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venerdì 22 settembre 2023

Reazione

Avrei da scrivere (da una decina di giorni ormai) su “Il secolo breve” e sul “Martello delle streghe” (con la solita curiosa serendipità il capitolo letto oggi trattava di “unguenti” magici; v. Untore eretico?)… ma invece ho voglia di proporre alcuni concetti da “La rivoluzione tradita e altre opere” di Trotsky…

Il capitolo che ho iniziato a leggere è il 5°, intitolato “Il termidoro sovietico”, e di questo il sottocapitolo 1, “Perché Stalin ha trionfato”.

L’inizio è anomalo perché Trotsky scrive di tutt’altro. L’autore fa una riflessione che, parzialmente, mi pare di poter condividere. I personaggi politici (e non solo) vincono e perdono non tanto grazie alle proprie capacità ma soprattutto in base alla forza dei poteri che rappresentano. Trotsky non suggerisce sciocche quantificazioni numeriche (che piacciono a me!) ma da quello che ho letto direi che solo un 20% dipende dall’abilità politica, il restante 80% dipende dalla forza dietro al politico.

Io credo che sia un concetto molto importante: la storia, che giudica a posteriori, tende a sopravvalutare le capacità dei vincitori e, al contrario, a sottovalutare l’importanza delle relative situazione. Se vogliamo questo è semplicemente un aspetto dell’errore fondamentale di attribuzione: si sovrastima l’importanza delle persone e si sottovalutano le circostanze.
È molto comune e ubiquo: per esempio nel calcio valutiamo un allenatore eccezionale perché ha vinto molti scudetti consecutivamente senza considerare però che, all’epoca, le squadre avversarie erano particolarmente deboli. E così potremmo trovare molti esempi simili.

Personalmente da molto tempo mi sono (credo!) liberato da questo pregiudizio. Ma non la vedo neppure esattamente come Trotsky: per me il successo è determinato per il 20% dalle capacità e per l’80% dalla fortuna (v. Incapaci al potere). Si può opinare che il potere che si rappresenta/guida alla fine è frutto, almeno parzialmente, di fortuna. Nessuno è in grado di programmare da bambino ciò che farà a 40 o 50 anni: sì, si può tentare di prendere una vaga direzione ma alla fine tutto si risolve in opportunità e fatalità che ci fanno girare a destra invece che a sinistra o viceversa: ci si ritrova in sella perché il precedente cavaliere è stato inaspettatamente disarcionato e noi siamo quelli più vicini al cavallo, i primi a montarci sopra.

Un’altra differenza fra il mio pensiero e quello di Trotsky e che il politico russo sovrappone e vede come un tutt'uno il guidone con il potere che dirige. Per me invece vale [E] 5.4 “La legge della rappresentatività”: guidone e guidati sono due poteri diversi e distinti e i loro obiettivi possono dividersi in base alle CdRI (ovvero alle “Condizioni di Rappresentatività Imperfetta”) con tutto quello che ne consegue.

La premessa di Trotsky si sviluppa in una rapida sintesi dei primi anni dell’URSS quando, con un meccanismo che non mi è chiaro, la burocrazia diviene sempre più potente. Questo per arrivare poi a dire che Stalin era il rappresentante di tale forza: quindi Stalin giunse al vertice dell’URSS non per le proprie capacità (anzi commise numerosi errori dovuti a previsioni errate) ma perché era alla guida del potere più forte, la burocrazia.

Altro spunto interessante è l’accenno alle azioni e reazioni: andando troppo in una direzione si ottiene una reazione che cerca di spingere nella direzione opposta. Esattamente il concetto del “nuovo” sottocapitolo [E] 5.10 “La legge della reazione” che, nella sua essenza, definisco: «ogni nuova iniziativa di un potere all’interno di un sistema che diminuisca la forza di uno o più poteri provocherà una loro reazione contraria SOLO SE i gruppi indeboliti sono in grado: 1. di rendersi conto di subire un danno; 2. di quale gruppo sia la ragione della loro perdita di forza.»

In realtà un concetto abbastanza intuitivo che, nella sua essenza, è già insito in [E] 5.1 e 5.2 (“La legge della conservazione” e “La legge della crescita”). Speravo di riuscire a tirarci fuori un’epigrafe ma nonostante il concetto generale sia lo stesso (ovviamente più generico) non ho trovato una frase abbastanza sintetica che riassumesse il fenomeno in poche parole…

Vediamo se trovo qualche frase da citare relativa a quanto scritto.
«Una lotta politica è nella sua essenza una lotta di interessi e forze, non di argomenti. La qualità del guidone è, naturalmente, tutt’altro che ininfluente sul risultato del conflitto, ma non è l’unico fattore e, in ultima analisi, neppure decisivo. Ciascuno dei campi in lotta inoltre richiede guidoni a propria immagine.» (*1)

L’ultima frase è significativa: probabilmente qui Trotsky ha in mente dei movimenti politici (correnti del partito comunista) che eleggono un proprio rappresentante: questo significa che la condizione di Appartenenza e Convincimento ([E] 5.4) sono fortemente verificate. In questo caso, anche secondo la mia teoria, gli interessi del potere delegato e di quello rappresentato coincidono.
È comunque importante tenerli concettualmente separati perché, nel tempo le CdRI, possono cambiare portando a una sostanziale divergenza di interessi. La riprova ce la dà proprio Stalin: ammesso che nei primi anni ‘30 egli fosse l’essenza politica della burocrazia sovietica ciò non sarà sicuramente più vero dopo la seconda guerra mondiale (*2).

«È sufficientemente noto che fino a oggi ogni rivoluzione è stata seguita da una reazione o, addirittura, da una controrivoluzione. Questo, è bene ribadire, non ha mai ributtato la nazione al punto di partenza ma ha sempre tolto alla popolazione la fetta del leone delle loro conquiste.» (*3)
La prima frase è troppo vaga e banale per usarla come epigrafe (*4) ma la seconda stimola la mia memoria. In una nota a [E] 7.7 (“Instabilità sociale”) scrivo: «Spesso i parapoteri possono servirsi del malcontento dei poteri deboli e medi per incitarli alla rivolta: in caso di vittoria però la democratastenia dovrà accontentarsi delle briciole. Nella storia sono frequenti i casi dove le aspettative tradite nella popolazione causano rivolte anche verso il nuovo potere politico.»
Il concetto è molto simile a quello espresso da Trotsky: la differenza è che nella mia idea il popolo non lo assaggia neppure il potere conquistato al costo del proprio sangue (questo perché io distinguo fra potere delegato e rappresentanti)…

Conclusione: o non mi sento bene o mi fa stranamente caldo. Ora controllo...

Nota (*1): tradotto al volo da “The revolution betrayed and Other Works” di Leon Trotsky, (E.) Graphyco, 2021, trad. Max Eastman, pag. 67.
Nota (*2): questo anche perché, anche senza considerare il cataclisma della guerra, le altre CdRI (“Trasparenza”, “Controllo” e “Durata”) non erano assolutamente realizzate e, quindi, spingevano per una separazione degli obiettivi del potere delegato e quello rappresentato.
Nota (*3): ibidem, pag. 68.
Nota (*4): magari potrei aggiungerla al mio programma per associare capitoli a epigrafi con un punteggio bassissimo...

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