Bellissima giornata anche oggi: ho letto abbastanza e bene!
Anche oggi voglio scrivere di “On becoming a person” di Rogers. Ho letto un capitolo atipico di poche pagine: “13. Personal Thoughts on Teaching and Learning”.
Nell’introduzione Rogers si dice molto sorpreso del clamore che suscitò il suo discorso (di cui il capitolo è la trascrizione) a un convegno sull’insegnamento incentrato sugli studenti.
Come al solito il mio interesse nel capitolo era nel tentativo di trovarvi spunti per il problema che mi sta più a cuore: come convincere il prossimo delle nostre idee?
Del resto insegnare equivale un po’ a convincere lo studente della nostra verità…
Beh, sì, non è la stessa cosa ma ci sono delle vaghe analogie.
In realtà il clamore provocato è comprensibilissimo dato che in pratica afferma che insegnare è completamente inutile!
Secondo Rogers o gli studenti non imparano niente o imparano nozioni vuote o, talvolta, capiscono male (perdendo di vista la propria esperienza)!
Ma quando allora gli studenti possono imparare qualcosa?
Attraverso la ricerca e lo studio personale. E questo tipo di esperienza non può essere comunicato.
Che lo voglia ammettere o meno secondo me Rogers qui ha voluto essere provocatorio nella maniera in cui ha estremizzato la sintesi della propria pratica di insegnamento.
Io credo che il punto sia sempre lo stesso: come la guarigione deve partire dal paziente stesso, così l’apprendimento “vero”, non il riferimento puramente mnemonico, deve partire dallo studente.
Lo studente deve porsi davanti alla materia con la propria mente attiva: si deve porre domande, dialogare col testo (o l’insegnante) per comprenderlo in profondità. Imparare non è riempire un secchio ma accendere un fuoco…
Ecco come Rogers impara: «Io credo che una delle migliori maniere, sebbene molto difficile, per imparare sia abbassare le mie difese, il mio scetticismo, almeno temporaneamente, e cercare di capire la maniera on cui l’altro vede e percepisce la propria esperienza.
Un’altra maniera per imparare è elencare le mie incertezze, per cercare di chiarire i miei dubbi, e così avvicinarmi al significato che la mia esperienza sembra in verità avere.» (*1)
In altre parole immedesimarsi con l’autore del testo e leggere attivamente ponendosi domande con lo scopo non di assimilare passivamente delle nozioni ma semmai espandere la propria conoscenza.
Giudicate voi se la mia interpretazione delle parole di Rogers vi sembra credibile: guarda caso è infatti la maniera in cui io mi pongo nei confronti dei libri che leggo: mi immedesimo nell’autore e mi pongo domande…
E tornando alla mia domanda iniziale, ovvero come sia possibile far cambiare idea al prossimo, sembra non vi sia risposta. Se il nostro interlocutore non ci ascolta con mente aperta è tempo perso cercare di convincerlo di qualcosa: anche se abbiamo la logica e i fatti dalla nostra parte non serve a nulla. Il cambiamento di opinione deve nascere spontaneamente dall’interno della mente dell’altro: non può essere imposto dall’esterno.
Poi, se ben ricordo il mio libro di psicosociologia, ci sono metodi per convincere temporaneamente gli altri: ma si tratta di trucchi che, appunto, hanno solo un effetto temporaneo mentre a me interesserebbe far capire le mie idee non ingannare il prossimo per avere ragione sul momento…
Ricollegandomi a quanto scritto ieri sembra che possa aiutare costruire un rapporto emotivo col nostro interlocutore in cui si dimostra di capirlo e di apprezzarlo pur rimanendo sinceri: ma questo è più un qualcosa di necessario (beh, diciamo utile) ma non di sufficiente per essere convincenti. E comunque questo tipo di rapporto lo si può costruire solo confrontandosi di persona e col tempo non scrivendo un pezzo su un ghiribizzo come questo…
Conclusione: mi chiedo dove entri il carisma (menzionato dal libro di psicosociologia) in tutto questo. Probabilmente la persona carismatica ispira fiducia e, contemporaneamente, ci si convince che ci capisca, magari non siamo sicuri di piacergli ma lo vorremmo e questo ci rende più ricettivi alle sue parole...
Nota (*1): tradotto al volo da “On becoming a person” di Carl Rogers, (E.) Robinson, 2004, pag. 276-277.
alla prima stazione
1 ora fa
Majeutica socratica.
RispondiEliminaPerò richiede che lo "apprendista" ti riconosca come "maestro".
> Majeutica socratica.
EliminaSì, in parte è così...
> Però richiede che lo "apprendista" ti riconosca come "maestro".
Vero. O comunque si dovrebbe avere un'autorità, almeno in materia, riconosciuta.