Dopo aver finalmente terminato di leggere l'insostenibile pesantezza, adesso mi sento molto leggero...
Non sapendo a cosa dedicarmi, ho “assaggiato” il libro su Ipazia (*1) che comprai a maggio (vedi Libridine non violenta).
So molto poco di Ipazia: fu una famosa matematica dell'antichità e visse nel IV secolo ad Alessandria. Fu fatta uccidere dal patriarca (cristiano) di quella città durante la repressione dei culti pagani in quanto Ipazia era un'autorevole figura non cristiana. È l'unica donna ritratta nella “Scuola di Atene” di Raffaello (anche se alcuni pensano che possa essere un autoritratto dello stesso autore). Per colmare le mie lacune culturali ero curioso di saperne di più...
Sfortunatamente ho avuto subito una brutta sorpresa: pensavo di aver comprato un saggio invece si tratta di un romanzo storico. A me la storia romanzata non piace e, ad esempio, non riesco a guardare le ricostruzioni dei documentari storici di Scoperta Canale e Nazionale Geografico...
Beh, colpa mia: nella fretta non lessi adeguatamente la descrizione del libro...
Ho letto il primo capitolo e subito mi sono sorte delle perplessità più concrete: Ipazia, nelle varie fonti, è descritta come bellissima. In questo libro, nel primo capitolo, in quasi ogni pagina è “spiegato” che è bella.
Il mio appunto è stilistico: se un personaggio è bellissimo non basta scrivere a ripetizione che è bello ma bisognerebbe riuscire a far emergere naturalmente questa bellezza in qualche maniera. Certo non è facile mostrare la bellezza attraverso un dialogo o da piccoli dettagli ma, la soluzione adottata dall'autore, proprio non mi convince.
Verso la fine del capitolo Ipazia annuncia l'inizio delle persecuzioni cristiane, riferendosi a un decreto imperiale recentemente emanato, con le seguenti parole: “Praticamente vieta il culto pagano ed ebraico.”
Cosa ci trovo di strano? Non credo che i pagani si sarebbero definiti “pagani”. È un problema etimologico: “pagano” deriva da pago, il villaggio, ed era contrapposto a “urbanus”, l'abitante della città. Inizialmente infatti il cristianesimo si diffuse nelle città e, solo in seguito, anche gli abitanti della campagna si convertirono.
Per questo motivo, anche se non sono un esperto, non credo che un abitante pagano di Alessandria d'Egitto (una delle città più grandi dell'impero) si sarebbe definito “pagano”!
Nota (*1): “Ipazia: vita e sogni di una scienziata del IV secolo” di Adriano Petta e Antonino Colavito, La Lepre Edizioni, 2009
alla prima stazione
1 ora fa
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