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venerdì 25 agosto 2023

Votare con i piedi

Non ho voglia di scrivere ma sto rimanendo “indietro” (*1) con Hobsbawm e Trotsky e quindi mi sforzerò di mettere nero su bianco qualche concetto…

In realtà vedo che di Hobsbawm non ho moltissimo da scrivere: intendiamoci, ogni pagina è interessantissima ma se conferma ciò che, più o meno, già so non basta per far scattare quella scintilla di entusiasmo che mi spinge a scriverne.

Comunque ho trovato questa idea attribuita a Lenin molto interessante: «[…] il voto espresso con i piedi dai cittadini può essere più efficace di quello espresso alle elezioni.», (*2) dove con il “voto espresso con i piedi” si intendono le manifestazioni di piazza.

È un concetto semplice ma a cui sono un po’ affezionato: le manifestazioni di piazza, quelle in cui la gente sfila per le strade, sono divenute il mio principale indicatore per riconoscere un’opposizione reale da una virtuale.

Fu proprio a causa della mancanza di manifestazioni di piazza che capii che il M5S fosse un populismo apparente e lo stesso valse qualche anno dopo per comprendere che l’opposizione al governo Draghi di Fratelli d’Italia fosse solamente opportunistica (per raccogliere il dissenso degli elettori di Lega e Forza Italia) e irrilevante.

Il motivo è che le manifestazioni di piazza cementificano il dissenso: la persona che perde una giornata a parteciparvi si convince della bontà dei propri ideali e sarà pronto a impegnarsi fisicamente ancora per essi. Sempre di più: è un circolo che ha la capacità di autoalimentarsi. Al contrario la “protesta” in rete è puramente virtuale: a parte il fatto che le reti sociali possono manipolarla facilmente, comunque un semplice “mi piace” non comporta uno sforzo significativo non coinvolge sufficientemente.
C’è nel raccogliersi insieme e nello sfilare un qualcosa di profondamente umano e istintuale, si creano vincoli fra i vari partecipanti: si ridefinisce cosa sia giusto e sbagliato perché abbiamo automaticamente la conferma data dalla presenza delle altre persone che condividono le nostre idee.
Chi manifesta diviene pronto a continuare a lottare con la stessa energia per gli ideali propugnati; viceversa chi dà il proprio sostegno solo virtualmente sarà molto meno legato a essi.
Poi c’è l’effetto di imitazione: chi vede una manifestazione, se ne condivide vagamente gli ideali, si convincerà ancora di più della loro validità.
Chiaro, affinché funzionino questi meccanismi di imitazione bisogna che la manifestazione raggiunga un numero significativo di partecipanti altrimenti potrebbe addirittura ottenere l’effetto opposto: “guarda quei quattro gatti sfigati che sfilano: evidentemente solo loro la pensano così ed è quindi giusto/vero l’opposto di quanto dicono”.

Anche oggi quanto sarebbe facile per i partiti all’opposizione ottenere consenso protestando contro la spesa per la guerra in Ucraina e proponendo di investire tale cifre nella sanità o per il lavoro?
Se le organizzasse un partito di una certa grandezza (in maniera da superare l’effetto “quattro gatti”) in breve i partecipanti si moltiplicherebbero e la pressione sul governo diverrebbe presto insostenibile.
Ovviamente questo non accade perché sia i partiti al governo che quelli all’opposizione sono sistemici e quindi sostanzialmente uguali: l’opposizione condivide la politica del governo e quindi non la ostacolerà mai seriamente.

Notate come gli USA, nei paesi in cui vogliono un cambiamento di regime, incoraggino le manifestazioni di piazza: in quei paesi infatti le reti sociali, quando i media sono ancora controllati dal potere locale, non censurano ma incoraggiano la partecipazione.
L’opposto di quanto invece avviene in Europa dove il potere, che ha tradito la fiducia dei cittadini, ha il terrore della contestazione.

La “stabilità” dell’occidente non sta infatti nella forza e legittimità dei governi ma, paradossalmente, nell’assenza di un’opposizione in grado di organizzare il dissenso serpeggiante.

Anzi ormai credo che l’unica vera manifestazione di piazza del M5S (quella “organizzata” per sbaglio nell’aprile del 2013 per protestare contro la rielezione di Napolitano: ricordo che all’epoca vedevo su FB messaggi di attivisti che si organizzavano spontaneamente per formare carovane di macchine e raggiungere Roma…) fu abortita probabilmente su consiglio di qualche “alleato” (*4) estero dell’Italia…
Per chi fosse interessato al mio almanaccare:
- la cronaca della manifestazioni di Roma: Situazione Roma
- perplessità per la mancanza di manifestazione di piazza: L’ultimo tabù
- un aneddotto decisivo: il corto Aneddoto romano

Come al solito Hobsbawm, che scrive nel 1993 anticipa chiaramente le tendenze che diverranno evidenti solo qualche decennio dopo. Nel seguente caso pecca di ottimismo:
«Non abbiamo però ancora compreso perché il voto che le masse espromino “con i piedi” sia diventato così importante nella politica degli ultimi decenni del secolo. Una ragione dev’essere che in questo periodo quasi dovunque si è allargata la distanza tra governati e governanti, anche se è improbabile che questo fatto produca una totale perdita di contatto o una rivoluzione negli stati in cui esistono meccanismi politici per scopriire il pensiero dei cittadini per lasciare esprimere loro di tanto in tanto le proprie preferenze.» (*3)
Chiaramente Hobsbawm si riferisce all’occidente con le sue “libere” elezioni: qui le manifestazioni di piazza servirebbero semplicemente a ricordare al governo quale sia la volontà popolare.
I fattori che indussero l’autore in errore sono molteplici:
1. sottovaluta la capacità dei media di manipolare l’opinione pubblica confondendo il vero con il falso e viceversa.
2. Sottovaluta la corruzione morale dei politici pronti a tradire senza esitazioni gli interessi del proprio paese. Questa abbattimento dei valori porta i partiti, in cui la diversità di ideologia è solo apparente, a essere tutti sistemici.
3. Sottovaluta la crescita di forza, e quindi di persuasione, delle oligarchie economiche in grado ormai di influenzare pesantemente ogni democrazia occidentale.

Conclusione: vabbè, alla fine avevo proprio poco da scrivere… meglio così, dato il mio umore...

Nota (*1): nel senso che scrivere dei pezzi su ciò che mi colpisce mi aiuta a memorizzare, e quindi far mio, le informazioni che trovo più utili. Insomma questi pezzi sono più per me che per i lettori!
Nota (*2): tratto da “Il secolo breve” di Eric J. Hobsbawm, (E.) BURexploit, 2009, trad. Brunello Lotti, pag. 533.
Nota (*3): ibidem, pag. 533-534.
Nota (*4): “pappone” sarebbe più corretto data la prostituzione agli interessi esteri dei nostri politici. “Alleati” sottintende una certa parità di ruoli, o almeno di rispetto reciproco, che manca invece nei rapporti fra Italia e USA.

1 commento:

  1. Per mio carattere non amo (eufemismo) le manifestazioni.
    Quindi in passato optai per il "votare con mente e mani" scegliendo di impegnarmi creando il primo GAS, Gruppo di Acquisto Solidale della valle in cui abito: favorire, destinando ad essa, l'economia etica, ecologica, locale, piccola, boicottando quella che non lo è.
    Siamo rimasti in pochi gatti, per varie ragioni tra le quali il fatto che un GAS richiede un piccolo impegno duraturo, continuo.
    Più facile manifestare o protestare.
    La critica è facile, l'arte è difficile.
    UUiC

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