[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.5.0 "Coronavirus").
La quarantena non sta aumentando le mie letture: al contrario, lavorando in giardino un paio di ore al giorno, tolgo tempo all’uso del calcolatore, che però lo recupera da quello dedicato a Netflix che, a sua volta, lo toglie alla lettura!
La conseguenza è che non solo sono fermo nella revisione della mia Epitome (per la nuova versione 1.5.1), cosa che forse potrebbe anche essere considerata dagli scettici come un bene, ma anche nella lettura de “Le radici psicologiche della diseguaglianza” di Chiara Volpato, “Le vite parallele” di Plutarco e “Racconti” di Checkov (per non parlare del “Dialogo sui massimi sistemi” di Galileo che già da tempo avevo interrotto).
Non è però che ho smesso di leggere del tutto: sono però passato a titoli meno impegnativi: “Insomnia” di Stephen King e “Così morirono i persecutori” di Lattanzio. Che “Insomina” sia di facile lettura è evidente, meno ovvio perché trovi così gradevole il libro di Lattanzio. È che gli storici antichi scrivevano per intrattenere e quindi i loro testi tendono a essere di piacevole lettura poi, ovviamente, per chi come me si interessa di storia, leggere la voce delle fonti è doppiamente interessante.
Il libro di Lattanzio narra le vite (e le morti) degli imperatori che si opposero al cristianesimo ma soprattutto si concentra su Diocleziano, il fondatore della tetrarchia, e da lì gli eventi che portarono Costantino al potere. L’opera fu scritta intorno al 315 quando ancora Costantino e Licinio sono alleati. Non voglio entrare nei dettagli ma, piuttosto, soffermarmi su una riflessione molto più generale che mi ha colpito.
Diocleziano per evitare le guerre di successione alla morte dell’imperitore e per semplificarne la gestione divide l’impero in quattro parti: vi pone due augusti e due cesari. L’idea è che i cesari vadano a prendere il posto degli augusti (e scelgano a loro volta altri due cesari) evitando così ogni sorta di conflitto.
L’idea è evidentemente mossa dalle migliori intenzioni ma, come dimostrano le vicende successive all’abdicazione di Diocleziano e Massimiano (i due augusti), i problemi di successione non furono affatto risolti!
Mi chiedo quindi: è così difficile scegliere dei successori capaci ma che non si approfittino del potere loro attribuito?
Evidentemente è così: nonostante tutti i quattro fossero legati da matrimoni con figlie e sorelle e dai più solenni giuramenti all’abdicazione di Diocleziano e Massimiano è un tutti contro tutti, con tradimenti e pugnalate alla schiena.
Nessuno si accontenta del potere che ha e ne vuole di più col risultato però di finire per perdere tutto, compresa la vita propria e (spesso) quella dei propri discendenti.
Diocleziano cercava evidentemente di scegliere le persone più in gamba che potesse: dopotutto era la sua idea in cui credeva veramente visto che abdica quando inizia a sentirsi vecchio. Ovvio quindi che avesse scelto le persone che riteneva più adatte alla successione: Costanzo (il padre di Costantino), Massimiano (un suo valente ufficiale) e Galerio, altro militare di umili origine che impressiona positivamente Diocleziano il quale lo nomina Cesare e gli fa sposare la propria figlia.
Di questi Massimiano gli è fedele e abdica quando glielo ordina Diocleziano (che era l’augusto principale fra i due). Probabilmente anche Costanzo si atterrebbe al progetto di Diocleziano ma è anche malaticcio e infatti muore pochi anni dopo l’abdicazione: magari quindi rimane fedele solo perché privo delle energie necessarie per prendere l’iniziativa.
Ma Galerio invece cerca da subito di prendere il controllo dell’impero e impone due nuovi cesari scegliendogli di dubbia qualità forse con l’idea che così facendo questi gli resteranno fedeli senza creargli problemi.
Inutile dire che sbaglia i propri conti: uno muore presto ma l’altro, a cui affida i propri figli in punto di morte, li fa uccidere qualche tempo dopo…
Non voglio ripercorrere la storia di quegli anni: il punto è quanto sia evidentemente difficile trovare persone competenti e che, contemporaneamente, non si facciano prendere dall’ingordigia del potere tradendo il proprio benefattore e l’eventuale progetto a cui, evidentemente, avevano dichiarato di credere.
Ripensavo a tempi più recenti con esempi simili: mi è venuto in mente Berlusconi.
In una prima fase si era circondato di persone relativamente in gamba: ricordo, mi pare si chiamasse Biondi, una figura di spicco di Forza Italia che però in un fuori onda si lasciò scappar detto qualcosa del tipo “Berlusconi non è così intelligente come vuol far credere o pensa”. E così Biondi (mi pare fosse il suo nome) sparì dalla scena politica.
Inizialmente Berlusconi si appoggiò al cosiddetto gruppo dei “professori” capeggiato da Urbani...
Oppure Tremonti: una delle poche leggi che aiutarono l’economia (a detta di un commercialista!) porta il suo nome, fu l’ideatore della Cassa Depositi e Prestiti che, aggirando le regole europee, costituiva un braccio economico sotto il controllo dello Stato: non ricordo bene i particolari ma credo che ebbe poi un dissidio con Berlusconi e anche lui sparì dall’agone politico.
E il suo delfino Fini? Fini, forse stanco di aspettare un passaggio di consegne, cercò di prenderne il posto ma fallì nell’intento…
Più recentemente Berlusconi passò alla seconda strategia: circondarsi di persone meno capaci aspettandosi che queste gli fossero più fedeli.
Ecco quindi le varie igieniste dentali e simili entrare in parlamento, il Brunetta che prende il posto di Tremonti e il nuovo “delfino” Alfano. Ma anche in questo gli esiti sono stati dubbi.
Insomma sembra che le persone capaci diventino presto troppo ambiziose ma che anche quelle meno dotate, invece di eterna gratitudine, si convincono di meritare e poter ambire a ruoli ancora più elevati…
Da cosa dipende questo problema che, con le dovute proporzioni, sembra comune a ogni epoca?
L’ipotesi più naturale è che sia nella natura umana non riconoscere i propri limiti, dimenticare i propri obblighi e pretendere sempre di più. Ai singoli individui NON si applicano le leggi del potere ([E] 5) ma in questo caso sembra che quella della crescita, ovvero il volere sempre più forza, sia comunque verificata.
È poi vero che alcuni individui in effetti si mantengono fedeli: nei nostri esempi abbiamo Costanzo e Massimiano (almeno inizialmente) nel IV secolo e più recentemente Tremonti (che non ha tradito ma si è allontanato spontaneamente) o Brunetta.
Questo mi fa ritenere che in questa tendenza al tradimento vi sia anche una buona base di errore di scelta dei propri collaboratori.
Da qui ne derivo una nuova ipotesi: le persone che raggiungono con i PROPRI mezzi il potere, nei nostri esempi Diocleziano (di umili origini fece carriera nell’esercito e da questo fu poi acclamato imperatore) e Berlusconi (inizialmente un comune piccolo imprenditore), potrebbero avere delle caratteristiche mentali che li portano al successo, fra cui immagino una buona dose di egocentrismo e fiducia nelle proprie capacità, ma che contemporaneamente li rendano poco abili a valutare le altre persone. Questo potrebbe essere un motivo che contribuisce a valutare e scegliere erroneamente i propri collaboratori.
E quindi?
Beh, non mi sento di andare oltre le ipotesi fatte: da una parte c’è la tendenza umana a non accontentarsi di ciò che si ha; dall’altra la possibilità che fra le doti di chi raggiunge il potere con le proprie forze non vi sia anche la capacità di leggere l’animo più profondo degli altri individui andando oltre i momentanei interessi comuni.
Conclusione: incertezza.
alla prima stazione
1 ora fa
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