Solo ieri pomeriggio mi sono ricordato che era il 27 gennaio, il giorno della memoria. Avevo già scritto un insulso pezzo politico e non mi andava di scrivere altro: rimedio scambiando questo articolo con quello di ieri.
Per curiosità mi ero comunque messo a “studiare” (*1) il genocidio di Srebrenica del 1995 in Bosnia.
Decisamente anomalo rispetto a quelli visti negli anni passati. Provo a riassumere quanto letto in Srebrenica massacre.
L’episodio fa parte del contesto della guerra di Bosnia iniziata nel 1992 e terminata nel 1995.
È importante rammentarne le premesse: la Bosnia era divisa in tre gruppi religiosi principali: musulmani bosgnacchi 44%, ortodossi serbi 33% e cattolici croati 17%.
A febbraio del 1992 viene indetto un referendum, disertato dai serbi, dove viene votata l’indipendenza: indipendenza subito riconosciuta all’estero ma non da Serbia e (immagino) Russia.
Il tentativo politico è quello di costituire tre cantoni per le diverse etnie ma subito fallisce: da una parte ci sono le ex truppe regolari jugoslave stanziate in Bosnia (che prenderanno poi il nome di esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina) dall’altra truppe composte da bosgnacchi e croati (che prenderanno il nome di esercito della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina).
Inizialmente l’esercito serbo ebbe il sopravvento ma poi croati e bosgnacchi si allearono insieme e lo scenario militare si paralizzò: probabilmente anche a causa delle forze di interposizione dell’ONU disseminate a macchia di leopardo nel territorio bosniaco per proteggere gli enclavi musulmani.
La strategia serba così cambiò e divenne una guerra di logoramento: si cercò di affamare la popolazione civile e colpire chi usciva dalle zone protette.
Fin da subito furono commessi crimini contro tutte le diverse etnie principalmente a opera dei serbi ma non solo. Indicativamente il tribunale internazionale dell’Aia ha condannato 45 serbi, 12 croati e 4 bosgnacchi.
In questo contesto, nel luglio del 1995, le forze serbe (intendo con serbe quelle della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina) tentarono un colpo di mano nell’enclave di Srebrenica protetto da truppe olandesi sotto l’egida dell’ONU. Per motivi ancora non ben chiariti le truppe olandesi non furono in grado di opporsi all’attacco (una mia teoria al riguardo l’espressi in Doppio aneddoto e controesempi del 2018) e così le truppe serbe (con l’ausilio di unità irregolari) ebbero mano libera per compiere il massacro: circa 8.000 uomini e ragazzi musulmani furono uccisi mentre 25.000-30.000 donne, bambini e anziani subirono abusi.
Questo massacro provocò poi l’intervento della NATO con attacchi aerei che dall’agosto al dicembre del 1995 piegarono la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina e misero fine alla guerra.
Iniziamo con qualche considerazione più generale. Prima di tutto questa guerra civile non può essere considerata come a sé stante ma all’interno di un contesto politico molto più ampio.
Gli USA avevano già iniziato la politica di strappare all’ex URSS, ora Russia, i suoi alleati dell’ex patto di Varsavia. Ecco quindi che dalla scissione della Jugoslavia, con la Serbia tradizionale alleata della Russia, gli USA attirano nell’orbita occidentale Slovenia e Croazia e tentano di fare lo stesso con la Bosnia.
Personalmente, a livello intuitivo, credo che se si fosse voluto dare una possibilità alla soluzione politica si sarebbero potuti evitare migliaia di morti: l’immediato riconoscimento dell’indipendenza della Bosnia invece forzò la situazione e provocò le violenze. Evidentemente gli USA volevano subito la Bosnia fuori dal controllo serbo e non si preoccupavano delle eventuali vittime civili. Troppo cinico? Non so, forse: ma la politica estera USA post 1990 è questa.
Chiaramente si tratta poi di una guerra civile con chiare divisioni etniche e religiose: la particolarità è forse che la fazione più forte non era quella più numerosa ma quella meglio armata dei serbi.
Passo quindi a verificare le 12 caratteristiche dei genocidi per classificare con più precisione quello di Srebrenica:
1. Minoranza → No. La popolazione musulmana non era una minoranza ma militarmente era più debole.
2. Religione → Sì.
3. Differenza culturale → Difficile da stabilire senza studi più approfonditi ma, al di là della religione, non credo vi fossero grosse differenze fra jugoslavi.
4. Etnia → Sì.
5. Localizzazione territoriale → Sì. Le zone colpite erano quelle a maggioranza musulmana e avevano lo scopo di provocarne l’emigrazione.
6. Tipo di governo → Che governo era quello di Radovan Karadžić? Mi pare che repubblica non sia la definizione migliore...
7. Rappresentanza vittime nel governo → In pratica nessuna: forse qualche fantoccio?
8. Scopo reale → Ottenere dei territori di etnia solo serba probabilmente con l’idea successiva di unirsi poi alla Serbia.
9. Coinvolgimento popolazione (serba) → Difficile da valutare: probabilmente non diretto ma con supporto morale.
10. Differenze politiche → No: le differenze politiche non erano il problema.
11. Differenze sociali → No: le vittime erano selezionate per la loro etnia e non per il loro ruolo sociale.
12. Figura dominante e carismatica alla guida di una forza militare o paramilitare: sì. Direi che il presidente Karadžić e il generale Mladíc rientrassero in questo profilo.
È sempre difficile trarre delle conclusione da questi genocidi: del resto com’è possibile spiegare la follia? In questo caso la "spiegazione" sarebbe politica: una minoranza (ma forte perché ben armata) non voleva far parte di una nuova repubblica dove sarebbe divenuta debole: e allora decide di usare la violanza per cercare di raggiungere il proprio obiettivo.
Di nuovo, mi ripeto, qui vi vedo un evidente fallimento politico internazionale: con una buona mediazione credo si sarebbe potuto evitare la degenerazione della guerra civile ma, probabilmente la volontà di umiliare la Russia, ha invece portato al muro contro muro. Ho la sensazione che USA e Russia incentivarono lo scontro invece di cercare di prevenirlo.
Colpisce poi quanto poco basti a dividere una popolazione fino a pochi anni prima unita. Di nuovo sarebbe interessante studiare approfonditamente la storia sociale di quegli anni per capire come si possa passare in così breve tempo dalla civile convivenza ai massacri reciproci.
Non posso poi che ribadire la conclusione che scrissi l’anno scorso: al momento non mi pare di vedere emergere nessun chiaro filo conduttore che unisca i diversi genocidi analizzati. In effetti ciò ha senso: un filo conduttore infatti presumerebbe almeno la parvenza di una logica in questi massacri ma, osservandoli anche solo superficialmente come ho fatto io, è evidente che essi non possano mai avere delle giustificazioni coerenti per quanto false e speciose. Proprio per questo, se il nostro obiettivo è la comprensione, mi sembra particolarmente importante studiarne il maggior numero possibile: concentrarsi su uno solo genocidio infatti, data la loro diversità, può essere fuorviante.
Mi rendo poi conto che adesso inizio ad avere abbastanza materiale da sintetizzare in un nuovo pezzo le conclusioni dei quattro articoli che ho scritto su il giorno della memoria. Probabilmente lo farò nel corso di questo anno.
Nota (*1): leggere la pagina Wikipedia non equivale assolutamente a studiare qualcosa!
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