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venerdì 17 maggio 2019

Poco fumo e poco arrosto

Prendo lo spunto dalle parole di un amico recentemente rincontrato per riflettere su questo mio ghiribizzo: dubito che questa parabola sarà particolarmente interessante ma metterci il marcatore “Peso” mi parrebbe eccessivo: il lettore lo tenga presente e valuti di conseguenza se continuare o no questa lettura!

Lo scorso venerdì, dopo anni di appostamenti, pedinamenti, missioni in incognito, telefonate anonime, microspie e sotterfugi vari, sono finalmente riuscito a incontrare per una pizza il compagno di banco del liceo di cui ho più volte scritto su questo ghiribizzo (v. Grande lezione, Delaware e un altro paio di pezzi in cui vi accenno e basta).

L’ho trovato fisicamente molto in forma, con più idiosincrasie di quanto ricordassi, di umore volubile, pronto alla risata, spiritoso, di piacevolissima compagnia e, sicuramente, ricco di idee interessanti.

Mi voglio soffermare sul “ricco di idee interessanti” perché questa frase, pur nella sua vaghezza e indeterminazione, è proprio ciò che meglio lo caratterizza. Ecco, avrei potuto anche equivalentemente scrivere “ricco di dee fuori dal coro”.
Di lavoro fa lo sceneggiatore di fumetti e, quindi, si può dire che vive della sua fantasia e creatività: io ovviamente ne ero affascinato perché ha percorso una strada non molto battuta, che parla di contrasti e difficoltà, ma che alla fine è stata ripagata da un meritato successo.
Riguardo la propria creatività mi ha espresso una considerazione molto interessante: dopo i primi anni di lavoro in questo settore ha acquistato sufficiente “tecnica” da risolvere facilmente le inevitabili complicazioni della sceneggiatura riuscendo a sopperire alla fantasia/creatività. Non credo che me l’abbia detto per modestia: è un tipo razionale e sincero che dice ciò che pensa senza farsi troppi scrupoli.
Penso però che, in questo caso, faccia un piccolo torto a se stesso: credo che, dopo anni di lavoro, la fantasia e creatività, necessarie per smussare gli spigoli di una trama, siano diventate inconsce nel suo modo di affrontare e risolvere un problema. Cioè mentre prima si doveva lambiccare il cervello ragionando sui pro e i contro di ogni possibile alternativa, magari fino a quando non aveva un’improvvisa illuminazione, adesso riesce a canalizzare automaticamente la propria fantasia in quella che lui chiama tecnica. Insomma usa la propria creatività senza nemmeno rendersene più conto!
Ma ovviamente questa è una mia ipotesi: magari alla prossima occasione gliene parlerò per avere il suo parere…

Come sempre (poveretto!) durante la cena non ho resistito a fargli vedere il mio ghiribizzo sul telefonino: curiosamente (ma in effetti dato il suo lavoro non poi troppo) è rimasto abbastanza colpito dai disegnini della mia legenda e li ha studiati con più attenzione di quanto mi aspettassi.
Alla fine ha lanciato un’osservazione che mi ha molto colpito (un altro esempio del suo essere “ricco di idee interessanti”). Semplicemente mi ha detto (la frase seguente è una mia riformulazione del suo pensiero) che per apprezzare le mie vignette si deve conoscermi altrimenti si rischia di considerarle con superficialità, magari giudicandole banali e infantili, senza apprezzarle pienamente.
Per sicurezza nei giorni seguenti gli ho chiesto di rispiegarmi quale fosse la sua idea e mi ha confermato che era proprio questa che ho appena esposto.
Non so: è un concetto che per qualche motivo mi turba non poco. Credo ci possa essere qualcosa di profondamente vero, che magari non si applica a tutti ma ad alcuni, magari molti, sì.
Incidentalmente credo che questa sua affermazione sia un esempio della sua intuizione divenuta inconscia: lui ha guardato le mie vignette leggendone con attenzione la descrizione e poi, apparentemente senza averci riflettuto sopra, mi ha dato la sua “diagnosi”.

Ma perché mi preoccupo così tanto che le mie vignette possano non essere pienamente comprese?
Il motivo è che lo stesso identico ragionamento, valido per i miei disegni, si potrebbe applicare al contenuto di tutti i miei pezzi! Mi chiedo infatti se anche per seguire i miei ragionamenti sia necessaria la conoscenza del mio modo di pensare ed essere…
Non so, non saprei: io spero di no, mi sforzo infatti di essere particolarmente chiaro nell’esposizione delle mie idee e cerco di tenere a bada il mio senso dell’umorismo che potrebbe confondere i lettori; proprio per essere più chiaro scrissi la prima versione dell’Epitome: per avere un punto unico a cui rimandare il lettore invece di una giungla di collegamenti a vecchi pezzi…
Eppure adesso questo dubbio mi è entrato in testa…
Ma, credo, la parola chiave è “umorismo”!
Il mio umorismo è in effetti non banale: direi che, in genere (*1), ha una doppia natura ed è allo stesso tempo apparentemente infantile ma con dei risvolti più profondi; ci aggiungo poi riferimenti talvolta criptici (quando non esoterici) e ripongo molta attenzione ai dettagli, spesso caricandoli di significato, tali talvolta (*1) da cambiare il senso del tutto.
Ecco, in questo caso una lettura superficiale potrebbe rischiare di fermarsi allo strato infantile senza cogliere ciò che richiederebbe più attenzione.
Mi pare plausibile.
Nei miei pezzi invece evito volutamente di inserirvi il mio umorismo (sempre che non abbiano il marcatore “Faceto” o “Pillola”) e cerco di scandire chiaramente il percorso logico della mia riflessione. Ecco, magari resta sempre il pericolo dei piccoli dettagli (magari a livello di singola frase) un po’ troppo importanti e carichi di significato: a una lettura rapida potrebbero sfuggire sminuendo il significato dell’intero articolo.

Il problema di fondo è che il pensiero è sempre complesso: ogni riflessione ha la sua pletora di “se” e “ma” che la condizionano e la delimitano. Uhmm…
Non so: forse dovrei dare più credito ai miei lettori: fidarmi della loro capacità di comprendere autonomamente anche i dettagli minori senza il bisogno che io li evidenzi soffermandomici o divagando. Ci rifletterò sopra….

Conclusione: alla fine, temo, questo pezzo mi è venuto veramente noioso! Interessante solo per me perché mi ha fatto riflettere sul mio modo di esprimermi ma che non mi pare possa essere di grande interesse generale. Ho deciso: ci metterò anche il marcatore “Peso”!

Nota (*1): ovviamente con le dovute, anzi direi numerose, eccezioni! L’umorismo dopotutto non può avere regole rigide e io stesso non credo di essere fedele a questo mio presunto “stile” molto più di un 60% delle volte...

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