Premessa: questo pezzo è degenerato diventando piuttosto lungo e, probabilmente, noioso. Parto dall’analisi di un video su un noto effetto psicologico ma poi, per la maggior parte del pezzo, discuto su quanto esso sia applicabile alla mia persona. Insomma dubito fortemente che sia di interesse generale e ne sconsiglio quindi la lettura!
Altro video interessante: The Dunning Kruger Effect dal canale Sprouts.
Si tratta di un breve cartone che mostra un’interessante fenomeno psicologico: la consapevolezza di conoscenza non è proporzionale alla stessa ma segue un andamento non lineare. In particolare chi inizia a studiare qualcosa di nuovo tende a sopravvalutare le conoscenze acquisite; superata questa prima fase si ha poi l’opposto: lo studente si rende conto di non sapere ancora praticamente niente. Da qui in poi la consapevolezza di sapere cresce linearmente con la maggior conoscenza acquisita: il professore sa di sapere più dello studente rimanendo consapevole della complessità delle varie questioni.
Ovviamente questo è un comportamento medio, che non influisce su tutti in egual maniera: inoltre vi vedo chiaramente anche delle tendenze psicologiche caratteristiche dei diversi tipi MBTI…
Beh… mi rendo conto che qui non ce la faccio a ridurre tutto a un corto e, persa questa speranza, mi rilasso e scrivo normalmente…
Il fatto è che questo effetto Dunning Kruger, rivisitato in differenti salse, è spesso un argomento con cui i manovali dell’informazione sulle reti sociali zittiscono l’uomo comune che esprime una qualsiasi opinione contraria alla narrativa dominante: solo gli esperti sono in grado di esprimere opinioni affidabili su una certa materia, tutti gli altri che lo fanno sono degli idioti (*1).
Non importa che queste persone riportino le parole di altri esperti (magari meno famosi della star sempre presente in tivvù) o che affrontino una problematica da una prospettiva diversa ma ugualmente valida. Come ha ben scritto Zhok i manovali dell’informazione dominano gli strumenti culturali come Stanlio e Olio le vernici e i pennelli (*2)...
Quindi in realtà, dal mio punto di vista, fermo restando che, in generale, l’esperto ha ragione e il non esperto ha torto, sarebbe interessante capire come riconoscere le eventuali eccezioni.
Io credo profondamente nella divertente massima secondo la quale “l’esperto sa sempre di più su sempre di meno fino a sapere tutto di nulla”. Un pericolo dell’esperto è infatti quello di chiudersi nel proprio campo limitandosi a vedere tutto alla luce delle proprie conoscenze dimenticando che su un problema vi possono essere prospettive diverse, magari ortogonali al suo punto di vista. Un medico vede l'aspetto sanitario ma ugualmente validi e degni di considerazione possono essere i pareri di un giurista, di uno psicologo, di un filosofo o di un matematico. Sto pensando all’attuale pandemia e non starò a proporre esempi che tutti possono immaginarsi e che ho ripetuto altrove innumerevoli volte.
Poi vi è il fattore novità: l’esperto ha tutta un’esperienza proiettata nel passato, a casi noti già visti e ampiamente studiati. Ma, a volte il rifarsi a quello che già conosce affrontando una situazione nuova può impedire di riconoscere prontamente le peculiarità della novità.
Qui farò un esempio. Vi ricordate a inizio pandemia, a febbraio del 2020, cosa dicevano gli esperti sulla possibilità che il covid potesse essere trasmesso da un asintomatico? Dicevano che era impossibile probabilmente perché, grazie alla loro esperienza, sapevano che altri virus della famiglia coronavirus non si diffondono in tale maniera.
Io, che esperto non sono, ero invece rimasto molto impressionato dal caso in Germania della dirigente cinese che da asintomatica sembrava aver infettato dei colleghi tedeschi: per questo, andatevi a cercare i miei vecchi pezzi del periodo, nel dubbio suggerivo la massima prudenza, ovvero la quarantena per chi arrivava dalla Cina.
Intendiamoci, col senno di poi sarebbe comunque stata una misura inutile perché la malattia era già arrivata in Italia, ma il punto qui è mostrare come gli esperti erano accecati dalla loro stessa conoscenza. Anche in questo caso il metodo di rifarsi alle esperienze passate per affrontare il nuovo è corretto: solo che si deve essere pronti a cogliere le possibili eccezioni e a reagire prontamente a esse.
Comunque, passando dagli esperti al mio caso specifico, mi chiedo, quando esprimo un giudizio su qualcosa, se sto facendo “il passo più lungo della gamba”: cioè, senza usare eufemismi, se sto scrivendo delle cazz###…
Forse vale la pena ricostruire questa parte del mio percorso formativo per poi arrivare alla situazione attuale.
Personalmente sono sempre stato piuttosto scettico delle mie conoscenze e capacità. I motivi sono molteplici.
1. Prima di tutto mio padre ha sempre minimizzato le mie qualità e questo ha inciso profondamente sulla sicurezza in me stesso.
2. In famiglia, considerando gli zii, ho avuto molti esempi di persone effettivamente molto colte senza menzionare mio zio Gip che era notevolmente sopra la media.
3. Durante la giovinezza mi sono confrontato poco con i miei coetanei e inoltre ho sempre avuto relativamente poche conoscenze: impossibile quindi autovalutarmi oggettivamente.
4. Il mio tipo psicologico INTP (ma credo valga per parecchi tipi introversi) tende a pensare prima di parlare e, di conseguenza ad ascoltare e osservare: ciò spinge alla prudenza e alla moderazione.
Insomma per tutta la mia giovinezza, periodo universitario compreso, mi sono sempre sentito di un’intelligenza superiore alla media, sebbene non eccezionale, e di una cultura medio-bassa. E questo nonostante vari indizi che avrebbero potuto portarmi a pensarla diversamente.
La vera svolta è stata intorno ai trent’anni quando sono andato a lavorare come esterno (indirettamente per altre compagnie cioè) all’ESA. Mi ero sempre immaginato che queste organizzazioni internazionali e di orientamento tecnico/scientifico accettassero nel proprio personale solo il meglio del meglio. Invece vi ho trovato delle persone di solito leggermente sopra la media e, talvolta, decisamente sotto. E pure quelle sotto, con mio raccapriccio, vi facevano carriera secondo la discutibile logica del “promoveatur ut amoveatur”!
Mi hanno fatto notare che io ho conosciuto direttamente solo una sezione tecnica/burocratica e mi è stato detto che il personale scientifico e di ben altro livello: sarà... certo che se il buongiorno si vede dal mattino...
In quegli anni mi sono finalmente reso conto che la mia intelligenza era decisamente sopra la media (v. anche La solitudine del pamviro): che la “crema” di una categoria completamente superiore alla mia non esisteva. Un’illusione dovuta alla mia naturale modestia. Questo non significa che improvvisamente mi sentissi la persona più intelligente del mondo ma semplicemente che non c’era un abisso di capacità (le conoscenze sono un’altra cosa!) a separarmi da esse: un po’ la stessa differenza che vi è fra, bo, Lazio e Sampdoria: la Lazio è attualmente molto più forte ma giocano entrambe nel medesimo campionato!
Più recentemente invece, diciamo dal 2010 in poi, ho iniziato a leggere libri significativi su argomenti disparati e col tempo mi sono reso conto che anche la mia cultura generale, nonostante l’età relativamente avanzata, stava migliorando.
Ciò è stato reso possibile da tre fattori parimenti importanti.
Il primo è che la mia memoria, di per sé già ottima, tenuta in costante allenamento negli ultimi 8-9 anni tramite il programma Anki, è in grande forma: soprattutto ciò che mi interessa o mi colpisce lo ricordo con grande accuratezza anche a distanza di anni: non ho la memoria eidetica di mio zio Gip (*3) ma l’essenza la ricordo correttamente.
Il secondo elemento è la mia capacità di mettere insieme pochi dettagli per trarne una teoria che li metta in relazione fra loro: si tratta di una caratteristica tipica del mio tipo psicologico INTP e che, comunque, ho la sensazione di possedere in massimo grado.
Il terzo fattore è metodologico: credo sia stato fondamentale anche il mio metodo di lettura basato sul leggere contemporaneamente molti libri insieme. Questo mi permette di massimizzare la capacità di comprenderne e memorizzarne il contenuto (v. Memoria e intelligenza (*4)).
Questi tre fattori insieme contribuiscono a farmi assimilare più della media quello che leggo: l’effetto poi è esponenziale perché più informazioni ho a disposizioni e maggiori sono le connessioni “strane” che riesco a tirarne fuori...
In definitiva, culturalmente, adesso mi considero di una cultura un po’ superiore alla media: non tantissimo però, la memoria di un gigante come mio zio congiura a farmi sentire sempre e comunque un nano!
Nel corso degli anni ho poi imparato a fidarmi della mia intuizione che spesso riesce a sopperire alla scarsità di informazioni (e di cultura!) disponibile.
Ultimamente, lavorando sull’Epitome, ho iniziato a ragionare e a elaborare le mie conoscenze. Mi è capitato diverse volte di scrivere di argomenti che non avevo mai studiato, usando solo le mie conoscenze e la mia logica, e in seguito ho poi scoperto di aver perfettamente inquadrato le problematiche affrontate. Sto pensando al problema della diseguaglianza e a vari aspetti della democrazia e della scienza: tutte le mie intuizioni sono state confermate a posteriori dai libri che ho letto (e sto leggendo).
Lo sottolineo per far notare una sottile ma importante peculiarità alla luce dell’effetto Dunning Kruger: non ho letto un libro e dopo pensato “ora so tutto e posso dire la mia”, al contrario ho fatto delle mie riflessioni, le ho messe nero su bianco (*5), e poi ho verificato che erano effettivamente l’essenza, magari con una diversa terminologia, del soggetto affrontato. Questo mi fa sentire autorizzato a parlarne come se fossero delle mie conclusioni perché, in effetti, vi sono arrivato da solo.
Nel complesso comunque mi pare di essere rimasto molto prudente e conscio della mia fallibilità: quando faccio un’ipotesi non penso “le cose stanno sicuramente così” ma vi associo una probabilità che nella maggioranza dei casi raramente supera il 90%. Quando ho nuove informazioni non mi faccio problemi a correggermi e ad “aggiornare” le mie teorie.
Credo sia un residuo della mia mentalità da scacchista (ormai da anni non gioco più): mi piace rianalizzare quello che ho pensato/detto/scritto per trovarne errori. Se soprattutto scovo un errore metodologico sono poi particolarmente contento perché a quel punto posso evolvere la mia metodologia, che alla fine può essere un processo logico di complessità variabile, per non ripetere più errori dello stesso tipo.
Credo che alla base della serie sui “mongolini” (i miei pezzi peggiori mese per mese) ci sia proprio questa tendenza a cercare di correggermi e migliorarmi.
La prudenza poi la si vede nella mia attenzione a premettere espressioni del tipo “secondo me” o di analogo significato a ogni espressione dove non sia evidente che si tratta di una mia opinione o dove voglio sottolineare che non esprimo una certezza assoluta ma solo un parere.
Ecco, forse negli anni, scrivendo quasi quotidianamente qui sul ghiribizzo, ho un po’ attenuato questa tendenza stilistica soprattutto perché suona un po’ infantile: ma ciò non mi pare indicare un aumento della mia supponenza ma solo una maggiore attenzione e sensibilità linguistica nello scrivere.
Poi in effetti su certi temi sono decisamente assertivo: ma si tratta di specifici campi, molto circoscritti, dove l’incertezza delle mie opinioni l’ho espressa magari in dozzine di pezzi precedenti. Quello che affermo è quindi la sintesi di un lungo processo di ragionamento: l’esprimo poi come certezza perché per me, magari dopo una riflessioni pluriennale, effettivamente lo è diventato ma ciò non significa che la consideri tale in assoluto. È cioè un qualcosa che considero “certo” al 99,9% ovvero di estremamente probabile ma non un assoluto. Certo per farmi cambiare idea in questi casi occorrono dei dati inequivocabili. Recentemente non ricordo casi eclatanti di questo genere: cambiamenti di opinione su qualcosa sì, ne ho avuti di sostanziali, ma in questi casi la probabilità della mia “certezza” era del 60-70%.
Mi vengono in mente i miei cambiamenti di opinione sul M5S prima che sulla Lega (in particolare Salvini) più recentemente. Col M5S è stato un processo abbastanza continuo, iniziato subito dopo le elezioni del 2013 e terminato a fine 2014 (mi pare!) quando mi sono reso conto, anche se la terminologia non l’avevo ancora elaborata, che il movimento di Grillo era un populismo apparente.
Con la Lega sono rimasto sempre più scettico: l’esperienza col M5S ha decisamente moltiplicato la mia comprensione della politica in generale. Con la Lega ho sperato per tutto il 2018-2019 che fosse un populismo autentico (anche in questo caso nel senso della mia definizione in [E] 13.4) ma il dubbio si è sciolto nel 2021 con il sostegno al governo Draghi.
Dimenticavo poi di considerare l’importanza della costante scrittura e riscrittura dell’Epitome nell’amalgamare e approfondire particolari temi: il particolare miscuglio di psicologia, politica, sociologia, filosofia e storia mi pare molto fertile. Le conclusioni che ho tratto da questo lavoro spiegano con notevole coerenza un mondo occidentale che si sta catapultando in un nuovo medioevo ipertecnologico. Dovrei farci un genere (che sicuramente esiste già), un “cyber-fantasy” dominato dal fanatismo e dall’ingiustizia. Povertà diffusa, un potere arbitrario e pervasivo e pochi “elfi” felici che vivono in un loro proprio mondo incantato…
Devo adesso tirare le somme di questo lungo pezzo.
Per quanto mi riguarda direttamente credo che il fenomeno psicologico Dunning Kruger sia sicuramente reale ma, per i vari motivi sullodati, si applichi poco alla mia persona!
In generale è giusto fidarsi degli esperti ma rimanendo con le orecchie aperte: pronti cioè ad ascoltare l’opinione di esperti che non hanno lo stesso pensiero della maggioranza e a valutare poi autonomamente la credibilità delle diverse argomentazioni.
In questo caso, in un confronto fra argomenti espressi da esperti, non conta quello che pensa maggioranza di essi ma solo come un’ipotesi spieghi in maniera credibile un fenomeno (se ci sono esperimenti scientifici a sostegno tanto meglio) e dell’eventuale motivazione a mentire, o comunque a travisare la verità di una parte.
Su questo argomento dovrei scrivere un articolo a parte: mi limiterò qui a un singolo esempio.
La multinazionale del farmaco che pubblica una ricerca secondo la quale un suo nuovo prodotto è estremamente efficace nella cura di una malattia, sebbene verificato dai pari, mi lascia dubbioso: gli interessi in gioco per la casa farmaceutica possono essere notevolissimi.
Al contrario se pochi scienziati, senza finanziamenti, pubblicano ricerche (anche queste verificate dai pari) secondo le quali un farmaco senza brevetto può avere nuove applicazioni ed essere estremamente efficace nella cura di una malattia i miei dubbi sono molto minore: questi scienziati possono certamente sbagliarsi ma che ragioni avrebbero per mentire?
Non è un caso che ogni ricerca, specialmente in campo medico ma l’esempio si sta allargando anche ad altre discipline, debba avere una sezione (“Conflict of interest statement”) dove il ricercatore deve elencare eventuali interessi che potrebbero averne condizionato, anche inconsciamente, l’operato.
Conclusione: ho divagato più del solito, mi dispiace. Spero di non essere sembrato troppo auitocelebrativo nel descrivere il mio modo di valutare genericamente me stesso e il mio pensiero: io ho cercato solo di essere oggettivo.
Nota (*1): in alcune varianti che ho visto girare in rete la presunzione di sapere è legata all’intelligenza: gli stupidi sopravvalutano le proprie conoscenze mentre gli intelligenti le sottovalutano.
Nota (*2): scusatemi se mi ripeto: ma questa immagine è perfetta e non cessa mai di farmi sorridere!
Nota (*3): non è un modo di dire! Da giovane mio zio era in grado di leggere una volta la pagina di un libro e di ripeterla poi parola per parola! E anche da ottantenne la sua memoria era pari alla mia se non superiore…
Nota (*4): in realtà volevo segnalare anche un pezzo, mi pare pure piuttosto recente, in cui approfondivo i meriti di più letture in contemporanea ma, ironicamente, non riesco a ricordarne il titolo!
Nota (*5): anche questo è importante: un altro fenomeno psicologico illude le persone di aver pensato qualcosa che si accorda a una presunta verità successiva. Ovviamente questo non è il mio caso visto che ho scritto i miei pensieri prima di leggere i libri sul relativo argomento.
alla prima stazione
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