Non ne ho molta voglia ma oggi devo proprio scrivere di Hobsbawm perché sto rimanendo molto “indietro” su quanto letto! Ho controllato e ho visto che sono ho scritto degli ultimi due capitoli (non sottocapitoli), in pratica circa sessanta pagine…
Cercherò quindi oggi di limitarmi al capitolo XVI (“Fine del socialismo”) e rimanderò a un’altra occasione quello che riguarda il XVII (“Morte dell’avanguardia: l’arte dopo il 1950”) che, comunque, ho praticamente terminato.
La “fine” del socialismo ha le sue premesse negli anni ‘70 e ‘80 ma si manifesta concretamente in pochi anni dal 1989 ai primissimi anni ‘90. Siccome Hobsbawm scrive nel 1993 si trattava praticamente di cronaca. Curiosamente l’autore continua a descrivere gli eventi al passato, forse conscio di star scrivendo un capolavoro…
In realtà, nonostante lo stile non cambi rispetto alle parti precedenti, io vi ho avvertito una minor chiarezza e lucidità nello spiegare le dinamiche politiche e sociali che hanno guidato questa trasformazione: semplicemente alcuni passaggi non mi sono chiarissimi mentre per le epoche più remote tutto mi appariva logico e coerente.
Siccome le pagine da coprire sono molte non scriverò seguendo un filo conduttore ma semplicemente presentando sequenzialmente le varie annotazioni di cui ho disseminato il capitolo in questione.
Ah! Del primo sottocapitolo avevo scritto in La Cina della prima metà del XX secolo: riparto quindi da dove ero arrivato…
- Serendipità: la mia prima annotazione si riallaccia direttamente al pezzo La sinistra oggi (scritto stamani!). Riguarda le basi ideologiche del comunismo cinese: in pratica il comunismo cinese è legato al marxismo solo attraverso l’interpretazione staliniana di esso, ovvero all’opera “Compendio di storia del PCUS” fatto scrivere da Stalin.
E comunque «Tuttavia al di sotto della facciata marxista-leninista c’era un utopismo prettamente cinese: ciò era ancora più evidente nel caso di Mao, che non aveva mai viaggiato al di fuori della Cina […] e la cui formazione intellettuale era completamente cinese.» (*1)
- Il bene ultimo cinese è la scomparsa dell’io nella collettività e non la liberazione dell’individuo: ben oltre quindi la “consapevolezza soggettiva” e il “volontarismo” di Stalin.
- La crisi petrolifera degli anni ‘70 aumentò gli introiti dell’URSS e, quindi, rese più facile l’importazione di prodotti finiti dall’estero: questo però contribuì al declino dell’industria sovietica. A me ricorda un po’ il declino della Spagna provocato dall’oro delle Americhe. Volendo qualcosa di simile sta accadendo all’occidente oggi dove, grazie a una valuta forte, è conveniente acquistare prodotti all’estero piuttosto che produrli direttamente da noi.
- Il tallone d’Achille del sistema sovietico (cioè URSS + stati satelliti est Europa) era la Polonia per tre motivi: 1. opinione pubblica anti russa; 2. indipendenza chiesa cattolica; 3. forte sindacato degli operai. Senza dimenticare l’effetto catalizzante del papa polacco Giovanni Paolo II…
Si arriva poi alla parte specifica sul crollo dell’URSS che, complessivamente, mi ha convinto poco. Qui proverò a riassumere il pensiero di Hobsbawm.
Premesse:
- Gorbaciov uomo di partito in contrapposizione ai politici di provenienza più tecnica (fabbriche).
- L’élite sovietica si era ormai resa conto della necessità di cambiamento: con élite si intendono gli intellettuali e l’apparato tecnico che guidava le fabbriche conscio della situazione sempre più disastrosa.
- La popolazione era piuttosto indifferente: la maggior parte dei sovietici non aveva conosciuto realtà politiche diverse. La popolazione era cosciente di avere poco ma anche di lavorare poco (alta inefficienza della produzione). Contenta delle garanzie minime che aveva e temeva il cambiamento.
«Il sistema garantiva un tenore di vita minimo garantito, una sicurezza sociale generalizzata, di livello modesto ma reale, una società egualitaria dal punto di vista economico e sociale, nonché la realizzazione di almeno una delle tradizionali aspirazioni del socialismo, il “diritto all’ozio” teorizzato da Paul Lafargue.» (*2)
- In particolare i giovani non erano interessati al cambiamento.
- La burocrazia e parte del partito era invece contrario al cambiamento. In particolare il partito era diviso fra corretti e “idealisti” (che credevano ancora, sebbene blandamente, negli ideali comunisti).
- Scrive Hobsbawm: «E un Partito comunista, per quanto degenerato, non sarebbe concepibile senza capi che siano socialisti come non sarebbe concepibile una Chiesa cattolica senza vescovi e cardinali che siano cristiani, visto che entrambe le organizzazioni si basano su veri e propri sistemi di credenze.» (*3)
L’analogia mi piace ma non sono sicuro di quanto sia corretta: sì, probabilmente un livello minimo di fedeltà agli ideali comunisti (*4) vi doveva essere ma non so quanto questo principio sia generalizzabile.
- Il punto precedente serve a Hobsbawm per spiegare l’elezione di Gorbaciov a segretario del partito. Curiosamente Gorbaciov era molto più apprezzato all’estero che in casa propria.
In questa situazione Gorbaciov lanciò un piano di cambiamento basato su due direttive: la “perestrojka” e la “glasnost” (*5). La “perestroika” erano le riforme, economiche e sociali; la “glasnost” la trasparenza e libertà d’informazione.
La perestrojka si proponeva in campo economico di passare a un’economia di mercato e, in quello politico, di trasferire il potere dal partito comunista allo Stato. Chiaramente, come in tutte le grandi riforme, chi aveva da rimetterci si opponeva alle novità.
In quest’ottica era quindi stata pensata la glasnost: ovvero come sistema per denunciare e isolare politicamente chi, per interesse personale, si opponeva al cambiamento.
Ma lo stato sovietico, le sue strutture, avevano una forte organizzazioni gerarchica, quasi militare (*6): e la democrazia portata dalla glasnost non funziona in un esercito e, anzi, lo rende meno efficiente.
Contemporaneamente le riforme economiche erano state improvvisate, lasciate a loro stesse, con l’idea che l’economia di mercato avrebbe fatto il miracolo di far funzionare immediatamente tutto. Gorbaciov era un’idealista (*7) laureato in legge (*8) evidentemente con grandi visioni ma scarso senso pratico.
Sempre “grazie” alla glasnost la popolazione, già prima indifferente alle riforme, accorgendosi di vivere peggio di prima (con le imprese statali improduttive che venivano lasciate fallire) iniziò a essere sempre più ostile a esse: insomma la libertà di informazione fu usata (dagli avversari di Gorbaciov) per aumentare il malcontento popolare.
Hobsbawm non si azzarda a ipotizzarlo apertamente ma mi pare di capire che, secondo lui, senza la glasnost forse Gorbaciov sarebbe riuscito a mantenere comunque il controllo del paese nonostante le riforme improvvisate.
Io ancora non so cosa pensare: non so se avete notato ma molti passaggi della mia sintesi (basata su quanto scritto da Hobsbawm) sono intuitivi e non logici: partito comunista che equivale a chiesa cattolica, apparato statale paragonato a un esercito…
Queste sono intuizioni, probabilmente anche corrette, ma mancano di quei dettagli che spieghino nel concreto come sono andati i fatti. Chiaro che Hobsbawm non poteva saperli: per lui questa era cronaca e probabilmente, ancora oggi è troppo presto, ci sono ancora troppi interessi in gioco cioè, per avere un’analisi oggettiva di quegli anni convulsi.
Ecco, credo che Hobsbawm abbia individuato dei fattori, magari importanti, ma che ne manchino molti altri: è troppo superficiale.
- Alla frammentazione dell’URSS si arrivò per tre motivi principali.
1. L’URSS era tenuta in piedi dalle strutture del partito comunista: indebolendo quest’ultimo si indebolì anche questi legami.
2. I riformatori si allearono con i nazionalisti delle varie repubbliche per combattere i comunisti che volevano mantenere i propri privilegi. Vinta l’opposizione i riformatori scoprirono che le proprie riforme erano altamente inefficaci e così furono i nazionalisti a ottenere il favore popolare.
3. I giochi di potere di Eltsin, allora presidente russo, che trasformarono la Russia in una repubblica come le altre, contemporaneamente indebolirono l’URSS.
Vabbè, mancano ancora due sottocapitoli per terminare questo capitolo ma ho già scritto abbastanza e non mi va di mettere altra carne al fuoco. Oltretutto ho visto che queste ultime pagine sono ricche di annotazioni quindi ne approfitto per fermarmi qui...
Conclusione: voglio ricercare su YouTube le immagini di quando Gorbaciov, appena liberato e tornato a Mosca, si appresta a fare un discorso al parlamento (russo, sovietico?) ed Eltsin, lo strapazza umiliandolo e, in pratica, lo fa sparire dalla scena politica. Immagini viste trent’anni fa ma che mi sono rimaste impresse: ero un ammiratore di Gorbaciov...
Nota (*1): tratto da “Il secolo breve” di Eric J. Hobsbawm, (E.) BURexploit, 2009, trad. Brunello Lotti, pag. 543.
Nota (*2): ibidem, pag. 555.
Nota (*3): ibidem, pag. 556.
Nota (*4): concetto che corrisponde alla condizione di “Convincimento” della legge della rappresentanza ([E] 5.4).
Nota (*5): chi ha la mia età sicuramente ricorderà come a fine anni ‘80 queste parole venivano ripetute quotidianamente dai media occidentali: io al liceo ci avrò scritto almeno un paio di temi!
Stupisce come, messo da parte Gorbaciov nel 1991, siano poi rapidamente cadute nell’oblio.
Nota (*6): leggendo Trotsky ho scoperto che molti generali, al termine della rivoluzione, finirono poi per entrare a far parte dell’apparato burocratico ovviamente portandovi la propria logica organizzativa militare.
Nota (*7): il solito sito (inaffidabile) dei tipi MBTI lo dà come ENFJ, ovvero carismatico e dalle intuizioni profonde, insomma una persona che ha grandi idee e le sa trasmettere ma con Ti inferiore...
Nota (*8): il “pazzo” Putin si è laureato in macroeconomia qualche anno fa...
Il film di Natale (?)
10 minuti fa
> entrambe le organizzazioni si basano su veri e propri sistemi di credenze
RispondiEliminaI comunisti avevano le loro liturgie e ciò vale tuttora per gli arcobalenghi (conosco un'attività di Extinction Rebellion che mi diceva di strane formule sul genere, zeppe di schwa, che alcuni di essi pronunciano prima delle riunioni).
La religione (il res-ligiere) comporta il saldarsi dei devoti e quindi rafforza li spirito di gruppo.
Sul voitubo ci dono ancora le immagini delle esequie di Berlinguer col cerimoniale religioso che lo caratterizzò.
È molto difficile, ovvero impossibile, rapportarsi sul piano razionale con questi religiosi.
Concordo: soprattutto quando la "religione" si trasforma in fanatismo. E si trasforma, temo inevitabilmente (ma non ci metto la mano sul fuoco!), in fanatismo quando è fideistica e dogmatica, ovvero quando si rifiuta il metodo scientifico, o, più genericamente, il confronto longanime, cioè sereno, tollerante e rispettoso, con chi la pensa diversamente
EliminaDopo aver riletto il mio precedente commento: comunque buffa la mia tendenza (automatica) a cercare di generalizzare e trovare regole e principi alla base di qualsiasi evento! :-D
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