Prevedo che questo sarà un pezzo piuttosto corto: ho ben chiaro ciò che voglio dire e non credo che avrò troppe cose da aggiungere mentre le scrivo. Vediamo…
C’è una questione che da molti anni mi lascia perplesso: se non erro iniziò a svilupparsi negli anni ‘80-’90: ho un vago ricordo che la questione arrivò in Italia sulla scia di una pellicola cinematografica. Mentre scrivo mi viene in mente il titolo “Mississippi Burning”. Ho controllato su Wikipedia: è un film del 1988 con una trama molto impegnata e potrebbe quindi essere davvero questa la pellicola che ricordo. Se non lo è non importa: il mio argomento è più generico.
Negli anni ‘80, almeno in Toscana, non si vedevano molti immigrati di colore. All’epoca arrivarono i primi senegalesi che vennero etichettati col termine “vu’ comprà”: così infatti chiedevano quando cercavano di vendere le loro merci in un italiano stentato.
Fu allora che iniziò in Italia una battaglia terminologica che a me, già allora, sembrava priva di senso.
In italiano la parola “negro” non aveva nessuna connotazione di significato negativa: ancora la si trova comunemente negli articoli degli anni ‘60 e, mi pare, ‘70. In un testo di scuola degli anni ‘50 di mio padre (v. Camiti) si usava tale termine senza attribuirgli particolari sfumature denigratorie: semmai un certo razzismo lo si può trovare nella descrizione stereotipata del nero africano definito come “un fanciullone allegro, leggero e imprevidente” ma non di per sé nel termine “negro”.
Il punto è che in Italia “negro” era un termine neutro, né dispregiativo né razzista.
Negli USA la storia era invece ben diversa: il termine “nigger”, l’equivalente del nostro “negro”, era associato alla durissima schiavitù nelle piantagione degli stati del sud (degli USA). “Nigger” aveva, e ha, quindi una fortissima connotazione razzista negli USA: era sinonimo di schiavo, quindi inferiore e/o subumano.
Non ho fatto verifiche ma ho la netta sensazione che in Italia, nel doppiaggio dei film americani, si fosse fino ad allora tradotto “black” con nero o negro abbastanza indifferentemente. Del resto sia “negro” che “nero” vengono dal latino “niger”: sono varianti della stessa radice senza una netta distinzione fra i due (situazione molto diversa in inglese dove anche etimologicamente “black” e “nigger” sono completamente diversi).
Ora suppongo che la pellicola “Mississippi burning” toccasse anche questa differenza di significato fra “nero” e “negro”: scrivo “suppongo” perché non lo ricordo. È possibile, mi viene in mente adesso, che invece di “nero” si usasse “di colore” cioè “coloured”: ma, comunque fosse, ciò non cambia la sostanza della mia argomentazione.
Insomma la pellicola portò all’attenzione dei media italiani anche l’uso di “negro” e “nero” (o forse “di colore”). E qui avvenne il passaggio (illo) logico che mi lascia perplesso: «siccome “nigger” in inglese è fortemente offensivo/razzista allora anche la sua traduzione italiana deve esserlo».
La mia obiezione è che il significato delle parole italiane lo decidono collettivamente gli italiani: se una parola NON ha in italiano un significato negativo allora perché attribuirglielo arbitrariamente?
Che dire? Era giunto in Italia il politicamente corretto che, ora mi è chiaro, è un fanatismo idealista molto superficiale e, spesso, nemico del buon senso.
A mio avviso senza una buona ragione si è cambiato il significato di una parola italiana: si è deciso a tavolino che non poteva più essere usata perché razzista. Si è aggiunto quindi un significato di offesa mortale a una parola che non l’aveva solo perché esso era invece presente nell’analogo termine inglese (“nigger”): questo l’ho definisco “calco politicamente corretto” in analogia col “calco semantico” in cui due parole uguali (o molto simili), appartenenti a lingue diverse, si scambiano un significato, anzi un “passaggio” di significato visto che un’accezione dell’una viene attribuita all’altra (per esempio il significato di “prova” dell’“evidence” inglese viene attribuito alla nostra “evidenza”). Nel caso di “nigger”/“negro” le parole sono perfino piuttosto diverse e inoltre non si tratta di un passaggio spontaneo ma artificiale: per questo l’ho chiamato “calco politicamente corretto”.
Che poi l’intelligenza non deve rifulgere nelle menti politicamente tanto corrette quanto obnubilate: qualche anno dopo aver imposto “nero” o “di colore” al posto di “negro” si resero conto che anche questi termini (cioè la loro traduzione!) negli USA non erano più ritenuti corretti. Ecco quindi che si virò verso “afro-americano” che aveva però il “leggero” difetto da non essere immediatamente applicabile ai nostri vu’ cumprà dato che essi di “americano” avevano poco…
Riepilogando: in italiano si è cambiato il significato di una parola perché la sua traduzione in un’altra, l’inglese, aveva un significato negativo. A me sembra pura stupidità: colonialismo culturale della peggior specie.
Perché se poi la cosa la facciamo per l’inglese allora dovremmo farlo con tutte le altre lingue, no?
Se fra qualche anno viene fuori, per esempio, che “calmo” in cinese significa “assassino”, allora che facciamo? Passiamo a usare solo “pacato”? E se “pacato” in un qualche dialetto africano significasse “schiavo”?
Un’alternativa, che comunque non condivido ma che ritengo avere il pregio dell’onestà, è quella di ammettere la totale sudditanza, anche linguistica, alla cultura egemone americano con tutto ciò che ne consegue: ovvero, in questo caso, cambiare all’occorenza il significato di parole italiane. “Negro” no, “nero” nì, “di colore” meglio di no, “afro-americano” forse e, già che ci siamo, non “bianco” (che legittimerebbe “nero”) ma “caucasico” (*1).
Ovviamente ormai il termine “negro” ha acquistato anche in italiano il nuovo significato razzista che gli è stato imposto anche da noi e, quindi, è divenuto giustamente sbagliato usarlo (anche se i più anziani neppure lo sanno!). Quello che contesto io è il processo che è stato utilizzato: non per il naturale sentire della popolazione ma per imposizione dall’alto, tramite il canale ufficiale della società ovvero con la transustanziazione dell’arbitrio, e in questo caso della stupidità, in legge.
Conclusione: che poi mi aspetto che presto si arrivi a censurare anche Dante che qua e là usa “negro” nel significato di nero. Del resto i geni del politicamente corretto stanno iniziando a vietare Shakespeare in USA: la tentazione per i nostri epigoni locali deve essere fortissima…
Conclusione2: che poi l’insostenibile leggerezza del politicamente corretto emerge lampante davanti al suo silenzio verso le diseguaglianze economiche che sono la principale origine dei mali della società compreso il razzismo. L’“afro-americano” a bordo di una Ferrari e col Rolex d’oro al polso sarà comunque mille volte più rispettato del povero senza tetto. Per il politicamente corretto infatti la disparità economica non è un problema: per il politicamente corretto il povero è tale per colpa sua e il ricco lo è perché se lo merita. Questa è la morale politicamente corrOtta del nostro tempo.
Nota (*1): Scusatemi l’ironia: ma se degli “afro-americani” “di colore” emigrassero nel Caucaso??
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
>si è deciso a tavolino che non poteva più essere usata perché razzista
RispondiEliminaLa solita cricca della stupidenzia liberal-arcobalenga che dirige il settore delle comunicazione di massa che pappagalla qualsiasi sciocchezza o cacchetta che viene dagli SUA imponendola come oro colato durante le loro trasmissioni di lavaggio cervelli.
Poiché non riconosco alcuna supremazia culturale alla anglosfera, società che hanno problemi da vendere, a partire da razzismo e razzismo anti dei quali sono impregnate, continuo ad usare negro/a che in italiano sono termini neutri.
Poi ci sarà qualcuno che si offendere pure per "neutro": colle sue proteste ci incarterò le cozze, quando le porto a casa per la pepata: sempre bianca, mi raccomando! :)
UUiC
Boh… non so cosa pensare…
EliminaÈ vero che si è stabilito a tavolino (e in maniera del tutto assurda) che “negro” sia offensivo ma è anche vero che il significato delle parole e quindi la loro interpretazione la decide la maggioranza della popolazione: da questo punto di vista mi pare che ormai “negro” sia considerato da tutti offensivo e anch’io infatti uso “nero”…
Ho la sensazione che questa battaglia per il buon senso avrebbe dovuto essere combattuta negli anni ‘80 e ‘90 ma, evidentemente, anche le persone intelligenti che ne percepirono l’assurdità non la ritennero abbastanza importante.
E del resto sono numerosi i proverbi che suggeriscono agli intelligenti di evitare di perdere tempo a discutere con gli stupidi!
Si probabilmente l’errore fu considerare gli ottusi difensori del politicamente corretto, importato tale e quale d’oltreoceano, stupidi ma innocui. Invece queste persone che allora erano i deboli ottusi che facevano le bizze, sfrangendo i cosiddetti con le loro geremiadi, per ottenere qualche concessione linguistica adesso sono divenuti i forti che impongono censura e altre assurdità più che dannose...
Recentemente mi ricordo di una grande problema fra i burocrati UEFA quando un arbitro rumeno osò pronunciare il “deprecabile” termine “negru” che però semplicemente nella lingua rumena significa “nero”. Credo che poi abbia prevalso il buon senso ma dubito che dalla UEFA siano giunte scuse all’arbitro. Del resto gli imbecilli non si scusano: avranno pensato di aver fatto il proprio dovere…
E che dire delle foto delle matite spagnole che ogni tanto vengono censurate dalle reti sociali?
Basta che mostrino la matita nera con la relativa descrizione del colore che in spagnolo è “negro”...