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domenica 16 giugno 2024

Il cinema è arte

Ho finito di leggere il noiosissimo (per me almeno) capitolo sull’arte di “L’età degli imperi” di Hobsbawm.

Noioso perché, come scrissi già per l’analogo capitolo de “Il secolo breve”, non capisco cosa c’entri l’arte con la storia.

Lo scorso mese Jung mi dette degli indizi importanti per capire la relazione fra storia e arte. Mi cito da Jung, Strabuccinator e Hobsbawm: “Ebbene secondo Jung l'artista attinge le proprie immagini, quelle che poi vengono trasformate in opere d'arte, dal proprio inconscio: ma si tratta di immagini (in senso lato, quindi idee o intuizioni) non prettamente sue ma che sono comuni alla psiche collettiva. La psiche collettiva è una specie di mente comune dove pensieri e opinioni sono condivise dalla popolazione: sono, in altre parole, l'anima del tempo di una certa società. Nella mia terminologia si tratta di epomiti.
In altre parole l'arte permette di accedere all'inconscio della popolazione coeva all'artista: di capirne, o almeno di intuirne, non i pensieri consci (che vengono espressi esplicitamente nei testi del tempo) ma quelli inconsci: come le paure, le speranze recondite o i fatti che più ci turbano...
Questo è il valore dell'arte per lo storico: lo studio delle opere d'arte gli permette di intuire (perché l'inconscio non si può capire con la ragione ma solo intuire col cuore) l'anima del tempo.”

Andando avanti nella lettura del relativo capitolo di Hobsbawm scopro che il “passaggio” fra l’avanguardia di fine ottocento a quella di inizio novecento avviene nel 1907 con la nascita del cubismo. Ma la cosa interessante è che la nuova arte non è più seguita dalla popolazione, neppure dalla fascia relativamente ampia della borghesia ma da un’esigua minoranza.
Questa minoranza è composta da: 1. investitori che vedono l’arte come un prodotto su cui speculare; 2. l’alta società (anche per distinguersi dalla borghesia); 3. il mondo della pubblicità e del design.

Ma questo cosa comporta dal mio punto di vista per quanto ho scritto precedentemente?
Se l’arte perde la sua relazione spirituale, perlomeno di identificazione inconscia, con la popolazione allora che valore ha per lo storico?

E infatti ho annotato a margine della pagina 271: “[KGB] il problema di fondo è che quando l’arte diviene x pochi non è più uno specchio dell’inconscio collettivo. E quindi che valore ha per lo storico? A meno che gli artisti, pur incompresi dal grande pubblico, attingessero comunque a simboli universali e non personali; ma in tal caso sarebbero stati apprezzati dal pubblico. Credo…”

A pagina 272 (voglio evidenziare che questo si trova alla pagina successiva e che non potevo vedere pquando ho scritto il commento sullodato) Hobsbawm scrive per concludere il sottocapitolo 3 e introdurre il 4: “Le arti plebee si accingevano a conquistare il mondo, sia con una loro versione delle “Arts and Crafts”, sia tramite l’alta tecnologia. Questa conquista costituisce il fatto culturale più importante del XX secolo.” (*1)

Paragrafo un po’ anonimo ma che intuisco bene cosa suggerisce. Lo commento infatti con “Appunto: altre arti, come il cinema, sono + significative dello spirito del tempo.”
È infatti da tempo una mia certezza l’importanza del cinema nel plasmare la cultura (e quindi gli epomiti) del tempo. Nell’Epitome, credo in [E] 10.3 “La comunicazione nell’era attuale” (ma non ho voglia di controllare), sottolineo l’importanza della pellicola “Rambo” per modificare l’atteggiamento sostanzialmente pacifista della società americana degli anni ‘70 in quello pronto a giustificare qualsiasi intervento militare all’estero dal 1990 in poi.

In questo caso la “novità”, ciò che non avevo pienamente compreso, è che il cinema non è solo usato come strumento di propaganda ma, nel suo lato più artistico e simbolico, è anche lo specchio della società del tempo.
Per esempio il successo di “Pretty Woman” è indicativo di quali erano i sogni romantici delle donne di fine XX secolo: cosa desideravano a cosa davano valore.
Mia cugina a fine anni ‘80, scrisse in collaborazione con una sua amica un libro per una famosa serie di romanzetti rosa da spiaggia. L’editrice spiegò loro che la trama doveva essere compresa nel seguente schema: una ragazza povera trovo l’amore con un uomo facoltoso (probabilmente le indicazioni erano un poco più articolate ma oramai non ricordo più gli altri dettagli). Dato che lo schema doveva essere sempre più o meno lo stesso era ovvio che fosse un grande ricambio di scrittori… Notare comunque la somiglianza alla trama di “Pretty Woman”.

E il sottocapitolo 4, come avevo intuito, è interamente sul cinema.
Ci sarebbero molti passaggi interessanti da citare ma mi limito alla conclusione del sottocapitolo (e del capitolo): “L’arte del XX secolo fu dunque rivoluzionata, ma non da coloro che si erano proposti di rivoluzionarla.” (*2)
L’arte non fu rivoluzionata dalle avanguardie ma dal cinema. Cinema pensato poi per intrattenere e senza nessuna ambizione artistica (specialmente negli USA) almeno inizialmente.

Conclusione: in definitiva ciò che ho letto oggi conferma l’importanza del cinema e mi dà l’ulteriore chiave di lettura di considerarlo un arte che interpreta e riflette aspetti dell’inconscio collettivo del tempo.

Nota (*1): tratto da “L’età degli imperi” di Hobsbawm, (E.) Laterza, 2005, tradotto da Franco Salvatorelli, pag. 272.
Nota (*2): ibidem, pag. 278.

4 commenti:

  1. > Questa minoranza è composta da:

    Domenica Rosà Canina ha vissuto indirettamente l'esperienza di un(a) collega coinvolta in una sfilata di moda. Un ambiente caratterizzato da frociaggine estrema. Lo frequentai, come esteta ed edonista, per danza e vita notturna, negli anni della giovinezza. Ador(av)o quella esagerata, leziosa, incontenibile frociaggine glamour.
    Però...
    Però è un ambiente al limite del demenziale.
    Questo lo si vede, ad esempio, nei panni e/o calzature, accessori proposti che, per la ricerca dell'eccesso, divengono anti-funzionali. Abiti inutilizzabili, scarpe che fanno cadere, etc. .
    Minoranze ristrette con i loro paradigmi nei quali la differenza diventa liturgia e rafforza identità e differenza.
    Nulla a che fare con la prassi e relativi canoni vissuti dal popolo e la sua saggezza della vita quotidiana.
    UUiC

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    1. Sì è così. La cosa (per me) interessante è che l'arte nel XIX secolo e precedenti era invece specchio della popolazione. È solo dall'inizio del XX secolo che si è scavato questo solco.

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  2. Il cinema come narrazione prima e lavaggio del cervello poi.
    Fanno credere a miloni di persone che i nativi sterminati erano carnefici e i bovari che li hanno massacrati, gli autori di un genocidio, fossero i buoni.
    La cosa continua con il cinema di cacca arcobalenga per cui Biancaneve non viene baciata dal Principe in quanto molestia sessualw oppure con Maria Teresa d'Austria e Ungheria interpretara da una negra lesbica.
    Contenti loro.
    UUiC

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    1. Sì, è così. In parte specchio e in parte propaganda. Qualche film più propaganda altri più specchio: per esempio "Jocker".

      A questo si aggiunge la tendenza a voler riscrivere la storia. Sempre valida la solita citazione di Orwell: "Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato."

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