«[Figlio dell'uomo] Porgi l'orecchio e ascolta le parole di KGB
e applica la tua mente alla SUA istruzione
» Pv. 22,17

Qui si straparla di vari argomenti:
1. Il genere dei pezzi è segnalato da varie immagini, vedi Legenda
2. Per contattarmi e istruzioni per i nuovi lettori (occasionali e non) qui
3. L'ultimo corto è questo
4. Molti articoli di questo blog fanno riferimento a definizioni e concetti che ho enunciato nella mia Epitome gratuitamente scaricabile QUI. Tali riferimenti sono identificati da una “E” fra parentesi quadre e uno o più capitoli. Per esempio: ([E] 5.1 e 5.4)

mercoledì 30 aprile 2014

Il giaguaro ghignante (3/3)

Mi avviai verso l'ingresso, non più nascosto nei panni dell'umile servetta, ma avvolto da tutta la maestà del mio potere che mi circondava come fosse un alone di fuoco. I soldati a guardia della porta della sala da pranzo mi guardarono a bocca aperta.
Il più giovane dei due vide la luce dei miei occhi e vi lesse la morte: dimentico di tutto lasciò cadere il fucile a terra e, impazzito per il terrore, scappò urlando sfondando una finestra. Non mi curai nemmeno di ucciderlo e fissai con curiosità il soldato più anziano. Capii che era una brava persona: la necessità lo aveva costretto a fare quello che aveva fatto. Non ne era fiero ma aveva avuto una famiglia da salvare. Ora mi guardò tremante come una foglia e mi puntò contro la pistola. Sapevamo entrambi che era un gesto futile: ne apprezzai il coraggio ma non potei comunque tollerare una tale insolenza.
Battei appena l'estremità della verga sul pavimento e il suo corpo esplose come fosse un palloncino scoppiato: le ossa e pochi resti sanguinolenti caddero al suo posto. Io risi: non avevo pensato che l'esplosione mi avrebbe completamente ricoperto di sangue e brandelli umani e lo trovai divertente.

Con un gesto della verga cercai di far aprire la doppia porta della sala da pranzo. Calcolai però male l'intensità della forza che controllavo: i battenti vennero scardinati insieme ad abbondanti pezzi di muro e scagliati lontano. Un uomo dall'altra parte della stanza venne colpito in pieno e morì senza nemmeno accorgersene.
Entrai nella grande sala fermandomi a osservarla dalla soglia: tutti mi guardavano con gli occhi sbarrati, nessuno pensò a reagire o a fuggire perché la mia ira mi aveva preceduto e aveva gelato i loro cuori. Su un tavolo alla mia destra vidi un vassoio pieno di frutta: ricordai di aver fame e raccolsi una mela che, nel silenzio generale, iniziai a mangiare guardandomi intorno.
Vidi che la maggior parte dei commensali era composta da una bandaccia di ufficiali, evidentemente gli uomini fidati del comandante, il suo stato maggiore. Uno sguardo mi bastò per capire che erano uomini capaci di tutto: che avevano più volte abusato del loro potere per il proprio interesse o per il proprio piacere. Qualcuno di loro aveva al proprio fianco una donna, qualche inserviente che serviva fra i tavoli era adesso inginocchiato sul pavimento e, su un palco da un lato, c'era perfino una graziosa schiava bianca (ma non una delle donne che conoscevo) che, suppongo, aveva intrattenuto gli ospiti ballando.
Per me non faceva differenza, le loro meschinità non mi interessavano: erano solo dei pulcini appena usciti dall'uovo. Esseri insignificanti. E io non venivo per punire i colpevoli o per liberare gli oppressi: venivo solo per il mio amore.

Ed Eleonora era là: una corta veste di bisso trasparente, che ne evidenziava più che nasconderne il seno, arrivava a ricoprirle solo parzialmente le gambe bianchissime che teneva ripiegate sotto di sé. Alle braccia e alle caviglie portava dei preziosi bracciali dorati mentre grandi piume colorate le adornavano i capelli biondi come fossero una corona. Era vestita come una schiava ma sapevo che era solo apparenza e che in realtà era una regina. Per lo stupore si era portata la mano sinistra a coprirsi la bocca dalle labbra ocracee mentre con la destra stringeva forte la mano del suo compagno.

Il suo signore, ma anche il suo primo suddito, non poteva che essere il colosso nero che avevo visto di sfuggita dalla finestra della soffitta sotto il tetto. Adesso avevo l'opportunità di studiarlo bene mentre finivo di mangiucchiare la mia mela: non era solo un uomo grande e grosso, vidi anche lineamenti nobili e uno sguardo intelligente e fiero sul suo volto. Amaramente pensai che Eleonora aveva fatto un deciso progresso rispetto all'anodino Roberto...
Lo scrutai negli occhi e gli lessi l'anima: vidi con disgusto il suo amore profondo e contraccambiato per Eleonora, ma questo l'avevo già capito da come si tenevano per mano senza bisogno della mia magia; piuttosto volli scoprire il motivo per cui lei non era ufficialmente la sua regina: Udan, questo era il suo nome, era un uomo pratico e politicamente non poteva, non ancora, permettersi di sposare una bianca; ma era capace di guardare lontano e aveva grandi capacità. Aveva in mente di ricostruire il mondo e sapeva come fare. Aveva un piano, delle intuizioni, la buona volontà e la pertinacia necessaria per realizzarlo: non amava la violenza ma non esitava a usarla per raggiungere i propri scopi, per quello che riteneva essere un bene superiore. E se ne assumeva le responsabilità: questo lo apprezzai.
In questi pochi secondi era in qualche modo riuscito a raccogliere il suo coraggio e ad alzarsi in piedi mentre tutti gli altri erano ancora paralizzati e atterriti dalla mia presenza. Sapevo già cosa avrebbe detto con la sua voce bassa e profonda: ormai lo conoscevo meglio di chiunque altro. Conoscevo tutta la sua vita, tutto ciò che aveva detto e fatto, le sue sconfitte (poche) e le sue (molte) vittorie. Era un grande uomo e io sarei stato orgoglioso di vivere la sua vita. Sapevo che mi avrebbe parlato della sua grande speranza per un futuro migliore, di ciò che avrebbe voluto ottenere, del suo amore per Eleonora, dei loro figli, già i loro figli...
Il peggio era che io sapevo che aveva ragione: vedevo chiaramente nelle possibilità e nei vortici del futuro che lui e i suoi discendenti erano la migliore speranza per una nuova civiltà più luminosa, giusta e gloriosa di quella che avevamo conosciuto.
Sapevo anche che non dovevo guardare il volto di Eleonora: leggerne l'amore per il suo uomo avrebbe inacidito tutto il mio potere rendendolo vano; ne avrebbe evidenziato l'impotenza a reclamarne il cuore. Una dolorosa beffa che avrebbe reso umiliante e insopportabile qualunque mia decisione.

Udan stava parlando ma io non l'ascoltavo: non avevo bisogno di farlo. Osservavo il suo corpo e la sua postura sicura di sé. Sapeva di essere eloquente e di stare guadagnando a ogni secondo la mia ammirazione e il mio rispetto. Nonostante tutto la sua fiducia in se stesso mi stupì. Un irritante dubbio mi pervase: forse avevo lasciato trasparire la mia incertezza? Forse lo sforzo di non guardare, neppure per un istante, gli occhi di Eleonora aveva tradito la mia unica debolezza?

Come se avesse percepito che la pensavo lei si mosse: non la guardai ma intravidi la macchia pallida, che sapevo essere il suo braccio, aggrapparsi e strattonare leggermente il lembo del mantello di Udan.
Lui, senza smettere di parlare, si piegò appena verso di lei e il suo petto villoso si scoprì per un attimo: in quell'istante vidi sopra il suo cuore un tatuaggio dimenticato, vidi di nuovo l'orribile testa del giaguaro che rideva beffarda di me. Vidi Eleonora, ora avvinghiata sopra di lui, che baciava con passione proprio la piccola belva tatuata sul suo ampio petto, la vidi ora, schiacciata sotto di lui, che gemeva felice e innamorata. Vidi che tuttora, nonostante il mio inumano potere, avrebbe riso del mio amore per lei. E fu allora che mi avvidi di quanto grande fosse il mio odio. Vidi che l'umanità al suo confronto non meritava né la mia comprensione né il mio sacrificio.

Fu allora che dai miei occhi scaturirono due violentissime saette assassine che, con un accecante lampo azzurro, avvolsero la coppia. Il boato fu immediato e tremendo: i corpi, le sedie, il tavolo, il pavimento e la parete alle loro spalle esplosero in mille frammenti travolgendo e mutilando i commensali. L'aria graveolente puzzava di ozono e carne bruciata mentre scariche di elettricità statica si inseguivano crepitando lungo le pareti. A terra nel carnaio di corpi sanguinanti e fumanti c'erano solo pochi sopravvissuti che gemevano come irritanti gattini gnaulanti.
Di Eleonora e Udan non erano rimaste che delle macchie scure e fumanti ma la mia ira non si placò e anzi, adesso che l'avevo lasciata uscire, mi travolse e nutrendosi di se stessa e crescendo sempre più.
Con un grido furibondo spezzai la verga con la quale potevo controllare il mio potere: controllare la mia ira l'avrebbe ridotta a rabbia che mi avrebbe consumato dall'interno mentre io volevo che diventasse collera implacabile, perenne flagello per gli altri.
La terra sussultò e la casa crollò intorno a me: un verde fuoco preternaturale bruciava ogni cosa. Anche le pietre e i mattoni ne venivano divorati riducendosi a cenere nera. Era un uragano di morte che continuava a crescere distruggendo l'intera città: sentii una moltitudine di persone, tornate a popolare il vecchio quartiere, che morivano, ignare del perché, urlando fra le fiamme implacabili. Ma non me ne curai: lo ritenevo solo un misero quanto dovuto omaggio alla mia giusta collera.

Da allora sono passati millenni: l'umanità è in un nuovo medioevo barbarico dove regna l'oscurità e la violenza. E io ne sono la divinità suprema, temuta e odiata. Esigo cruenti sacrifici di sangue per non punire i miei stupidi adoratori. In particolare mi accanisco contro gli uomini brillanti, coloro che si alzano al di sopra dei loro pari per doti e fisiche e morali: con loro sono spietato e li ostacolo facendoli fallire in tutte le loro iniziative. Alla fine, dopo averli umiliati e resi invisi ai loro simili, li faccio morire orribilmente. La loro colpa è di quella di ricordarmi colui che mi derubò dell'amore di Eleonora: la loro sola esistenza mi fa ribollire l'ira mai placata del mio cuore.
Per qualche motivo i neri sacerdoti del mio culto, tanto inetti quanto ignoranti e perfidi, confondendo leggenda e realtà, mi chiamano il “giaguaro ghignante”: ma in realtà io non rido mai.

martedì 29 aprile 2014

Strategia di persuasione

Torno alla strategia che avevo promesso di illustrare in Gli intelligenti e onesti del PD/PDL (al quale rimando per capire di cosa sto parlando) prima che mi passi di mente!

In realtà l'idea, adesso che vedo i miei appunti nero su bianco, non è troppo sofisticata.
L'obiettivo da prefiggersi è quello di diminuire il senso di vergogna/frustrazione/paura che è associato all'ammissione inconscia che un aspetto importante della propria persona ha basi marce e deve essere cambiato. In altre parole non si deve cercare di convincere l'interlocutore POI (*1) con argomentazioni razionali: bisogna invece affrontare il problema alla radice inconscia.
L'idea non è quella di far cambiare idea a una persona con un colloquio di pochi minuti ma di gettare le basi affinché, prendendosi il tempo necessario, possa farlo autonomamente: il mezzo è quello di rimuovere gli ostacoli psicologici inconsci che bloccano il riconoscimento dei fatti per quel che sono. L'evidenza razionale è infatti già chiaramente dalla parte del M5S: per un POI l'unico ostacolo ad ammetterlo coscientemente è inconscio o legato a mancanza d'informazione (ma questa mancanza ha, di nuovo, la stessa origine inconscia).

Per rimuovere (o almeno “abbassare”) tale ostacolo inconscio seguirei due linee guida principali.
La prima è che non sono le idee del POI a essere errate, gli ideali della sua giovinezza con i quali è cresciuto e si è formato, ma è stato il PD±L (*2) (e spesso è proprio così) di riferimento a tradirli. In questa maniera, se si parte dal presupposto che i propri princìpi fossero corretti, la propria personalità è meno sconvolta dal riconoscere che votare per PD±L è sbagliato. Conseguentemente il POI proverà quindi molto meno vergogna/frustrazione/paura a cambiare idea (voto).

La seconda è insistere che il percorso di comprensione del POI è comune a molti e, proprio per questo, il POI non deve temere di cambiare idea perché molti altri ci sono passati. Io insisterei molto nel dire, annuendo con comprensione, «Anch'io la pensavo come lei...» oppure «Anche il tale medico/ingegnere/poliziotto [il “chi” dipende dall'interlocutore: dovrebbe essere una categoria in cui egli si possa riconoscersi o avere stima; in genere la sua propria va bene...] ha fatto il suo stesso percorso...». Il termine “percorso” non è casuale e serve per comunicare all'interlocutore sicurezza e dirgli, senza indisporlo, che è nel giusto ma deve proseguire su questa strada.
A questo punto sarebbe bene dare la colpa della difficoltà del riconoscere e intraprendere il “percorso” ai media e non certo alla scarsa flessibilità mentale del POI! Io direi qualcosa tipo «...ho iniziato a cambiare idea quando ho capito che i media non raccontano i fatti come stanno...». Senza accusare il POI di leggere una sola fonte di parte: le persone intelligenti non lo fanno e quindi (anche se lo fa!) equivalerebbe ad accusarlo di essere sciocco. Proseguirei quindi con «...poi, quasi per caso, ho iniziato a leggere altre fonti e ho visto che mi raccontavano una storia completamente diversa: ora delle due ne deve essere vera una e allora ho iniziato a rifletterci e a volermi informare sempre di più...» L'idea è quella di suggerire un comportamento da seguire senza urtare la suscettibilità del nostro interlocutore che però dovrà riconoscere la logica di tale comportamento. Se rispondesse “...ma io leggo solo Repubblica.it perché ho poco tempo...” allora gli direi di non leggere gli articoli ma di limitarsi a scorrere i titoli del, ad esempio, IlFattoQuotidiano.it; l'interlocutore dovrebbe riconoscere il buon senso di questa proposta... ah! Eviterei di menzionare direttamente il viario di Grillo perché potrebbe essere percepito come troppo fazioso (meglio, ad esempio, suggerire www.parlamentari5stelle.it ): il POI dovrà arrivarci per proprio conto.

Vabbè, mi stavo infilando in una conversazione immaginaria ma spero almeno di aver reso il senso dell'approccio corretto da tenere con i POI per portarli spontaneamente ad ammettere che il M5S è l'unica alternativa al PD±L.

Altra avvertenza (che mi provengono dal corso di psicosociologia!) importante: mai accusare il nostro interlocutore di sostenere il PD±L e di essere come tale concausa dei problemi! Questo otterrà l'effetto opposto, aumentandone l'identificazione personale, spingendolo a sostenere, aldilà di ogni ragionevolezza, le posizioni dei vecchi partiti...
Un esempio: è logico e corretto porre la domanda «È contento della situazione attuale?» per sondare il nostro interlocutore; non bisogna però proseguire chiedendo «Di chi è la colpa?» perché questo porterebbe all'identificazione di cui parlavo (se il POI ha votato PD±L), piuttosto meglio proseguire (prima linea guida) con «Ma le sembra che il PD abbia fatto molto per i più deboli?» (o, se di destra, «Ma le sembra che il PDL abbia fatto molto per rilanciare l'economia?»). Parole accuratamente scelte per ottenere un “no”... e poi bisognerebbe insistere sul fatto che gli ideali del POI sono gli stessi del M5S (difesa dei più deboli, rilancio dell'economia) mentre i partiti tradizionali li hanno traditi...
Scusatemi: sono ricascato a descrivere una conversazione immaginaria! Ma spero, anche in questo caso, di aver lasciato intendere il senso delle mie parole...

Conclusione: so che questo pezzo è, vuoi per brevità vuoi per mia incompetenza sulla materia, molto superficiale. Ci saranno comunque dei POI refrattari a ogni tentativo di persuasione per una moltitudine di fattori che non posso stare a elencare, sono però convinto che ci sai un'importante intuizione in quanto ho scritto e che non vada ignorata solo perché l'ho potuta approfondire sufficientemente.

Nota (*1): POI= Persona Intelligente e Onesta
Nota (*2): PD±L = tutti i vecchi partiti di nome o di fatto. Vedi Gli intelligenti e onesti del PD/PDL per maggiori dettagli.

lunedì 28 aprile 2014

Il giaguaro ghignante (2/3)

Mi svegliai: ero nella giungla tropicale circondato da liane, tronchi caduti, alte felci, fiori profumatissimi e libellule gigantesche. Era quasi buio ma non per il sopraggiungere della sera ma per colpa degli edifici che circondavano questo francobollo dimenticato di foresta. Ai miei piedi giaceva la testa di giaguaro che adesso non rideva più: le sue viscere, già ricoperte da mosche e formiche, erano sparse tutto intorno. Guardai la mia mano e mi accorsi di stringere il cuore della bestia. In quel momento seppi cosa fare: l'addentai e, non curandomi del sangue che mi colava sul collo e mi impiastricciava la faccia, lo mangiai tutto.

Una grande forza mi pervase: era talmente grande che sentivo il mio corpo enfiarsi faticando a contenerla. Temetti di esplodere mentre rabbia ed energia fuoriuscivano dai miei pori. Non ebbi più paura: ora ero io il cacciatore. Sapevo però di dover essere prudente: avevo un grande potere ma non sapevo come controllarlo.
Mi guardai intorno: il piccolo angolo di giungla non aveva sbocchi all'esterno. Dovetti risalire arrampicandomi sugli alberi per scalare poi le pareti della vecchia casa. Prima non ci sarei mai riuscito ma adesso era come fare una passeggiata: mentre ascendevo senza difficoltà mi permisi perfino di distrarmi pensando a un piano. La mia conclusione fu tanto semplice quanto la mia esaltazione era forte: decisi solo che avrei verificato la situazione nella casa per poi agire di conseguenza.

Arrivai al terrazzo: non c'era nessuno, era lo stesso eppure mi parve cambiato anche se non so bene in cosa. La porta a vetri non era chiusa. Silenziosamente scivolai all'interno nella luce soffusa. Doveva essere la grande camera da letto di Roberto ed Eleonora ma anche questa mi sembrò differente: non potevo esserne sicuro perché l'avevo visitata solo una volta, di nascosto, vittima dell'invidia e della melanconia. La disposizione di alcuni mobili era diversa? E quella panoplia di lance e scudo zulu appesa al muro? Le slanciate statuette d'ebano c'erano? E il tappeto? Eppure su una parete riconobbi la toilette da signora, sempre ricolma di spazzole e profumi, di Eleonora. Una vestaglia di pizzo era dimenticata su un angolo del letto e una scarpa dal tacco alta giaceva scompagnata sotto una sedia: anche se non potevo esserne sicuro mi convinsi che fosse proprio la stanza di Eleonora e Roberto.

Temevo che ogni istante perso potesse impedirmi di salvare la mia amata e così non indugiai oltre. Uscii nel corridoio e passai alla piccola cameretta adiacente. Anche qui non c'era nessuno: sotto la finestra c'era un lettino per bambini con le alte sponde di legno e alcuni giocattoli ai suoi piedi, dall'altro lato c'era una poltrona e un grosso armadio. Frugandolo rapidamente, in un cassetto, vi trovai una brutta veste da serva che aveva però il merito di essere estremamente larga. L'indossai facilmente sopra i miei vestiti: il mio potere era tale che sarebbe stato un travestimento più che sufficiente per permettermi di muovermi liberamente per la casa.

Scesi al piano inferiore: in una stanza vidi dei soldati che fumavano e giocavano a carte passandosi una bottiglia di whisky. Una grossa radio militare ronzava silenziosa mentre accanto a essa un soldato ciccione, con la camicia dell'uniforme slacciata sul ventre gonfio, dormiva su una poltrona tenendo i piedi scalzi su un basso panchetto e gli scarponi gettati da una parte.
Andai avanti, guardando in ogni stanza. Nessuno mi notò: chi mi intravide mi prese per una sguattera e non si degnò di farmi domande.
Non riuscivo però a spiegarmi la quotidiana tranquillità che intuivo nei comportamenti che vedevo: poi, in un attimo, ebbi un'illuminazione e mi resi conto di essere rimasto svenuto non per poche ore ma per molti anni: evidentemente ormai pensavano che io fossi morto e non temevano certo rappresaglie da parte mia. Nessun sospetto: tanto meglio per me.
Ripresi le ricerche: incontrai solo stanze vuote e una corpulenta serva di colore (la proprietaria dall'abito che indossavo?) impegnata a stirare un mucchio di panni...
Non vidi traccia dei miei compagni ma ormai non mi aspettavo di trovarne né, invero, mi importava del loro destino: il mio unico scopo era salvare Eleonora. Dopo tutto, se gli altri erano stati uccisi o venduti come schiavi, avevano solo avuto ciò che si meritavano.

Al piano terra c'era un'atmosfera completamente diversa: doveva essere l'ora di pranzo e la maggior parte degli ospiti della casa sembrava essere riunito a tavola nel grande salone da pranzo. Indugiai incerto: non sapevo bene che fare, da una parte avrei voluto affrontare i miei nemici ma, dall'altra, sentivo che era ancora troppo presto e che non ero pronto.
Forse per un vago appetito, impulsivamente decisi di andare in cucina: questa stanza non era cambiata quasi per niente e mi sembrò solo molto più logora per l'uso intenso che ne era stato fatto.
Mentre accarezzavo il vecchio tavolo, perso per un attimo in vecchi ricordi, mi sentii chiamare. Era una vecchia ma mi sembrò un mucchietto di stracci tanto era secca e minuta: la sua pelle era un labirinto di profonde rughe nere nel quale gli occhi erano solo due prugne secche e chiuse. Capii che era da sempre cieca ma percepii un barlume di magia. «Ragazza mia...» - mi disse con voce gracchiante, nonostante tutto incapace di “vedere” oltre il mio aspetto illusorio - «... tu hai un grande potere, ma devi imparare a controllarlo!». Era la mia occasione: «sì, sì è proprio così: insegnami come fare a usare la magia mia buona mamma!»- le risposi simulando una voce femminile.
La vecchia iniziò a piangere: si era convinta che io fossi la figliola da tempo morta, avrebbe voluto abbracciarmi e baciarmi ma non avevo tempo. «Buona mamma, saggia madre, insegnami! Te ne prego!» - insistetti senza avvicinarmi alle luride braccia protese verso di me. La vecchia capii che ero irremovibile e si rassegnò indicandomi, senza aggiungere una parola, la mensola sopra il forno. Non capivo ma lei continuò a fissarmi cieca e a tendere il braccio magro come un ramo secco verso lo sportello chiuso. Sospirai: temevo di star perdendo tempo ma mi dissi che, male che fosse andata, avrei forse trovato qualcosa da mangiare.

Aprii la piccola anta e improvvisamente rischiai di precipitare dentro il pozzo nero che si trovava al suo interno: come se la gravità si fosse ribaltata di novanta e passa gradi facendomi quindi cadere verso quello che fino a un attimo prima era stato “l'alto davanti a me”. Riuscii ad aggrapparmi ai bordi della mensola e, con estrema prudenza, vi infilai dentro la testa per guardare cosa c'era. A una decina di metri di distanza, avvolta in un bozzolo di luce, c'è una fatina con i capelli color biondo topo, sovrappeso e di mezza età: era indaffarata a maneggiare un telefonino e non mi degnava di uno sguardo. Poi si accorse di me che la guardavo e sbuffando mi disse con voce annoiata: «Per sfruttare il tuo potere deve imparare a usare la bacchetta magica...»
Mi ritrovai di nuovo nella cucina con la fatina cicciona al mio fianco che parlava senza guardarmi mangiucchiandosi le unghie della mano sinistra. La vecchia cieca rinsecchita sembrava essersi addormentata: non si mosse né proferì parola. Poi la porta da cui ero entrato si chiuse da sola sbattendo rumorosamente: «Ecco, ora riaprila con l'incantesimo...» - disse la fata.
Ma io non sapevo di quale incantesimo stesse parlando e, anzi, iniziavo ad arrabbiarmi: ero conscio che mi sarebbe bastato sollevare un sopracciglio per fracassare quella porta ma mi trattenni: quella era la mia potenza grezza ma io avevo bisogno di controllarla.
Lei insistette distratta: «Su ragazza, da brava, usa la formula GORBAKA NAK UTEL SICUT, dai...»
Io puntai la bacchetta verso la porta e provai a ripetere incerto - «GARBAKA NAK UTET SICUL». Sapevo di non aver ripetuto bene le parole e infatti la porta non accennò nemmeno ad aprirsi. Ma fu la fatina che prese l'iniziativa e che, sbuffando, mi brontolò «No! No! L'impugnatura è tutta sbagliata: il pollice non deve toccare l'indice, vedi...» e pose la sua mano sopra la mia sfiorandone il dorso.
In quell'attimo lei capì chi ero realmente e, urlando impaurita, si ritrasse da una parte: ma nello stesso momento anch'io avevo appreso le sue conoscenze. Ora sapevo come usare il mio potere: non me ne facevo niente di una piccola bacchetta da donna ma avevo bisogno di un grande bastone. Non ero una debole maghetta ma un possente taumaturgo. Avevo bisogno di un simbolo fallico adeguato, pensai ridacchiando fra me e me. Con una parola di potere richiamai nelle mie mani una nodosa e antica verga di quercia, lunga oltre due metri, appartenuta a una dimenticata divinità di un'era remota.
Riflettei se fosse il caso di uccidere la fatina ma questa approfittò della mia incertezza e scappò via all'interno della sua mensola. Io risi e decisi di lasciar perdere.

Mi avviai verso l'ingresso, non più nascosto nei panni dell'umile servetta, ma avvolto da tutta la maestà del mio potere che mi circondava come fosse un alone di fuoco.

domenica 27 aprile 2014

Gli intelligenti e onesti del PD/PDL (*1)

Periodicamente torno a pensarci e continuo a stupirmi: com'è possibile che delle persone oneste e intelligenti siano ancora fermamente dalla parte di questi vecchi partiti? Al riguardo ho elaborato un'interessante teoria.

Posso capire gli anziani che seguono solo la tivvù e alle 19:30 sono già a letto; oppure capisco chi ha un interesse diretto o indiretto nello status quo, chi insomma guadagna, o comunque lavora, solo se il PD/PDL rimane al potere...
Eppure non credo di essere il solo che ha parenti o amici, intelligenti e onesti, che nonostante l'evidenza continuano a essere (o dirsi) convinti che l'unica speranza per l'Italia sia il PD/PDL e che, anzi, il M5S porterebbe il paese allo sfascio. Poi, certo, c'è chi è intellettualmente limitato e vota per chiunque indipendentemente da ogni considerazione logica: non necessariamente il PD/PDL ma anche il M5S!
Comunque in questo pezzo, lo ribadisco, analizzerò solo le motivazioni delle persone oneste e intelligenti che votano PD/PDL (che per comodità indicherò con POIxPD).

Si potrebbe obiettare che ciò che è evidente a me può non esserlo per altre persone e vice versa. Sicuramente questo è vero ma, come vedremo, in questo caso non credo che il nostro disaccordo abbia un'origine logica o comunque dipenda da una diversa interpretazione della realtà. Dopotutto è almeno dagli anni '80 che la classe politica tradizionale ha dato prove e riprove della propria inadeguatezza: ogni tanto si danno una verniciata di fresco, cambiano qualche nome o il simbolo, ma i risultati sono sempre gli stessi se non peggiori. Come si fa a illudersi, anno dopo anno, che l'ennesimo uomo politico prodotto da questo sistema marcio sia diverso e migliore dei suoi predecessori? La logica vorrebbe che, se ci fosse un'alternativa credibile, tutti si dovrebbero affrettare a tentarla (v. Vecchi ristoranti e nuova trattoria) perché peggio non potrebbe andare...

Ecco, un'altra obiezione potrebbe appunto essere che il M5S non sia un'alternativa credibile. Questo poteva essere vero fino alle scorse elezioni politiche: da allora i parlamentari pentastellati hanno dimostrato che serietà, onestà e voglia di fare sono più che sufficienti per fare un ottimo lavoro (*2). Certo, qualcuno potrebbe ostinarsi a dire che il M5S in Parlamento non combina niente, dice solo di “no” e, insomma, non è costruttivo. La mia analisi però è limitata ai POIxPD: dove per “onesto” intendo anche, e soprattutto, dotato di onestà intellettuale. E chi è onesto intellettualmente non può negare l'operosità e capacità dei parlamentari del movimento.

Potrei andare avanti a lungo elencando le varie obiezioni che ho sentito farmi dai POIxPD e spiegando, caso per caso, quali siano gli errori di valutazione che stanno alla base delle loro argomentazioni. Lo scopo di questo pezzo non è pero quello di fare una lista ma di desumere una regola, una spiegazione generale, che illustri come i POIxPD giungano alle loro conclusioni errate.

Spesso le critiche più veementi da parte dei POIxPD sono dovute a una carenza di informazione o per disinformazione (*3). Ma come è possibile che delle persone intelligenti non si informino adeguatamente: dopotutto l'informazione alternativa ai media tradizionali esiste e dista solo un clic col topo del calcolatore!
Ecco, è in questo apparente paradosso che è nascosta la ragione segreta che porta i POI a votare per PD/PDL. La motivazione è inconscia e consiste essenzialmente nel non voler ammettere il proprio errore: l'investimento psicologico che una persona mette nella scelta del proprio colore politico è notevole. Chi immagina se stesso come “di sinistra” (e, analogamente se “di destra”) si vede in una maniera ben precisa: la loro identità personale è parzialmente definita dal proprio credo politico.
La conseguenza è che, ammettere che il PD/PDL è una porcheria ormai senza speranza, comporterebbe una parziale, ma significativa, rielaborazione del proprio io. Non tutti hanno il coraggio o la voglia di affrontare questo percorso di ricostruzione: soprattutto per chi, per anni e con fervore, si è dichiarato per una specifica parte politica sarebbe uno sforzo notevole ammettere di essersi sbagliati: equivalerebbe ad ammettere di essere degli imbecilli!
Per questo molte persone, per quanto spesso consapevoli che l'informazione che ricevano è tutt'altro che corretta (*4), preferiscono comunque non cercarne altra: semplicemente per loro non informarsi è la maniera più semplice per evitare di affrontare la realtà con tutto ciò che conseguirebbe per la loro personalità. Preferiscono illudersi di essere nel giusto piuttosto che affrontare i fatti: è molto umano e comportamenti simili si vedono spesso in altre situazioni...
Poi, ovviamente, determinante è anche la singola personalità: c'è chi non ha problemi ad ammettere di aver sbagliato e c'è chi lo vive come l'estrema umiliazione. Poi nel mezzo c'è una miriade di altre personalità intermedie...

Conclusione: l'aspetto più interessante di questa teoria è che essa apre strade nuove per far ragionare e riflettere i POI. Il problema di fondo non è infatti razionale ma inconscio: pertanto, affrontare i POIxPD usando solo argomentazioni logiche/razionali potrebbe non essere la strada migliore per convincerli del loro errore. Partendo dalla motivazione inconscia alla base del loro errore di valutazione, ho invece elaborato una strategia che ritengo più proficua ma che, per motivi di spazio, illustrerò solo in un prossimo pezzo....

Nota (*1): Da oggi in poi non mi riferirò più al PD o al PDL (lo so che non esiste più ma non ho intenzione di imparare, a ogni elezione, la nuova denominazione) singolarmente ma al PD/PDL perché ormai è appurato, aldilà dei falsi teatrini politici, che non c'è nessuna differenza significativa. Anzi, per chiarezza, all'interno del PD/PDL ci metto anche SEL, Scelta Civica, Fratelli d'Italia, etc...
Nota (*2): e far vergognare i parlamentari PD/PDL se questi sapessero cosa sia il pudore...
Nota (*3): Per esempio per la lettura esclusiva di Repubblica.it o Corriere.it
Nota (*4): ma comunque sottovalutandone di gran lunga le distorsioni e le palesi falsità...

sabato 26 aprile 2014

Pezzo d'emergenza

Oggi devo assolutamente scrivere qualcosa perché non mi piace che fra le varie puntate di un racconto non ci siano dei pezzi nel mezzo a separarle...
In effetti, dato che la seconda puntata del Giaguaro ghignante è programmata per il 28, avrei tempo anche domani per farmi venire qualche idea, però...

Il problema è che non ho idee particolarmente interessanti o divertenti e quindi mi limiterò a un rapido riepilogo di ciò che mi passa per la mente.

Lo studio del francese procede molto lentamente ma procede: anche se per la grammatica sono molto indietro, grazie ad Anki, ho continuato a studiare il vocabolario e, grazie a Google, ho continuato a verificare la pronuncia dei singoli vocaboli. Il vero problema è che ne voglio fare troppe...

Ieri ho avuto una feroce caccia al ratto. Svuotata una baracca che era stata infestata. Metà del contenuto è da buttare. Alla fine Bisba ha bloccato il gigantesco ratto (direi un 15 cm di corpo e altrettanto di coda) e io l'ho finito con un paio di palate. Il puzzo di feci e urina di topo mi è rimasto nel naso fino ad oggi.

Oggi invece guerra alle tarme: ho inserito nei vari armadi e cassettoni sostanze anti-tarme fra cui delle graziose palline di legno di cedro rosso. Ho la sensazione che l'effetto di questo legno sulle tarme sia “omeopatico” però, siccome l'odore è molto buono, ne ho infilata una anche nel mio cuscino! Almeno non ho più nel naso l'odore di ratto...

Esperimenti gastronomici: ieri mi sono inventato una specie di tortino vegetariano: ho messo nel forno uno strato di zucchine, uova e pan grattato, melanzane, formaggio (pecorino e poco perché ne avevo poco), uova e pangrattato (di nuovo ma meno di prima), pomodori e pangrattato (senza uovo). Il risultato è stato molto buono ma mi sono scottato la bocca per l'ingordigia...
Oggi, visto che mi erano avanzate due zucchine, ho invece improvvisato un condimento per la pasta: in una grossa padella ho soffritto olio ed aglio, poi vi ho aggiunto uno zucchino tagliato a cubetti e l'altro a fette sottili insieme a una cipolla (a fette sottili pure questa); per dargli sapore (oltre al sale e al pepe!) vi ho aggiunto anche un dado sciolto in mezzo bicchiere d'acqua e, per dargli consistenza, un po' di pangrattato; a fine cottura vi ho mantecato del parmigiano grattugiato e del prezzemolo. Il risultato è stato ottimo!

Ok, obiettivo raggiunto: basta così!

venerdì 25 aprile 2014

Il giaguaro ghignante (1/3)

Non so dove eravamo né come ci arrivammo: ma non è sempre così? Qualcuno sa veramente dov'è e dove sta andando? E comunque non è questo l'importante...

Eravamo stanchi di vagare e quello sembrava un buon posto: era una zona residenziale tutta linda, vecchie case in legno dipinte una accanto all'altra, piccoli giardinetti antichi, ombrose strade alberate, l'unico suono era il frinire dei grilli nella calura estiva.
Non vedemmo nessuno ma non c'erano tracce né di fiamme né di devastazioni: come se un mattino tutti gli abitanti se ne fossero ordinatamente andati dimenticandosi di tornare.

A me la casa grande non piacque, mi sembrò minacciosa, ma gli altri, specialmente le donne, ne furono entusiasti: la dispensa era ricca di cibo e c'erano tutte le comodità adatte a una lunga attesa del nulla. Risero quindi, allora come sempre, dei miei ammonimenti: non mi ascoltavano mai. Non so perché stavo con loro, visto che la maggior parte di essi mi sopportava a malapena. Però c'era Eleonora...

Eravamo undici: quattro donne e sette uomini. Tre coppie si erano già formate, o esistevano già... non ricordo né mi interessa: donne insulse e di nessun significato nelle vicende che seguirono... Ma Eleonora era diversa: non solo era alta, bella, simpatica, intelligente e dotata di tutte le migliori doti che potete immaginare, ella aveva qualcosa di più. Un tocco di magico, qualcosa di impalpabile che la rendeva unica e che non mancava di affascinare chiunque. Mi rattristava sapere che la maggior parte degli uomini ne vedevano solo la splendente bellezza, già molti meno ne apprezzavano anche le qualità morali e intellettive ma pochissimi, forse solo io, ne percepivano la magia.
Lei inizialmente restò sulle sue: sembrava guardarsi intorno mentre tutti gli uomini, anche quelli con una compagna, facevamo a gara a mostrarci forti, saggi, sicuri e intelligenti per impressionarla favorevolmente...
Io sapevo di non avere possibilità ma apprezzavo che Eleonora non mi guardasse con disprezzo ma mi trattasse invece con lo stesso gentile distacco che riservava a tutti gli altri: dopotutto lei era così superiore a noi tutti che non solo io, ma anche gli altri cinque, dovevamo sembrarle tutti ugualmente inadeguati. Forse per questo, quasi per principio, non mi escluse dalla competizione con gli altri uomini. Da parte mia ero sicuro che non si sarebbe mai abbassata al nostro livello mettendosi con uno di noi ma, non per la prima volta, mi sorprese.
Dopo qualche giorno infatti sciolse gli indugi e la vedemmo, sempre più spesso, accompagnarsi a Roberto: un ragazzo alto e robusto, suppongo molto bello, sicuro di sé e sempre allegro. Secondo me un totale idiota, mentalmente incapace di apprezzare la magia di lei: ma come al solito nessuno, men che meno Eleonora, chiese la mia opinione...

I giorni seguenti divennero tristi quando mi accorsi che anche Eleonora era diventata fredda e indifferente nei miei confronti: la mia colpa fu quella di non essermi congratulato con Roberto dandogli sonore quanto ipocrite pacche sulle spalle accompagnandole con battute ambigue. Fui troppo stupido e non celai i miei sentimenti per lei né il disprezzo per lui: il risultato fu che Eleonora si sentì in dovere di allontanare ogni minimo sospetto di incoraggiarmi. Ma il peggio non furono i dileggi di Roberto (a quelli c'ero abituato) ma quando per la prima volta la vidi salire le scale, tenendogli la mano e sorridendogli maliziosamente, mentre andavano ad appartarsi.
Le altre coppie continuarono a ignorarmi, mi consideravano una fastidiosa mosca, e io feci altrettanto. Gli altri tre uomini invece iniziarono a esplorare i paraggi, sempre più lontano, alla ricerca di oggetti utili e altre persone. Io no: non mi vollero con loro e comunque preferivo languire vicino a lei, ai margini della sua fredda e annoiata indifferenza...

Una mattina sul tardi, nel cuore dell'estate, i tre esploratori ritornarono alla grande casa con un ricco bottino costituito da numerose casse di birra e tante bottiglie dalle forme disparate e le etichette colorate: evidentemente avevano trovato e saccheggiato un pub abbandonato...
Decisero di fare una festa: da molte settimane eravamo lì senza aver mai incontrato anima viva e iniziavamo a illuderci o a temere, dipende dai punti di vista, di essere gli unici esseri umani rimasti al mondo. Gli stolti pensavano di avere un'intera città silenziosa e vuota tutta per loro.

Io non bevo mai, non tollero l'alcool, ma ero sempre più allarmato: il mio sesto senso mi rendeva inquieto, sentivo che qualcosa non andava. Cercai di convincerli a non eccedere, a non fare rumore, a rimanere nascosti in casa. Risero di me.
Col senno di poi mi chiedo se i nostri tre “esploratori” avessero causato tutta questa confusione seguendo un piano prestabilito: perché costretti oppure semplicemente per soddisfare la propria lussuria o se, magari, fossero caduti nella trappola di una mente molto più raffinata della loro...

L'atmosfera diventò rapidamente sempre più calda: cantavano e ballavano nel salone della casa passandosi le bottiglie di mano in mano. Alcuni uomini, guarda caso quelli con le compagne, erano già accasciati sui divani sbronzi e indifferenti a ciò che succedeva intorno a loro. Anche Eleonora, delicatamente stesa sul suo canapè verde, aveva gli occhi languidi: Roberto seduto all'altra estremità gli accarezzava distrattamente una coscia ma la testa gli ciondolava. Le altre donne invece erano tutte molto allegre e ridevano sguaiatamente: iniziarono a spogliarsi e corsero fuori in giardino, seminude, come goffe silfidi inseguite da satiri barcollanti.

Io ero sempre più nel panico: i miei compagni non mi ascoltavano eppure io udivo chiaramente che la grande casa stava già ridendo di noi. Alla fine non ressi più alla tensione che montava dentro di me: in lacrime per la frustrazione corsi di sopra, all'ultimo piano, alla mansarda calda e polverosa dell'ultimo piano dove ero solito rifugiarmi. Scostai le tendine a quadretti rossi (sembrava una tovaglia) di un abbaino e guardai cosa stava succedendo in giardino. Le ragazze avevano abbandonato ogni pudore e gli uomini, gli “esploratori” ovviamente, erano lieti di poterne finalmente approfittare appartandosi con loro fra i cespugli sia del nostro giardino che in quello vicino...

Poi all'improvviso accadde. Un grosso pick-up scalcinato carico di miliziani, come quelli che si vedevano nei documentari sulle guerre in Africa (ecco, forse eravamo in Sudafrica, ma non è importante...), arrivò sgommando e inchiodò in mezzo alla strada: subito dei soldati neri come la pece e armati fino ai denti saltarono giù e iniziarono a sparpagliarsi gridando e sparando in aria.
Guardando come si muovevano rapidi e sicuri, mentre il loro comandante restava appoggiato al pick up fumandosi una sigaretta, capii che sapevano che eravamo qui: senza difficoltà, anzi ridendo fra loro, catturarono subito due coppiette. La terza, dall'alto li vidi bene, cercò di salvarsi dividendosi: lei, una rossa graziosa, si nascose in una siepe mentre lui cercò di scappare via correndo e inciampando.
Passandomi la lingua sulle labbra secche pensai che avrebbero subito violentato le donne ma mi resi conto che il loro capo, il colosso rimasto accanto alla camionetta a supervisionare l'azione, aveva dato ordini ben precisi e non tollerava la mancanza di disciplina. Capii che per prima cosa avrebbero ispezionato ogni casa setacciando anche gli anditi più nascosti: non volevano correre rischi, solo dopo si sarebbero divertiti...
Questo mi scosse: mi guardai intorno per nascondermi ma non c'erano veri nascondigli. Non avrei avuto scampo a infilarmi sotto le coperte dentro al baule!
Ma io volevo sopravvivere a ogni costo: ero perfettamente lucido e mi era chiaro che per salvare Eleonora non potevo farmi catturare. Uscii dalla finestra e mi arrampicai sul tetto: dal basso qualcuno mi vide e impartì un secco ordine gutturale. Sentii fischiare un proiettile ma ero già sull'altro versante del tetto. Scivolai lungo le tegole fino a un'ampia terrazza ornata di piante rampicanti. Non l'avevo mai vista prima ma pensai che doveva trattarsi del balcone della camera padronale di cui si erano appropriati Roberto ed Eleonora durante il loro breve regno. Da qui c'erano altri edifici vicini. Valutai i possibili appigli e dove sarei potuto arrivare saltando. La prospettiva era strana e a ogni sguardo le distanze sembravano variare: pensai fossero le vertigini o l'adrenalina e cercai di ignorare la sensazione. Nessuna delle alternative che vedevo mi convinceva ma sapevo di avere pochissimi secondi. Mi immaginavo un miliziano armato di fucile automatico che saliva le scale e irrompeva alle mie spalle per trovarmi e uccidermi. Sentii altri spari e garrule grida femminili, ma sembravano molto lontane e non a poche decine di metri sull'altro lato della casa. Corsi all'angolo più lontano: più in basso, a pochi metri di distanza, vidi qualcosa che mi fece sobbalzare. Un giaguaro stava affacciato con metà corpo fuori da una finestra del palazzo vicino. Guardai meglio: era finto e sporgeva attraverso un apposito foro nel vetro, sembrava fatto di vimini, colorato di nero, a macchie, con la testa un po' troppo grossa e stondata, le piccole orecchie erano delle piume nere; la bocca aperta, colorata di rosso e con le zanne bianche sembrava sorridere. Cercai di guardare dentro la finestra da dove sporgeva ma il riflesso del vetro mi impediva una chiara visuale. Mi sembrò di vedere un lungo serpente a strisce e un ripiano con una lunga serie di ceste colorate allineate per dimensione decrescente. Per un attimo pensai che si trattasse di un museo: buffo che non me ne fossi mai accorto.

Scavalcai la balaustra del terrazzo: se riuscivo a raggiungere il giaguaro avrei forse potuto allontanarmi. Sfortunatamente non potevo prendere nessuna rincorsa per saltare e avevo la netta sensazione che la distanza fosse appena oltre le mie capacità. Detti un'occhiata sotto di me: le frasche di un albero nascondevano il suolo distante in basso. Sentii la paura stringermi le viscere e risalirmi amara in gola: fissai la testa del giaguaro raccogliendo le forze, poi udii un fracasso alle mie spalle. Non pensai più e saltai usando tutta la mia volontà!

Riuscii ad afferrarmi saldamente, con entrambe le mani, alla testa del giaguaro. Disperatamente allungai la gamba destra alla ricerca di un appiglio ma improvvisamente la testa alla quale ero aggrappato si svellò dalla sua sede. Caddi nel vuoto all'indietro reggendomi inutilmente a essa: il mio sguardo incontrò gli occhi di onice della strana creatura e, per un attimo, ebbi netta la sensazione che ridesse di me.

Cascai urlando. Con la schiena colpii un ramo e il dolore mi tolse il fiato. Pensai di stare per fracassarmi al suolo e chiusi gli occhi rassegnato. Ma non accadde niente: sentivo di stare ancora precipitando ma non aveva senso. Il tempo può essere soggettivo ma solo fino a un certo punto! O almeno così pensavo allora...
Riaprii gli occhi mentre l'aria, sempre più fredda e buia, sibilava intorno a me. Guardai la testa del giaguaro che ancora tenevo ben stretta e mi accorsi che nel bel mezzo della bocca dipinta c'era una stretta cavità, una specie di tasca rossa, che spariva al suo interno. Senza sapere perché vi infilai la mano: la bocca era viscida e calda ma io spinsi la mano il più a fondo possibile, sempre più dentro fino al gomito, spinsi ancora, qualcosa cedette e vi penetrai fino alla spalla. Poi colpii il suolo e persi i sensi.

Mi svegliai: ero nella giungla tropicale circondato da liane, tronchi caduti, alte felci, fiori profumatissimi e libellule gigantesche.

mercoledì 23 aprile 2014

Hugo 9

Ieri ho terminato di leggere la raccolta di premi Hugo dal 1955 al 1975 e ne approfitto per chiudere rapidamente questa “serie” di pezzi che, in verità, mi era venuta piuttosto a noia...

Il penultimo racconto si intitola Alla deriva appena al largo delle isolette di Langerhans: latitudine 38° 54' N; longitudine 77° 00' 13'' O e, ovviamente, è di Harlan Ellison. Questa volta non me la sono sentita di leggerlo perché era pure piuttosto lungo. Me lo farò raccontare dal mio amico che ci è già passato...
Voto: ? / 10 (non letto)

Infine c'è L'uomo del buco di Larry Niven: gli altri suoi racconti, specialmente Luna incostante, mi erano piaciuti ed ero quindi ottimista. Il racconto è discreto ma ricalca da vicino uno dei pochi racconti di Asimov (*1) che mi piacciono ma del quale, ovviamente, non ricordo il titolo: si trattava della rivalità fra un fisico teorico introverso e un brillante ingegnere che riusciva a ottenere fama, donne e soldi trovando applicazioni pratiche alle idee del primo. Sul finale il fisico ha la sua vendetta commettendo l'omicidio perfetto. Storia molto molto analoga quella di Niven: adesso sono curioso di scoprire chi dei due ha scritto per primo il proprio racconto...
Voto: 6½ / 10

Conclusione: che delusione! La raccolta non è male ma le mie aspettative erano troppo alte: pensavo che tutti i racconti sarebbero stati da 7 in su mentre invece, mediamente, erano da 6...
Le mie ipotesi per spiegarne il motivo le ho già espresse ed è inutile che le ripeta: "periodo" e "lunghezza" sono i miei sospettati principali...
Infine devo aggiungere che i voti andrebbero tutti ricalibrati: in genere il voto massimo che do è 8 (tranne casi effettivamente eccezionali) ma qui, per differenziare le valutazioni di alcuni racconti sono arrivato fino a 8½. Per avere voti confrontabili con altre mie recensioni bisognerebbe togliere dai voti più alti circa mezzo punto (in pratica gli 8½ diventano 8) (*2) e qualcosa meno dai voti intorno al 7...

Nota (*1): anche se non mi piace l'ho letto abbastanza...
Nota (*1): con l'unica eccezione di La stella (v. Hugo 2) che merita qualcosa in più, tipo 8+...

martedì 22 aprile 2014

Insonnia pasquale

È da Pasqua che dormo male: la mia teoria è che sia colpa del troppo cioccolato!
Al contrario dello scorso anno infatti ho ricevuto ben due uova di cioccolato: il primo, da parte di mio padre (vinto giocando a bridge), mi era stato affidato per regalarlo a terzi di mia scelta; io “ho letto fra le righe” e l'ho regalato a me stesso! Il secondo, piccolo ma di ottima qualità, mi è stato invece regalato da mia cugina che evidentemente non vuole essere l'unica a ingrassare...
Fra qualche giorno dovrò proprio mettermi a dieta dura!

Il giaguro ghignante - 24/4/2014
Stanotte ho fatto un sogno molto interessante: strano, molto strano, e che mi ha lasciato la suggestione necessaria ad adattarlo per un racconto.

Fortunatamente, quando mi sono svegliato, era ora di alzarsi e così ho potuto appuntarmi molti più dettagli del solito. In genere infatti, se il sogno è a metà nottata, finisce che al mattino me ne ricordo solo poche sensazioni. Talvolta questo è già sufficiente per trarne qualcosa di leggibile ma credo che sia interessante anche un racconto più onirico del solito...

Beh, poi per dare coerenza e significato alla storia sono dovuto intervenire qua e là ma sfido i miei lettori a indovinare esattamente dove!

Ho appena terminato la prima stesura (credo che la dividerò in tre parti di media lunghezza) ma prima di pubblicarla devo ricontrollarla per bene perché oggi scrivevo terribilmente male...

La zucchina dura di Bisba - 24/4/2014
Oggi mi sono divertito a improvvisare un piatto completamente vegetariano mettendo in forno zucchine, melanzane e pomodori miscelati a un impiastro di uova e pan grattato con un sottile strato di pecorino... Il risultato è stato ottimo e, stranamente, Bisba si è piazzata alle mie spalle (*1) iniziando a darmi testate sulla spalla per richiamare la mia attenzione e stimolare la mia generosità: io le dicevo “guarda Bisba che questa roba non ti piace...” ma, visto che insisteva, le ho dato una fetta di zucchina. Con mia sorpresa l'ha mangiata senza nemmeno farle toccare terra! Ho pensato che magari c'era finito un po' di formaggio (Bisba ama tutti i formaggi) così le ho dato per prova un altro pezzetto che però è stato ingoiato con pari voracità. Ho pensato che ci fosse finito un po' d'uovo così le ho dato una terza fettina di zucchina completamente verde, forse anche un po' cruda, ma lei, ronfando contenta, si è mangiata pure quella!

Bisba è proprio una gatta buffa e adatta a me...

Nota (*1): dietro di me c'è una finestra e da lì Bisba si può protuberarsi sulla mia sedia...

Premessa al giaguaro - 25/4/2014
Alla fine ho deciso di dividere il racconto in tre parti: forse avrebbe avuto senso, per atmosfera e stile della storia, dividere il primo episodio in due pezzi ma mi sarebbero stati un po' troppo corti...

Ogni puntata termina con la frase iniziale della successiva che viene poi ripetuta all'inizio di questa: è voluto, non è un errore! È un mio goffo tentativo di creare interesse per il seguito della storia...

Come al solito gradirei il parere dei miei lettori ma, conoscendone la verecondia, so già che non oseranno commentare niente: quindi amici e parenti state pronti per le mie epistole!

PS: sicuramente non mancherò di pubblicare qualche sciupatrama al termine di questa serie!
PS: le prossime due puntate saranno il 28 e il 30 aprile...

Raggiunto! - 2/5/2014
Finalmente ho raggiunto l'ultimo (almeno al momento!) livello di Candy Crush, un simpatico rompicapo su FB.
Come si può vedere dall'immagine dopo il livello 575 non c'è altro!

Adesso non so se approfittarne per cancellarmi dal gioco e non perderci altro tempo in futuro...

Ci tengo inoltre a precisare che, come tutti i giocatori seri di Candy Crush, non ho mai usato, neanche per i livelli più ostici, i vari potenziamenti acquistabili separatamente o ricevibili tramite la roulette quotidiana.

Faccio anche presente che i livelli più bassi vengono via via semplificati quando ne vengono aggiunti di nuovi in maniera da far progredire nel gioco anche i meno esperti.

Hugo 8

Ormai sono quasi in fondo alla raccolta e forse avrei dovuto aspettare di finirla per suddividere meglio i commenti ai racconti: oggi ne ho quattro nuovi ma non so (*1) quanti ancora me ne rimangano da leggere...

Il primo racconto è La madre di Eurema di R.A. Lafferty, autore che non conoscevo. È un racconto molto breve che descrive la vita di una persona "diversa" comunemente considerata molto sciocca ma, in realtà, geniale. L'idea poteva essere buona ma le sue vicende, paradossali, sono sempre sopra le righe e a me, che amo il realismo, ovviamente non piacciono. Non lo so, magari ha più di una chiave di lettura ma, come ho più volte ripetuto, non apprezzo le storie troppo criptiche: so per esperienza che se le rileggessi con la dovuta attenzione capirei qualcosa in più ma scoprirei ancora più dettagli che non tornano...
Voto: 5 / 10

La ragazza collegata di James Tiptree, Jr (altro autore che non conoscevo) poteva essere un ottimo racconto: in questo caso ciò che non digerisco è la narrazione in seconda persona singolare (insomma l'autore dà del “tu” al lettore). Peccato perché è ricco di idee molto moderne: c'è perfino una sorta di Internet chiamato “Campo Totale” (o qualcosa del genere). Sul finale c'è un colpo di scena che non ho capito: spero che il mio amico me lo spieghi. In pratica si scopre chi è il “tu” a cui l'autore si rivolge fin dall'inizio del racconto ma a me non dice niente: devo aver perso qualche indizio per strada...
Voto: 6 / 10

Ovviamente non poteva mancare il racconto incomprensibile di Harlan Ellison (che non conoscevo (*2) e che da adesso in poi cercherò di evitare!): L'uccello di morte. Il trucco che ha usato per farsi assegnare il premio Hugo dagli allocchi della giuria è stato quello di inframmezzare il racconto con un esame di filosofia/religione. Ovviamente non aggiunge niente alla storia ma ha il pregio di stupire i giudici facendoli dire “che autore geniale!”...
L'idea base era comunque ottima: Dio è un pazzo mentre il diavolo è buono. Poi però viene martirizzata dalla trama minimale e lisergica.
Voto: 5+ / 10

L'ultimo racconto di oggi è Un canto per Lya di George R.R. Martin. Di solito non leggo le introduzioni di Asimov ma in questo caso ero curioso di conoscere il suo punto di vista sull'autore del ciclo “Il Trono di Spade”: come al solito Asimov mi delude e, dopo una pagina e mezzo di chiacchiere forzatamente spiritose, si scopre che è uno dei pochi autori che non conosce...
Comunque, finalmente, questa è Fantascienza: finalmente ho letto una storia che mi ha appassionato fino in fondo e ricca degli elementi che mi piacciono. Il finale mi ha lasciato un po' l'amaro in bocca ma l'idea è ottima e comprensibile: è un racconto fatto per piacere ai lettori e non per vincere premi o voler stupire a tutti i costi.
Credo che sia significativo che (se ho ben interpretato le battute di Asimov) George R.R. Martin non avesse partecipato alla convenzione dove fu premiato: osservando i racconti precedenti c'è una differenza abissale e pare plausibile che non si aspettasse di venire premiato...
Voto: 8½ / 10

In conclusione spero, come del resto avevo già ipotizzato, che i racconti più recenti siano più di mio gusto dopo i “pasticci” degli anni '60...

Nota (*1): potrei controllarlo, certo, ma mi piace la sorpresa di scoprirli via via...
Nota (*2): o magari avevo già letto altri suoi racconti ma li avevo (giustamente) rimossi dalla mia memoria...

sabato 19 aprile 2014

Penta, perché, tonica

In questi giorni ho continuato a cercare di capire la poca teoria musicale che conosco: in particolare sto cercando di spiegarmi come mai la pentatonica minore di RE (o si dice pentatonica di RE minore?) si adatti bene alla tonalità di RE minore.

Cioè il motivo per cui si adatta bene è chiaro: le cinque note di questa pentatonica (RE, FA, LA, DO, SOL) sono un sottoinsieme delle sette note della tonalità di RE minore (RE, FA, LA, DO, SOL + SIb e MI(*1)).
Quello che non capisco è come mai si scelgono proprio le note di questa pentatonica e non un altro sottoinsieme: matematicamente i possibili gruppi di 5 note prese da un insieme di 7 sono CB(7;5) e cioè 21 (*2).
C'è da aggiungere che questa pentatonica contiene tutte le note dell'accordo Dm (RE, FA, LA) ma in questo caso il problema semplicemente si sposta a cercare di capire con quale criterio sono state selezionate le altre due note (DO e SOL): in questo caso c'erano infatti CB(4;2)=6 possibilità di scelta per le due note rimanenti:
Ovvero perché non RE, FA, LA più una qualsiasi delle seguenti coppie?
1) DO, SOL
2) MI, SIb
3) DO, MI
4) DO, SIb
5) MI, SOL
6) SOL, SIb

Avevo pensato che la relazione fra le specifiche note della pentatonica di RE minore, in particolare delle differenze in semitoni fra le note consecutive, potesse essere del tipo (0, 3, 7) (*3) ma questo è invece vero solo per la tonica. Vedi i numeri evidenziati in rosso...

Mi viene adesso da pensare che le coppie con il MI (ovvero la 2, la 3 e la 5 della lista precedente) avrebbero lasciato un “buco” di 3 o più semitoni (visto che abbiamo già il FA e dovremmo eliminare il SOL o il DO).

Questa considerazione lascerebbe le seguenti tre coppie come plausibili:
1) DO, SOL
4) DO, SIb
6) SOL, SIb

Ma lo stesso discorso vale anche per il SIb: visto che abbiamo già il LA, aggiungere il SIb a scapito del SOL o del DO avrebbe lasciato un “buco” di 3 o più semitoni nella gamma di note a nostra disposizione...

Stai a vedere che ho capito perché proprio questa pentatonica è la più adatta alla tonalità di RE minore: ha tutte le note dell'accordo Dm e le due note rimanenti (DO e SOL) minimizzano la distanza in semitoni fra le varie note della pentatonica!

Nota (*1): anche per questo motivo non mi fu subito evidente a orecchio che il MI non faceva parte della pentatonica quando lo suonavo sopra gli accordi: v. il corto Correzione tonica...
Nota (*2): dove CB(7;5) è il coefficente binomiale pari a 7!/((7-5)!5!) ovvero 21.
Nota (*3): ipotizzavo che visto che una nota (la zero o, come dicono i musicisti, la tonica) suona bene con quella a 3 e con quella a 7 semitoni successivi (chiamate dai musicisti, rispettivamente, “terza buffa” e “quinta zuzzurellona” o qualcosa di similmente arbitrario...) altrettanto deve essere vero per la nota +3 (e per la +7). Questo significa che relativamente alla nota 0 suonano bene non solo la +3 e la +7 ma anche la +6 e la +10. Così ho considerato le varie differenze in semitoni fra le varie note ma non vi ho trovato niente di significativo...

venerdì 18 aprile 2014

Hugo 7

Rieccomi a commentare una nuova mandata di racconti...

Regina dell'aria e della notte di Poul Anderson è un racconto che inizia come fantasi, fa un passo nella direzione del giallo, torna indietro, crea grande aspettativa e si sgonfia completamente in un finale anodino. Il fulcro della trama è la domanda “che cosa ci fanno fate e folletti della tradizione popolare terrestre su un mondo alieno?” ma la risposta è banale. Da Poul Anderson mi aspettavo di più.
Voto: 6 ½ / 10

Luna incostante di Larry Niven è forse il mio nuovo racconto preferito. Ci sono dei dettagli scientifici che non mi convincevano già durante la lettura ma essendo, appunto, solo dei dettagli non ho avuto problemi a fingere di ignorarli per apprezzare pienamente la storia. Soprattutto la parte di attesa della catastrofe, quando i protagonisti devono decidere come trascorrere le ultime ore di vita, mi è piaciuta moltissimo. L'ultima parte perde un po' ma pazienza...
Voto: 8 ½ / 10

Orfeo Secondo sempre di Poul Anderson mi pare soprattutto un esercizio stilistico: la leggenda di Orfeo è meticolosamente ambientata in un mondo del futuro dove al posto di Ade c'è un super-calcolatore. L'aspetto affascinante è come ogni singolo aspetto del mito sia stato adattato e perfettamente integrato nella nuova ambientazione. Per il resto però non mi è piaciuto: mi è ormai chiaro che, almeno per un certo periodo, i premi Hugo premiavano quei racconti che avevano un quid di particolare...
Voto: 7- / 10

La riunione di Frederik Pohl e C. M. Kornbluth è evidentemente un premio alla memoria: il secondo autore era infatti (da poco immagino) morto a trentasei anni. Il racconto ha di fantascientifico solo il paragrafo finale mentre la prima parte racconta il rapporto fra un padre e il giovane figlio disabile.
Voto: 6+ / 10

Nel complesso una serie di racconti leggibili fra cui spicca Luna incostante. Oramai, temo, ho capito di non potermi aspettare molto di più dai premi Hugo 1955-1975 vuoi per il periodo (Dune di Frank Herbert doveva essere ancora metabolizzato...) vuoi per la loro lunghezza (che raramente permette di porre l'enfasi sugli aspetti che più mi piacciono).

Correzione tonica (penta)

Stanotte un tonfo mi ha svegliato e, ovviamente, non mi sono più riaddormentato. Ho iniziato a pensare alla scala pentatonica con cui mi ero esercitato qualche ora prima e, mentalmente, ho ricostruito le note che la compongono. Pensa e ripensa c'era qualcosa che non mi tornava: perché contavo sei note distinte invece di cinque?

Alla fine sono giunto alla conclusione che la nota intrusa era il MI. Col senno di poi, già alla lezione col mio amico (*1), mi aveva colpito quella linea completa di note sullo stesso tasto: dai vaghi ricordi che avevo delle pentatoniche studiate mi sembrava di non aver mai incontrato tale caratteristica...


In giornata ho cercato conferme del presunto errore: non ho trovato una scala pentatonica minore di RE ma a questa pagina ho trovato quella di RE# che è traslata di un tasto a destra esattamente nella conformazione da me supposta...

Nota (*1): che suona la chitarra da oltre quarant'anni ma che senza occhiali non era evidentemente riuscito a interpretare il mio grafichino pidocchioso di 1 cm x 1 cm dove avevo inserito la diteggiatura completa di questa pentatonica!

Altro errore - 18/4/2014
Ricontrollando i miei libri e, in particolare, il pezzo Tonalità e modo ho trovato un altro errore.

Mi riferisco all'identificazione della tonalità del brano The Ellion: l'idea di individuare le occorrenze delle varie note è corretta così pure come quella di sovrapporvi la maschera delle tonalità.
L'errore (incomprensibile!) sta nel dire che la tonalità debba essere obbligatoriamente quella della nota con più occorrenze: oltretutto questo è in contraddizione con la definizione di “modo” che sarebbe sempre il maggiore...

Semplicemente si deve riposizionare correttamente la maschera delle tonalità nella posizione base dove la prima nota ci darà la tonalità mentre quella con più occorrenze il modo.

Nel nostro caso la tonalità è dunque di RE in “modo” minore (maggior numero di occorrenze sul SI, 6° nota). Però mi viene il dubbio si debba chiamare SI minore... bo... comunque sarebbe solo un problema di nomenclatura: chiederò a chi ne sa più di me!

Neven slangen - 20/4/2014
Lekker!

Lekker lekker!

Heel lekker!

Heel lekker kat met vlooien

Il fu Piccione Pascal - 20/4/2014
Abitando nel bosco la mattina sono in genere svegliato dall'allegro cinguettio degli uccellini che si salutano sull'alloro appo la mia finestra. Qualche tempo fa però un piccione cittadino, evidentemente persosi, mi svegliò col suo odioso tubare: lanciandogli vari improperi mi alzai, feci colazione e feci uscire Bisba...

Qualche ora dopo scoprii da degli impalpabili indizi, grazie al mio famoso intuito, che probabilmente Bisba aveva risolto il problema che mi aveva così profondamente turbato.

I primi indizi fuori dalla porta

Una macabra scoperta

Seguo le tracce...

...e nel cespuglio...

Il mattino successivo nessun piccione mi disturbò: brava Bisba!

...e poi... - 20/4/2014
...siccome non mi piace sprecare niente, raccolsi il piccione e finii di spennarlo per cuocerlo in forno...

Petto di piccione...

Ala e coscia...

Foto d'insieme...