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martedì 20 febbraio 2024

Cinque condizioni

Non ne ho voglia ma devo scrivere un nuovo pezzo su Rogers: il problema è che non essendo un mio libro non posso aggiungere annotazioni a margine e quindi rischio di dimenticarmi rapidamente ciò che volevo invece memorizzare!

Per sicurezza, prima di iniziare questo articolo, ho controllato le ultime pagine lette e ho subito ricordato l’essenza di ciò che volevo scrivere.
Rogers ritorna sul problema dell’istruzione e sui principi psicologici che potrebbero favorirla; ovviamente i principi che ha in mente Rogers sono quelli che ha individuato come utili nella relazione fra dottore e paziente (basandosi non solo sulla propria esperienza ma anche sui risultati di ricerche altrui).

Come (forse) ho spiegato in passato il libro (“On becoming a person”) è una raccolta di materiale dell’autore scritto in epoche diverse. Sull’argomento infatti aveva già scritto (v. Insegnare e imparare dell’altra settimana) ma in questo capitolo riporto invece una sua ulteriore presentazione successiva di diversi anni in cui cambia leggermente prospettiva.

Ah! l’argomento in sé non mi sta particolarmente a cuore ma sono però curioso di trovarvi elementi utili per un altro problema: convincere altre persone delle proprie idee quando le sappiamo corrette e ne abbiamo le prove. Non un esercizio di sofistica quindi ma un caso molto specifico dove, l’ho già personalmente appurato, l’approccio logico e razionale di presentare all’altro dati e dimostrazioni semplicemente non funziona perché vi è un rifiuto psicologico nell’accettare una realtà che è in contrasto con quanto precedentemente si pensava e si affermava e che, proprio per questo, minerebbe la propria autostima. Ah! suppongo poi che l’interlocutore sia ragionevolmente aperto alla discussione, almeno a parole, e cerchi quindi di comprendere il nostro punto di vista: è chiaro infatti che chi già dentro di sé è convinto di essere assolutamente nel giusto sarà totalmente insensibile: le nostre parole gli entreranno da un orecchio e gli usciranno dall’altro!
Però, chiarificata così meglio l’essenza del problema, si nota subito una relazione ovvia: è impossibile far cambiare idea a un narcisista in quanto egli protegge più fortemente degli altri la propria autostima e per questo non ammetterebbe mai di essere in errore.
Ci tengo poi a precisare che questo mio interesse non ha niente a che vedere con ciò che scrivo in questo ghiribizzo (né sull’Epitome)! Qui non cerco di convincere gli altri delle mie idee ma mi limito a presentarle. Probabilmente rimasi sconcertato dalla mia esperienza di attivista nel M5S: la mia partecipazione al gruppo locale era per me solo un impegno morale a fare la “mia parte” per il bene di tutti ma non nutrivo speranza di poter incidere nel locale del nostro comune. Per questo motivo non ero particolarmente interessato a quanto veniva discusso perché comunque sarebbe stato ininfluente. Però almeno tre o quattro volte si verificarono delle situazioni in cui mi resi conto che il gruppo stava per prendere decisioni chiaramente sbagliate e mi impegnai per cercare di evidenziarne l’errore: nonostante i miei sforzi però non riuscii a far cambiare idea a nessuno…
A parte questa motivazione “personale” credo anche che sia importante comprendere questo fenomeno per capire meglio le reazioni della società e l’evoluzione delle sue tendenze.

Ma torniamo a Rogers!
In questo capitolo egli esplicitamente elenca gli elementi che portano a una relazione di successo fra terapeuta e paziente per riapplicarli all’istruzione. Così come una buona terapia è quella che porta a una modifica positiva del comportamento del paziente così una buona istruzione porta lo studente a fare proprie le nozioni che apprende: non quindi una sterile accumulazione di dati ma la loro comprensione profonda che implica la capacità di riutilizzarli in altri contesti.

1. Lo studente deve affrontare un problema.
Deve essere consapevole che ciò che impara sarà la chiave per risolverlo, che ciò che impara ha cioè una sua reale utilità.
2. Congruenza.
L’insegnante deve essere tutt'uno con le proprie emozioni: sia che sia felice o arrabbiato con i suoi studente queste sue emozioni dovranno trasparire. Non devono venire nascoste come se non esistessero.

3. Considerazione positiva incondizionata.
L’educatore deve avere una visione sempre positiva dei propri studenti: non solo quando fanno bene ma anche quando fanno male (o magari combinano una marachella!).

4. Comprensione empatica.
L’educatore non deve semplicemente essere in grado di capire le parole degli studenti ma anche le loro emozioni, anche ciò che non viene esplicitamente detto.

5. Consapevolezza negli studenti.
Gli studenti devono essere consapevoli che i punti 3 e 4 sono realizzati, ovvero che il loro insegnante li apprezza per ciò che sono e che li comprende pienamente.

Per me è sorprendente come fra questi punti non vi sia un accenno alla logica, alla necessità di spiegare in maniera piana le nuove informazioni e le relazioni fra le stesse. Capisco il punto 1 ma non i rimanenti quattro: mi sembra irrilevante per me…
Ma è davvero così?
Giorni fa ho cenato con un amico del liceo ed eravamo d’accordo che l’insegnante che più ci mancava (forse l’unico) era la professoressa G (v. La Prof G.). E con lei devo dire che anche i quattro punti (dal 2 al 5) elencati da Rogers erano abbastanza rispettati. Non sono sicuro della sua “comprensione empatica” (punto 4) né che noi studenti fossimo consapevoli di essere capiti e apprezzati (punto 5) ma forse era così a livello inconscio. Che mi apprezzasse (condizione 3) me lo fa pensare che quando andavo a parlarci mi accoglieva con un sorriso (per poi magari incazzarsi se la mia domanda era stupida): forse anche qui, a livello inconscio, ciò mi bastava per sentirmi apprezzato?
Di sicuro non nascondeva le proprie emozioni (punto 2): ci faceva regolarmente delle sfuriate terribili però era generalmente sorridente…
Non sono però sicuro di aver appreso più con lei che con altri insegnanti: ma in verità a me mancava la condizione 1, la consapevolezza dell’utilità di studiare vecchi (e nuovi) poeti e soprattutto del latino… quindi chissà...

C’è poi da ricordare l’obiezione che feci questa estate al metodo di Rogers (v. Mi vedo bene, grazie! e precedenti) in cui, secondo me, il suo meccanismo funzionava bene con specifiche psicologie ma non con tutte. Ipotesi del resto confermatami in seguito da Jung secondo il quale l’umanità è divisa in varie tipologie psicologiche spesso dalle tendenze contrapposte.
Quello che voglio dire è che questo metodo “empatico” di fare istruzione forse potrebbe funzionare bene con alcuni studenti ma non altrettanto con altri: io personalmente mi vedo apprezzare l’insegnante ma non imparare di più da esso.

Conclusione: poi Rogers passa ad approfondire le conseguenze delle sue cinque condizioni nel comportamento effettivo dell’insegnante con i suoi studenti: ma mi pare meno interessante e comunque ho già scritto abbastanza!

5 commenti:

  1. La majeutica prevede che il maestro porti l'allievo lungo in percorso che lo porti a "scoprire" la verità.
    Verità nota a priori ma che non viene semplicemente spiattellata, occorre arrivarci per gradi, facendo leva su strumenti appresi nel frattempo.
    Il guaio è il presupposto che dicevo, cioè che per funzionare la majeutica richiede che l'allievo riconosca il maestro.
    A partire dagli Anni Settanta la Massoneria ha impiegato risorse inimmaginabili per scardinare lo "Occidente" e tra i vari piedi di porco ha usato anche il rigetto dei "maestri", quindi l'interruzione del passaggio di consegne generazionale, tramite il "giovanilismo", idea per cui il "giovane" è una "classe sociale" in lotta con gli "adulti" e portatore di valori positivi, vincenti, santi, in quanto "giovane", da cui l'estensione indefinita della "giovinezza", una persona di trent'anni è ancora "ragazzo".
    Il "grillismo" è l'ennesima incarnazione del ribellismo adolescenziale di ispirazione massonica, rifiuto della idea di sedere sulle spalle dei giganti perché "uno vale uno", quindi reinventare l'acqua calda di continuo e lotta contro il "sistema" a forza di "gruppi" e "la rete" e tutte le cavolate casaleggiane.
    Inevitabile fallimento proprio perché il "grillino" non ha "maestri".

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    1. > La majeutica prevede che il maestro porti l'allievo lungo in percorso che lo porti a "scoprire"
      > la verità.

      Solo per dire che sono sostanzialmente d’accordo con questo commento.
      Il mio dubbio è sul ruolo attivo della Massoneria: magari è stata una delle forze che a spinto in una certa direzione ma dubito la principale. Essenzialmente non mi è chiaro cosa avrebbe avuto da guadagnarci, le leve da azionare troppo e i risultati possibili difficilmente prevedibili.

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    2. La domanda "cui prodest" ha una risposta diversa a seconda del livello a cui uno si trova nella organizzazione massonica.
      Al livello minimo il vantaggio è che l'affiliazione ti garantisce una corsia preferenziale in tutti i luoghi e situazioni in cui c'è un altro massone che ti può favorire. Per esempio tu sei un imprenditore che partecipa ad una gara, il tuo "fratello" di loggia ti informa della offerta dei concorrenti, oppure sei uno speculatore finanziario, il tuo "fratello" ti informa di operazioni societarie delle aziende quotate prima che queste operazioni siano rese pubbliche.
      Soldi e potere. Comandare è meglio di fottere, dicono al Meridione. Forse si potrebbe dire che comandare ti porta a fottere.
      Mano a mano che si sale di livello diminuisce l'interesse materiale ed aumenta il complesso di Dio, cioè gente come Musk o Zuckenberg hanno cosi tanti soldi, cosi tanti agganci che si trovano sopra i "Capi di Stato", sopra enti sovranazionali, quindi un po' per sfizio un po' per psicosi, gli sembra una buona idea ridisegnare il Creato e siccome l'Umanità la vedono come io vedrei delle formiche stando in cima ad un grattacielo, non gli importa dei "danni collaterali".
      Come si diceva con un celebre aforisma, il potere assoluto corrompe assolutamente.
      Poi il potere corrompe chi non ce l'ha, nel senso che fa carte false per averlo e torniamo ai "danni collaterali".
      Da un punto di vista pratico non serve diventare imperatore dell'universo per ottenere tutto quello che vuoi, basta molto meno. Però per uno abbastanza pazzo da volere essere imperatore dell'universo c'è una piramide si figure intermedie che devono leccare scarpe sopra e farsi leccare le scarpe sotto. Questo meccanismo implica che ci sia un disegno complessivo che crei i vari tipi di umanità, le varie condizioni, che vanno ad incasellarsi nella struttura piramidale. Torniamo a bomba, un Putin non potrebbe esistere se la gente gli ridesse in faccia, esiste perché c'è una struttura che dipende da certi meccanismi di clientela e di subordinazione, un po' come i valvassini, valvassori, vassalli e servi della gleba. Ci sono persone che per di mestiere fanno gli incappucciati che vanno ad arrestare i "facinorosi", poi ci sono i capi degli incappucciati, i capi dei capi, ci sono i fornitori delle uniformi e dei manganelli e degli scarponi, ci sono gli oligarchi che hanno in gestione tot risorse e tot persone che vivono attorno quelle risorse, tutto un ecosistema.

      Comunque, il nocciolo della faccenda è che "massone" viene dalla gilda dei costruttori che nel medioevo lavoravano alle cattedrali e in generale alle grandi costruzioni per conto della Chiesa o della aristocrazia nobiliare. Non erano aristocratici, ovviamente e quindi avevano la tigna che sarà poi della "Borghesia" di soppiantare l'Aristocrazia però invece di farlo in maniera aperta, l'idea era di andare per vie traverse, come cospiratori, come una setta segreta. La dottrina era quella del Creato come un edificio e i Massoni si reputavano incaricati da Dio o suoi concorrenti nella versione blasfema nel migliorare e completare il disegno.
      La natura di setta segreta era tipica delle corporazioni medievali ed era un po' il precedente dei "patent" contemporanei. Favorita dal fatto che era tutta "ars sine scentia, cioè non c'era una teoria, non c'era una prassi sperimentale, era tutto empirico, acquisito dall'esperienza con prova-correggi e tramandato da maestro ad allievo. Ecco perché si pagava per "andare a bottega", non potevi comprare un manuale, non c'erano scuole, dovevi seguire un tizio che cominciava facendoti lavare le mutande.

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  2. I punti elencati non esauriscono certo l'insegnamento, ma sono importantissimi in età precoce, diciamo fino alla prima adolescenza. In quella fase, infatti, è comune che il gradimento e l'interesse per una certa materia dipendano in gran parte da una certa identificazione con la figura di chi la propone. In altre parole, se la persona/insegnante va a genio, quel che propone viene accolto con maggior gradimento e attenzione. A me non sembra per niente poca cosa.

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    1. Ti ringrazio per il commento da esperto del settore: lo apprezzo molto!
      Sicuramente l'insegnamento non è tutto qui: come spiegato questi punti si riferiscono all'atteggiamento psicologico ritenuto più proficuo da Rogers in base alla sua esperienza di terapeuta.
      Da questo punto di vista la cosa interessante è che questo approccio rimane valido indipendentemente dall'età degli studenti (anche all'università cioè). Io lo trovo sorprendente in effetti: eppure anche nella mia piccola esperienza aneddotica ci vedo del vero...

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