Oggi so ancor meno della scorsa puntata da dove partire: avevo fatto una panoramica generale della vita, forse adesso potrei provare a scendere nel mio caso specifico…
Dunque, che dire?
Per prima cosa sono da anni ormai ben conscio dei pro e dei contro illustrati in Resa dei conti (1/??). Fortunatamente non ho grandi aspettative e mi accontento di poco: non mi interessano beni di lusso, viaggi, macchine, vestiti, orologi etc.
Questo mi permette di sopravvivere in un limbo, piuttosto freddo, umido e grigio in realtà, mentre attendo che le persone di cui mi sento in parte responsabile decidano che è giunta la loro ora. O, più correttamente, che la loro ora li raggiunga.
Non so se qualcuno, che magari mi conosce superficialmente, mi invidi: dopotutto da anni non lavoro e mi alzo quando voglio. Però questo, non avendo un patrimonio alle spalle, mi ha costretto anche a delle rinunce: principalmente quella di estraniarmi dalla società. La società ti giudica per quello che hai e io appaio sul suo radar solo come un potenziale barbone. In genere mi diverto a prendere in giro le donne: per esempio evidenziando i pensieri misogini degli autori classici nei quali di tanto in tanto mi imbatto perché li trovo divertenti: li trovo divertenti perché li considero errati: trovo esilarante il genio accecato dai pregiudizi del suo tempo. Per questo mi spiace mettere in cattiva luce le donne in un pezzo serio ma devo confessare che l’unico periodo della mia vita in cui mi sono reso conto, e ho potuto constatare, di avere una seppur scarsa attrattiva sul genere femminile è stato proprio quando avevo un lavoro che mi garantiva un reddito leggermente superiore alla media.
Questo per arrivare a dire che il ritirarsi dalla società comporta fra i sacrifici anche il rinunciare alla speranza di una normale vita sentimentale: parlo di “speranza” perché comunque non c’è nessuna garanzia di vita normale anche rimanendovi all’interno.
Fortunatamente per me, anche in questo caso, mi accontento di poco: mentre l’età mi fa desiderare sempre di meno, Internet mi offre, magari gratuitamente, sempre di più.
Anche i figli non mi mancano: sono contento di non essermi dovuto snaturare per amore/responsabilità nei loro confronti: ero e sono profondamente geloso del mio tempo. Ricordo che al mio primo lavoro ero stupito dalla quantità di straordinari che facevano i miei colleghi: guardavo quanto era la paga oraria per lo straordinario e pensavo che al massimo valeva 5 minuti del mio tempo libero: non sono sicuro ma è possibile che in due anni non abbia fatto neppure un’ora di straordinario. Anche la prospettiva di improbabili e arbitrari bonus non mi allettava minimamente.
Tornando ai figli sarei stato un genitore 1 (o 2?) molto distante: l’ideale per me sarebbe stato separarmi alla loro nascita, sperare che il giudice li affidasse alla madre, e seguirne i progressi un giorno ogni due settimane.
Sì, questo l’avrei trovato interessante: analizzarne i progressi, studiare dove e come mi somigliassero, magari dare loro delle dritte filosofiche per metterli sulla buona strada (ovvero la propria che avrebbero dovuto cercarsi sostanzialmente da soli) questo sì mi sarebbe piaciuto ma non come un lavoro a tempo pieno: solo di tanto in tanto; evitare le bizze e le ugge quotidiane e invece gustarmi i progressi di tanto in tanto. Sono egoista probabilmente: ma sono anche abbastanza altruista da ammetterlo e da non aver cercato di ottenere responsabilità che avrei faticato molto a rispettare, scaricando magari su altri il risentimento che avrei finito per nutrire.
Per la verità c’è stata una donna con cui mi sarebbe piaciuto avere dei figli: è stata l’ultima di cui mi sono moderatamente innamorato. Di sicuro la donna più intelligente che io abbia mai conosciuto: e, come forse sapete, le donne per l’intelligenza tendono maggiormente alla media degli uomini. Una così intelligente è per questo particolarmente rara. Credo che qualsiasi nostro figlio sarebbe stato molto intelligente: statisticamente, almanaccavo, uno su quattro sarebbe potuto anche essere più intelligente di me! Ecco: un bambino di quel genere sarebbe stato un piacere vederlo crescere giorno per giorno…
Ma ovviamente lei era troppo intelligente per apprezzarmi: feci qualche timido tentativo ma senza insistere. In realtà proprio questo ghiribizzo è dovuto a lei: lo iniziai per far colpo dato che anch’ella ne aveva uno. La differenza però fu nel fatto che io il suo me lo lessi tutto, affascinato, dall’inizio alla fine mentre lei del mio leggeva solo i pezzi che le dicevo di leggere. Insomma, in breve, mi resi conto che le interessavo meno di niente, forse neppure come amico. Ma, come ho spiegato, lei è la donna più intelligente che ho conosciuto.
Ho divagato. Riassumo quindi quanto scritto fino ad adesso: mi accontento di poco e sono consapevole delle rinunce, non subito evidenti a tutti, che ho fatto.
Sono poi conscio della stupidità umana (vedi il pezzo precedente) ma ormai mi sono abituato a essa: del resto è una vita che mi confronto con la realtà. Credo che la metafora del pezzo La montagna dell’albagia esprima benissimo la sensazione che provo confrontandomi con gli altri.
Lo ripropongo qui di seguito dato che è breve:
«Due amici scalano una montagna altissima. I due procedono a velocità diverse e finiscono per separarsi perdendosi di vista.
Il primo grida al secondo “Cosa vedi?!”
“Vedo una verde pianura attraversata da un fiume serpeggiante e, al di là di esso, una città grigia stretta da montagne scure.”
“E poi?”
“Vedo solo quello che ti ho detto, e tu?”
“Io vedo la pianura bagnata dal fiume e, oltre la città circondata da montagne, una fitta selva mossa dal vento e in mezzo a essa un lago più azzurro del cielo; ancora più lontano poi il bosco sfuma in un deserto che si tuffa in un mare blu come la notte.”
Com'è possibile?
Talvolta mi capita di discutere con altre persone: queste mi spiegano le loro idee e le loro teorie, mi enunciano le loro argomentazioni e le loro conclusioni. Io ascoltandoli vedo bene da dove provengono le loro idee, quali sono stati i loro passaggi logici e perché sono giunti alle loro congetture: ci ho già riflettuto e le ho già considerate. Però ho anche altre idee, riordino gli stessi fatti in maniera diversa e, talvolta, giungo a conclusioni diverse.
Stranamente non mi credono quando gli dico che vedo più lontano di loro...
Com'è possibile?
La nebbia dell'immaginazione è un sudario più impenetrabile della semplice distanza: a chi giace immobile sotto di esso pare impossibile che qualcuno possa sollevarne un lembo e guardare oltre.
Ciò che io vedo chiaro è supposizione, dubbio e incertezza per altri; ma non si può convincere chi non ti ascolta né è sufficiente dirgli di salire più in alto perché non vi sono pareti da scalare.»
Al posto di “immaginazione” avrei potuto scrivere “intelligenza” ma il concetto è lo stesso.
Mi viene in mente adesso che un mio amico, probabilmente uno degli uomini più intelligenti che io abbia mai conosciuto, forse prese sul personale questo pezzo pensando che l’amico citato nel raccontino, quello che vede poco lontano, fosse proprio lui. All’epoca però non ci feci caso, mi sembrava ovvio che la storia dei due amici fosse solo un espediente per spiegare in maniera efficace il mio punto di vista. Eppure proprio colui su cui più contavo di essere sempre capito mi fraintese: vabbè, questa è un’altra storia…
Ecco, quindi mi sento su questa montagna immaginaria, in alto dove l’aria è particolarmente diafana, e vedo (oppure mi illudo di farlo!) molto lontano. Sotto di me, molto al di sotto, il grosso dell’umanità vede solo le proprie immediate vicinanze: ogni tanto, magari senza conoscerli direttamente, vedo altri alpinisti che spingono più oltre il loro sguardo e io, dalla mia posizione privilegiata, riesco a capire ciò che vedono (pensano) e posso anzi inserire il tutto in un contesto ancora più ampio e completo.
Magari ci sono persone ancora più in alto di me ma è la particolarità di questa montagna che chi sta più in alto sia invisibile a chi sta più in basso. Altrimenti sarei, suppongo, molto più apprezzato e ascoltato.
Dalla mia posizione cerco, molto pigramente, di salire ancora più in alto: la curiosità nutre l’intelligenza, la comprensione cresce con le letture. Io sono curioso e leggo: fossi più motivato lo farei con dieci volte più impegno e profitto ma in realtà so bene che anche questa mia ricerca è solo fine a se stessa. La mia naturale pigrizia è un forte disincentivo a fare di più.
Nella mia tenda, accampato in quota, non ci sto male ma neppure particolarmente bene: per questo è per me di particolare importanza che le seccature della vita reale non si intromettano per infastidirmi. I pro e i contro della mia vita, che normalmente si equivalgono a mala pena, sono facilmente travolti dalla stupidità altrui. Sono abituato a vedere bambini in corpi di adulti e, per questo, mi aspetto poco da essi e così non ne rimango deluso. Il problema è quando questi bambini hanno la pretesa di dirmi cosa devo fare con la presunzione di sapere cosa sia meglio per me! Oppure quando hanno l’autorità (datagli da altri bambini/adulti) per imporre la loro stupidità sulla mia volontà.
Principalmente mi accontenterei di essere lasciato in pace ma talvolta non è possibile e allora mi trovo improvvisamente a dover combattere una lotta impari per la quale non sono attrezzato: e come dice il mio amico Nietzsche (forse uno di quelli arrampicatosi più in alto di me) “contro la stupidità nemmeno gli dèi possono niente”, figuriamoci KGB. E così mi trovo in situazioni complicate che non so da dove partire per risolverle e che mi procurano un tale disagio da far precipitare in un pozzo oscuro la qualità della mia vita.
Conclusione: ma anche per oggi ho scritto più che abbastanza… Nota per me: nella prossima puntata spiegare il ruolo dell’Epitome. Ah! e il concetto di "amore moderato"...
alla prima stazione
1 ora fa
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