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martedì 5 settembre 2023

Autoconsapevolezza e sincerità

Anche oggi, essendo andato avanti nella lettura di “On becoming a person”, voglio mettere nero su bianco qualche commento prima di dimenticarmene (il libro non è mio e non posso riempirlo di annotazioni!).

Ho finito di leggere il capitolo 3 nella cui prima parte (v. Sulle relazioni) Rogers riportava alcune ricerche scientifiche sul rapporto terapeuta-paziente.
Nella seconda parte l’autore cerca di generalizzare quali siano i comportamenti proficui che il terapeuta deve mantenere per ottenere il massimo risultato. Onestamente non ci vedo una relazione diretta fra le ricerche e le sue conclusioni (*1) però, in realtà, non è molto importante…

Anche stavolta non voglio cercare di riassumere i vari punti, nove se non erro, che comunque hanno molte sovrapposizioni fra loro e talvolta differiscono per sfumature non immediatamente evidenti, ma mi limiterò ai due-tre spunti che per motivi diversi mi hanno colpito.

Come detto Rogers sta qui riassumendo quali siano i comportamenti che lo psicoterapeuta deve mantenere per massimizzare l’efficacia della relazione col paziente.
Chiaramente uno dei più importanti è che il paziente deve percepire il dottore come affidabile e degno della sua fiducia: ovvio quindi che esso dovrà essere sincero, pratico, capace di ascoltare e di comprendere etc.
Insomma tutte caratteristiche abbastanza intuitive.
Invece mi ha colpito un’altra capacità basilare dello psicoterapeuta: l’autoconsapevolezza. Il motivo, sebbene non immediato, segue però logicamente da quanto detto.
Il paziente deve fidarsi del dottore e, per questo motivo, il secondo deve essere sincero e franco nel rivolgersi al primo. Essere sinceri però non significa solo dire ciò che si pensa ma anche ciò che si prova. Ipotizziamo che il dottore stia commentando in maniera comprensiva un comportamento del paziente, magari evidenziandone alcuni aspetti: fin qui tutto bene, il dottore potrà essere sincero ed elencare analiticamente tutti i punti che ritiene essere importanti. Ma a un livello più profondo il dottore potrebbe essere irritato col paziente perché, per esempio, potrebbe aver ricommesso un errore che sembrava superato o, semplicemente, il dottore ritiene il comportamento immorale etc.
In questa situazione il dottore a parole sarà comprensivo ma provando irritazione, a livello non verbale, trasmetterà al paziente un messaggio opposto. Alla lunga questa contraddizione danneggerà la relazione terapeuta-paziente.
Il dottore deve essere quindi consapevole delle proprie emozioni perché solo in questa maniera le sue parole potranno accordarsi con ciò che prova. Nel nostro caso il dottore non si limiterà a elencare i punti che, a livello logico, voleva evidenziare ma esprimerà anche le proprie reazioni emotive al paziente. In altre parole l'autoconsapevolezza è necessaria premessa per la sincerità.
Rogers ammette che questa autoconsapevolezza non è facile da raggiungere ma ha il vantaggio di far crescere e maturare anche lo psicoterapeuta.

Un altro elemento del comportamento del dottore è l’accettare e rispettare l’altra persona per quel che è (ne avevo già accennato qui: Un libro dubbio). Spesso si ha la tendenza a giudicare le altre persone confrontandole con noi stessi: ovvero ne giudichiamo il comportamento alla luce dei nostri valori. Il problema è che alcune persone possono avere dei principi completamente diversi dai nostri: in questi casi il loro comportamento potrebbe essere pienamente giustificabile per loro ma non per noi che partiamo da dei diversi postulati. Ovviamente l’intollerante pensare che solo i “suoi principi” sono giusti e tutti coloro che la pensano diversamente debbano essere “corretti”. E su questo aspetto non proverò neppure a stabilire se questo atteggiamento è giusto o no (*2). Il punto è che nel rapporto di fiducia fra paziente e psicoterapeuta, dove il primo deve fidarsi del secondo, è necessario che il dottore sia in grado non solo di tollerare ma di accettare completamente principi, valori e bisogni del suo paziente. Se questo non avvenisse, nel medio lungo termine il paziente se ne renderebbe conto e verrebbe meno la fiducia nella relazione.
Personalmente mi sembra di essere piuttosto naturalmente portato alla tolleranza (come tutti gli INTP del resto) anche se, devo ammettere, spesso si confonde con la sua sorellastra povera, l’indifferenza.
Curiosamente però, proprio qualche settimana fa, mi sono accorto che cercavo di imporre la mia visione su quella di un’altra persona. Si tratta di un tubatore americano che produce video che lo vedono impegnato in giochi al calcolatore. Ho iniziato a seguirlo quando aveva appena 200 seguaci perché mi piacevano i giochi che mostrava e parlava in un inglese molto chiaro e comprensibile (*3). Da un paio di mesi aveva iniziato a giocare a un gioco che mi piace molto “Oxygen not included” e, nei commenti, cercavo di dargli suggerimenti utili dato che essendo la sua prima partita ne sapevo molto più di lui sulle varie meccaniche del gioco.
In particolare gli suggerivo quello che logicamente mi sembrava buon senso (qui semplifico): provare cose nuove e non ripetere sempre le stesse.
Da un certo momento in poi mi accorsi però che inizialmente, quasi controvoglia, seguiva i miei consigli ma subito dopo si distraeva e passava ad altro.
Sul momento mi irritai perché ero convinto che in questa maniera i suoi video fossero molto più noiosi e allontanassero spettatori invece di attrarli. Aspetta: vediamo se ritrovo cosa gli scrissi una delle ultime volte...
Ecco, due settimane fa gli scrissi: «Try to stay focused on the goals you set for yourself! I've been waiting for 2-3 episodes for you to complete the exosuit checkpoint, but then you always start doing something else! Seeing you do things you've already done is boring; doing new things, on the other hand, is entertaining...»
Riflettendoci un po’ di più mi resi però conto che io cercavo di farlo giocare come avrei fatto io, seguendo i miei principi logici, ma che non era detto che lui si divertisse massimizzando i risultati del gioco. Ne conclusi che, oltre a non essere utile insistere a dare consigli a chi non ti ascolta, non era neppure giusto: magari se li avesse seguiti avrebbe fatto maggiori progressi ma si sarebbe anche divertito meno, gli spettatori lo avrebbero notato e, magari, si sarebbero annoiati…
Ora, se a “gioco” sostituite “vita” e a “giocare” “vivere” otterrete l’argomento di Rogers!
Il giocare (o vivere) secondo i miei principi può non essere l’ideale per un’altra persona.

Altra curiosità: lo psicoterapeuta deve ovviamente stare molto attento a criticare il paziente perché questo si sentirà immediatamente non compreso e, di conseguenza, si potrebbe mettere in dubbio la fiducia così difficile da costruire e, al contrario, facile da distruggere.
Non avevo però pensato che anche complimentarsi col nostro interlocutore possa avere effetti negativi: chi si complimenta può anche poi criticare. Di sicuro si pone in una posizione di superiorità, di chi sa quale sia il bene e il giusto: e questo potrebbe minare la fiducia del paziente. E poi si condiziona il nostro interlocutore che, non volendo perdere la nostra approvazione, tenderà a ripetere quanto detto e a mantenere tale atteggiamento. In genere ciò non è detto che sia un male: il problema è che noi non sappiamo quale sia il “bene” per un’altra persona e, se anche con le migliori intenzioni, la spingiamo in una specifica direzione non è detto che quello che appare giusto/adatto/bene per noi lo sarà poi anche per lei.

Questo ci porta direttamente all’ultima incertezza: se il paziente deve essere libero di evolversi nella direzione che a lui gli confà maggiormente, che garanzie ci sono che acquisti comportamenti ritenuti generalmente positivi/accettabili dalla società?
Pensavo a un’omicida in serie: non sarebbe possibile che egli, seguendo i propri principi e valori, non diventi un’omicida migliore, meno prono a commettere errori e quindi a essere catturato?
Lo so, è un esempio forse eccessivo, ma volevo far capire bene il mio punto: ovvero un caso in cui i principi del singolo siano in totale contrasto con quelli ritenuti accettabili dalla società. Di sicuro esistono casi intermedi: che dire per esempio di un politico corrotto? Non è possibile che questo tipo di terapia lo renda non un politico onesto ma ancora più corrotto?
In questo capitolo Rogers non si pone il problema: può darsi che lo farà nel prosieguo…

Conclusione: non so. Forse ho scritto un pezzo un po’ noioso oggi. Per sicurezza vi aggiungerò il marcatore “Peso”...

Nota (*1): ma io sono un INTP: che ne so delle relazioni?
Nota (*2): secondo me non lo è. Magari ci scriverò un pezzo…
Nota (*3): per lo stesso motivo non seguo indiani, australiani e neozelandesi: seguire il loro accento mi richiede troppa attenzione.

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