Riassumo brevemente:
- in l'Anticonformista ho descritto un episodio che mi condizionò fortemente a non seguire pedissequamente l'esempio della maggioranza
- in l'Asociale ricordo come, già all'asilo, io fossi scontroso e, appunto, asociale (non timido)
- in l'Ironico racconto l'aneddoto della mia prima "battuta" e della sensazione dolce-amara che mi dette
- in il Ribelle racconto l'episodio che, probabilmente, in assoluto influenzò maggiormente la mia personalità
- lo Sterminatore è un post anomalo in quanto non descrive nè un episodio particolare nè una tendenza del mio carattere. In realtà avrei delle ulteriori considerazioni da aggiungere ma lo farò in un altro post (molto, molto lontano nel tempo)
Come procedere adesso? Avrei due possibilità: continuare a descrivere altri aspetti del mio carattere (in una bozza di scaletta ce ne sarebbero altri dodici!) magari raggruppando insieme quelli meno significativi; oppure portare degli esempi che mostrino come, gli aspetti del mio carattere descritti in precedenza, influenzarono (e influenzano), significativamente, il mio comportamento.
Per vivacizzare, anche se a scapito della struttura generale della serie, opto per la seconda alternativa. Di seguito descriverò due vecchi episodi: il primo, descriverà un altro esempio del mio precoce umorismo mentre, il secondo, aiuterà a chiarire cosa intendevo per ribelle.
Questo episodio ebbe luogo, il giorno del mio onomastico, lo stesso anno o il successivo, di quello riportato in l'Ironico.
Io e i miei genitori, eravamo stati invitati a cena dai genitori di S. (la mia amichetta dell'asilo). Della cena non ricordo niente se non, vagamente, la disposizione dei commensali a tavola, la posizione del televisore e la struttura generale della cucina (vedi il post "KGB le Origini: Memoria Fotografica" quando lo sciverò!). Però, a cena finita, ci fu per me una graditissima sorpresa: un regalo inaspettato! La mamma di S. mi aveva comprato un "Big Jim" (*). Simone(**), il fratellino maggiore di S., ne era particolarmente entusiasta e saltellava intorno trasudando voglia di provarlo. Ora, non ricordo esattamente da quali mani passò il giocattolo (credo che forse il babbo aprì la confezione sigillata...) solo che, a un certo punto, simone non resistette e, con un blitz, se ne impossessò.
Le sue intenzioni erano amichevoli (seppur dettate da una certa invidia per il gioco!) in quanto voleva mostrarmi il funzionamento del pulsante sul dorso di Big Jim. Così, ignorando le voci che gli intimavano di darmi il bambolotto, si mise a premere brutalmente la schiena di Big Jim senza accorgersi che c'era un fermo che bloccava il braccio. Inevitabilmente ci fu un sonoro crack, Simone sgranò gli occhi impallidendo e, subito, consegnò il Big Jim a mio padre.
Il babbo, in qualche maniera, riuscì, con un gioco di polso, a far finta di accomodarlo ma l'illusione durò un istante e subito, il braccio di Big Jim, penzolò senza vita dalla spalla disarticolata. Finalmente, il giocattolo mi fu consegnato e io potei toccarlo per la prima volta.
Ora accadde la cosa strana: invece di mettermi a piagniucolare per il regalo rovinato trovai che l'episodio, questo regalo inaspettato e gradito, che non aveva fatto in tempo ad arrivare nelle mie mani prima di venire rotto (e non da me!), fosse ironico. Insomma, nonostante avessi quattro o cinque anni, riuscii a ridere di me stesso e della mia aspettativa, clamorosamente, delusa.
Come al solito, il mio atteggiamento filosofico, non fu capito e, la mamma, sentenziò che l'avevo presa bene "perché vuol dire che tanto non gli piaceva...".
In realtà il regalo mi era piaciuto molto e avrei proprio voluto poterci giocare: ma non dissi niente. È evidente che la mia capacità espressiva non era molto sviluppata. Chissà, forse mi fece riflettere anche lo sguardo impaurito di Simone visto che, a casa sua, il metodo Montessori veniva implementato a forza di ceffoni!
Il secondo aneddoto ebbe luogo quando avevo sei o sette anni. Eravamo in campeggio al mare perché ricordo chiaramente la roulotte. Forse per il caldo, ero particolarmente disappetente (vedi "KGB le Origini: l'Anoressico" quando lo scriverò!) e per questo, suppongo, mangiai solamente due o tre penne di numero...
Il babbo, forse un po' più stressato del solito, decise che io non mi sarei alzato da tavola fino a quando non avessi mangiato tutta la pasta.
Quindi rimase, seduto di fronte a me, a sorvegliarmi cupamente mentre, la mamma, se ne andò a prendere il sole.
Ora non cercherò di spiegare perché non mangiavo, questo sarà l'argomento di un altro post, ma mi concentrerò sulle mie motivazioni "ideologiche".
Dal mio punto di vista, la decisione se mangiare o meno, era qualcosa di esclusivamente mio. Quindi l'imposizione del dover mangiare la vivevo come un attacco diretto alla mia libertà.
Forse suonerà esagerato ma, dal mio punto di vista, il resistere a questa imposizione non era un capriccio ma un dovere morale nei confronti di me stesso.
In altre parole ero fermamente deciso a non cedere a nessun costo.
L'unico problema era la sedia dura e le mie natiche estremamente ossute: il risultato era che stavo piuttosto scomodo!
Dopo un'ora il babbo si trasferì su una sedia più confortevole e si mise a leggere mentre io, invece, cercavo di trovare una posizione più comoda sedendo su una gamba ripiegata sotto di me; per il resto non avevo niente da fare se non scrutare malevolmente(***) il babbo e pensare al povero martire che ero!
Dopo un'altra ora toccai per caso la forchetta e, subito, mi accorsi che il babbo aveva, speranzosamente, sollevato lo sguardo dal suo libro: da quel momento, periodicamente, mi divertii a far tintinnare le posate e a osservare la reazione di mio padre che, immancabilmente, controllava se per caso mi fossi deciso a mangiare.
Non so dopo quanto, direi tre massimo quattro ore, la mamma tornò e, poco coerentemente da un punto di vista educativo (io stesso ne fui sorpreso), prese le mie difese e mi fu permesso di alzarmi da tavola.
Da parte mia comunque la pazienza o, meglio, la volontà di resistere, era ancora completamente intatta e, non avrei avuto problemi, a restarmene appollaiato sulla sedie a oltranza.
Comunque, l'elemento importante di questo aneddoto, non è tanto la scarsa coerenza educativa dei miei genitori o a quali altri approcci avrebbero dovuto/potuto ricorrere per farmi mangiare quanto che, già a quel tempo, agivo secondo una mia precisa morale: l'oppormi cioè a una costrinzione che io reputavo ingiusta (vedi appunto il Ribelle).
Nota (*): Per chi non lo conoscesse, Big Jim, era una bambola per bambini, grande quanto la Barbie, con un pulsante sulla schiena che azionava il movimento del braccio destro (praticamente, pigiando il bottone sul dorso, Big Jim, sembrava fare un colpo di karate). Poi aveva vestitini, accessori etc. ma, questi, erano piuttosto irrilevanti, il suo punto di forza era il colpo di karate!
Nota (**): Di solito non uso i nomi reali ma, visto che, nell'episodio descritto, io sono la vittima ed egli è il "carnefice", per questa volta farò un'eccezione!
Nota (***): Scherzo!
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