Devo ammettere che il caldo in questi giorni ottunde un po’ il mio giudizio: dormo male, penso male e, quindi, scrivo male.
Però è davvero da molto tempo che volevo scrivere questo pezzo ed è forse il caso di provarci comunque anche se, forse, non sono nelle condizioni migliori per farlo.
L’idea è quella di analizzare il significato di una nuova definizione/distinzione che ho introdotto nell’ultima versione dell’Epitome: quella fra intellettuale critico ed intellettuale organico.
Ricopio qui di seguito la definizione che ne ho dato in [E] 3.5 alla nota 149:
«Ci si potrebbe chiedere quale sia il ruolo degli “intellettuali” nella diffusione di protomiti e distorsioni: i liberi pensatori non ci danno forse una visione oggettiva della realtà? Assolutamente no: storicamente gli intellettuali hanno sempre tramandato (giustificandola e, magari, interpretandola a proprio vantaggio) la visione del mondo caratteristica dei potenti della propria epoca. Solo recentemente gli intellettuali possono avere un'indipendenza economica che possa permettere loro di esprimere liberamente ciò che pensano.
Per questo motivo solo negli ultimi anni, diciamo dal XX secolo in poi, ha senso distinguere fra intellettuali organici e critici: gli intellettuali organici sono quelli funzionali al potere costituito e che, in genere, lo esaltano e lo giustificano; quando un intellettuale organico critica un parapotere lo fa solo perché sta seguendo le indicazioni di un altro forte potere che gli ha dato il compito esplicito di farlo. Gli intellettuali critici sono invece quelli sostanzialmente indipendenti e che danno quindi la propria onesta visione del mondo: proprio per questo, sono utilissimi alla democratastenia mentre vengono parimenti ostacolati dei parapoteri; anche oggi gli intellettuali critici sono una sparuta minoranza perché comunque è più facile e conveniente seguire la corrente e uniformarsi al pensiero dominante piuttosto che sostenere verità invise ai potenti.»
Il discorso andrebbe ulteriormente ampliato (e probabilmente ne farò infatti un sottocapitolo a sé stante) nel tempo. Gli intellettuali sono uomini e, come tali, devono mangiare per poter sopravvivere! Per questo motivo, solo negli ultimi secoli, gli intellettuali critici hanno trovato un loro spazio nella società riuscendo, proprio grazie alla loro onestà intellettuali, ad avere successo nel proprio campo (vuoi come scrittori, poeti, pensatori, artisti, etc…): quando invece la propria sopravvivenza dipendeva dal sostegno di un mecenate era necessario non contraddirlo. Questo non significa che anche, ad esempio, nel medioevo non ci siano stati degli equivalenti di intellettuali critici! Solo che erano molto più rari e, solitamente, rischiavano di finire nei guai (leggi “rogo”) per le loro idee: penso agli eretici ma anche, ad esempio, a Galileo.
È poi bene precisare che intellettuale organico non significa intellettuale incapace ma intellettuale che asservisce la propria abilità agli interessi dei potenti del proprio tempo: in cambio viene premiato col successo vuoi economico che di fama. Gli intellettuali organici “fanno rete” e si esaltano a vicenda riconoscendosi i rispettivi meriti, veri o presunti che siano.
Inoltre non è detto che tutta l’opera di un intellettuale sia inquinata da queste influenze esterne: specialmente se si tratta di un artista la sua opera può essere comunque intrinsecamente di valore. In questi casi generalmente, l’affiliazione dell’artista ai propri parapoteri di riferimento è secondaria: al giorno d’oggi può avvenire, ad esempio, tramite interviste o comunque dichiarazioni pubbliche: dove si loda una parte politica e se ne critica un’altra o, magari, si prendono posizione ben definite (ma a favore di qualche parapotere, magari non apertamente) su temi caldi. In genere questa testimonianza di “fedeltà” è come minimo sufficiente per garantire un po’ di visibilità in più sotto forma di interviste, comparsate in tivvù e simili.
Questo ci porta direttamente all’elemento della “buona fede” e “onestà intellettuale”. È possibilissimo che un intellettuale esalti i protomiti dei parapoteri (in genere proprio per questo dominanti) perché realmente crede in essi: in questi casi sincerità e fanatismo rischiano di sovrapporsi e, chi la pensa diversamente, rischia di divenire un esponente del male. In genere però gli intellettuale che spontaneamente e sinceramente prendono le parti dei parapoteri hanno una caratteristica comune: NON sono dei grandi intellettuali (*1), magari sono abili e capaci, in grado di generare genuina ammirazione nei loro contemporanei, ma difficilmente superano la prova del tempo!
Questo perché manca loro una delle qualità più importanti e necessarie: il riuscire a trascendere gli epomiti che dominano la propria epoca che, come spiegato nell’Epitome, sono strutturati fra loro in maniera da garantire e giustificare la stabilità sociale e, quindi, le relative diseguaglianze. Infatti solo trascendendo il presente si può aspirare a raggiungere quelle verità universali valide anche nelle epoche successive.
Da queste considerazioni emerge un concetto non secondario: quale dovrebbe essere lo scopo di ogni intellettuale, anzi di ogni uomo? La domanda è ovviamente troppo ampia per avere un’unica risposta eppure credo che uno dei fattori fondamentali sia la sincerità la quale, nel nostro contesto, si traduce nella diffusione di protomiti non fuorvianti (quindi magari errati ma non in malafede). Qui poi si travalica nella morale: a mio avviso l’intellettuale che si rende conto di un’ingiustizia dovrebbe denunciarla e, come scritto in [E] 4.5, l’ingiustizia maggiore (*3) è probabilmente quella degli enormi e ingiustificati squilibri di ricchezza fra i pochi fortunati (*2) e gli appartenenti alla democratastenia.
Ma perché trovo queste definizioni così importanti?
Perché sono utilissime!
Se si riconosce con che tipo di intellettuale si ha a che fare diviene allora anche evidente quale sia il valore della sua opera.
I lavori degli intellettuali organici (quando, ovviamente, non prettamente artistici) ripropongono, esaltano e giustificano gli ideali (cioè i protomiti) dei rispettivi parapoteri di riferimento: danno quindi una visione della realtà falsata da una prospettiva di parte. Essa può avere una sua utilità storica, almeno per la comprensione delle ragioni dei parapoteri, ma non aiuta particolarmente a comprendere il presente.
Al contrario le opere degli intellettuali critici sono utilissime perché spesso spiegano e analizzano quelle problematiche “scottanti” che evidenziano problematiche sociali in cui i parapoteri hanno ingiusti vantaggi sulla democratastenia; invece gli intellettuali organici, le stesse problematiche, le sfuggono, le minimizzano, le distorcono o le falsano.
C’è da dire che, a volte, come accennato nel breve passaggio riportato, anche le opere degli intellettuali organici possono avere una loro utilità pratica: spesso infatti possono attaccare dei parapoteri su mandato, diretto o indiretto, del proprio potere di riferimento. Talvolta le accuse di questi intellettuali possono avere base valide e, quindi, essere utili per una migliore comprensione della realtà. L’uomo comune deve però ricordarsi che a nessun parapotere stanno a cuore gli interessi della democratastenia e che, al 99%, si tratta di una lotta di potere (*4) da cui il vincitore si aspetta un aumento di forza, come al solito, magari indirettamente ma sempre a scapito della popolazione.
Chi riesce a individuare un intellettuale critico (perché come detto la stragrande maggioranza non lo è) ha trovato un tesoro. Conoscerne il pensiero aiuterà a comprendere le vere problematiche della società meglio della conoscenza delle idee di decine di intellettuali organici.
Esempi di intellettuali critici sono Pasolini e Flaiano (sebbene quest’ultimo di produzione più artistica), probabilmente dal poco che ho letto anche Gramsci (ma dovrei conoscerlo meglio). Attualmente aggiungerei anche Bagnai almeno prima della sua recente presa di posizione politica (che potrebbe ora renderlo, almeno parzialmente, organico).
Anzi proprio leggendo Gramsci ho avuto la netta sensazione che senza la confusione, il rumore di fondo, provocato dagli intellettuali organici, l’umanità avrebbe fatto dei grandissimi passi avanti: invece gli interessi di pochi, difesi però da schiere di intellettuali prezzolati, costringono l’uomo in una gabbia di incertezze e di verità parziali, quando non apparenti, dalla quale è difficilissimo liberarsi per poter progredire.
Conclusione: trovo che queste semplici definizioni di intellettuale abbiano la stessa utilità delle mie precedenti definizioni di populismo in [E] 12.4: in un attimo, riconoscendo il tipo di populismo con cui abbiamo a che fare, è possibile prevederne l’azione e le possibilità di successo. Lo stesso vale per queste definizioni di intellettuale (inizio già a immaginarmi delle tabelle che ne stabiliscano le diverse caratteristiche) dalle quali sarà facilmente possibile capire con chi si ha a che fare...
Nota (*1): ad esempio il Manzoni fu un intellettuale organico in buona fede; la stragrande maggioranza degli attuali giornalisti italiani sono invece intellettuali organici in mala fede (spesso mentono sapendo di mentire per favorire gli interessi di una parte).
Nota (*2): perché la ricchezza non proviene dal merito (anche se così si tende a voler far credere!) ma dalla semplice fortuna e dal fatto che la ricchezza stessa offre più facilmente la possibilità di incrementarla.
Nota (*3): la diseguaglianza alternativa alla ricchezza che avevo in mente è la libertà: ma alla fine credo che a forti squilibri di ricchezza corrispondano anche squilibri di libertà. Quante volte, anche in epoca moderna, nel “progredito” mondo occidentale, si vede il potente di turno che la fa franca anche di fronte alla legge? Oppure, cambiando livello di dettaglio, pensiamo alle libertà che gli USA si possono prendere nell’uso della forza militare. Al contrario, come disse Spourgita ad Andros, “la necessità è avara di scelte”: alla povertà non corrisponderà mai una grande libertà…
Nota (*4): chissà perché mi viene in mente la lotta fra papato e Sacro Romano Impero nel medioevo...
alla prima stazione
1 ora fa
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