Avrei da scrivere un pezzo su Hobsbawm, avrei da fare tantissime cose ma sono un maestro a procrastinarle…
Invece scriverò del “Martello delle streghe”: alla fine si è dimostrato un libro piuttosto noioso e, oltretutto, scritto in caratteri così piccoli che faccio fatica a leggerli. Però…
...però inizierò facendo un passo indietro!
Nel corto La Provvidenza ho riportato un frammento di Ibsen dove un suo personaggio (Petra) critica l’idea di “un potere soprannaturale” simile, molto simile, alla visione della Provvidenza come l’intende il Manzoni: una giustificazione che spinge l’uomo a non attivarsi in prima persona contro le ingiustizie del mondo perché “tanto” ci pensa questa misteriosa forza a punire i cattivi e a far trionfare i buoni.
Nel frattempo, sempre controllando i miei appunti, ho trovato un altro paio di opinioni simili…
«Dobbiamo solo ricordare che fino a quando gli uomini sono pronti a lasciare tali principi [giustizia contro i giudici corrotti] alla protezione divina sono ben lontani dal pensare di poter agire direttamente.» da “Le Origini della democrazia greca” di W. G. Forrest, (E.) Il saggiatore, 1966, trad. Vincenzo Mantovani.
Forrest, uno storico, che si riferiva agli antichi greci: ma il concetto è sempre lo stesso.
«Io per me credo che la razza umana sarà meno calpestata e infelice quando, invece di fantasticare sull’avvenire e giacere e farsi guanciale della Provvidenza, si terrà con più saviezza al presente, e tentando mille esperimenti, si studierà di trovare una forma di stato sociale in cui ad ogni individuo sia permesso senza danno del prossimo di muoversi liberamente e con piena sicurezza nella sfera descritta dalla sua natura.» da “Manoscritto di un prigioniero e il Forte della Stella” di Carlo Bini, (E.) Rizzoli, 1961.
Il Bini scrisse il suo capolavoro nel 1833 quindi è possibile che avesse letto la prima edizione dei Promessi Sposi del 1827: ma non lo so, è solo una mia illazione…
E questo ci porta al Manzoni di cui sto leggendo “La colonna infame” (*1).
Il Manzoni citava autori del 15° e 16° secolo che non si opponevano completamente alla tortura ma che, almeno, cercavano di limitarla il più possibile. Nella sua analisi, grazie alla ricchezza e numero delle fonti che riporta, sembra oggettivo e imparziale: queste erano le procedure legali prescritte e, quindi, i giudici che non le hanno seguite hanno agito esclusivamente sotto l’influsso delle emozioni, della follia del momento.
Giustamente il Manzoni si indigna per il rozzo tentativo di attribuire una menzogna all’indagato per avere il pretesto legale per interrogarlo o al fatto, sempre per indurlo a confessare, di promettergli falsamente salva la vita con uno stratagemma burocratico. La bugia ovviamente avrebbe dovuto essere grave e attinente al caso ma, vabbè, questo è secondario.
Davvero il Manzoni è abile nel mostrare giudici, autorità e plebei esaltati come squali dal sangue del loro prigioniero, che feroci e solo a fatica si trattengono dallo sbranarlo immediatamente.
E perché, se sono così sicuri che sia colpevole, non si limitano a condannarlo a morte e basta? Perché vogliono a tutti i costi la sua confessione?
Comunque, con la solita serendipità (*2) che mai cessa di stupirmi, oggi ho letto due capitoli del “Malleus maleficarum” che riguardano proprio l’uso della tortura sulle streghe: la “Domanda XIII: dei punti da osservare da parte del giudice prima dell’esame formale nel luogo di detenzione e della tortura” e la “Domanda XIV: sui metodi di rivolgersi all’accusato che deve essere interrogato; e se le può essere promessa la vita” della parte 3° dell’opera.
Come ho spiegato nel pezzo Anche Manzoni scrisse cose buone, almeno fino a dove sono arrivato a leggere, sembra voler attribuire l’uso, anzi l’abuso, della pratica bestiale e inumana della tortura alla follia dell’uomo. A quelli che io chiamo i suoi limiti psicologici.
Sono d’accordo che questi limiti siano un fattore ma poi nel pezzo sullodato aggiungo:
«Eppure il Manzoni è riuscito comunque a farmi arrabbiare: sapete perché mi ricordo la data del 1630? Perché qualche giorno fa ho ricontrollato l’anno del processo a Galilei: il 1633.
Ed ecco che si inizia a intuire un elemento culturale fondamentale del quale il Manzoni, almeno fino a quanto letto, tace: l’influenza della Chiesa sull’uso della tortura. Non solo Galilei fu torturato per costringerlo all’abiura delle sue teorie eliocentriche ma non dimentichiamoci i processi alle streghe che proprio nel 17° secolo raggiunsero il loro apice. In Italia non ci furono le stragi della Germania ma, se non erro, proprio nella zona di Como, e quindi in Lombardia, ci furono numerosi casi e relativi roghi.
Il punto è che se in una società religiosa come quella europea del 17° proprio la Chiesa, ovvero la massima autorità morale, usa e abusa della tortura è inevitabile che gli autori coevi non si azzardino a denunciare la bestialità di tale pratica.»
Ebbene, probabilmente avevo intuito bene e oggi ho qualche elemento concreto a sostanziare questa mia teoria.
Il Manzoni per il momento non scrive niente al riguardo ma ho la sensazione che l’untore fosse considerato equivalente a uno stregone e, quindi, in odore d’eresia. Non ricordo come l’untore venne ucciso: è importante perché il rogo dovrebbe essere riservato agli eretici. Inoltre nei processi di eresia vi dovrebbe essere anche un inquisitore ma il Manzoni non ne fa cenno.
Forse questo caso non era tecnicamente un processo per eresia ma molte situazioni che si verificarono, e che sdegnarono il Manzoni, erano comunque tipiche dei processi alle streghe.
Innanzi tutto neppure le streghe possono essere condannate a morte a meno che non confessino o se non c’è prova diretta o indiretta di eresia. Se abbiamo solo dei testimoni, come nel caso del nostro untore, allora è necessaria la confessione.
Sempre nella domanda XIII Sprenger e Kramer, gli autori del “Martello delle streghe”, spiegano che il giudice non deve eseguire la tortura troppo velocemente infatti «[…] a meno che Dio, tramite un sacro angelo, obblighi il diavolo a non aiutare la strega, essa sarà insensibile al dolore della tortura e si farà prima smembrare arto per arto piuttosto che confessare la verità.»
Insomma mentre per un criminale comune il resistere alla tortura potrebbe essere segno che non ha compiuto il crimine di cui è accusato, per il presunto eretico non è così: è semplicemente il diavolo che lo protegge.
Gli autori insistono a lungo su questa straordinaria resistenza dei torturati ad ammettere la verità: il loro silenzio invece di far sorgere il dubbio di innocenza ma è considerato ostinato e testardo, un’offesa ai giudici.
Di nuovo questo sembra essere l’atteggiamento delle autorità milanesi nei confronti dell’untore: assenza di dubbi sulla sua colpevolezza e indifferenza per il suo silenzio sotto tortura.
Il capitolo “Domanda XIV […]” inizia con la formula con cui si annuncia alla strega la decisione di torturarla: due passaggi mi sembrano particolarmente rilevatori e li ho evidenziati in neretto.
«Noi, il giudice e gli assistenti, avendo preso parte e considerato i dettagli del processo contro te, X di tale paese di tale diocesi, e avendo esaminato diligentemente l’intera materia, avendo riscontrato che tu sei stata equivoca nelle tue ammissioni […] Così che la verità possa essere conosciuta dalla tua propria bocca, e che così tu non offenda le orecchie dei giudici, noi dichiariamo, giudichiamo e condanniamo che in tale giorno a tale ora tu sia posta sotto tortura.»
La “reticenza nelle ammissioni” mi pare ricordare molto una definizione blanda di bugia. Anche nel processo all’untore si insisteva molto a giustificare la tortura con una sua menzogna.
Il “non offenda le orecchia” fa pensare che i giudici siano già convinti di sapere la verità e la tortura serva solo quindi per ottenere la confessione.
Di nuovo il comportamento che tanto indigna il Manzoni era in verità quello consigliato dalla Chiesa nei processi di inquisizione.
Altro elemento psicologicamente interessante: i due inquisitori danno molti consigli su come procedere con la tortura. Partire “gentilmente”, mostrare la tortura successiva ma non applicarla subito (solo l’indomani o il giorno dopo ancora), sempre insistere a chiedere di confessare fra una tortura e l’altra, non spargere subito il sangue etc.
Come tutti sanno poi, per togliere alla strega qualsiasi talismano del diavolo, essa sarà denudata, rasata e purgata (potrebbe averlo ingoiato). Ma il consiglio che mi ha più colpito è il seguente: «[…] se lei non confessa volontariamente allora [il giudice] ordinerà agli ufficiali di legarla alla corde immediatamente ma non con allegria, piuttosto mostrando di essere disturbati dal loro dovere.»
Ecco questo è un elemento puramente psicologico e non culturale: il sadismo di ferire un essere indifeso giustificandosi dicendosi che è una strega (*3).
Poi, come anticipato, dal titolo del capitolo si spiega che il giudice per far confessare la strega può anche prometterle di aver salva la vita in cambio della confessione e della denuncia di altre streghe.
In realtà la promessa è sostanzialmente fasulla: gli autori spiegano che il giudice farà credere che la punizione sarà leggera (come l’esilio) ma in realtà 1. la condanna a morte sarà commutata in prigionia a vita a pane e acqua (ovvero una morte lenta di qualche anno a seconda della salute della strega); 2. il giudice si fa sostituire da un altro che emetta la sentenza al suo posto (così il potrà dire di non averla condannata a morte!); 3. oppure semplicemente risparmiarle la vita per un po’ (non si dice quanto) e poi bruciarla.
Qualcosa di analogo, come detto, succede anche al nostro untore: con un trucco gli viene offerta la garanzia di vita se confessa il nome dei suoi complici.
Il Manzoni si indigna e fa indignare i propri lettori ma questo era esattamente il normale modo in cui la Chiesa gestiva i propri processi…
Forse l’ho tirata troppo per le lunghe: comunque il punto è che, a sentire il Manzoni, il processo all’untore del 1630 fu un’eccezione contraria alle usanze dell’epoca e alle prescrizioni dei giureconsulti coevi o quasi. Non dice però che questa era l’esatta normalità per i processi di eresia effettuati seguendo i dettami della Chiesa.
Aggiornamento 15/9/2023: ho letto poche altre pagine della “Colonna Infame”: l'untore, allettato dalla promessa di aver salva la vita, si inventa e confessa che il suo complice è un tale barbiere di sua conoscenza. La parte che ho trovato interessante è che i giudici insistono molto sul perché non ha parlato prima di questo suo complice, l’untore (c’è nome e cognome ma con la mia particolare dislessia non riesco a ricordarlo) dice che non poteva dirlo, che la tortura sarebbe potuta andare avanti per giorni ma lui non avrebbe potuto confessare.
Da quello che ho letto nel “Martello delle streghe” mi pare chiaro che i giudici volessero legare la sua resistenza alla tortura alla protezione del diavolo. Ecco spiegata l’insistenza: probabilmente si vuole dimostrare che l’untore è uno stregone/eretico.
Ma di nuovo il Manzoni non tira minimamente in ballo il diavolo che a sua volta avrebbe fatto emergere l’aspetto religioso della vicenda che, invece, l’autore vuole tenere assolutamente nascosto.
Ah! e, ovviamente, non poteva mancare la condanna morale del povero torturato che condanna un innocente alla sua stessa sorte: non avrebbe dovuto cedere alla falsa promessa di aver salva la vita e non essere più torturato. Come pontifica bene il Manzoni!
Conclusione: il Manzoni scrive bene, anzi benissimo, ma continua a non piacermi...
Nota (*1): ho ritrovato il mio eLettore (v. il corto La spiegazione più probabile): ci scriverò un corto per spiegare cosa penso sia successo!
Nota (*2): che sia la “mia” Provvidenza?
Nota (*3): e l’uomo è sempre lo stesso: non bastano pochi secoli a cambiarlo. Come spiegare gli infermieri che su FB nel 2020 si vantavano che avrebbero fatto soffrire i pazienti non vaccinati? Abbiamo la vittima impotente e il sadico protetto dalla legge e il risultato è sostanzialmente lo stesso di quattro secoli fa.
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