Ieri ho deciso di terminare la lettura di Le radici psicologiche della diseguaglianza di Chiara Volpato: era infatti da febbraio che me lo trascinavo!
Il libro di per sé è bellissimo e ricco di spunti: ma proprio per questo mi prendeva molto tempo leggerlo, appuntandomi a margine una pletora di note e idee…
Sicuramente scriverò un pezzo riepilogativo su quanto ho imparato ma, in breve, tutte le mie teorie sociologiche hanno trovato conferma in una maniera così completa che io stesso ne sono rimasto stupito.
Proprio per questo mi sono irritato più volte con l’autrice quando ella accennava ad altri argomenti fuori dalla sua specifica competenza: immediatamente mi accorgevo che non collegava insieme ciò che ella stessa aveva affermato di sociologia con il contesto più ampio della storia e della politica.
Un solo esempio: della democrazia elenca tutti i limiti e i difetti, arriva anche a sottolineare (grazie a un qualche studio) come i membri più ricchi della società abbiano la possibilità, la capacità, la volontà e l’interesse di influenzare la politica a proprio vantaggio ma, nonostante veda chiaramente tutti i sintomi della malattia, non afferma mai che la democrazia è malata: non riesce proprio ad andare oltre le proprie competenze (*2)…
Eppure, così come per superare le diseguaglianze sarebbe prima necessario rendersi conto della loro esistenza, gravità e danni che provocano indirettamente alla società, allo stesso modo sarebbe importante riconoscere e capire i mali dell’attuale democrazia per poterli superare.
Rimanendo dell’idea che la democrazia sia fondamentalmente sana e che funzioni ecco che allora la protesta rappresentata dai populismi le appare in maniera distorta, come una malattia della politica e non come la logica, sebbene disperata, reazione degli sfruttati. Anche qui l’autrice avrebbe già tutte le tessere del mosaico ma semplicemente non le mette insieme…
Insomma un libro a due facce che fornisce una visione perfetta della problematica delle diseguaglianze da un punto di vista sociologico ma confusa e sfocata appena allarga la prospettiva a storia e politica.
A mio parere le basterebbe leggere Il tramonto dell’Euro del Bagnai: per sua stessa ammissione l’autrice ha delle lacune in campo economico ma leggendo anche solo il primo capitolo di questo saggio potrebbe capire tante relazioni fra potere politico e parapoteri economici che spiegano completamente come si è potuti arrivare in pochi decenni alle diseguaglianze attuali.
A questo punto si renderebbe conto che la democrazia non è sana come pensa e il suo pensiero si sposterebbe ancor più verso il mio. Ovviamente è una mia speculazione…
Ecco… ormai come corto è troppo lungo…
Vediamo di allungare la minestra senza però avventurarmi in un’analisi approfondita del testo che, come detto, voglio rimandare a un’altra occasione.
Di nuove idee per l’Epitome ne ho trovate tante: più che altro perfezionamenti perché, come spiegato, le mie idee al di là della terminologia erano già sorprendentemente accurate.
Però credo che forse la citerò anche in un’epigrafe: di solito cerco di evitare citazioni di autori che non abbiano superato il filtro del tempo ma in questo caso farò un’eccezione.
Di solito l’autrice non si sbilancia mai dando le sue opinioni direttamente ma le si ricava indirettamente dall’ordine e dalle rilevanza che dà alle ricerche sociologiche che presenta. Per questo è difficile trovare singoli paragrafi salienti in cui esprime il suo pensiero in maniera diretta e assertiva come piacerebbe a me.
Ma nell’ultimo capitolo, dove tira le conclusioni, si lascia un po’ andare a riflessioni proprie e qui ho trovato il seguente passaggio: «Viviamo in tempi duri, tempi di crisi. … … La crisi non è solo economica, è sociale e culturale, è crisi di idee e di valori. L’aumento delle diseguaglianze è stato permesso dalla caduta delle grandi ideologie che hanno contrassegnato gli ultimi secoli e dal fatto che al loro posto si è insediato il pensiero neoliberista, che proclama il primato dell’interesse personale e fa della concorrenza il principio fondamentale del vivere comune. Quarant’anni di egemonia di questo pensiero hanno moltiplicato le disparità e prodotto le macerie che abbiamo di fronte a noi.» (*1)
Avrei solo l’imbarazzo della scelta per decidere dove inserirlo: al 12° capitolo (pensiero neoliberista = prima + seconda globalizzazione)? O al 14° capitolo (per la deriva morale)?
Forse però sarebbe adattissimo per l’appendice D sui limiti del marxismo a causa del riferimento al vuoto ideologico provocato dalla caduta del comunismo.
Per esempio al riguardo io scrivo ([E] Appendice D): «Paradossalmente l’apparente successo sovietico ha bloccato quella che sarebbe stata la normale evoluzione del comunismo: esso è rimasto legato a paradigmi sociali ed economici del XIX secolo e non ha saputo cogliere l’essenza dell’evoluzione del mondo occidentale capitalista a guida statunitense e, conseguentemente, non ha creato risposte concrete e attuali alla globalizzazione economica e alla pervasività delle multinazionali in ogni ambito sociale e politico.
Il crollo dell’URSS ha poi trascinato con sé anche l’ideologia comunista e, per una sorta di paralogismo, ha portato all’esaltazione del liberismo come unica para-ideologia possibile.»
Oppure, qualche paragrafo dopo: «Non è un caso che negli ultimi 20-30 anni la forbice fra ricchi e poveri, sia a livello di singole nazioni che a livello globale, si stia ampliando (v. 4.5): il liberismo, senza il contrappeso ideologico del comunismo, si sta trasformando in un ultra-liberismo degenerando anche i suoi principi positivi come, per esempio, la libertà individuale.»
Sì, credo proprio che inserirò la nuova epigrafe a questa appendice anche se non mi piace l’idea di lasciare le altre appendici “scoperte” cioè senza le loro epigrafi. Ma devo abituarmi a superare questa mia idiosincrasia e, quando ne ho di adatte e rilevanti, dovrei aggiungere delle epigrafi anche ai sottocapitoli…
Oltre a una recensione molto positiva su GoodReads.com le ho anche dato il punteggio più alto: 5 stelline. Non credo di averlo dato ad altri libri… A no! Sicuramente l’ho dato anche al libro del Bagnai…
Comunque, nonostante che in questo pezzo abbia posto l’accento su alcune critiche, si tratta di un libro ottimo che merita di essere letto perché apre gli occhi su quella che è la vera emergenza globale: la diseguaglianza.
Conclusione: ho finalmente finito anche “Racconti” di Cechov e in pratica ho solo due libri “attivi”: quello della Armstrong di religione (scadente) e un romanzo di Salgari (leggero). Devo decidere se riesumare qualche lettura abbandonata o iniziarne di nuove: sarei tentato dal Don Chisciotte di Cervantes ma è lunghissimo e mi spaventa un po’… Vedremo!
Nota (*1): tratto da Le radici psicologiche della diseguaglianza di Chiara Volpato, (E.) Laterza, 2019, pag. 193.
Nota (*2): o magari, trattandosi di un saggio, semplicemente è lei a non volerlo fare... però dai suoi accenni non mi pare che si astenga dal dire quanto che proprio interpreti male...
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