti. La conseguenza che queste schedature porteranno, se non lo hanno già fatto, saranno discriminazioni (*1) e, quindi, ingiustizia.
Chiedo a Brennan: ha senso difendere la democrazia e quindi la libertà uccidendo la libertà e quindi la democrazia?
È come voler salvare degli ostaggi uccidendoli insieme ai terroristi! Non è questo un paradosso palmare?
Punto 2: è proprio l'infrangere il giuramento di fedeltà ciò che fa di Snowden un eroe! Se Snowden avesse potuto fare le sue rivelazioni senza correre alcun rischio, magari in incognito, avrebbe ancora fatto la cosa giusta ma non sarebbe stato un eroe.
L'averlo fatto mettendo in serio rischio la propria vita, oltretutto più agiata e ricca di privilegi della media, per degli ideali di libertà, principi su cui poi si basa la democrazia americana, lo rende un grande eroe. È vero: Snowden ha infranto un giuramento ma lo ha fatto per il bene del proprio paese e per difendere il proprio popolo dagli abusi delle autorità che, in teoria, dovrebbero difenderlo. Autorità che adesso, chi ipocritamente chi in buona fede, accusano lui invece di ammettere i propri errori.
C'è poi da aggiungere che non so quale sia stato esattamente il giuramento fatto da Snowden ma, se esso chiedeva di “proteggere gli USA”, allora egli non lo ha infranto ma, anzi, lo ha mantenuto con onore e coraggio.
Conclusione: confido che la storia, magari fra cento o duecento anni, assegnerà a tutti la giusta etichetta: “vero eroe” a Snowden, “miope burocrate” a Brennan.
Nota (*1): Es. quella persona non potrà avere quel lavoro, nonostante ne abbia tutti i requisiti, perché quando aveva 16 anni mise un like su...
lunedì 23 novembre 2015
Pigro e facile
Oggi non mi sento particolarmente creativo: ho quindi deciso di limitarmi ad analizzare il seguente articolo del FattoQuotidiano.it Attentati Parigi: 5 opinioni non richieste.
Come si può facilmente immaginare si tratta di una serie di cinque commenti sugli eventi della scorsa settimana. Gli autori di questi giudizi, che vengono definiti “a freddo”, scrivono tutti su un viario chiamato Zeppelin.
Di seguito riassumo brevemente i vari commenti (ma consiglio di leggere direttamente l'articolo originario) facendoli seguire dalle mie osservazioni.
1. Paolo: L'Europa da 70 anni non conosce la guerra; la guerra di oggi è asimmetrica: terroristi contro eserciti; la visione della violenza a cui non siamo più abituati provoca paura e, per avere maggiore sicurezza, siamo pronti a tutto; nessuna guerra nasce dal nulla; la stessa Italia è impegnata in molti teatri bellici; ora ci rendiamo conto che, nonostante la forza delle nostre armi, anche noi siamo vulnerabili.
L'autore tocca moltissimi argomenti che andrebbero ampliati e approfonditi: tutti gli elementi menzionati sono corretti ma qual è il suo punto? Non capisco quale sia il collegamento fra gli stessi... Mi sfugge quale sia la conclusione e come derivi dalle premesse elencate.
Mi sa che i concetti siano fondamentalmente due e abbastanza indipendenti fra loro: 1. la violenza a cui non siamo abituato ci pone nell'idea di cedere parte delle nostre libertà in cambio di maggior sicurezza; 2. L'Italia e l'occidente in genere hanno delle responsabilità indirette che hanno portato a questi atti di terrorismo.
2. Lorenzo: Gli attentati di Parigi porteranno a un cambiamento delle strategie politiche/militare sullo scacchiere del Mediterraneo; speriamo che gli obiettivi strategici siano ragionati e realistici.
Può darsi... per adesso la risposta sono dei bombardamenti di dubbia efficacia.
Si ha la sensazione che l'autore sia comunque piuttosto scettico e, immagino, come il suo collega, veda delle responsabilità occidentali nella crescita dell'Isis. Soprattutto si capisce che egli non concordi con la strategia adottata fino a questo momento. Al riguardo non posso commentare perché non ho seguito minimamente la vicenda...
3. Samantha: Gli ultimi atti di terrorismo sono la conseguenza di una vicenda iniziata in Siria il 15 marzo 2011; inutile discutere sull'effetto se non se ne affronta la causa; la causa sono i finanziamenti all'Isis e il caos siriano; la violenza del governo siriano nel reprimere le manifestazioni di piazza ha favorito l'ascesa dell'Isis; se ignoriamo queste cause non potremo risolvere il problema; la nostra solidarietà dovrebbe andare a tutte le vittime degli attacchi terroristici; il fatto che così non sia evidenzia la nostra ipocrisia; questa ipocrisia è forse pericolosa tanto quanto il terrorismo
Concettualmente la prima parte di queste argomentazioni è ineccepibile: in generale anch'io la penso alla stessa maniera: bisogna eliminare l'origine di un problema, non le sue estreme conseguenze.
È corretto anche il ragionamento sull'ipocrisia: ma non sono sicuro che sia corretto chiamarla “ipocrisia”, a me pare più “miopia” generata dalla risposta emotiva provocata da questi attacchi. È normale che si rimanga più impressionati dagli attentati di Parigi che di quelli, ad esempio, in Libano e in Kenia perché la realtà francese è, per un gran numero di fattori, molto più vicina alla nostra e per questo ci coinvolge maggiormente.
L'affermazione che questo tipo di ipocrisia sia pericoloso, forse, tanto quanto il terrorismo, presa alla lettera, è eccessiva; se però le si dà il significato più ampio che il non considerare tutti gli uomini uguali (e di conseguenza le loro morti) porta a tutta una serie di ingiustizie, le cui estreme conseguenze potrebbero essere più gravi di qualsiasi atto di terrorismo, allora diviene maggiormente condivisibile anche se, essendo un'affermazione estremamente generica, ci sarebbe da discuterci sopra all'infinito...
4. Marco: La violenza del terrorismo genera paura e questa, a sua volta, può portare alla diffidenza verso tutti colori che ci sembrano diversi; le conseguenza sono ancora imprevedibili ma, di sicuro, c'è già chi mira ad approfittarsi di questa atmosfera di sospetto; la paura porta a prendere decisioni irrevocabili; fortunato chi è immune a questa emotività anche se non lo sarà alle bombe.
Vero: concetto già in parte espresso anche nel primo commento. Anch'io ne accennai a caldo: temo infatti che questo clima emotivo possa essere sfruttato per toglierci (inutilmente!) altri pezzetti di libertà. Suppongo che l'affermazione finale, banalmente vera, volesse dare al commento un tocco drammatico ma suona un po' ingenua.
5. Eliza: non è ipocrisia preoccuparsi maggiormente di chi ci è più vicino, dipende anche dal nostro vissuto; “Ribadire l'ovvio” non è più sufficiente; al contrario sarebbe importante ricordare la compassione; si dibatte troppo su concetti ovvi (ci si preoccupa maggiormente per chi ci è più vicino e che l'uomo è di natura etnocentrica) e si dimentica la comprensione, il cuore, la compassione; la risposta francese ed Europea di violenza contro la violenza: non è una vera strategia ma solo rivalsa e, anzi, aumenterà il numero di profughi peggiorando il problema invece di risolverlo; la vera tragedia è la mancata comprensione e distinzione fra le cause e gli effetti.
Ho la sensazione che l'autrice di questo commento abbia voluto in parte rispondere ai suoi colleghi e in particolare a Samantha. Come me non trova che “ipocrisia” sia la definizione giusta del fenomeno che ci rende più impressionabili dagli eventi francesi piuttosto che da quelli extra europei.
Poi spiega che affermare l'ovvio non è più sufficiente (affermazione opinabile visto che, ad esempio, cioè che è ovvio a me può non esserlo ad altri e vice versa) ma che si debba divenire più empatici per capire la vera origine del problema e, quindi, risolverlo. Posizione certamente legittima ma che mi pare un po' troppo filosofica e poco pratica.
Infine spiega che i bombardamenti francesi sono inutili e, anzi, controproducenti: può darsi, ma bisognerebbe conoscere la strategia militare nel suo complesso. In mancanza di tali informazioni bisogna avere pazienza e aspettare per poter giudicare le conseguenze. Non bisogna poi dimenticare che l'obiettivo dei bombardamenti francesi potrebbe essere stato non solo militare ma anche psicologico: far pensare ai francesi di non essere impotenti di fronte a queste aggressioni può infatti aiutarli a vincere la paura e il senso di impotenza...
Quando ho iniziato a scrivere questo pezzo progettavo di terminarlo qui. Mentre però svisceravo questi commenti, sezionandoli e analizzandoli, ho fatto alcune riflessioni che mi sembrano interessanti e che voglio condividere.
Mi ha colpito come i singoli concetti espressi nei vari commenti non siano sempre chiaramente collegati fra loro o strutturati insieme in qualche maniera. Paradossalmente hanno, a mio parere, proprio la forma di commenti “a caldo” mentre invece sono definiti “a freddo”.
Le possibili spiegazioni per questa apparente incoerenza sono due ed entrambe comportano delle riflessioni molto interessanti.
La prima possibilità è che questi commenti, originariamente più articolati, siano stati poi sintetizzati per semplici motivi di spazio.
In questo caso le riflessioni interessanti sono due: la prima è che colui che sintetizza i pensieri altrui (e magari anche il proprio) rischia di dare per scontati, dopo averli letti, alcuni dei passaggi che legano insieme un'osservazione a un'altra che in realtà non sono tali. Non si rende cioè conto che alcune osservazioni sono chiare e conseguenti solo grazie al contesto in cui si trovano.
La seconda riflessione è l'importanza di questi dettagli se si vuole avere autentica comunicazione e, quindi, comprensione. Non basta elencare una serie di osservazioni per comunicare un concetto complesso ma queste vanno legate insieme fra loro per evitare che vengano interpretate male. Ogni volta che manca uno di questi collegamenti logici il lettore cerca di intuirlo autonomamente ma non è detto che vi riesca né che arrivi alle stesse conclusioni dell'autore: questo può generare un'interpretazione sbagliata di ciò che si legge e, nei casi più gravi, l'incomprensione del testo.
La seconda possibilità è che questi commenti siano stati direttamente scritti in questa forma dai loro autori.
In questo caso, al di là dei concetti stessi comunicati, mi lascia perplesso la modalità con cui sono stati espressi.
Io cerco sempre nei miei pezzi di essere “genericamente” chiaro in ciò che scrivo: dal mio punto di vista questo significa anche, e forse soprattutto, relazionare bene ogni mia affermazione con le altre. Come se i miei pensieri fossero delle dimostrazioni matematiche, parto da alcune premesse e arrivo a delle conclusioni attraverso numerosi passaggi intermedi.
L'idea che non tutti facciano come me è una rivelazione sconcertante: perché l'implicazione è che, in generale, non si pensa tutti alla stessa maniera con la conseguenza che la comunicazione, e quindi la reciproca comprensione, possa divenire estremamente difficile quando non impossibile. Su questo concetto dovrò ritornare in seguito perché non è molto importante ma, anzi, fondamentale.
Sarebbe interessante fare una riprova: una persona che analizzasse frase per frase un mio pezzo e ne verificasse, dal proprio punto di vista, la logicità e conseguenza dei vari passaggi. Per controllo sarebbe utile rifare anche lo stesso lavoro che ho fatto io per questi cinque commenti in maniera da poter confrontare la mia interpretazione di essi con un'altra esterna ma ugualmente precisa.
Conclusione: volontari?
Come si può facilmente immaginare si tratta di una serie di cinque commenti sugli eventi della scorsa settimana. Gli autori di questi giudizi, che vengono definiti “a freddo”, scrivono tutti su un viario chiamato Zeppelin.
Di seguito riassumo brevemente i vari commenti (ma consiglio di leggere direttamente l'articolo originario) facendoli seguire dalle mie osservazioni.
1. Paolo: L'Europa da 70 anni non conosce la guerra; la guerra di oggi è asimmetrica: terroristi contro eserciti; la visione della violenza a cui non siamo più abituati provoca paura e, per avere maggiore sicurezza, siamo pronti a tutto; nessuna guerra nasce dal nulla; la stessa Italia è impegnata in molti teatri bellici; ora ci rendiamo conto che, nonostante la forza delle nostre armi, anche noi siamo vulnerabili.
L'autore tocca moltissimi argomenti che andrebbero ampliati e approfonditi: tutti gli elementi menzionati sono corretti ma qual è il suo punto? Non capisco quale sia il collegamento fra gli stessi... Mi sfugge quale sia la conclusione e come derivi dalle premesse elencate.
Mi sa che i concetti siano fondamentalmente due e abbastanza indipendenti fra loro: 1. la violenza a cui non siamo abituato ci pone nell'idea di cedere parte delle nostre libertà in cambio di maggior sicurezza; 2. L'Italia e l'occidente in genere hanno delle responsabilità indirette che hanno portato a questi atti di terrorismo.
2. Lorenzo: Gli attentati di Parigi porteranno a un cambiamento delle strategie politiche/militare sullo scacchiere del Mediterraneo; speriamo che gli obiettivi strategici siano ragionati e realistici.
Può darsi... per adesso la risposta sono dei bombardamenti di dubbia efficacia.
Si ha la sensazione che l'autore sia comunque piuttosto scettico e, immagino, come il suo collega, veda delle responsabilità occidentali nella crescita dell'Isis. Soprattutto si capisce che egli non concordi con la strategia adottata fino a questo momento. Al riguardo non posso commentare perché non ho seguito minimamente la vicenda...
3. Samantha: Gli ultimi atti di terrorismo sono la conseguenza di una vicenda iniziata in Siria il 15 marzo 2011; inutile discutere sull'effetto se non se ne affronta la causa; la causa sono i finanziamenti all'Isis e il caos siriano; la violenza del governo siriano nel reprimere le manifestazioni di piazza ha favorito l'ascesa dell'Isis; se ignoriamo queste cause non potremo risolvere il problema; la nostra solidarietà dovrebbe andare a tutte le vittime degli attacchi terroristici; il fatto che così non sia evidenzia la nostra ipocrisia; questa ipocrisia è forse pericolosa tanto quanto il terrorismo
Concettualmente la prima parte di queste argomentazioni è ineccepibile: in generale anch'io la penso alla stessa maniera: bisogna eliminare l'origine di un problema, non le sue estreme conseguenze.
È corretto anche il ragionamento sull'ipocrisia: ma non sono sicuro che sia corretto chiamarla “ipocrisia”, a me pare più “miopia” generata dalla risposta emotiva provocata da questi attacchi. È normale che si rimanga più impressionati dagli attentati di Parigi che di quelli, ad esempio, in Libano e in Kenia perché la realtà francese è, per un gran numero di fattori, molto più vicina alla nostra e per questo ci coinvolge maggiormente.
L'affermazione che questo tipo di ipocrisia sia pericoloso, forse, tanto quanto il terrorismo, presa alla lettera, è eccessiva; se però le si dà il significato più ampio che il non considerare tutti gli uomini uguali (e di conseguenza le loro morti) porta a tutta una serie di ingiustizie, le cui estreme conseguenze potrebbero essere più gravi di qualsiasi atto di terrorismo, allora diviene maggiormente condivisibile anche se, essendo un'affermazione estremamente generica, ci sarebbe da discuterci sopra all'infinito...
4. Marco: La violenza del terrorismo genera paura e questa, a sua volta, può portare alla diffidenza verso tutti colori che ci sembrano diversi; le conseguenza sono ancora imprevedibili ma, di sicuro, c'è già chi mira ad approfittarsi di questa atmosfera di sospetto; la paura porta a prendere decisioni irrevocabili; fortunato chi è immune a questa emotività anche se non lo sarà alle bombe.
Vero: concetto già in parte espresso anche nel primo commento. Anch'io ne accennai a caldo: temo infatti che questo clima emotivo possa essere sfruttato per toglierci (inutilmente!) altri pezzetti di libertà. Suppongo che l'affermazione finale, banalmente vera, volesse dare al commento un tocco drammatico ma suona un po' ingenua.
5. Eliza: non è ipocrisia preoccuparsi maggiormente di chi ci è più vicino, dipende anche dal nostro vissuto; “Ribadire l'ovvio” non è più sufficiente; al contrario sarebbe importante ricordare la compassione; si dibatte troppo su concetti ovvi (ci si preoccupa maggiormente per chi ci è più vicino e che l'uomo è di natura etnocentrica) e si dimentica la comprensione, il cuore, la compassione; la risposta francese ed Europea di violenza contro la violenza: non è una vera strategia ma solo rivalsa e, anzi, aumenterà il numero di profughi peggiorando il problema invece di risolverlo; la vera tragedia è la mancata comprensione e distinzione fra le cause e gli effetti.
Ho la sensazione che l'autrice di questo commento abbia voluto in parte rispondere ai suoi colleghi e in particolare a Samantha. Come me non trova che “ipocrisia” sia la definizione giusta del fenomeno che ci rende più impressionabili dagli eventi francesi piuttosto che da quelli extra europei.
Poi spiega che affermare l'ovvio non è più sufficiente (affermazione opinabile visto che, ad esempio, cioè che è ovvio a me può non esserlo ad altri e vice versa) ma che si debba divenire più empatici per capire la vera origine del problema e, quindi, risolverlo. Posizione certamente legittima ma che mi pare un po' troppo filosofica e poco pratica.
Infine spiega che i bombardamenti francesi sono inutili e, anzi, controproducenti: può darsi, ma bisognerebbe conoscere la strategia militare nel suo complesso. In mancanza di tali informazioni bisogna avere pazienza e aspettare per poter giudicare le conseguenze. Non bisogna poi dimenticare che l'obiettivo dei bombardamenti francesi potrebbe essere stato non solo militare ma anche psicologico: far pensare ai francesi di non essere impotenti di fronte a queste aggressioni può infatti aiutarli a vincere la paura e il senso di impotenza...
Quando ho iniziato a scrivere questo pezzo progettavo di terminarlo qui. Mentre però svisceravo questi commenti, sezionandoli e analizzandoli, ho fatto alcune riflessioni che mi sembrano interessanti e che voglio condividere.
Mi ha colpito come i singoli concetti espressi nei vari commenti non siano sempre chiaramente collegati fra loro o strutturati insieme in qualche maniera. Paradossalmente hanno, a mio parere, proprio la forma di commenti “a caldo” mentre invece sono definiti “a freddo”.
Le possibili spiegazioni per questa apparente incoerenza sono due ed entrambe comportano delle riflessioni molto interessanti.
La prima possibilità è che questi commenti, originariamente più articolati, siano stati poi sintetizzati per semplici motivi di spazio.
In questo caso le riflessioni interessanti sono due: la prima è che colui che sintetizza i pensieri altrui (e magari anche il proprio) rischia di dare per scontati, dopo averli letti, alcuni dei passaggi che legano insieme un'osservazione a un'altra che in realtà non sono tali. Non si rende cioè conto che alcune osservazioni sono chiare e conseguenti solo grazie al contesto in cui si trovano.
La seconda riflessione è l'importanza di questi dettagli se si vuole avere autentica comunicazione e, quindi, comprensione. Non basta elencare una serie di osservazioni per comunicare un concetto complesso ma queste vanno legate insieme fra loro per evitare che vengano interpretate male. Ogni volta che manca uno di questi collegamenti logici il lettore cerca di intuirlo autonomamente ma non è detto che vi riesca né che arrivi alle stesse conclusioni dell'autore: questo può generare un'interpretazione sbagliata di ciò che si legge e, nei casi più gravi, l'incomprensione del testo.
La seconda possibilità è che questi commenti siano stati direttamente scritti in questa forma dai loro autori.
In questo caso, al di là dei concetti stessi comunicati, mi lascia perplesso la modalità con cui sono stati espressi.
Io cerco sempre nei miei pezzi di essere “genericamente” chiaro in ciò che scrivo: dal mio punto di vista questo significa anche, e forse soprattutto, relazionare bene ogni mia affermazione con le altre. Come se i miei pensieri fossero delle dimostrazioni matematiche, parto da alcune premesse e arrivo a delle conclusioni attraverso numerosi passaggi intermedi.
L'idea che non tutti facciano come me è una rivelazione sconcertante: perché l'implicazione è che, in generale, non si pensa tutti alla stessa maniera con la conseguenza che la comunicazione, e quindi la reciproca comprensione, possa divenire estremamente difficile quando non impossibile. Su questo concetto dovrò ritornare in seguito perché non è molto importante ma, anzi, fondamentale.
Sarebbe interessante fare una riprova: una persona che analizzasse frase per frase un mio pezzo e ne verificasse, dal proprio punto di vista, la logicità e conseguenza dei vari passaggi. Per controllo sarebbe utile rifare anche lo stesso lavoro che ho fatto io per questi cinque commenti in maniera da poter confrontare la mia interpretazione di essi con un'altra esterna ma ugualmente precisa.
Conclusione: volontari?
sabato 21 novembre 2015
Valeria Solesin e Zoroastro
Per pura curiosità sono andato a leggere il seguente articolo di Valeria Solesin, la ragazza italiana uccisa negli attentati di Parigi: Allez les filles, au travail!
Mi sono commosso.
Non perché l'articolo sia minimamente commovente ma perché attraverso la sua lettura ho avuto l'impressione di sentire la voce di Valeria, di capire la logica dei suoi pensieri, ho intuito i suoi ideali e ne ho intravisto il carattere.
Ho provato un'emozione molto più forte a leggere le sue parole che a guardarne la foto.
Questo mi ha portato a riflettere su cosa definisca una persona: non sono solo le azioni ma anche i pensieri. Questo articolo me lo ha dimostrato...
Eppure fino a poche ore fa ero perplesso sul fatto che lo zoroastrismo ponesse sullo stesso piano il pensare bene, il dire bene e l'agire bene: istintivamente avrei dato una gerarchia a questi tre principi ponendovi al vertice il “fare bene”, poi il “dire” e poi il “pensare”.
Ma invece ha ragione Zoroastro: tutti e tre sono ugualmente importanti o, meglio, imprescindibili l'uno dall'altro. Se infatti fossero solo ugualmente importanti significherebbe che ognuna di queste tre azioni vale 1/3 di bene, ma non è così! O si pensa bene E si parla bene E si opera bene (valore 1) oppure è tutto inutile (valore 0). In altre parole, ad esempio, pensare bene e dire bene senza poi però adoperarsi per il bene equivale a zero: il solo esempio che si dà agli altri del nostro non agire per il bene, secondo quelli che abbiamo professato essere i nostri principi, vanifica tutto quanto si possa aver detto o pensato di buono.
Si potrebbe obiettare che il caso limite opposto in cui, si pensa male, ma si dice e si agisce bene sia comunque un minimo positivo. Nel breve forse sì, ma nel lungo termine no: la persona che pensa male, ma però dice e agisce bene, evidentemente lo fa per ipocrisia e opportunismo. Verrà il tempo in cui tale persona riscuoterà i frutti della propria ipocrisia e, allora, il bene fatto sarà abbondantemente rimpiazzato dal male.
Se però dovessi porre su un podio ideale una di queste azioni probabilmente opterei per il “pensare bene”: il “dire bene”, e talvolta anche il “fare bene”, come già spiegato, possono nascondere secondi fini, essere cioè dettati da opportunismo. Il pensiero invece, essendo intimo e personale, è più puro: proprio la libertà assoluta del poter pensare male senza remore di sorta, senza essere giudicati da altri, dà a esso maggior valore.
Chi infatti pensa bene ma poi parla o agisce male, evidentemente, lo fa contro la propria volontà, forse anche per semplice viltà. Al contrario chi agisce o dice bene, ma nel suo intimo pensa male, allora è un'ipocrita o un'opportunista. Fra un vile e un'ipocrita io preferisco il vile: per questo ritengo il “pensare bene” di maggior valore sebbene imprescindibile al dire e al fare bene...
Conclusione: non ho altro da aggiungere se non che il mio cordoglio per la scomparsa di Valeria Solesin è maggiore di quanto traspaia dalle mie parole...
Mi sono commosso.
Non perché l'articolo sia minimamente commovente ma perché attraverso la sua lettura ho avuto l'impressione di sentire la voce di Valeria, di capire la logica dei suoi pensieri, ho intuito i suoi ideali e ne ho intravisto il carattere.
Ho provato un'emozione molto più forte a leggere le sue parole che a guardarne la foto.
Questo mi ha portato a riflettere su cosa definisca una persona: non sono solo le azioni ma anche i pensieri. Questo articolo me lo ha dimostrato...
Eppure fino a poche ore fa ero perplesso sul fatto che lo zoroastrismo ponesse sullo stesso piano il pensare bene, il dire bene e l'agire bene: istintivamente avrei dato una gerarchia a questi tre principi ponendovi al vertice il “fare bene”, poi il “dire” e poi il “pensare”.
Ma invece ha ragione Zoroastro: tutti e tre sono ugualmente importanti o, meglio, imprescindibili l'uno dall'altro. Se infatti fossero solo ugualmente importanti significherebbe che ognuna di queste tre azioni vale 1/3 di bene, ma non è così! O si pensa bene E si parla bene E si opera bene (valore 1) oppure è tutto inutile (valore 0). In altre parole, ad esempio, pensare bene e dire bene senza poi però adoperarsi per il bene equivale a zero: il solo esempio che si dà agli altri del nostro non agire per il bene, secondo quelli che abbiamo professato essere i nostri principi, vanifica tutto quanto si possa aver detto o pensato di buono.
Si potrebbe obiettare che il caso limite opposto in cui, si pensa male, ma si dice e si agisce bene sia comunque un minimo positivo. Nel breve forse sì, ma nel lungo termine no: la persona che pensa male, ma però dice e agisce bene, evidentemente lo fa per ipocrisia e opportunismo. Verrà il tempo in cui tale persona riscuoterà i frutti della propria ipocrisia e, allora, il bene fatto sarà abbondantemente rimpiazzato dal male.
Se però dovessi porre su un podio ideale una di queste azioni probabilmente opterei per il “pensare bene”: il “dire bene”, e talvolta anche il “fare bene”, come già spiegato, possono nascondere secondi fini, essere cioè dettati da opportunismo. Il pensiero invece, essendo intimo e personale, è più puro: proprio la libertà assoluta del poter pensare male senza remore di sorta, senza essere giudicati da altri, dà a esso maggior valore.
Chi infatti pensa bene ma poi parla o agisce male, evidentemente, lo fa contro la propria volontà, forse anche per semplice viltà. Al contrario chi agisce o dice bene, ma nel suo intimo pensa male, allora è un'ipocrita o un'opportunista. Fra un vile e un'ipocrita io preferisco il vile: per questo ritengo il “pensare bene” di maggior valore sebbene imprescindibile al dire e al fare bene...
Conclusione: non ho altro da aggiungere se non che il mio cordoglio per la scomparsa di Valeria Solesin è maggiore di quanto traspaia dalle mie parole...
venerdì 20 novembre 2015
Il vero Islam qual è?
È tollerante? È pacifico?
Premetto subito che a questi interrogativi non ho una risposta minimamente definitiva.
Tutti sembrano avere idee molto chiare al riguardo: opinioni anche molto diverse fra loro. Si passa dal “Salvini pensiero” all'estremo opposto, con tutta una serie di posizioni intermedie più o meno moderate...
Io credo che proprio la domanda di partenza sia mal posta: cosa si intenda per “vero Islam” è un argomento troppo vasto; cercare di affrontarlo direttamente provoca solo confusione.
La riformulo quindi in maniera diversa: “Com'è il comune musulmano? È tollerante? È pacifico?”
Ma anche questa domanda non è ben espressa: secondo wikipedia i musulmani nel mondo sono circa 1,6 miliardi, impossibile quindi generalizzare. Al massimo, forse, si può fare un ragionamento di questo tipo a livello di nazione. Ad esempio: “Com'è il comune musulmano egiziano/albanese/indonesiano/francese/etc...? È tollerante? È pacifico?”
Domande di questo tipo iniziano ad avere un po' di senso anche se, ragionare a questo livello di generalizzazione, è difficile e non sempre significativo: bisognerebbe infatti considerare le diverse fasce della popolazione, per età, livello di istruzione, reddito, sesso, etc...
Sicuramente sbaglia Salvini quando indica un terrorista suicida e urla “tutti i musulmani sono così!”.
Però, per lo stesso motivo (*1), sbaglia anche chi ascolta le dichiarazioni pacate e tolleranti di un professore universitario musulmano e pensa che tutti i musulmani siano come lui.
Il terrorista suicida (*2) e il professore universitario sono infatti all'estremità opposte dello spettro: il primo è giovane, povero, magari di scarsa cultura; il secondo è più maturo, ha un reddito sopra la media ed è estremamente istruito.
La verità (nel limitato senso di superficiale generalizzazione a cui ho ridotto il problema iniziale) sta da qualche parte nel mezzo a questi due opposti.
Come ho spiegato la mia opinione al riguardo non è ben formata: l'argomento è complesso e, sinceramente, non mi è mai interessato approfondirlo...
Posso quindi solo esporre alcune mie considerazioni dalle quali però non ho ancora tratto conclusioni definitive ma che, comunque, ritengo importanti.
1. Credo che la prima difficoltà per un occidentale (*3) che cerchi di capire il mondo islamico sia quella di comprendere l'importanza della religione nella vita di tutti i giorni. Non so: penso che un'idea parziale la si possa avere cercando di immaginare come doveva essere più pervasivo il cristianesimo un centinaio di anni fa in Europa. Chiaramente questo ci dà solo un'idea parziale e, per certi versi, fuorviante della situazione: il mondo di oggi non è quello di allora! Anche nel mondo musulmano esistono i televisori, la rete e i telefonini. La sovrapposizione di tutti questi elementi rende l'intero quadro più complesso e sfocato.
Penso si possa comunque dire che il peso della religione, e quindi il modo di vedere il mondo e di rapportarsi con esso, sia molto maggiore che in occidente.
2. È un'ovvietà ma credo anche si tratti di una verità che si tenda a dimenticare: per capire il mondo musulmano bisogna partire dal Corano.
Tempo fa ne lessi (*4) almeno un terzo: mi annotai tutti gli argomenti che allora più mi interessavano: la visione della donna, il rapporto con le altre religioni, la guerra santa...
Questa lettura mi portò a delle riflessioni interessanti: avrei voluto scriverci un pezzo ma non ebbi voglia di misurare col bilancino (*5) le parole e non ne feci di niente...
Comunque almeno due idee emergono ben chiare ed esplicite: A. la legge deve seguire e basarsi sui precetti del Corano (la Sharia (*7)) il quale fornisce in tal senso delle indicazioni ben precise; B. tali prescrizioni discriminano esplicitamente fra uomo e donna e fra musulmani/cristiani+ebrei+zoroastriani/pagani.
3. Un'importante conseguenza è che un uomo non può essere contemporaneamente un buon musulmano (cioè seguire fedelmente i precetti del Corano) e sentirsi a proprio agio nello stile “laico” di vita occidentale (*6).
Immagino che queste continue contraddizioni siano alla base delle costanti lacerazioni interiori negli immigrati musulmani (o i loro discendenti) che vivono nel mondo occidentale: il dover seguire comportamenti (o idee) diversi che spesso vanno in contrasto fra loro. Pochi giorni fa ho letto un interessante articolo di uno psicologo (v. I conflitti psicologici delle diverse generazioni di immigrati) secondo il quale le generazioni di immigrati con più problemi sono la seconda e la terza: il conflitto è fra le radici culturali famigliari e la cultura del paese di adozione. Il non sentirsi né carne né pesce, il bramare un tenore di vita superiore rendendosi conto (magari per colpe non proprie) di non poterlo raggiungere; il sentirsi traditi, forse sfruttati, da una società che non dà a questi giovani possibilità e, contemporaneamente, non avere la possibilità di tornare nel paese di origine della propria famiglia ben sapendo che anche là non riuscirebbero a inserirsi...
La combinazione di questi elementi deve causare sfiducia nel futuro, un senso di insoddisfazione e frustrazione difficile da placare senza vere speranze di alternativa: come ho scritto in Apocalissi varie mi pare che questa difficile situazione sociale, in particolare il non essere in grado di rapportarsi con la realtà, abbia molti elementi in comune con la situazione sociale da cui scaturirono i movimenti apocalittici.
4. Per meglio comprendere la relazione fra mondo islamico e mondo occidentale sarebbe forse opportuno vedere come conciliano questi conflitti le popolazioni dei paesi europei storicamente musulmani: questo per evitare che le problematiche dell'immigrazione, dovute al difficile adattamento in una realtà diversa, si sovrappongano alla questione originaria. Mi vengono quindi in mente l'Albania, la Bosnia (*9) e, forse, la Turchia (*8).
Ecco, mi piacerebbe sapere cosa ne pensa la gente comune in questi paesi degli attentati in Francia: come spiegato infatti la popolazione musulmana di queste nazioni non vive il trauma di trovarsi in paesi con tradizioni culturali diverse e, da questo punto di vista, la loro opinione è ben rappresentativa del rapporto fra Islam e occidente.
Sfortunatamente non ho idea di quale sia il pensiero comune sugli attentati in Albania e Bosnia. Un'idea per la Turchia ce l'ha data lo stadio, per l'amichevole con la Grecia, dove il pubblico si è chiaramente espresso in favore dei terroristi: v. Quei fischi durante Turchia-Grecia (dal Corriere.it)
Al di là dei proclami politici, che possono essere dettati da ragioni di opportunità, mi pare che una fascia importante della popolazione (almeno quella che va allo stadio) giustifichi queste forme di terrorismo.
Inoltre, da tante altre piccole notizie (v. Giovane musulmano difende le stragi in TV... oppure Studentesse musulmane fuori dall'aula durante l'omaggio a Parigi) si capisce che anche l'opinione degli immigrati musulmani in Italia, come minimo, non sia a prescindere compatta contro gli episodi di terrorismo...
5. Cosa si può concludere da queste riflessioni?
Sfortunatamente poco o nulla: l'argomento è estremamente complesso e andrebbe studiato approfonditamente da molti angoli diversi per riuscire a ricavare qualche conclusione significativa.
La mia sensazione, ma è solo tale, è che il mondo islamico, nel senso ampio e vago di mentalità dell'uomo comune, sia meno tollerante e pacifico di quanto ci piaccia credere: le ragioni di ciò affondano le proprie radici in alcuni principi religiosi chiaramente espressi dal Corano. Nella mia lettura superficiale e incompleta non vi ho trovato qualcosa di analogo al “porgere l'altra guancia” mentre era costante la distinzione fra musulmani e non musulmani...
Conclusione: come spiegato nella premessa ero, e sono, consapevole di non poter arrivare a pareri definitivi su questo argomento così complesso. Mi pare comunque che questo pezzo abbia il merito di ridefinire in maniera più sensata, per quanto comunque vaga e superficiale, la problematica (cosa intendiamo quando parliamo di mondo islamico: nella mia definizione il comune sentire del musulmano “medio” di una specifica nazione); di aver indicato dove guardare per capire quali sia il rapporto fra Islam e occidente al netto dell'immigrazione (Albania, Bosnia e, forse, Turchia); di aver evidenziato il conflitto di fondo fra i valori musulmani e quelli apparentemente laici del mondo occidentale; di aver ricordato come si debba sempre tenere presente il Corano per comprendere la mentalità musulmana.
La mia personale sensazione finale è solo tale: una sensazione e nulla più. Certamente starò con gli occhi aperti pronto a cambiarla ed evolverla...
PS: proprio oggi mi sono imbattuto in un pezzo interessante di uno scrittore di fede musulmana: Terrorismo e Islam: quando ho scoperto di essere un musulmano moderato. Il pezzo è molto biografico ma mi pare che affronti il mio stesso argomento seppure da un punto di vista totalmente diverso. Shady Hamadi, l'autore dell'articolo in questione, insiste infatti sull'inutilità dell'etichettare i singoli perché così facendo si perde il senso del tutto: non so se è una forzatura ma io vi vedo la premessa al mio ragionamento (punto 1) sulla necessità di semplificare per poter meglio comprendere...
Nota (*1): l'eccesso di generalizzazione...
Nota (*2): ma Bin Laden era super ricco: e infatti non li pilotava lui gli aerei dell'11 settembre...
Nota (*3): c'è anche da aggiungere che molti dei valori del cristianesimo sono ormai stati inglobati nei cosiddetti principi laici del mondo occidentale: non ce ne rendiamo conto ma quella che a noi sembra una visione laica del mondo è in realtà basata su un profondo substrato cristiano...
Al riguardo ho scritto un paio di pezzi ai quali rimando per un ulteriore approfondimento: Religione e civiltà (2/2) e Religione e civiltà (1/2).
Nota (*4): ovviamente di una traduzione in italiano: so perfettamente che non è come leggere l'originale in arabo ma credo che almeno un'idea riesca a renderla...
Nota (*5): non volevo rischiare di far infuriare un fanatico isterico con le mie idee! Oltretutto degli amici a cui lessi i miei appunti mi dissero esplicitamente che non era il caso di pubblicarli: ma più della paura mi censurò la pigrizia...
Nota (*6): anche perché i principi “laici” occidentali in realtà sono per la maggior parte derivati da analoghi principi cristiani. Vedi nota (*3)...
Nota (*7): ho collegato volutamente la pagina inglese perché quella italiana mi è parsa confusa e, per questo, consiglio di evitarla...
Nota (*8): la mia perplessità sulla Turchia è, diciamo, geografica: nonostante sia situata a cavallo fra occidente e Medio Oriente non so se, proprio per questo, possa essere realmente rappresentativa di come cultura occidentale e musulmana possano integrarsi insieme...
Nota (*9): sebbene comprensibilmente l'opinione e i sentimenti dei bosniaci potrebbero essere ancora pesantemente influenzati dall'ancora troppo recente guerra civile.
Premetto subito che a questi interrogativi non ho una risposta minimamente definitiva.
Tutti sembrano avere idee molto chiare al riguardo: opinioni anche molto diverse fra loro. Si passa dal “Salvini pensiero” all'estremo opposto, con tutta una serie di posizioni intermedie più o meno moderate...
Io credo che proprio la domanda di partenza sia mal posta: cosa si intenda per “vero Islam” è un argomento troppo vasto; cercare di affrontarlo direttamente provoca solo confusione.
La riformulo quindi in maniera diversa: “Com'è il comune musulmano? È tollerante? È pacifico?”
Ma anche questa domanda non è ben espressa: secondo wikipedia i musulmani nel mondo sono circa 1,6 miliardi, impossibile quindi generalizzare. Al massimo, forse, si può fare un ragionamento di questo tipo a livello di nazione. Ad esempio: “Com'è il comune musulmano egiziano/albanese/indonesiano/francese/etc...? È tollerante? È pacifico?”
Domande di questo tipo iniziano ad avere un po' di senso anche se, ragionare a questo livello di generalizzazione, è difficile e non sempre significativo: bisognerebbe infatti considerare le diverse fasce della popolazione, per età, livello di istruzione, reddito, sesso, etc...
Sicuramente sbaglia Salvini quando indica un terrorista suicida e urla “tutti i musulmani sono così!”.
Però, per lo stesso motivo (*1), sbaglia anche chi ascolta le dichiarazioni pacate e tolleranti di un professore universitario musulmano e pensa che tutti i musulmani siano come lui.
Il terrorista suicida (*2) e il professore universitario sono infatti all'estremità opposte dello spettro: il primo è giovane, povero, magari di scarsa cultura; il secondo è più maturo, ha un reddito sopra la media ed è estremamente istruito.
La verità (nel limitato senso di superficiale generalizzazione a cui ho ridotto il problema iniziale) sta da qualche parte nel mezzo a questi due opposti.
Come ho spiegato la mia opinione al riguardo non è ben formata: l'argomento è complesso e, sinceramente, non mi è mai interessato approfondirlo...
Posso quindi solo esporre alcune mie considerazioni dalle quali però non ho ancora tratto conclusioni definitive ma che, comunque, ritengo importanti.
1. Credo che la prima difficoltà per un occidentale (*3) che cerchi di capire il mondo islamico sia quella di comprendere l'importanza della religione nella vita di tutti i giorni. Non so: penso che un'idea parziale la si possa avere cercando di immaginare come doveva essere più pervasivo il cristianesimo un centinaio di anni fa in Europa. Chiaramente questo ci dà solo un'idea parziale e, per certi versi, fuorviante della situazione: il mondo di oggi non è quello di allora! Anche nel mondo musulmano esistono i televisori, la rete e i telefonini. La sovrapposizione di tutti questi elementi rende l'intero quadro più complesso e sfocato.
Penso si possa comunque dire che il peso della religione, e quindi il modo di vedere il mondo e di rapportarsi con esso, sia molto maggiore che in occidente.
2. È un'ovvietà ma credo anche si tratti di una verità che si tenda a dimenticare: per capire il mondo musulmano bisogna partire dal Corano.
Tempo fa ne lessi (*4) almeno un terzo: mi annotai tutti gli argomenti che allora più mi interessavano: la visione della donna, il rapporto con le altre religioni, la guerra santa...
Questa lettura mi portò a delle riflessioni interessanti: avrei voluto scriverci un pezzo ma non ebbi voglia di misurare col bilancino (*5) le parole e non ne feci di niente...
Comunque almeno due idee emergono ben chiare ed esplicite: A. la legge deve seguire e basarsi sui precetti del Corano (la Sharia (*7)) il quale fornisce in tal senso delle indicazioni ben precise; B. tali prescrizioni discriminano esplicitamente fra uomo e donna e fra musulmani/cristiani+ebrei+zoroastriani/pagani.
3. Un'importante conseguenza è che un uomo non può essere contemporaneamente un buon musulmano (cioè seguire fedelmente i precetti del Corano) e sentirsi a proprio agio nello stile “laico” di vita occidentale (*6).
Immagino che queste continue contraddizioni siano alla base delle costanti lacerazioni interiori negli immigrati musulmani (o i loro discendenti) che vivono nel mondo occidentale: il dover seguire comportamenti (o idee) diversi che spesso vanno in contrasto fra loro. Pochi giorni fa ho letto un interessante articolo di uno psicologo (v. I conflitti psicologici delle diverse generazioni di immigrati) secondo il quale le generazioni di immigrati con più problemi sono la seconda e la terza: il conflitto è fra le radici culturali famigliari e la cultura del paese di adozione. Il non sentirsi né carne né pesce, il bramare un tenore di vita superiore rendendosi conto (magari per colpe non proprie) di non poterlo raggiungere; il sentirsi traditi, forse sfruttati, da una società che non dà a questi giovani possibilità e, contemporaneamente, non avere la possibilità di tornare nel paese di origine della propria famiglia ben sapendo che anche là non riuscirebbero a inserirsi...
La combinazione di questi elementi deve causare sfiducia nel futuro, un senso di insoddisfazione e frustrazione difficile da placare senza vere speranze di alternativa: come ho scritto in Apocalissi varie mi pare che questa difficile situazione sociale, in particolare il non essere in grado di rapportarsi con la realtà, abbia molti elementi in comune con la situazione sociale da cui scaturirono i movimenti apocalittici.
4. Per meglio comprendere la relazione fra mondo islamico e mondo occidentale sarebbe forse opportuno vedere come conciliano questi conflitti le popolazioni dei paesi europei storicamente musulmani: questo per evitare che le problematiche dell'immigrazione, dovute al difficile adattamento in una realtà diversa, si sovrappongano alla questione originaria. Mi vengono quindi in mente l'Albania, la Bosnia (*9) e, forse, la Turchia (*8).
Ecco, mi piacerebbe sapere cosa ne pensa la gente comune in questi paesi degli attentati in Francia: come spiegato infatti la popolazione musulmana di queste nazioni non vive il trauma di trovarsi in paesi con tradizioni culturali diverse e, da questo punto di vista, la loro opinione è ben rappresentativa del rapporto fra Islam e occidente.
Sfortunatamente non ho idea di quale sia il pensiero comune sugli attentati in Albania e Bosnia. Un'idea per la Turchia ce l'ha data lo stadio, per l'amichevole con la Grecia, dove il pubblico si è chiaramente espresso in favore dei terroristi: v. Quei fischi durante Turchia-Grecia (dal Corriere.it)
Al di là dei proclami politici, che possono essere dettati da ragioni di opportunità, mi pare che una fascia importante della popolazione (almeno quella che va allo stadio) giustifichi queste forme di terrorismo.
Inoltre, da tante altre piccole notizie (v. Giovane musulmano difende le stragi in TV... oppure Studentesse musulmane fuori dall'aula durante l'omaggio a Parigi) si capisce che anche l'opinione degli immigrati musulmani in Italia, come minimo, non sia a prescindere compatta contro gli episodi di terrorismo...
5. Cosa si può concludere da queste riflessioni?
Sfortunatamente poco o nulla: l'argomento è estremamente complesso e andrebbe studiato approfonditamente da molti angoli diversi per riuscire a ricavare qualche conclusione significativa.
La mia sensazione, ma è solo tale, è che il mondo islamico, nel senso ampio e vago di mentalità dell'uomo comune, sia meno tollerante e pacifico di quanto ci piaccia credere: le ragioni di ciò affondano le proprie radici in alcuni principi religiosi chiaramente espressi dal Corano. Nella mia lettura superficiale e incompleta non vi ho trovato qualcosa di analogo al “porgere l'altra guancia” mentre era costante la distinzione fra musulmani e non musulmani...
Conclusione: come spiegato nella premessa ero, e sono, consapevole di non poter arrivare a pareri definitivi su questo argomento così complesso. Mi pare comunque che questo pezzo abbia il merito di ridefinire in maniera più sensata, per quanto comunque vaga e superficiale, la problematica (cosa intendiamo quando parliamo di mondo islamico: nella mia definizione il comune sentire del musulmano “medio” di una specifica nazione); di aver indicato dove guardare per capire quali sia il rapporto fra Islam e occidente al netto dell'immigrazione (Albania, Bosnia e, forse, Turchia); di aver evidenziato il conflitto di fondo fra i valori musulmani e quelli apparentemente laici del mondo occidentale; di aver ricordato come si debba sempre tenere presente il Corano per comprendere la mentalità musulmana.
La mia personale sensazione finale è solo tale: una sensazione e nulla più. Certamente starò con gli occhi aperti pronto a cambiarla ed evolverla...
PS: proprio oggi mi sono imbattuto in un pezzo interessante di uno scrittore di fede musulmana: Terrorismo e Islam: quando ho scoperto di essere un musulmano moderato. Il pezzo è molto biografico ma mi pare che affronti il mio stesso argomento seppure da un punto di vista totalmente diverso. Shady Hamadi, l'autore dell'articolo in questione, insiste infatti sull'inutilità dell'etichettare i singoli perché così facendo si perde il senso del tutto: non so se è una forzatura ma io vi vedo la premessa al mio ragionamento (punto 1) sulla necessità di semplificare per poter meglio comprendere...
Nota (*1): l'eccesso di generalizzazione...
Nota (*2): ma Bin Laden era super ricco: e infatti non li pilotava lui gli aerei dell'11 settembre...
Nota (*3): c'è anche da aggiungere che molti dei valori del cristianesimo sono ormai stati inglobati nei cosiddetti principi laici del mondo occidentale: non ce ne rendiamo conto ma quella che a noi sembra una visione laica del mondo è in realtà basata su un profondo substrato cristiano...
Al riguardo ho scritto un paio di pezzi ai quali rimando per un ulteriore approfondimento: Religione e civiltà (2/2) e Religione e civiltà (1/2).
Nota (*4): ovviamente di una traduzione in italiano: so perfettamente che non è come leggere l'originale in arabo ma credo che almeno un'idea riesca a renderla...
Nota (*5): non volevo rischiare di far infuriare un fanatico isterico con le mie idee! Oltretutto degli amici a cui lessi i miei appunti mi dissero esplicitamente che non era il caso di pubblicarli: ma più della paura mi censurò la pigrizia...
Nota (*6): anche perché i principi “laici” occidentali in realtà sono per la maggior parte derivati da analoghi principi cristiani. Vedi nota (*3)...
Nota (*7): ho collegato volutamente la pagina inglese perché quella italiana mi è parsa confusa e, per questo, consiglio di evitarla...
Nota (*8): la mia perplessità sulla Turchia è, diciamo, geografica: nonostante sia situata a cavallo fra occidente e Medio Oriente non so se, proprio per questo, possa essere realmente rappresentativa di come cultura occidentale e musulmana possano integrarsi insieme...
Nota (*9): sebbene comprensibilmente l'opinione e i sentimenti dei bosniaci potrebbero essere ancora pesantemente influenzati dall'ancora troppo recente guerra civile.
mercoledì 18 novembre 2015
Decameron sesto giorno: W frate Cipolla!
Dopo averci infilato almeno un paio di altri libri nel mezzo, ho finalmente proseguito nella lettura del Decameron.
Come al solito non avevo preso appunti e adesso non ricordo niente: ho deciso che dalla prossima giornata prenderò delle note e, se poi il materiale sarà troppo, ne escluderò un po'...
Il tema della sesta giornata sono i motti di spirito o di arguzia che risolvono una situazione difficile: forse anche per questo i racconti sono particolarmente brevi, tutti tranne l'ultimo di una o al massimo due pagine. Hanno più la forma di aneddoti che di racconti veri e propri.
La serie di novelle ha un curioso preambolo: la lite fra due servitori. Ho capito poco lo scopo di questa divagazione: forse è per far calare meglio il lettore nell'argomento della giornata. La lite era sul fatto che le ragazze arrivassero o no illibate al matrimonio e se poi restassero fedeli al marito: alla fine vince la tesi di Licisca (una delle litiganti (*1)) secondo la quale sei volte su sette le giovani riescono a eludere la tutela di padre e fratelli e a prendersi il proprio piacere, evidentemente ricorrendo a sagacia e astuzia, e continuano poi a farsi beffe del marito anche dopo il matrimonio.
Le mie perplessità riguardano anche il comportamento delle protagonisti del Decameron che, udendo la storia, ridono a crepapelle: che significa? Le loro risa sono una conferma dell'universalità delle parole di Licisca oppure ridono del popolino?
La prima novella non mi è piaciuta: si tratta di una semplice battuta con cui una donna fa capire a un cavaliere, evidentemente non un grande affabulatore, di smettere di narrare un racconto: magari mi sono sfuggiti dei doppi sensi...
Anche la seconda novella non mi ha impressionato: suppongo che per apprezzarla pienamente si debba conoscere, o intuire, quali fossero le normale relazioni fra le diverse classi sociali al tempo del Boccaccio. Solo in questo modo si può apprezzare come, grazie alla propria arguzia, un semplice oste riesca a divenire amico di un uomo molto importante.
Solo grazie alle note è possibile capire la battuta della terza novella dove la protagonista allude “all'avarizia catalana e angioina” evidentemente famosa al tempo del Boccaccio ma di cui io non avevo idea...
Quarta novella, altra battuta che mi lascia piuttosto indifferente: un po' meglio delle precedenti ma non troppo. Provo a sintetizzarla per dare l'idea: un cuoco incaricato dal proprio padrone di cucinare una gru ne regala una coscia alla propria amante; ovviamente il padrone quando si accorge che manca una zampa si arrabbia; il cuoco gli dice che tutte le gru hanno una zampa sola ed è pronto a dimostrarlo se domani l'accompagnerà al lago; la mattina successiva cuoco e padrone sono sulla riva del lago dove le gru ancora dormono in equilibrio su una zampa; il cuoco dice quindi al padrone che le gru hanno solo una zampa ma egli, sempre arrabbiato, le scaccia gridando e queste svegliatesi stendono anche l'altra zampa e volano via; il cuoco commenta che avrebbe dovuto gridare alla gru anche la sera precedente per far apparire la coscia mancante; grandi risate, il cuoco è salvo...
La quinta novella sembra proprio un aneddoto e non mi stupirei se il Boccaccio si fosse limitato solo a qualche abbellimento secondario: i protagonisti sono infatti Giotto e un tale messer Forese, apparentemente all'epoca molto noto...
Sesta novella: altra battuta sulla bruttezza dei membri della famiglia dei Baronci (famosi appunto per la loro bruttezza) usata per dimostrare che essi sono i più “gentili” (*2).
Novella vagamente interessante la settima: sembra che a Prato ci fosse una legge che puniva le mogli adultere colte sul fatto mettendole al rogo. Già il Boccaccio considera tale pena “non men biasimevole che aspra” ma è interessante l'argomentazione: semplicemente la legge non fa distinzione fra le mogli adultere e le prostitute; sembra insomma che, per opinione comune, fosse quindi ritenuto giusto punire le prostitute in tal guisa! Scrive infatti il Boccaccio: «...fosse arsa quella donna che dal marito fosse con alcuno suo amante trovata in adulterio, come quella che per denari con qualunque altro uomo stata trovata fosse». Nessuna menzione alla pena per l'adultero...
La protagonista si salva con la seguente argomentazione: prima chiede al marito se è vero che ella mai si fosse a lui rifiutata e, dopo la sua conferma, dice «Adunque... ...domando io voi, messer podestà, se egli ha sempre di me preso quello che gli è bisognato e piaciuto, io che doveva fare o debbo di quel che gli avanza? Debbolo io gettare ai cani? Non è egli molto meglio servirne un gentile uomo che più che sé m'ama, che lasciarlo perdere o guastare?»
Poco più di una semplice battuta l'ottava novella...
Più carina la nona: in questo caso il protagonista si salva da una zuffa con degli attaccabrighe grazie a un discorso che, solo quando lui se ne è da tempo andato, essi capiscono essere una elaborata battuta offensiva nei loro confronti.
La decima novella, l'unica più lunga di un paio di pagine, mi è invece piaciuta: c'è anzi una mezza paginetta che mi ha fatto sinceramente ridere! Peccato che sia un po' troppo lunga per copiarla qui di seguito...
Frate Cipolla, un frate ignorante ma sveglio di mente e sciolto di lingua, viaggia di paese in paese raccogliendo le offerte per la vicina abbazia. Per invogliare i fedeli a essere più generosi mostra loro una piuma di pappagallo (animale praticamente sconosciuto all'epoca nella zona) dicendo che appartiene all'arcangelo Gabriele. Arrivato in un paese però dei suoi amici buontemponi gliela sostituiscono con dei carboni: così, quando frate Cipolla apra la cassettina per mostrare ai fedeli la piuma vi trova tutt'altro. Ovviamente il frate non si scompone e inventa sul momento una frottola che lo cava d'impiccio facendogli anzi intascare delle offerte più ricche del solito...
Bella la tecnica con la quale il Boccaccio fa capire il processo mentale compiuto dal suo protagonista: inizialmente divaga a casaccio, poi ha l'idea giusta e ricombina abilmente insieme tutto il groviglio di discorsi della sua concione.
Conclusione: mi auguro che dalla prossima giornata le novelle inizino a essere almeno un po' boccaccesche!
Nota (*1): Non so se sia un caso, o se magari abbia un'altra origine, ma mi ha colpito l'assonanza fra il nome Licisca e quello di Lisisca, soprannome un po' irriguardoso di Messalina: se davvero l'accostamento fosse voluto allora l'opinione del Boccaccio sulla serva sarebbe ben chiaro...
Nota (*2): suppongo nel senso di nobile nascita o di doti spirituali...
Come al solito non avevo preso appunti e adesso non ricordo niente: ho deciso che dalla prossima giornata prenderò delle note e, se poi il materiale sarà troppo, ne escluderò un po'...
Il tema della sesta giornata sono i motti di spirito o di arguzia che risolvono una situazione difficile: forse anche per questo i racconti sono particolarmente brevi, tutti tranne l'ultimo di una o al massimo due pagine. Hanno più la forma di aneddoti che di racconti veri e propri.
La serie di novelle ha un curioso preambolo: la lite fra due servitori. Ho capito poco lo scopo di questa divagazione: forse è per far calare meglio il lettore nell'argomento della giornata. La lite era sul fatto che le ragazze arrivassero o no illibate al matrimonio e se poi restassero fedeli al marito: alla fine vince la tesi di Licisca (una delle litiganti (*1)) secondo la quale sei volte su sette le giovani riescono a eludere la tutela di padre e fratelli e a prendersi il proprio piacere, evidentemente ricorrendo a sagacia e astuzia, e continuano poi a farsi beffe del marito anche dopo il matrimonio.
Le mie perplessità riguardano anche il comportamento delle protagonisti del Decameron che, udendo la storia, ridono a crepapelle: che significa? Le loro risa sono una conferma dell'universalità delle parole di Licisca oppure ridono del popolino?
La prima novella non mi è piaciuta: si tratta di una semplice battuta con cui una donna fa capire a un cavaliere, evidentemente non un grande affabulatore, di smettere di narrare un racconto: magari mi sono sfuggiti dei doppi sensi...
Anche la seconda novella non mi ha impressionato: suppongo che per apprezzarla pienamente si debba conoscere, o intuire, quali fossero le normale relazioni fra le diverse classi sociali al tempo del Boccaccio. Solo in questo modo si può apprezzare come, grazie alla propria arguzia, un semplice oste riesca a divenire amico di un uomo molto importante.
Solo grazie alle note è possibile capire la battuta della terza novella dove la protagonista allude “all'avarizia catalana e angioina” evidentemente famosa al tempo del Boccaccio ma di cui io non avevo idea...
Quarta novella, altra battuta che mi lascia piuttosto indifferente: un po' meglio delle precedenti ma non troppo. Provo a sintetizzarla per dare l'idea: un cuoco incaricato dal proprio padrone di cucinare una gru ne regala una coscia alla propria amante; ovviamente il padrone quando si accorge che manca una zampa si arrabbia; il cuoco gli dice che tutte le gru hanno una zampa sola ed è pronto a dimostrarlo se domani l'accompagnerà al lago; la mattina successiva cuoco e padrone sono sulla riva del lago dove le gru ancora dormono in equilibrio su una zampa; il cuoco dice quindi al padrone che le gru hanno solo una zampa ma egli, sempre arrabbiato, le scaccia gridando e queste svegliatesi stendono anche l'altra zampa e volano via; il cuoco commenta che avrebbe dovuto gridare alla gru anche la sera precedente per far apparire la coscia mancante; grandi risate, il cuoco è salvo...
La quinta novella sembra proprio un aneddoto e non mi stupirei se il Boccaccio si fosse limitato solo a qualche abbellimento secondario: i protagonisti sono infatti Giotto e un tale messer Forese, apparentemente all'epoca molto noto...
Sesta novella: altra battuta sulla bruttezza dei membri della famiglia dei Baronci (famosi appunto per la loro bruttezza) usata per dimostrare che essi sono i più “gentili” (*2).
Novella vagamente interessante la settima: sembra che a Prato ci fosse una legge che puniva le mogli adultere colte sul fatto mettendole al rogo. Già il Boccaccio considera tale pena “non men biasimevole che aspra” ma è interessante l'argomentazione: semplicemente la legge non fa distinzione fra le mogli adultere e le prostitute; sembra insomma che, per opinione comune, fosse quindi ritenuto giusto punire le prostitute in tal guisa! Scrive infatti il Boccaccio: «...fosse arsa quella donna che dal marito fosse con alcuno suo amante trovata in adulterio, come quella che per denari con qualunque altro uomo stata trovata fosse». Nessuna menzione alla pena per l'adultero...
La protagonista si salva con la seguente argomentazione: prima chiede al marito se è vero che ella mai si fosse a lui rifiutata e, dopo la sua conferma, dice «Adunque... ...domando io voi, messer podestà, se egli ha sempre di me preso quello che gli è bisognato e piaciuto, io che doveva fare o debbo di quel che gli avanza? Debbolo io gettare ai cani? Non è egli molto meglio servirne un gentile uomo che più che sé m'ama, che lasciarlo perdere o guastare?»
Poco più di una semplice battuta l'ottava novella...
Più carina la nona: in questo caso il protagonista si salva da una zuffa con degli attaccabrighe grazie a un discorso che, solo quando lui se ne è da tempo andato, essi capiscono essere una elaborata battuta offensiva nei loro confronti.
La decima novella, l'unica più lunga di un paio di pagine, mi è invece piaciuta: c'è anzi una mezza paginetta che mi ha fatto sinceramente ridere! Peccato che sia un po' troppo lunga per copiarla qui di seguito...
Frate Cipolla, un frate ignorante ma sveglio di mente e sciolto di lingua, viaggia di paese in paese raccogliendo le offerte per la vicina abbazia. Per invogliare i fedeli a essere più generosi mostra loro una piuma di pappagallo (animale praticamente sconosciuto all'epoca nella zona) dicendo che appartiene all'arcangelo Gabriele. Arrivato in un paese però dei suoi amici buontemponi gliela sostituiscono con dei carboni: così, quando frate Cipolla apra la cassettina per mostrare ai fedeli la piuma vi trova tutt'altro. Ovviamente il frate non si scompone e inventa sul momento una frottola che lo cava d'impiccio facendogli anzi intascare delle offerte più ricche del solito...
Bella la tecnica con la quale il Boccaccio fa capire il processo mentale compiuto dal suo protagonista: inizialmente divaga a casaccio, poi ha l'idea giusta e ricombina abilmente insieme tutto il groviglio di discorsi della sua concione.
Conclusione: mi auguro che dalla prossima giornata le novelle inizino a essere almeno un po' boccaccesche!
Nota (*1): Non so se sia un caso, o se magari abbia un'altra origine, ma mi ha colpito l'assonanza fra il nome Licisca e quello di Lisisca, soprannome un po' irriguardoso di Messalina: se davvero l'accostamento fosse voluto allora l'opinione del Boccaccio sulla serva sarebbe ben chiaro...
Nota (*2): suppongo nel senso di nobile nascita o di doti spirituali...
martedì 17 novembre 2015
Meditazioni su tazza
Oggi, in bagno, alle prese con la mia Garzantina di filosofia:
Omei→ non trovato
Encratiti → non trovato
Severi→ non trovato
«Pazienza, visto che sono qui vediamo “M5S”» ho pensato...
«M5S... ...si caratterizza per il rifiuto di una gerarchia interna e per il radicale egualitarismo (che spesso non impedisce anzi esalta l'autorità del capo carismatico), per il rigorismo dottrinale, e soprattutto etico, e di conseguenza per la netta contrapposizione col mondo circostante e per la grande compattezza interna del gruppo. ...»
Va bene, la voce non era “M5S” ma “setta”, però questo specifico paragrafo mi sembra molto calzante: per altre considerazioni sul tema rimando al mio pezzo Da movimento a setta...
Senza nome - 17/11/2015
“Grillo” ha deciso di togliere il proprio nome dal simbolo del M5S e ha chiesto alla rete se vuole l'indirizzo “movimento5stelle.it” o uno spazio vuoto.
Alcune considerazioni assortite.
- È una decisione sicuramente positiva ma...
- ...i problemi e, quindi, le priorità sarebbero ben altri; per una breve lista: I problemi del M5S
- Più importante dell'aspetto del simbolo è il suo proprietario: sarebbe stato bello se il simbolo fosse diventato dell'intero movimento ma, se ho ben capito, resta di "Grillo".
- Sarebbe stato interessante far votare gli “attivisti” sulla decisione principale, mantenere o no il nome “Beppe Grillo”: invece questi sono stati chiamati a scegliere su un dettaglio di scarsa o nessuna importanza. Fa riflettere, no?
- La scelta di togliere il nome sarà veramente di Grillo? Io sospetto che la decisione sia invece del vero capo, ovvero Casaleggio, e non del suo prestanome...
- Personalmente l'idea dell'indirizzo non mi piace ma anche lo spazio vuoto sbilancia il simbolo: suggerisco l'alternativa “Clicca qui!”...
Primo giorno senza FB - 18/11/2015
Un po' FB mi manca: soprattutto quando voglio distrarmi...
Come deciso, al posto di FB, leggo un sito di informazione: nel mio caso il FattoQuotidiano.it (altri suggerimenti?) solo che le notizie non cambiano abbastanza alla svelta! Per non annoiarmi dovrei leggerne altri: ma così facendo c'è il rischio che questa attività, da utile, diventi uno spreco di tempo. E poi quali altri siti leggere? Repubblica.it e Corriere.it li boicotto disgustato dalla qualità dell'informazione che per anni mi hanno ammanito. Anche con l'HuffingtonPost non ho un buon rapporto: nel 2013 non feci in tempo a scrivere un panegirico che, forse richiamati all'ordine, iniziarono a divenire anch'essi super di parte... Magari proverò la Stampa.it: ma temo che la partigianeria sia un male comune al giornalismo italiano...
Tornando al FattoQuotidiano.it, stufo di scorrere sempre gli stessi articoli, ho iniziato a leggere anche quelli di fondo, sulla colonna sinistra. Un paio erano inutili e complicati; altri due interessanti...
Conseguenze legali e non - 18/11/2015
Il tenersi maggiormente aggiornato (v. il corto precedente) ha i suoi svantaggi: provoca bruciore di stomaco leggere certe notizie...
Un esempio: Lega Nord, non luogo a procedere per 34 “camicie verdi” in un’inchiesta del ’96 (dal FattoQuotidiano.it) ben 19 anni per distinguere una pagliacciata?!! Non è giusto nei confronti dei contribuenti né degli indagati che hanno dovuto vivere una parte sostanziale della propria vita sotto la spada di Damocle di una buffonata che però poteva terminare (per loro!) in tragedia...
Stomacone - 22/11/2015
Certo che per leggere i siti di notizie tutti i giorni ci vuole un bello stomaco: sembra che le notizie si possano catalogare in brutte, pessime e peggiori. Per forza si finisce poi per preferire la superficialità sbracata ma divertente di FB...
Soprattutto odio quelle notizie (e sono parecchie) teoricamente prese anche a mio nome (ad esempio tutte le iniziative del governo) che però non condivido per niente, che ritengo dannose per l'Italia in genere e che vedo supportate da motivazioni ipocrite e spurie. A questo si aggiunge il senso di impotenza dato dal non vedere alternative in una democrazia drogata e fasulla dove tutti i partiti, al di là di nomi e simboli, sono uguali avendo tutti abnegato il compito di fare gli interessi dei propri elettori e del proprio paese...
Omei→ non trovato
Encratiti → non trovato
Severi→ non trovato
«Pazienza, visto che sono qui vediamo “M5S”» ho pensato...
«M5S... ...si caratterizza per il rifiuto di una gerarchia interna e per il radicale egualitarismo (che spesso non impedisce anzi esalta l'autorità del capo carismatico), per il rigorismo dottrinale, e soprattutto etico, e di conseguenza per la netta contrapposizione col mondo circostante e per la grande compattezza interna del gruppo. ...»
Va bene, la voce non era “M5S” ma “setta”, però questo specifico paragrafo mi sembra molto calzante: per altre considerazioni sul tema rimando al mio pezzo Da movimento a setta...
Senza nome - 17/11/2015
“Grillo” ha deciso di togliere il proprio nome dal simbolo del M5S e ha chiesto alla rete se vuole l'indirizzo “movimento5stelle.it” o uno spazio vuoto.
Alcune considerazioni assortite.
- È una decisione sicuramente positiva ma...
- ...i problemi e, quindi, le priorità sarebbero ben altri; per una breve lista: I problemi del M5S
- Più importante dell'aspetto del simbolo è il suo proprietario: sarebbe stato bello se il simbolo fosse diventato dell'intero movimento ma, se ho ben capito, resta di "Grillo".
- Sarebbe stato interessante far votare gli “attivisti” sulla decisione principale, mantenere o no il nome “Beppe Grillo”: invece questi sono stati chiamati a scegliere su un dettaglio di scarsa o nessuna importanza. Fa riflettere, no?
- La scelta di togliere il nome sarà veramente di Grillo? Io sospetto che la decisione sia invece del vero capo, ovvero Casaleggio, e non del suo prestanome...
- Personalmente l'idea dell'indirizzo non mi piace ma anche lo spazio vuoto sbilancia il simbolo: suggerisco l'alternativa “Clicca qui!”...
Primo giorno senza FB - 18/11/2015
Un po' FB mi manca: soprattutto quando voglio distrarmi...
Come deciso, al posto di FB, leggo un sito di informazione: nel mio caso il FattoQuotidiano.it (altri suggerimenti?) solo che le notizie non cambiano abbastanza alla svelta! Per non annoiarmi dovrei leggerne altri: ma così facendo c'è il rischio che questa attività, da utile, diventi uno spreco di tempo. E poi quali altri siti leggere? Repubblica.it e Corriere.it li boicotto disgustato dalla qualità dell'informazione che per anni mi hanno ammanito. Anche con l'HuffingtonPost non ho un buon rapporto: nel 2013 non feci in tempo a scrivere un panegirico che, forse richiamati all'ordine, iniziarono a divenire anch'essi super di parte... Magari proverò la Stampa.it: ma temo che la partigianeria sia un male comune al giornalismo italiano...
Tornando al FattoQuotidiano.it, stufo di scorrere sempre gli stessi articoli, ho iniziato a leggere anche quelli di fondo, sulla colonna sinistra. Un paio erano inutili e complicati; altri due interessanti...
Conseguenze legali e non - 18/11/2015
Il tenersi maggiormente aggiornato (v. il corto precedente) ha i suoi svantaggi: provoca bruciore di stomaco leggere certe notizie...
Un esempio: Lega Nord, non luogo a procedere per 34 “camicie verdi” in un’inchiesta del ’96 (dal FattoQuotidiano.it) ben 19 anni per distinguere una pagliacciata?!! Non è giusto nei confronti dei contribuenti né degli indagati che hanno dovuto vivere una parte sostanziale della propria vita sotto la spada di Damocle di una buffonata che però poteva terminare (per loro!) in tragedia...
Stomacone - 22/11/2015
Certo che per leggere i siti di notizie tutti i giorni ci vuole un bello stomaco: sembra che le notizie si possano catalogare in brutte, pessime e peggiori. Per forza si finisce poi per preferire la superficialità sbracata ma divertente di FB...
Soprattutto odio quelle notizie (e sono parecchie) teoricamente prese anche a mio nome (ad esempio tutte le iniziative del governo) che però non condivido per niente, che ritengo dannose per l'Italia in genere e che vedo supportate da motivazioni ipocrite e spurie. A questo si aggiunge il senso di impotenza dato dal non vedere alternative in una democrazia drogata e fasulla dove tutti i partiti, al di là di nomi e simboli, sono uguali avendo tutti abnegato il compito di fare gli interessi dei propri elettori e del proprio paese...
Evaso da FB
Era da diversi giorni che ci pensavo poi, finalmente, ieri mi sono deciso: ho, almeno temporaneamente, lasciato FB!
La mia idea è quella di prendermi una pausa di riflessione e di riconettermi solo fra un mesetto, più o meno per gli auguri natalizi, e valutare allora cosa fare.
Perché ho preso questa decisione piuttosto drastica?
Indubbiamente FB ha molti punti a suo favore: ti dà la possibilità di ritrovare persone da anni perse di vista, facilita una superficiale socialità con amici e conoscenti, permette la condivisione di giochi e battute divertenti, ti ricorda i compleanni...
Ho qualche dubbio invece sul suo potenziale informativo: ammesso che la diffusione delle notizie non sia pesantemente influenzata e pilotata dagli algoritmi interni del sito, il più delle volte si tratta di meme superficiali, provenienti da siti di dubbia affidabilità e non verificabili. Talvolta ci si può imbattere in suggerimenti particolarmente interessanti: il problema è che questi ultimi sono sepolti dalla sovrabbondanza di materiale.
Personalmente credo che se, vincendo la nausea, riprendo a leggere quotidianamente un sito di informazioni saranno poche le notizie veramente interessanti che mi sfuggiranno.
Uno degli aspetti di FB che mi piacevano era quello di sondare gli umori delle mie conoscenze dall'andamento di ciò che veniva pubblicato: ad esempio in questi giorni è significativo il proliferare di avatari con sovraimposti i colori della bandiera francese...
Dal mio punto di vista il problema è che, proprio essendo conoscenti, quella che ne ricavavo era spesso una sensazione erronea delle tendenze nazionali. In pratica, invece di aiutarmi, mi confondeva!
Gli svantaggi di FB sono forse meno evidenti...
Il più macroscopico è il tempo che si perde semplicemente scorrendolo o giocando ai suoi frustranti passatempi che cercano in ogni modo di scucirti qualche soldo.
Mi chiedo anche se l'apparente socializzazione che consente possa essere considerata un male o un bene: io ero molto cauto nel concedere le “amicizie” ma so di essere l'eccezione... Mi chiedo quanti fraintendimenti, invidie e rancori si generino attraverso foto o commenti fraintesi...
E poi a quanta socialità reale si rinuncia per gestire quella virtuale di FB?
Comunque il motivo principale per cui ho deciso di accantonare FB è proteggere la mia riservatezza: sono stufo di regalare a tale società, e a tutte le organizzazioni commerciali che vi ruotano intorno e che ne sfruttano i dati, le mie informazioni private.
E non mi riferisco esclusivamente alle pubblicità mirate...
Come ho scherzosamente scritto pochi giorni fa (v. Sport freddo) «con i Tera di dati archiviati si può fare tutto fuor che dormirci sopra». In altre parole, anche le nostre informazioni private che adesso ci sembrano irrilevanti, un giorno potrebbero venire usate contro di noi.
Qualche esempio: preferenze sessuali, opinioni politiche, tendenze psicologiche...
Inizio a sospettare fortemente che i governi occidentali possano adesso usare le reti sociali come fossero dei termometri invisibili per misurare, molto più accuratamente che con i vecchi sondaggi (*1), gli umori della popolazione. Ad esempio il governo Hollande, conoscendo il numero esatto di persone che hanno sostituito il proprio avatara con la bandiera francese, ha una stima accuratissima dell'appoggio interno, europeo e mondiale (ed eventualmente per singoli paesi, o magari città...) ai bombardamenti contro l'Isis...
E questo è un uso forse legittimo: ma dall'uso all'abuso il passo è breve, anzi brevissimo. Già altrove, ormai anni fa, l'ho scritto: mi aspetto schedature di massa e, di conseguenza, discriminazioni più o meno gravi ma comunque sempre ingiuste.
Poi, intendiamoci, il totale controllo di queste informazioni l'hanno gli USA ma, suppongo, concedano a governi “amici” queste informazioni se i fini coincidono.
Questo controllo statunitense mi preoccupa: come ho spiegato in KGB sullo stato del mondo (2/3) ormai il governo americano confonde gli alleati con le controparti commerciali e le seconde con i primi. L'amicizia di una nazione è quindi quantificata esclusivamente dal suo peso sulla bilancia commerciale al di là di ideali, principi e storia comune...
In altre parole, visto che il denaro non segue alcuna morale, e spesso anzi va contro di essa, l'uso di queste informazioni sarà più spesso che no amorale. Da cui deriva la mia preoccupazione.
Ecco, il motivo principale per cui lascio FB è che non mi va di far parte di un campione quotidianamente studiato e analizzato. Anche se, probabilmente, io rappresento un dato spurio!
Conclusione: finalmente avrò più tempo per dedicarmi a Twitter!
Nota (*1): una riprova sarà vedere se gli affari degli istituti di sondaggio subiranno un lento declino...
La mia idea è quella di prendermi una pausa di riflessione e di riconettermi solo fra un mesetto, più o meno per gli auguri natalizi, e valutare allora cosa fare.
Perché ho preso questa decisione piuttosto drastica?
Indubbiamente FB ha molti punti a suo favore: ti dà la possibilità di ritrovare persone da anni perse di vista, facilita una superficiale socialità con amici e conoscenti, permette la condivisione di giochi e battute divertenti, ti ricorda i compleanni...
Ho qualche dubbio invece sul suo potenziale informativo: ammesso che la diffusione delle notizie non sia pesantemente influenzata e pilotata dagli algoritmi interni del sito, il più delle volte si tratta di meme superficiali, provenienti da siti di dubbia affidabilità e non verificabili. Talvolta ci si può imbattere in suggerimenti particolarmente interessanti: il problema è che questi ultimi sono sepolti dalla sovrabbondanza di materiale.
Personalmente credo che se, vincendo la nausea, riprendo a leggere quotidianamente un sito di informazioni saranno poche le notizie veramente interessanti che mi sfuggiranno.
Uno degli aspetti di FB che mi piacevano era quello di sondare gli umori delle mie conoscenze dall'andamento di ciò che veniva pubblicato: ad esempio in questi giorni è significativo il proliferare di avatari con sovraimposti i colori della bandiera francese...
Dal mio punto di vista il problema è che, proprio essendo conoscenti, quella che ne ricavavo era spesso una sensazione erronea delle tendenze nazionali. In pratica, invece di aiutarmi, mi confondeva!
Gli svantaggi di FB sono forse meno evidenti...
Il più macroscopico è il tempo che si perde semplicemente scorrendolo o giocando ai suoi frustranti passatempi che cercano in ogni modo di scucirti qualche soldo.
Mi chiedo anche se l'apparente socializzazione che consente possa essere considerata un male o un bene: io ero molto cauto nel concedere le “amicizie” ma so di essere l'eccezione... Mi chiedo quanti fraintendimenti, invidie e rancori si generino attraverso foto o commenti fraintesi...
E poi a quanta socialità reale si rinuncia per gestire quella virtuale di FB?
Comunque il motivo principale per cui ho deciso di accantonare FB è proteggere la mia riservatezza: sono stufo di regalare a tale società, e a tutte le organizzazioni commerciali che vi ruotano intorno e che ne sfruttano i dati, le mie informazioni private.
E non mi riferisco esclusivamente alle pubblicità mirate...
Come ho scherzosamente scritto pochi giorni fa (v. Sport freddo) «con i Tera di dati archiviati si può fare tutto fuor che dormirci sopra». In altre parole, anche le nostre informazioni private che adesso ci sembrano irrilevanti, un giorno potrebbero venire usate contro di noi.
Qualche esempio: preferenze sessuali, opinioni politiche, tendenze psicologiche...
Inizio a sospettare fortemente che i governi occidentali possano adesso usare le reti sociali come fossero dei termometri invisibili per misurare, molto più accuratamente che con i vecchi sondaggi (*1), gli umori della popolazione. Ad esempio il governo Hollande, conoscendo il numero esatto di persone che hanno sostituito il proprio avatara con la bandiera francese, ha una stima accuratissima dell'appoggio interno, europeo e mondiale (ed eventualmente per singoli paesi, o magari città...) ai bombardamenti contro l'Isis...
E questo è un uso forse legittimo: ma dall'uso all'abuso il passo è breve, anzi brevissimo. Già altrove, ormai anni fa, l'ho scritto: mi aspetto schedature di massa e, di conseguenza, discriminazioni più o meno gravi ma comunque sempre ingiuste.
Poi, intendiamoci, il totale controllo di queste informazioni l'hanno gli USA ma, suppongo, concedano a governi “amici” queste informazioni se i fini coincidono.
Questo controllo statunitense mi preoccupa: come ho spiegato in KGB sullo stato del mondo (2/3) ormai il governo americano confonde gli alleati con le controparti commerciali e le seconde con i primi. L'amicizia di una nazione è quindi quantificata esclusivamente dal suo peso sulla bilancia commerciale al di là di ideali, principi e storia comune...
In altre parole, visto che il denaro non segue alcuna morale, e spesso anzi va contro di essa, l'uso di queste informazioni sarà più spesso che no amorale. Da cui deriva la mia preoccupazione.
Ecco, il motivo principale per cui lascio FB è che non mi va di far parte di un campione quotidianamente studiato e analizzato. Anche se, probabilmente, io rappresento un dato spurio!
Conclusione: finalmente avrò più tempo per dedicarmi a Twitter!
Nota (*1): una riprova sarà vedere se gli affari degli istituti di sondaggio subiranno un lento declino...
lunedì 16 novembre 2015
No logion
Appartatomi in bagno, avevo deciso di sfruttare l'opportunità per cercare sulla mia Garzantina di filosofia la parola “logion” incontrata in Apocalissi apocrife. Non avendola trovata, e non essendo interessato alle varie “logiche”, ho ripiegato sulla voce “Loisy, Alfred”: circa mezza colonna di biografia...
L'inizio non era promettente: Alfred Loisy (Ambrières, Marna, 1857 – Ceffonds, 1940), biblista e storico delle religioni francesi... Di solito in queste biografie si trova un elenco di pubblicazioni, le università dove ha insegnato e circa due-tre righe che sintetizzano il contributo dato al proprio settore di studio: insomma, niente di entusiasmante...
In questo caso però, dopo poche righe, si scopre che fu licenziato dall'istituto cattolico di Parigi dove insegnava come professore di ebraico e Sacra Scrittura a causa delle sue idee eterodosse sulla “inerranza” della Bibbia. Pur non avendo una chiara idea del significato di “inerranza” (*1) la mia attenzione si è moltiplicata...
Non solo: 10 anni dopo (nel 1903) cinque delle sue opere sono messe all'Indice! Non sapevo che ancora nel XX secolo esistesse l'Indice...
Come se non bastasse, cinque anni dopo (nel 1908), Loisy viene addirittura scomunicato!
A me non risulta che personaggi come Hitler o Mussolini siano mai stati scomunicati: è normale quindi chiedersi cosa avesse fatto Loisy per meritarsi una simili punizione...
Parafrasando una celebre (e vecchia...) pubblicità si potrebbe dire “Peccate su tutto ma non sulla Chiesa” (*2). In altre parole l'inoffensivo professore di Sacre Scritture si era trasformato in un maligno eresiarca!
La tesi di Loisy è in realtà interessante e anch'io la trovo molto plausibile: secondo Loisy il Vangelo non va interpretato alla lettera e, in particolare, non tutti gli avvenimenti descritti sono avvenuti realmente (come la resurrezione e, immagino, i miracoli più eclatanti). Il Vangelo deve essere quindi interpretato diversamente. In particolare Loisy pensava che Gesù ritenesse il Regno dei Cieli ormai imminente e, per questo, non interessato a fondare un'organizzazione complessa e strutturata come la Chiesa: semplicemente non ce ne sarebbe stato bisogno perché, per mancanza di tempo, non avrebbe potuto dedicarsi a evangelizzare tutto il mondo; sarebbe stata quindi superflua e inutile.
Sempre secondo Loisy la Chiesa si sarebbe pienamente sviluppata solo quando i fedeli iniziarono a pensare che il mondo non sarebbe finito dopo pochi anni...
Anch'io dalla mia lettura della Bibbia, per quanto superficiale, ho avuto la netta sensazione che il cristianesimo l'abbia ideato San Paolo selezionando gli elementi della dottrina di Gesù che più si confacevano alle sue idee. Guarda caso molti dei testi apocrifi che recentemente ho letto minerebbero, almeno in parte, l'autorità della Chiesa e, è logico presumere, che proprio per questo non siano divenuti testi canonici. Mi pare insomma che uno degli sforzi più assidui fatti dalla Chiesa (almeno quella cattolica) sia sempre stato quello di legittimare se stessa.
C'è anche da dire che una conseguenza evidente della tesi di Loisy è la natura evidentemente umana e non divina di Gesù: insomma una forma moderna di arianesimo, eresia però già condannata nel concilio di Nicea del 325...
Loisy affermava: «Cristo predicò l'avvento del Regno di Dio ed è venuta la Chiesa»
Conclusione: è più difficile che un dittatore venga scomunicato piuttosto che lo sia un biblista e professore di ebraico e Sacre Scritture! In altre parole sono più gravi i crimini che si pensano piuttosto che quelli che si commettono...
PS tanto per cambiare anche quello di oggi, come spesso recentemente mi accade, è un corto "degenere" divenuto troppo lungo!
L'inizio non era promettente: Alfred Loisy (Ambrières, Marna, 1857 – Ceffonds, 1940), biblista e storico delle religioni francesi... Di solito in queste biografie si trova un elenco di pubblicazioni, le università dove ha insegnato e circa due-tre righe che sintetizzano il contributo dato al proprio settore di studio: insomma, niente di entusiasmante...
In questo caso però, dopo poche righe, si scopre che fu licenziato dall'istituto cattolico di Parigi dove insegnava come professore di ebraico e Sacra Scrittura a causa delle sue idee eterodosse sulla “inerranza” della Bibbia. Pur non avendo una chiara idea del significato di “inerranza” (*1) la mia attenzione si è moltiplicata...
Non solo: 10 anni dopo (nel 1903) cinque delle sue opere sono messe all'Indice! Non sapevo che ancora nel XX secolo esistesse l'Indice...
Come se non bastasse, cinque anni dopo (nel 1908), Loisy viene addirittura scomunicato!
A me non risulta che personaggi come Hitler o Mussolini siano mai stati scomunicati: è normale quindi chiedersi cosa avesse fatto Loisy per meritarsi una simili punizione...
Parafrasando una celebre (e vecchia...) pubblicità si potrebbe dire “Peccate su tutto ma non sulla Chiesa” (*2). In altre parole l'inoffensivo professore di Sacre Scritture si era trasformato in un maligno eresiarca!
La tesi di Loisy è in realtà interessante e anch'io la trovo molto plausibile: secondo Loisy il Vangelo non va interpretato alla lettera e, in particolare, non tutti gli avvenimenti descritti sono avvenuti realmente (come la resurrezione e, immagino, i miracoli più eclatanti). Il Vangelo deve essere quindi interpretato diversamente. In particolare Loisy pensava che Gesù ritenesse il Regno dei Cieli ormai imminente e, per questo, non interessato a fondare un'organizzazione complessa e strutturata come la Chiesa: semplicemente non ce ne sarebbe stato bisogno perché, per mancanza di tempo, non avrebbe potuto dedicarsi a evangelizzare tutto il mondo; sarebbe stata quindi superflua e inutile.
Sempre secondo Loisy la Chiesa si sarebbe pienamente sviluppata solo quando i fedeli iniziarono a pensare che il mondo non sarebbe finito dopo pochi anni...
Anch'io dalla mia lettura della Bibbia, per quanto superficiale, ho avuto la netta sensazione che il cristianesimo l'abbia ideato San Paolo selezionando gli elementi della dottrina di Gesù che più si confacevano alle sue idee. Guarda caso molti dei testi apocrifi che recentemente ho letto minerebbero, almeno in parte, l'autorità della Chiesa e, è logico presumere, che proprio per questo non siano divenuti testi canonici. Mi pare insomma che uno degli sforzi più assidui fatti dalla Chiesa (almeno quella cattolica) sia sempre stato quello di legittimare se stessa.
C'è anche da dire che una conseguenza evidente della tesi di Loisy è la natura evidentemente umana e non divina di Gesù: insomma una forma moderna di arianesimo, eresia però già condannata nel concilio di Nicea del 325...
Loisy affermava: «Cristo predicò l'avvento del Regno di Dio ed è venuta la Chiesa»
Conclusione: è più difficile che un dittatore venga scomunicato piuttosto che lo sia un biblista e professore di ebraico e Sacre Scritture! In altre parole sono più gravi i crimini che si pensano piuttosto che quelli che si commettono...
PS tanto per cambiare anche quello di oggi, come spesso recentemente mi accade, è un corto "degenere" divenuto troppo lungo!
domenica 15 novembre 2015
Apocalissi varie
Ho letto un nuovo libro scelto a casaccio (avevo solo un vago interesse per la materia) e ne sono rimasto parzialmente deluso: si tratta di Apocalissi apocrife a cura di Alfonso Di Nola, Ed. TEA, 1993.
La colpa non è dell'autore ma del materiale in sé: mi aspettavo immagini drammatiche e minacciose ma, da un punto di vista letterario, sono invece testi (spesso frammenti) piuttosto scadenti e ripetitivi...
Eppure, come al solito, soprattutto nella premessa e fra le note dell'autore, vi ho trovato degli spunti interessanti: di seguito una selezione...
L'autore elenca una serie di elementi comuni che caratterizzano le apocalissi propriamente dette e non (*1). Fra questi il più interessante è questo: «I momenti religiosi “apocalittici”, …, esprimono proposte finali che sono, nella loro sostanza, fughe dalla realtà attuale e dal mondo, o espedienti ideologici per sottrarsi al tempo presente, in una prospettiva di liberazione che è realizzata in un futuro escatologico...»
In altre parole quando svanisce la speranza in un mondo migliore si inizia a sperare che sia il mondo stesso a svanire: e solo nel fuoco che divora ogni cosa si vede il riscatto dei giusti e la punizione dei malvagi. Chiaramente un'attitudine mentale pericolosa e non produttiva.
Mi chiedo se ci stiamo avviando verso una di queste crisi: che magari non si risolverà in un movimento apocalittico ma che troverà altri modi di esprimere, magari in maniera distruttiva, la propria disperazione e impotenza...
Qualche pagina dopo l'autore ribadisce lo stesso concetto in maniera forse ancora più chiara: «...ci si trova di fronte a testi che, come si è detto, esprimono, in un'ideologia spesso folle e maniacale la incapacità di sopportare la storia e di vincerla.»
L'accostamento ai recentissimi episodi di terrorismo viene spontaneo: è una chiave di lettura plausibile considerare le organizzazioni terroristiche come movimenti apocalittici? Io credo che nella loro origine ci sia qualcosa di comune...
L'argomento storico che da sempre mi ha più interessato è quello della caduta dell'impero romano. Sull'argomento ho letto numerosi testi fra i quali, ovviamente, quello del Gibbon Declino e caduta dell'impero romano. Secondo il Gibbon una delle cause fu proprio l'ascesa del cristianesimo che minò e sostituì i tradizionali valori romani. Ma il Gibbon era un'illuminista e, come tale, tendeva a vedere nella Chiesa l'origine di ogni male contro la ragione...
Altri autori più recenti hanno ridimensionato (alcuni fino ad annullarlo) il peso del fattore religioso nella dissoluzione dell'impero.
Su questo tema l'autore fa un'osservazione interessante: «[nelle apocalissi di scuola gnostica il mondo, come tutta la materia, è visto come il male: la distruzione del mondo corrisponde quindi al trionfo finale del bene] È una visione tragica che ha pesato su molte età cristiane e che, in ultima analisi, spiega perché il cristianesimo ha rappresentato, …, una forza infrenante e rinunciataria»
Questa non la sapevo: «[riferendosi al giudizio universale alla fine dei tempi] non è data speranza per i giusti che appartengono alle altre fedi e che pure la patristica più antica redimeva dalla perpetuità del destino più atroce.»
Fin da bambino mi lasciava perplesso l'idea che i giusti, che pure non avessero mai compiuto alcun peccato, fossero puniti al pari dei peccatori incalliti. A catechismo mi spiegarono che tutto dipende dal peccato originale: tutti gli uomini nascono gravati da quella colpa mortale e solo il battesimo la può cancellare (*2). All'epoca la spiegazione mi sembrò convincente o, almeno, basata su una certa coerenza di principi...
Ecco, non sapevo che i padri della Chiesa più antichi avessero una posizione diversa dall'attuale su questo tema: mi piacerebbe sapere come l'argomentavano...
Infine interessante e duro il giudizio dell'autore sull'utilità pratica del tema delle apocalissi come strumento di controllo ecclesiastico sulla popolazione: «[le apocalissi] comunicavano l'effimerità del mondo presente che deve consumare in favilla e, quindi, distraevano le folle dalla concretezza di una storia quotidiana impietosa e accettata come non modificabile»
Riguardo le apocalissi apocrife vere e proprie non scenderò nei dettagli: sfogliando il libro vedo diverse annotazioni ma si tratta di particolari che probabilmente solo io trovo interessanti: spiegarne il motivo sarebbe lungo e tedioso. Mi limiterò quindi a segnalare solo le note più significative...
Nell'Apocalisse di Paolo c'è un passaggio che ho trovato particolarmente curioso: «[Un angelo dice a Paolo] “L'orgoglio è la radice di tutti i mali.»
Non so se qualcuno ha letto il mio pezzo Viziato (e se lo ricorda!) ma in esso descrivevo l'origine dei sette peccati capitali. In particolare mi aveva colpito la “lotta” per la supremazia come “primo” peccato fra avarizia e superbia. È inutile che ripeta quanto ho già scritto quindi mi copio e incollo:
«È interessante sottolineare la scelta di Gregorio Magno di porre la superbia al di sopra degli altri peccati: da una parte (Ecclesiastico 10,15) si afferma che la superbia è “inizio di tutti i peccati” ma, nel Nuovo Testamento, San Paolo afferma chiaramente che “radice di ogni male è la cupidigia”»
Curiosamente quindi l'apocalisse di Paolo, in pratica, combina insieme i diversi versetti!
Interessante sottolineare come questa apocalisse sia, nella sua rielaborazione finale, del V secolo mentre papa Gregorio Magno morì all'inizio del VII secolo...
Questa è bella: secondo alcune interpretazioni Adamo era un androgino! In ebraico nella Genesi è infatti scritto “LO creò maschio e femmina” con “Lo” pronome singolare e maschile...
Solo dopo il peccato originale si ha la differenziazione in maschio e femmina: questa separazione è all'origine della peccaminosità del sesso. L'uomo e la donna devono quindi rinunciare alla propria sessualità per riavvicinarsi all'originale purezza perduta.
Sapendo questo si può comprendere il seguente passo dell'Evangelo di Tomaso:
«[I discepoli chiedono a Gesù come fare per entrare nel Regno dei Cieli: Gesù fra altre cose risponde loro] Quando... se fate il maschio e la femmina in uno solo, affinché il maschio non sia più maschio, e la femmina non sia più femmina...»
Sempre dall'Evangelo di Tomaso è tratto il seguente frammento: «Gesù disse loro: “Io sono la luce, ciò che è al di sopra di tutto. Io sono Tutto e il Tutto è uscito da me, e il Tutto è a me ritornato. Spacca il legno: ivi io sono. Solleva la pietra e ivi mi troverai.»
Secondo l'autore significa che Gesù è ovunque, poi aggiunge l'opinione di un secondo studioso secondo il quale invece “il legno” rappresenterebbe la croce e “la pietra” il sepolcro...
Se la memoria non mi inganna questi versetti (o almeno i finali) appaiono anche alla fine della pellicola Stigmate che invece opta decisamente per l'interpretazione dell'autore secondo la quale Dio è ubiquo: la trama del film si basa infatti sulla tesi che la Chiesa non sia necessaria proprio perché, essendo Dio in ogni luogo, non ha bisogno di una “casa” dove essere adorato; più in generale attacca la necessità di intermediari fra Dio e i credenti... Un bel film!
Conclusione: mi sa che dovrò scriverla io una bella apocalissi apocrifa! Chiaramente dovrò aspettare l'ispirazione divina...
La colpa non è dell'autore ma del materiale in sé: mi aspettavo immagini drammatiche e minacciose ma, da un punto di vista letterario, sono invece testi (spesso frammenti) piuttosto scadenti e ripetitivi...
Eppure, come al solito, soprattutto nella premessa e fra le note dell'autore, vi ho trovato degli spunti interessanti: di seguito una selezione...
L'autore elenca una serie di elementi comuni che caratterizzano le apocalissi propriamente dette e non (*1). Fra questi il più interessante è questo: «I momenti religiosi “apocalittici”, …, esprimono proposte finali che sono, nella loro sostanza, fughe dalla realtà attuale e dal mondo, o espedienti ideologici per sottrarsi al tempo presente, in una prospettiva di liberazione che è realizzata in un futuro escatologico...»
In altre parole quando svanisce la speranza in un mondo migliore si inizia a sperare che sia il mondo stesso a svanire: e solo nel fuoco che divora ogni cosa si vede il riscatto dei giusti e la punizione dei malvagi. Chiaramente un'attitudine mentale pericolosa e non produttiva.
Mi chiedo se ci stiamo avviando verso una di queste crisi: che magari non si risolverà in un movimento apocalittico ma che troverà altri modi di esprimere, magari in maniera distruttiva, la propria disperazione e impotenza...
Qualche pagina dopo l'autore ribadisce lo stesso concetto in maniera forse ancora più chiara: «...ci si trova di fronte a testi che, come si è detto, esprimono, in un'ideologia spesso folle e maniacale la incapacità di sopportare la storia e di vincerla.»
L'accostamento ai recentissimi episodi di terrorismo viene spontaneo: è una chiave di lettura plausibile considerare le organizzazioni terroristiche come movimenti apocalittici? Io credo che nella loro origine ci sia qualcosa di comune...
L'argomento storico che da sempre mi ha più interessato è quello della caduta dell'impero romano. Sull'argomento ho letto numerosi testi fra i quali, ovviamente, quello del Gibbon Declino e caduta dell'impero romano. Secondo il Gibbon una delle cause fu proprio l'ascesa del cristianesimo che minò e sostituì i tradizionali valori romani. Ma il Gibbon era un'illuminista e, come tale, tendeva a vedere nella Chiesa l'origine di ogni male contro la ragione...
Altri autori più recenti hanno ridimensionato (alcuni fino ad annullarlo) il peso del fattore religioso nella dissoluzione dell'impero.
Su questo tema l'autore fa un'osservazione interessante: «[nelle apocalissi di scuola gnostica il mondo, come tutta la materia, è visto come il male: la distruzione del mondo corrisponde quindi al trionfo finale del bene] È una visione tragica che ha pesato su molte età cristiane e che, in ultima analisi, spiega perché il cristianesimo ha rappresentato, …, una forza infrenante e rinunciataria»
Questa non la sapevo: «[riferendosi al giudizio universale alla fine dei tempi] non è data speranza per i giusti che appartengono alle altre fedi e che pure la patristica più antica redimeva dalla perpetuità del destino più atroce.»
Fin da bambino mi lasciava perplesso l'idea che i giusti, che pure non avessero mai compiuto alcun peccato, fossero puniti al pari dei peccatori incalliti. A catechismo mi spiegarono che tutto dipende dal peccato originale: tutti gli uomini nascono gravati da quella colpa mortale e solo il battesimo la può cancellare (*2). All'epoca la spiegazione mi sembrò convincente o, almeno, basata su una certa coerenza di principi...
Ecco, non sapevo che i padri della Chiesa più antichi avessero una posizione diversa dall'attuale su questo tema: mi piacerebbe sapere come l'argomentavano...
Infine interessante e duro il giudizio dell'autore sull'utilità pratica del tema delle apocalissi come strumento di controllo ecclesiastico sulla popolazione: «[le apocalissi] comunicavano l'effimerità del mondo presente che deve consumare in favilla e, quindi, distraevano le folle dalla concretezza di una storia quotidiana impietosa e accettata come non modificabile»
Riguardo le apocalissi apocrife vere e proprie non scenderò nei dettagli: sfogliando il libro vedo diverse annotazioni ma si tratta di particolari che probabilmente solo io trovo interessanti: spiegarne il motivo sarebbe lungo e tedioso. Mi limiterò quindi a segnalare solo le note più significative...
Nell'Apocalisse di Paolo c'è un passaggio che ho trovato particolarmente curioso: «[Un angelo dice a Paolo] “L'orgoglio è la radice di tutti i mali.»
Non so se qualcuno ha letto il mio pezzo Viziato (e se lo ricorda!) ma in esso descrivevo l'origine dei sette peccati capitali. In particolare mi aveva colpito la “lotta” per la supremazia come “primo” peccato fra avarizia e superbia. È inutile che ripeta quanto ho già scritto quindi mi copio e incollo:
«È interessante sottolineare la scelta di Gregorio Magno di porre la superbia al di sopra degli altri peccati: da una parte (Ecclesiastico 10,15) si afferma che la superbia è “inizio di tutti i peccati” ma, nel Nuovo Testamento, San Paolo afferma chiaramente che “radice di ogni male è la cupidigia”»
Curiosamente quindi l'apocalisse di Paolo, in pratica, combina insieme i diversi versetti!
Interessante sottolineare come questa apocalisse sia, nella sua rielaborazione finale, del V secolo mentre papa Gregorio Magno morì all'inizio del VII secolo...
Questa è bella: secondo alcune interpretazioni Adamo era un androgino! In ebraico nella Genesi è infatti scritto “LO creò maschio e femmina” con “Lo” pronome singolare e maschile...
Solo dopo il peccato originale si ha la differenziazione in maschio e femmina: questa separazione è all'origine della peccaminosità del sesso. L'uomo e la donna devono quindi rinunciare alla propria sessualità per riavvicinarsi all'originale purezza perduta.
Sapendo questo si può comprendere il seguente passo dell'Evangelo di Tomaso:
«[I discepoli chiedono a Gesù come fare per entrare nel Regno dei Cieli: Gesù fra altre cose risponde loro] Quando... se fate il maschio e la femmina in uno solo, affinché il maschio non sia più maschio, e la femmina non sia più femmina...»
Sempre dall'Evangelo di Tomaso è tratto il seguente frammento: «Gesù disse loro: “Io sono la luce, ciò che è al di sopra di tutto. Io sono Tutto e il Tutto è uscito da me, e il Tutto è a me ritornato. Spacca il legno: ivi io sono. Solleva la pietra e ivi mi troverai.»
Secondo l'autore significa che Gesù è ovunque, poi aggiunge l'opinione di un secondo studioso secondo il quale invece “il legno” rappresenterebbe la croce e “la pietra” il sepolcro...
Se la memoria non mi inganna questi versetti (o almeno i finali) appaiono anche alla fine della pellicola Stigmate che invece opta decisamente per l'interpretazione dell'autore secondo la quale Dio è ubiquo: la trama del film si basa infatti sulla tesi che la Chiesa non sia necessaria proprio perché, essendo Dio in ogni luogo, non ha bisogno di una “casa” dove essere adorato; più in generale attacca la necessità di intermediari fra Dio e i credenti... Un bel film!
Conclusione: mi sa che dovrò scriverla io una bella apocalissi apocrifa! Chiaramente dovrò aspettare l'ispirazione divina...
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