[E] Attenzione! Per la comprensione di questo pezzo è necessaria la lettura della mia Epitome (V. 1.7.0 "Trampata").
Non ho molta voglia di scrivere ma non voglio neppure rimandare troppo questo pezzo: ovvero la conclusione del mio commento a “I diritti dell’uomo contro il popolo” di Jean-Louis Harouel, (E.) Liberlibri di AMA srl, 2018, trad. Maria Giustozzi. Infatti più passa il tempo e più rischio di dimenticarmi gli elementi più interessanti.
Però voglio operare in maniera diversa rispetto al precedente pezzo (Harouel (1 di 2 o forse 3)) dove, anche un po’ per dare l’idea del contenuto ne avevo elencato sterilmente molti punti. Lo svantaggio è che il risultato è noioso per me da scrivere e, temo, per il lettore da leggere.
Oggi quindi procederò diversamente e mi concentrerò direttamente sull’idea che più mi ha colpito e che mi è parsa interessante.
Nella puntata precedente (Harouel (1 di 2 o forse 3)) ero appena arrivato a spiegare che in Europa, seguendo un’ideologia che ha le sue radici nella gnosi e nel millenarismo, passando poi per dottrine socialiste e comuniste, si è formata e ha preso piede una nuova religione ufficiosa: la religione dei “diritti dell’uomo”.
Come tutte le religioni essa ispira fanatismo ai suoi credenti: dà loro la certezza di essere nel giusto, che le loro posizioni corrispondano al bene mentre quelle diverse al male; il millenarismo dà la presunzione che sia un loro diritto coartare chi la pensa diversamente: questo perché il fine giustifica i mezzi. Contemporaneamente il considerare divina l’umanità (eredità della gnosi) si oppone alla libertà individuale: il singolo deve piegarsi alla volontà ispirata dai “diritti dell’uomo” il cui fine è realizzare il paradiso in terra e, per raggiungere tale obiettivo, il suo sacrificio è irrilevante.
Harouel prosegue poi argomentando che di questa ideologia/religione se ne approfitta l’immigrazione che, oltretutto, ha intenzione di rispettarla soltanto fino a quando le sarà vantaggiosa per poi ignorarla o sopprimerla quando avrà la forza per farlo.
Ma veniamo al mio commento: personalmente trovo affascinante l’idea della religione dei diritti dell’uomo che, in effetti, riesce a spiegare col suo fanatismo anche delle decisioni apparentemente illogiche e irrazionali a livello di UE.
Ah, dimenticavo: se i “diritti dell’uomo” sono la religione allora il “politicamente corretto” è il suo catechismo! Un catechismo che vuole essere imposto con arroganza e violenza (la coercizione implicata dalla legge che ne statuisce alcuni dogmi).
E anche questa relazione mi pare spieghi bene alcuni comportamenti/anomalie del mondo attuale.
Eppure questa teoria ha un grosso difetto.
Prima però voglio evidenziarne una caratteristica sottile: se i “diritti dell’uomo” sono una religione allora dov’è il suo clero? Non c’è: non esiste una struttura gerarchica, non vi è un “Papa” ma neppure dei semplici preti. Almeno ufficialmente.
Eppure ci sono individui che si atteggiano a sacerdoti di questa religione: erroneamente in passato ho semplicemente interpretato come naturale arroganza e supponenza l’atteggiamento della Boldrini quando era presidente della Camera: in realtà è più corretto vederlo come sussiego ieratico: lei non era conscia della propria prosopopea ma si sentiva ispirata, forse illuminata, dal fervore religioso dei “diritti dell’uomo”, ovviamente soprattutto dalla sua promanazione semplificata che è il politicamente corretto.
Ma cosa, in mancanza di una struttura, consacra un individuo come sacerdote di questa religione? a mio avviso c’è una sola regola: l’andare oltre; lo spostare i confini della tradizione, e a volte del buon senso, eccedendo verso i presunti ideali della religione dei diritti dell’uomo. Chi cerca di muovere questi confini viene automaticamente riconosciuto come persona “ispirata” degna di ammirazione e che dovrebbe essere ascoltata attentamente e imitata quando possibile. Di nuovo è facile riconoscere lo stile omiletico nelle interviste che la Boldrini, con un sorriso serafico, concedeva ai media.
In altre parole il “clero”, più o meno riconosciuto, di questa religione sarebbero gli individui più fanatici ed esaltati e, per questo, non sempre razionali visto che operano, o credono di operare, per un fine ultimo che va oltre il bene o il male temporaneo.
Nella mia teoria ([E] 8) riconosco al clero, con le solite innumerevoli eccezioni, il controllo dei protomiti fondanti (tautomiti; [E] 3.1) della religione. Possibile che tale ruolo venga lasciato alle persone più esaltate e, spesso, poco lucide? Il potere infatti attira le persone che amano il potere, non gli idealisti. E comunque in politica un solo cinico senza scrupoli, a parità di capacità, è in grado di prevalere facilmente su un esercito di idealisti.
In altre parole non credo che un parapotere ([E] 4.1) come sarebbe la religione dei “diritti dell’uomo” potrebbe restare acefalo, ovvero senza una chiara organizzazione che lo controlli (come per esempio avviene con la Scienza).
Ma la mia principale obiezione è un’altra: tutti i poteri seguono le mie leggi del potere ([E] 5).
In particolare ogni potere vuole tutelare se stesso e, preferibilmente, divenire più forte ([E] 5.1 e 5.2).
Ma ciò evidentemente non avviene ai parapoteri politici, almeno non costantemente, che adottano la religione dei “diritti dell’uomo”.
Da un altro punto di vista la domanda che ci dobbiamo porre è “chi se ne avvantaggia veramente?”, cioè quale parapotere aumenta la propria forza grazie alla religione dei diritti dell’uomo?
La risposta è che non c’è nessun potere che sistematicamente si avvantaggi di questa presunta religione. La mia conclusione è quindi che i “diritti dell’uomo”, NON siano una religione ma uno strumento. Uno strumento usato di volta in volta dai parapoteri che pensano di poterne ricavare un temporaneo vantaggio.
Allo stesso tempo è però almeno parzialmente corretta l’intuizione di Harouel: i diritti dell’uomo NON sono una religione ma la democratastenia (non tutta ma parti numericamente significative di essa) si comporta come se lo fosse. Per i parapoteri che di volta in volta la sfruttano essa è invece un mero strumento: non hanno di certo in mente nessun bene a lungo termine dell'umanità!
Non so ancora bene come e dove inserire questo fenomeno nella mia teoria: probabilmente si tratta di un esempio di pensiero maggioritario contrapposto a due diversi pensieri minoritari (concetti introdotti nella prossima versione dell'Epitome): quello dei pochi che ne vedono gli eccessi e gli ancor meno numerosi membri dei parapoteri che se ne avvantaggiano.
Del resto Harouel in tutta la sua opera non accenna minimamente alla questione economica che invece guida il pensiero dei parapoteri economici e indirettamente di quelli politici (influenzati dai precedenti). In quest’ottica è facile capire che l’immigrazione era un’ottima fonte di manodopera a basso costo di cui beneficiavano nel dopoguerra gli industriali francesi. Anche adesso che la manodopera non serve più come giustificare l’investimento francese di 100 miliardi di euro nell’edilizia a favore dei quartieri degli immigrati? Pensate che gli immigrati vivano in delle ville? No: gran parte di questo denaro sarà finito nelle tasche dei costruttori edili.
In [E] 19 suggerisco poi altri motivi per cui l’immigrazione, di cui Harouel non riesce a spiegarsi la ragione e interpreta quindi come un eccesso della presunta religione dei diritti dell’uomo, possa essere vantaggiosa per i parapoteri economici e politici.
Conclusione: questa intuizione di Harouel è buona ma molto parziale. Soprattutto lo si capisce dal fatto che non è congruente con la logica del mondo moderno. Oggi politiche così importanti non sono decise dalla fede ma dal semplice interesse: la spiegazione non va cercata in un presunto bene lontano ma in un profitto vicino. I “diritti dell’uomo” hanno quindi un’apparenza di religione ma in verità sono solo uno strumento: un’insieme di epomiti e protomiti opportunamente esaltati e modificati alla bisogna.
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