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giovedì 17 aprile 2014

Democrazia Economist-a

Ieri mi sono imbattuto in un interessantissimo documento pubblicato dall'Economist: vedi qui...

Si tratta di un articolo di ampio respiro (nel senso che è lungo!) che analizza gli attuali problemi della democrazia: dati i miei precedenti (v. PDI o la serie Democrazia 1/3...) ho subito drizzato le orecchie, curioso di sapere quale potesse essere il parere di un media finanziario sull'argomento...

Nel complesso mi trovo abbastanza d'accordo con le opinioni di questo articolo: penso che sottovaluti l'influenza dei “poteri forti” e non ne condivido l'ottimismo (sarà che l'autore è di cultura anglosassone...) storicamente non giustificato. Molto interessante la teoria di come il successo economico della Cina influenzi le opinioni sulla democrazia. E comunque, qua e là, ho trovato numerosi altri spunti interessanti: peccato che non abbia saputo cogliere la novità del M5S confondendolo con un semplice movimento di protesta (per il valore “storico” del M5S vedi la riflessione centrale in Il mio V-Day).

Ma procediamo con ordine.

Il documento inizia con un'analisi basata su dati della Freedom House (sulla quale ho già espresso i miei dubbi ma non stiamo a sottilizzare!). Il risultato piuttosto sorprendente è che il periodo d'oro della democrazia (ovvero con il maggior numero di paesi considerati democratici o liberi) è fra il 1980 e il 2000 mentre dal 2005 inizia il declino.

Le cause sono molteplici:
  1. la crisi finanziaria del 2007-2008 che ha minato la fiducia nell'economia dei paesi occidentali e democratici (fino ad allora si era sempre associato successo economico a democrazia)
  2. Il contemporaneo emergere dell'alternativa cinese dove un regime, apertamente non democratico, ha dimostrato di essere comunque in grado di aumentare il benessere dei propri cittadini
  3. La guerra in Iraq con le sue inesistenti armi di distruzioni di massa ha invece eroso la fiducia nella presunta superiorità morale della democrazia per antonomasia, quella americana
  4. I fallimenti delle democrazie nate dalle recenti rivoluzioni in Libia ed Egitto
  5. La situazione americana dove l'influenza dei lobbisti (*1) è sempre più evidente e dove i ricchi sembrano avere più potere dei poveri

Interessante l'accenno alla Grecia e all'Italia durante le recenti crisi finanziarie: «During the darkest days of the euro crisis the euro-elite forced Italy and Greece to replace democratically elected leaders with technocrats» che tradotto alla buona significa «Durante i giorni più bui delle crisi monetarie l'euro-elite (*1) costrinse Italia e Grecia a sostituire i governanti democraticamente eletti con dei tecnocrati».
Ovvero all'estero si dà ormai per assodato che l'arrivo di Monti al potere fu tutt'altro che democratico mentre invece da noi ci raccontano ancora la balla che fu tutto normale e legittimo (comprese le modifiche alla Costituzione e gli accordi internazionali siglati dal governo Monti...).

Poi l'articolo spiega che le democrazie sono attaccate sia dall'alto che dal basso. Con “attacchi dall'alto” intende che, sempre più spesso, gli Stati democratici sono limitati nelle loro decisioni da organismi sovranazionali come il WTO, l'IMF e la stessa EU. Mentre con "dal basso” intende le spinte separatiste, i lobbisti (sarebbero dal basso??!) e le ONG (che c'entrano!).

Personalmente non sono d'accordo che le spinte separatiste (in genere estremamente localizzate) minino in alcun modo la democrazia. Stesso discorso per le Organizzazioni Non Governative...
Piuttosto si sottovaluta quello che, a mio avviso, è il vero cancro delle democrazie: ovvero i poteri forti (v., ad esempio, Democrazia dirottata per un approfondimento o, spigolando fra i miei primi pezzi, Attenzione! Democrazia al lavoro).
Inoltre non condivido il punto di vista dell'autore che vede nelle cause sopracitate dei vincoli che impediscono ai politici di mantenere le promesse fatte agli elettori: in altre parole l'autore considera i politici come sostanzialmente in buona fede. Questo forse può essere vero (forse) nelle democrazia di più lunga tradizione (USA, UK, penisola scandinava...) ma non è questa la norma generale: nella maggior parte delle “democrazie” i politici sono dei burattini al servizio di poteri forti (forse è utile rimandare alla mia definizione di “poteri forti” su I poteri forti: definizione) esteri economici o politici.

Altri accenni interessanti: la crisi delle democrazie occidentali colpisce paesi “vecchi” provocando una spaccatura generazionale dove i “vecchi” più numerosi e con più potere (*2) lottano per i propri privilegi contro i giovani che vorrebbero invece investimenti per il futuro.
Personalmente vi vedo una forte analogia con i pensionati italiani (sostanzialmente per PD e Forza Italia) contrapposti ai giovani (sostanzialmente per il M5S).

Da questo punto in poi l'articolo inizia a dispensare ottimismo.
Prima di tutto anche la situazione cinese non è tutta rosa e fiori. C'è una notevole commistione fra i vertici politici ed economici che in futuro potrebbe ritorcersi contro (senza spiegare come e perché): i primi 50 membri del congresso cinese possiedono 94,7 miliardi di dollari (!) ovvero circa 60 volte tanto gli equivalenti americani. Inoltre anche l'economia cinese sta rallentando, recentemente è passata dal 10% all'8% e sembra destinata a rallentare ulteriormente: poverini...
In secondo luogo la democrazia è più creativa e, seppure attraverso strade contorte, è capace di giungere a nuove soluzioni per rilanciarsi. L'articolo sottolinea come questo pensiero di Alexis de Tocqueville si sia già dimostrato vero in passato.
Mi ci vorrebbe un altro intero pezzo per spiegare i motivi storici per cui non concordo con questa affermazione: banalmente è vero che le democrazie sono uscite da situazioni difficili in passato ma è il contesto a fare la differenza e non la loro, presunta, natura proteiforme...

Altro spunto molto attuale è dato dalla riflessione che le democrazie (leggi costituzioni) devono essere pianificate con estrema precisione per fare in modo che possano ottenere il meglio della creatività umana tenendone a bada la perversità.
Al riguardo l'articolo spiega che i fallimenti più clamorosi di alcune recenti democrazie sono dovuti alla scelta del sistema maggioritario che viene confuso con l'idea che chi vince abbia il diritto di fare come preferisce: «majoritarianism—the notion that winning an election entitles the majority to do whatever it pleases» tradotto «Sistema maggioritario – la nozione che vincere da diritto alla maggioranza di fare ciò che più le aggrada». E in seguito rincara la dose «...the first sign that a fledgling democracy is heading for the rocks often comes when elected rulers try to erode constraints on their power—often in the name of majority rule.» tradotto «... il primo segno che una giovane democrazia sta andando a schiantarsi spesso arriva quando i governanti eletti cercano di ridurre i vincoli al proprio potere – spesso nel nome del governo della maggioranza»

Infine conclude con dei piccoli passi fatti da alcuni Stati degli USA per rinvigorire la democrazia e in particolare l'esperienza della California (e della Finlandia in Europa) dove la democrazia diretta, lasciata a sé stessa, aveva portato a indicazioni contrastanti (diminuire le tasse e aumentare la spesa) ma, con l'aggiunta di un non meglio specificato comitato “Think Long” (la cui funzione è pensare nel lungo periodo) si sono invece ottenuti buoni risultati.
Ovviamente non viene segnalato il caso italiano con gli esperimenti del M5S (*3)...

In conclusione alcune idee presentate nell'articolo sono interessanti (come ad esempio il ruolo della Cina (*4)) e degne di essere approfondite ma sfortunatamente, secondo me, non coglie il vero problema della maggior parte delle democrazie attuali...

Nota (*1): che io chiamo “poteri forti” (altrove nell'articolo chiamati "power of special interests")...
Nota (*2): non ne capisco bene la logica ma secondo l'articolo anche il trattato ARPAT sembra sia voluto dai “vecchi”...
Nota (*3): per la cronaca il comedian Grillo viene citato una volta ma il M5S è considerato un semplice movimento di protesta. Come ho scritto altrove l'autore non ne ha colto la novità...
Nota (*4): che comunque anch'io avevo intuito (v. nota 3 del pezzo Democrazia 3a/3) sebbene non abbia avuto il tempo (voglia) di approfondire l'argomento.

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