Ho letto poche pagine di Hobsbawm e Trotsky e già avrei da scriverci due pezzi!
Però, per semplicità, oggi mi limiterò solo a Hobsbawm…
Il capitolo in questione affronta la storia della Cina (ricordo che il libro fu scritto nel 1993) del XX secolo.
Nella mia ignoranza sapevo che nel XIX secolo l’impero cinese era in decadenza ed era infiltrato e influenzato dalle potenze occidentali. Poi, più o meno all’inizio del XX secolo, l’impero era caduto, vi era stata una guerra civile, Mao Tze-tung la vinse (Chiang Kai-shek si rifugia su Taiwan) e il comunismo arrivò al potere. Le mie conoscenze erano vagamente più sicure dall’epoca di Deng Xiaoping in poi…
Ecco il capitolo di oggi, in circa tre pagine, riepiloga quanto accaduto dalla caduta dell’impero all’ascesa di Mao Tze-tung. Un periodo di circa quarant’anni che ho trovato molto interessante.
Dunque le mie vaghe conoscenze sulla Cina del XIX erano corrette: nel 1900 c’era stata la rivolta dei Boxer ma la Cina imperiale rimaneva un paese corrotto e più o meno sfruttato, specialmente nelle città costiere, dalle potenze europee.
L’impero cinese (come sapevo vagamente grazie alla pellicola “L’ultimo imperatore”) terminò nel 1911 e il potere fu preso dal partito Kuomintang (di cui avevo sentito ancora relativamente alla Taiwan di oggi).
Il suo programma era rivoluzionario, antiimperialista e nazionalista.
Ora sul nazionalismo cinese c’è da spendere qualche parola in più: come avevo autonomamente notato dalla lettura di “Fuga sulla Luna” la cultura cinese è un continuo da qualche millennio a.C. fino ai giorni nostri e, a occhio per un 75% del tempo, la Cina è stato lo stato più avanzato culturalmente dl pianeta. I cinesi ne sono consapevoli e non soffrono di complessi d’inferiorità nei confronti della cultura occidentale come può avvenire in tante altre nazioni.
Nel nazionalismo cinese c’è quindi una significativa componente di orgoglio per la propria cultura nazionale che lo rende, a mio avviso, peculiare rispetto ad altri nazionalismi più ideologici.
Scrive Hobsbawm: "Ovviamente i comunisti erano qualcosa in più della rinascita dell'impero, anche se trassero indubbio beneficio dalla grande continuità della storia cinese, che fissava sia il modo in cui i cinesi si ponevano in relazione con qualunque governo che godesse del "mandato del cielo" sia il modo in cui gli amministratori della Cina concepivano la propria funzione." (*2)
Alla guida del Kuomintang vi era Sun Yat-sen che, da quel poco che ho letto, dovette essere una persona estremamente capace: collaborò con i comunisti cinesi e ottenne l’appoggio dell’appena nata URSS.
Va ricordato che la Cina dell’epoca era poverissima: il 10% della popolazione, soprattutto, delle città costiere era un po’ più ricca e istruita ma il 90% era costituita da contadini che vivevano nelle campagne ed erano in stato di servitù verso i signorotti locali.
Nel 1925 però Sun muore e il suo posto alla guida del Kuomintang viene preso da Chiang Kai-shek.
Sarebbe interessante conoscerne le motivazioni (Hobsbawm non dice niente al riguardo: ipotizzo pressioni occidentali in funzione antisovietica, però in realtà non so...) ma Chiang Kai-shek rompe con l’URSS (1927) e, quindi, col partito comunista cinese.
Inizia una guerra civile e, con mia sorpresa, viene vinta piuttosto facilmente dalle forze di Chiang Kai-shek: la famosa “Lunga marcia” (1934) di Mao Tze-tung è in realtà una lunga ritirata nelle zone più remote del paese.
Chiang Kai-shek abbandona poi gli aspetti rivoluzionari del Kuomintang e collabora non solo con le élite economiche delle ricche città costiere ma anche con i signorotti locali dell’entroterra. Chiaro che la massa dei contadini non ne è soddisfatta e, per questo, preferirebbe invece i comunisti al potere.
Anche l’esercito di Chiang Kai-shek non è particolarmente motivato ma è principalmente composto da soldati che vedono in esso una via per fuggire la povertà e la fame.
Nonostante tutto, e questa è una mia (KGB) teoria, io credo che il “regno” di Chang Kai-shek sarebbe potuto durare a lungo, magari evolvendosi e facendo qualche concessione ai contadini, se non fosse stato per un evento esterno che stravolse tutto: l’invasione giapponese del 1937.
I giapponesi sconfissero facilmente l’esercito cinese e, ovviamente, occuparono le città costiere: la conseguenza fu che il Kuomintang andò sempre più a sovrapporsi con i signorotti dell’entroterra.
Scrive Hobsbawm: «[…] il Kuomintang divenne ciò che potenzialmente era sempre stato, cioè un altro regime corrotto di proprietari terrieri e signori della guerra, che si opponeva con scarsa se non nulla efficacia all’invasione giapponese.» (*1)
Poi sappiamo come andò la seconda guerra mondiale: col Giappone costretto sulla difensiva dagli USA, sul finire della guerra anche l’URSS lo attaccò e, ovviamente, aiutò i comunisti cinesi di Mao Tze-tung che avevano il sostegno popolare.
In breve Chang Kai-shek ebbe la peggio e nel 1949 si ritirò sconfitto nell’isola cinese di Taiwan.
L’aspetto interessante, secondo me, è che la storia, e quindi anche quella attuale, sarebbe potuta andare in maniera molto diversa se non vi fosse stata l’invasione giapponese della Cina. Mao Tze-tung, evidentemente, dovette essere una figura estremamente carismatica ma non particolarmente dotata di capacità strategiche (la grande carestia del 1959-61, con circa 30 milioni di morti, fu probabilmente colpa delle sue decisioni sconsiderate).
Furono le circostanze, e in particolare la seconda guerra mondiale, che lo portarono al potere: la sua abilità fu essenzialmente politica e consistette nel riuscire a mantenere il potere durante le difficoltà e a saper cogliere le occasioni che il destino gli fornì.
Spesso ho la sensazione che la storia sia “guidata”: che in alcune situazioni decisive avvengono degli eventi che la spingono in una direzione piuttosto che in un’altra: non so, mi viene in mente il fallimento dello sbarco delle truppe romane in nord Africa contro i vandali, oppure la battaglia di Adrianopoli del 378 d.C., oppure la morte di Giuliano l’Apostata durante la campagna contro i parti. Vabbè, ho fatto esempi tratti dalla storia romana ma questi momenti decisivi, pesantemente influenzati dal caso, che cambiano il corso della storia sono molteplici. Più recentemente molte volte ho pensato a cosa sarebbe successo se la Germania nazista avesse avuto più “pazienza” e avesse incominciato la guerra non dico 10 anni ma appena 5 anni più tardi: armata con razzi a lunga gittata e aerei supersonici...
E che dire del presidente USA affetto da demenza senile che sta condannando l’occidente alla sconfitta? Per quanti voti (ammesso che non vi siano state frodi elettorali) è riuscito a vincere le elezioni?
Conclusione: tanto per creare un po’ di aspettativa posso anticipare che ho trovato il capitoletto di Trotsky “Il doppio carattere dello stato dei lavoratori” ancora più interessante!
Nota (*1): tratto da “Il secolo breve” di Eric J. Hobsbawm, (E.) BURexploit, 2009, trad. Brunello Lotti, pag. 541.
Nota (*2): ibidem, pag. 542.
Il ritorno del gladiatore
8 ore fa
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