Oggi mi aspetta giornatuccia: devo infanti andare dal dentista a togliere un dente del giudizio. Primo dente che tolgo. E dei miei 4 denti del giudizio (sono molto giudizioso!) sono in tre da togliere… vabbè, intanto vediamo come va con questo!
Comunque avrei da scrivere un pezzo sulla “Rivoluzione tradita” di Trotsky, ormai quasi terminata, ma ora voglio distrarmi non impegnarmi: e allora qualche riflessione sparsa…
Settimane fa ho visto la seconda stagione di Reacher: se la prima era da 8+/10 la seconda è stata da 6/10 con puntate oscillanti fra 5½ e 6½.
Come mai questo brusco peggioramento?
Io credo che i motivi siano molteplici e, temo, per realizzare una panoramica completa dovrei riguardare la serie con più attenzione, cosa di cui però non ho alcuna voglia.
SCIUPATRAMA
La trama della serie è grossomodo la seguente: Reacher viene contattato da un suo ex collega della squadra investigativa che guidava nell’esercito. Si scopre che molti ex-colleghi sono già stati uccisi. Reacher è quindi motivato dalla volontà di scoprire cosa è successo e, potenzialmente, di vendicarsi.
Comunque ecco qui una lista di ciò che ho notato al primo passaggio.
1. Contemporaneamente alla trama principale vi è una seconda trama che mostra l’ultimo caso della vecchia squadra di Reacher: l’idea è chiaramente quella di spiegare chi siano i morti e la loro personalità ma il fatto che si svolga in contemporanea con la trama principale fa sì che il legame emozionale arrivi (se arriva!) troppo tardi. Oltretutto è difficile caratterizzare e dare spessore a così tanti personaggi minori. Il problema che questo comporta è che lo spettatore è poco coinvolto emotivamente dallo scopo dell’eroe: intellettualmente sa che Reacher si vuole vendicare ma emotivamente non condivide la stessa volontà.
2. Gli antagonisti sono due: il capo della sicurezza di un’azienda che produce armi e un misterioso intermediario/assassino. Il fatto che siano rivelati quasi subito toglie molto mistero e interesse.
3. La storia dell’intermediario/assassino è un’altra trama parallela che mostra il tizio, dall’aspetto innocente, uccidere a sangue freddo numerosi sconosciuti: intellettualmente lo spettatore sa che il tizio è cattivo e spietato ma emotivamente dice poco. Oltretutto solo negli ultimi 10 minuti dell’ultima puntata ha direttamente a che fare con Reacher e qui muore in maniera banale.
4. Già, il finale: una serie di anticlimax, ognuno meno “climatico” dell’altro!
5. Nella prima stagione ogni scontro fra Reacher e i cattivi era memorabile e, almeno per me, inedito (ricordava vagamente Jason Bourne forse). Qui invece gli scontri sono delle normali “risse” già viste cento volte, talvolta tendenti al noioso. Poi il fatto che anche i suoi compagni siano coinvolti e siano molto abili anch’essi rende il personaggio di Reacher molto meno speciale.
FINE SCIUPATRAMA
Da qualche giorno ho iniziato la lettura del 4° libro della saga dell’impero di Melazan (o roba del genere) di Erikson. Diversamente dai volumi precedenti che oscillavano fra il 6 e il 6½, questo qui mi sta piacendo parecchio: per adesso siamo sul 7½ anche se non dubito, conoscendo l’autore, che calerà (sono intorno a pag. 150 mi pare).
Ciò che più mi piace è che, diversamente dai precedenti libri con dozzine di personaggi (mi occorreva mezzo libro per imparare a riconoscerli) qui sta seguendo un unico protagonista.
E ora che scrivo?
Ah! ne avevo accennato alla conclusione di Illogica delusione logica. Avevo scritto: «[…] come risolvo i problemi negli esami di intelligenza...» e non solo. Lo stesso facevo (parzialmente) al liceo per i compiti di matematica e, l’ultima volta, quando lavoravo in Spagna (vent’anni fa!)…
Non è una metodologia di lavoro ma, direi, una modalità di funzionamento del cervello: ho detto che l’ho applicata (relativamente) diverse volte ma è chiaramente evidente solo durante gli esami di intelligenza che, in realtà, ho fatto solo due volte!
Ma vediamo di cosa si tratta.
Dal mio punto di vista soggettivo ho come la sensazione di accendere tutto il cervello: ma che significa questo “accendere tutto il cervello”?
Il fatto è che normalmente mi sento sempre mezzo addormentato e fortemente distratto, come se fossi in “modalità risparmio”: i pensieri “laterali” sono sempre pronti a inserirsi e a distogliermi da ciò che sto facendo. Specialmente quando leggo è evidente: se non mi pongo continuamente domande su ciò che sto leggendo rischio di mettermi a pensare ad altro mentre leggo col risultato di non comprendere i dettagli e dover anzi rileggere tutto da capo. È come se accanto al mio pensiero “parlante” vi fossero altre linee di pensiero di cui non ho il controllo che, periodicamente, bussassero alla porta del pensiero cosciente con le loro idee: in quei momenti può avvenire il cambiamento di pensiero, la distrazione cioè, e la linea di pensiero “dominante” diviene un’altra.
Invece quando “accendo il cervello” divengo molto concentrato in quello che sto facendo come se anche le altre linee di pensiero inconscio si concentrassero sul problema in questione.
Un cambiamento fisico è che la testa mi si surriscalda: almeno io, al tocco con la mano, ho la sensazione di bruciare molto più del solito. Quando poi mi “spengo” invece mi sento spossato, come se avessi fatto un grosso sforzo fisico, solo che non ho muscoli che mi facciano male…
Per questo è qualcosa che faccio raramente: sono pigro e non ne vale la pena!
Ma la cosa più interessante viene adesso: se devo risolvere esercizi tutti simili fra loro e non troppo difficili… ovvero come agli esami di intelligenza (ho in mente quello del MENSA)… riesco ad andare in parallelo!
Non è che mi accendo e mi spengo immediatamente: è un processo un po’ più lento in cui mi occorrono svariati minuti per andare a regime.
Quindi parto “normalmente” leggo il primo problema e, siccome sono di difficoltà crescente, lo risolvo in pochi secondi e così via per i primi. Dopo un po’ arrivo a un primo esercizio in cui non sono sicuro della soluzione: invece di fermarmi a pensarci inserisco un dito della mano sinistra, alla pagina corrispondente. Poi passo all’esercizio successivo: diciamo che anche questo non mi riesca subito, allora altro dito e passo al successivo. E così via, magari ogni tanto risolvendone subito qualcuno alla prima lettura. Poi ogni tanto vado a ricontrollare i problemi su cui avevo lasciato le dita: li riguardo qualche attimo e allora o scrivo subito la soluzione oppure torno a quello principale. Dall’esterno quindi mi si vede sfogliare i fogli dell’esame avanti e indietro in maniera piuttosto rapida.
Quanti problemi tengo in sospeso contemporaneamente? Non saprei: più o meno quanti le dita utili della mano sinistra, direi tre o quattro.
La sensazione è che proprio quando raggiungo la massima efficienza l’esame è finito mentre io invece è proprio allora che potrei andare avanti a pieno regime: è come se facessi una gara di 400m quando però il mio forte sarebbero i 1500m!
Sarà suggestione? Ma, io non credo: ma ormai sarà una quindicina di anni dall’ultima volta che ci ho provato (in forma diversa, meno estrema, in Spagna) e anche solo la distanza temporale mette dubbi anche a me!
Eppure non è che quando tornavo su un vecchio problema ci ripensassi per qualche attimo: semplicemente ricordavo quale fosse e controllavo se avevo la soluzione oppure no. Non so, avrò guardato il testo del problema per mezzo secondo prima di indicare la risposta con una crocetta o lasciarlo ancora in sospeso. Ecco, magari mi si potrebbe obiettare che usavo una sorta di “intuizione”, Bo, forse… ma un’intuizione decisamente controllata e razionale!
Avevo iniziato a scrivere questo pezzo giovedì mattina, prima di andare dal dentista, senza però riuscire a terminarlo.
Adesso, sabato pomeriggio, sto facendo lo sforzo di controllarlo ma il dente continua a farmi molto male (5/10 con punte di 6/10 al momento).
Per questo non ho voglia di aggiungere particolari né di scrivere dei tempi del liceo e di Spagna: tutto sommato non sono neppure particolarmente interessanti…
Il punto è che non mi stupisco se/quando arrivo alla soluzione di un problema sul quale non avevo coscientemente pensato come nel caso delle monete fase/originali e la bilancia!
Conclusione: ohi! ohi! in questo momento sono a 6½ su 10 e siamo al primo pomeriggio… io non credo che sia normale…
PS: comunque più che quadcore direi che sono “multithreading”!
I veri lussi della vita
17 ore fa
Reacher è la solita porcheria americana contemporanea senza una storia da raccontare e fatta solo di esplosioni e ammazzamenti insensati, con l'aggiunta di figure retoriche come la "strong woman", il nero, il gaio e tutto lo zoo politicamente corretto. In questo caso l'attore protagonista ha l'espressività di un mattone e la fisicità di un container, riempe la scena solo con quella. Tutta la serie si poteva condensare in una sola puntata e anche quella si poteva benissimo evitare di guardarla. Mi domando chi si possa identificare con quei personaggi che alla fine sono psicopatici.
RispondiEliminaNon mi ricordo l'ultimo film o telefilm che ho visto e che non mi ha deluso. Nel migliore dei casi ho concluso con un "boh" ma spesso e volentieri mi sono trovato a pensare come sia incredibile che questo sia il meglio che l'industria dell'intrattenimento riesca a produrre. Vogliamo parlare dei vari "franchise" tipo Marvel, Star Trek, Star Wars, eccetera? Inspiegabile.
La prima stagione di Reacher l’ho trovata ottima e senza particolari eccessi (neppure di politicamente corretto) tenuto conto del genere.
EliminaQuello che mi ha colpito è stato quindi il crollo della seconda stagione.
Anche in questa non vi è stato eccesso di politicamente corretto ma, oltre ai problemi che ho elencato nel pezzo, vi era anche un difetto nell’intreccio del mistero in sé.
Nella prima stagione il mistero era ben congegnato ma nella seconda, in effetti, si è risolto in una sequenza di sparatorie e scazzottate generalmente pure un po’ noiose…
Complessivamente anch’io trovo che la qualità dei prodotti televisivi americani sia in netto calo: il primo problema è sicuramente l’eccesso di politicamente corretto (che però non ha colpito Reacher), il secondo però è la qualità delle sceneggiature che è crollata, il terzo è la forte riduzione dei budget che diviene particolarmente evidente negli effetti speciali tornati indietro di 10-20 anni…
Una serie che mi è piaciuta molto dell’anno scorso (non so se la prima stagione di Reacher fosse del 2023 ma mi sa che era del 2022) è stata “Wednsday” in lingua originale (dubito che nel doppiaggio siano riusciti a rendere tutti i giochi di parole)...
Mi sembra che il problema sia che non ci sono più storie perché non c'è più una morale.
RispondiEliminaIl "politicamente corretto" viene spalmato uniformemente su qualsiasi cosa quindi è sopra e sotto ma non fa parte della storia e della morale.
Una serie che poteva essere interessante era Cobra Kai, che riprendeva vent'anni dopo come Dumas le vite dei ragazzi del film Karate Kid ma ribaltando la prospettiva con il "cattivo" di allora che diventa il protagonista. Purtroppo dopo i primi episodi è diventata una pagliacciata per ritardati.
Avevo speranze per gli spinoff di Star Wars ma anche li, flop e nel caso di Kenobi, catastrofe.
L'ultima serie che ho seguito fino alla fine è stata Person of Interest.
La ringrazio per il commento che mi dà un ottimo spunto per una riflessione più ampia.
Elimina>Mi sembra che il problema sia che non ci sono più storie perché non c'è più
> una morale.
>Il "politicamente corretto" viene spalmato uniformemente su qualsiasi cosa
> quindi è sopra e sotto ma non fa parte della storia e della morale.
Io credo che il problema sia più ampio: non solo morale ma culturale. Considero la morale parte della cultura ([E] 6.5) e, quindi, se questa decade lo stesso accade alla morale.
Ma perché la cultura statunitense è in crisi? Onestamente non sono in grado di dare una risposta completa ma ho la forte sensazione che questo sia legato alla degenerazione della politica. Chiaramente non vi è una relazione diretta ma credo che sia un processo molto più indiretto: ma quando una parte essenziale di un paese va in crisi, più o meno rapidamente, la stessa crisi si diffonde ad altre istituzioni e alla società.
> Una serie che poteva essere interessante era Cobra Kai, che riprendeva
>vent'anni dopo come Dumas le vite dei ragazzi del film Karate Kid ma
> ribaltando la prospettiva con il "cattivo" di allora che diventa il protagonista.
> Purtroppo dopo i primi episodi è diventata una pagliacciata per ritardati.
Io sono evidentemente più di “bocca buona” e ho apprezzato molto le prime due stagioni, ho guardato la terza ma non la quarta… ;-)
> Avevo speranze per gli spinoff di Star Wars ma anche li, flop e nel caso di >Kenobi, catastrofe.
No, mai avuto accesso al canale Disney ma comunque non avrei avuto la minima fiducia: Disney è controllata da gruppi (per esempio BlackRock) che sembrano avere una precisa agenda che, nei media, non sembra mettere il profitto al primo posto. Ben vengano quindi prodotti, magari di scarso successo, ma che propongano ed esaltino determinate ideologie.
> L'ultima serie che ho seguito fino alla fine è stata Person of Interest.
Questa invece non la conosco. I gialli in genere non mi attirano molto…
A proposito della Disney, come si vede da questo schema programmatico sulle logiche seguite, il primo criterio non è la qualità del prodotto perché le logiche son ben altre: Strategia Disney
RispondiEliminaPerson of Interest non è un giallo ma una serie d'azione tipo Reacher ma più sofisticata anche se con tanti episodi divisi per blocchi, molti passaggi erano veramente citazioni di genere, per esempio l'ex agente CIA che si reinventa come "giustiziere".
RispondiEliminaLa parte interessante della serie è l'idea della "macchina" che è una AI che il Governo voleva adoperare per individuare e sopprimere qualsiasi opposizione, esterna ed interna.
Il creatore della AI si rifiuta di consegnarla al Governo che poi sono agenzie auto-referenti e viene ferito gravemente in un tentativo di assassinio.
Quindi assolda l'ex agente CIA come esecutore e lo manda in giro ad aiutare la gente che la AI identifica come possibili vittime di omicidi, sequestri, eccetera.
La AI è volutamente castrata dal suo creatore che teme che diventi come Skynet di Terminator, se non che le agenzie governative e altre agenzie segrete criminali private, usando codice preso da prototipi, mettono assieme una AI concorrente, che ha molti meno scrupoli, divieti ed è stata "educata" in una maniera diversa.
Battaglia tra le due AI nel "virtuale" mentre nel "mondo reale" i buoni e i cattivi si sparano e si inseguono.
Alla fine gli eroi cadono eroicamente, il creatore della AI sembra ritirarsi a vita privata, la AI sembra morta ma resuscita da un backup e ricomincia a proteggere gli innocenti.
La "morale" non è quello che tutti pensano ma consiste nella capacità di distinguere il Bene dal Male, il Giusto dallo Sbagliato.
La "morale" è un concetto attiguo a "norma - normale" cioè la regola e "diritto" cioè fatto bene, contrario a "torto", fatto male.
Io la vedo alla rovescia, gli USA collassano per le conseguenze di un piano massonico di lungo periodo cominciato negli Anni Settanta e che punta alla creazione dello Uomo Unico smantellando tutto quello che esiste e ricostruendo sopra le macerie.
La anti-morale non è una novità, appunto, è storia vecchia e si articola lungo due direttrici, quella del "vietato vietare" per cui non ci sono Bene e Male ma infiniti stati intermedi che sono in po' uno e un po' l'altro e quella delle "morali alternative" come lo Antispecismo che è una branca del più generale Antiumanesimo, in sostanza lo Antispecismo vuole cancellare l'idea che l'Uomo sia la specie superiore e riportarlo a livello "pari" ad ogni altra specie, da cui idea che le civiltà umane siano un "cancro del pianeta". Vedi tutto il parlare attuale di "transizione ecologica" che non è una faccenda di tecnologie più o meno efficaci ma ideologica, demolitiva, negativa.
Le storie dei film e telefilm sono essenzialmente fondate sull'epica e sulle fiabe. L'epica si incentra sui valori della cavalleria, se consideriamo l'epica più vicina a noi e le fiabe si incentrano sui sentimenti, amore, odio, rabbia, giustizia, ingiustizia.
Se elimini la "morale" devi eliminare l'epica e le fiabe, non ci sono più eroi e malvagi, non ci sono ordalie che finiscono in gloria, non ci sono doveri e destini, non ci sono torti radrizzati, non c'è vittoria o sconfitta.
Quello che rimane sono solo il "politicamente corretto" che comunque si costituisce di stereotipi noti a priori che vengono mostrati come sullo sfondo, sono di maniera e gli effetti speciali, botti, rumori, movimenti convulsi, giochi di luce, oppure elementi infantili come la balena che ingoia pinocchio.
L'epica e le fiabe avevano un ruolo didattico, educativo, servivano da modello per i ruoli maschili e femminili. I personaggi contemporanei sono privi di collocazione, non devono essere riferimento per nessuno, non ti puoi identificare perché non devi avere una identità riferita a modelli, è il solito discorso per cui se uno "sente" di essere donna o gatto diventa donna o gatto.
Allora prima di tutto ti ringrazio per il lungo commento!
EliminaScrivendo molto so bene l’impegno e la fatica che richiede: se qualcuno di prende tale briga per comunicare con me non posso che esserne lusingato.
La parte con la spiegazione/descrizione di Person of Interest in realtà l’ho praticamente saltata nella speranza di riuscire a vedere tale serie prima o poi: l’idea dell’IA mi pare accattivante (e molto attuale) e stuzzica il mio gusto…
Sulla morale premetto di non essere un filosofo né di aver studiato filosofia quindi ti do solo la mia opinione per quel che conta.
La morale (secondo me) non distingue il bene dal male ma definisce cosa sia il bene il male di solito basandosi sulla cultura del tempo e del luogo. Questo perché bene e male non sono assoluti di cui sia possibile tracciare un contorno esatto ma evolvono nel tempo.
Da questo punto di vista la vedo un po’ come Nietzsche: la morale evolve (di solito con un certo ritardo) per giustificare il comportamento di una società.
Io ho ampliato questo concetto nella mia Epitome (scaricabile gratuitamente QUI) e in particolare nel sottocapitolo 6.5 (di solito sinteticamente scrivo [E] 6.5).
Poi, sì, alla fine la morale si traduce in norme e, proprio per questo io la considero parte della cultura in senso lato.
Sugli USA mi fa piacere di non essere l’unico a considerarla in declino! Specialmente fra i nostri politici, in verità eccezionalmente scadenti, sembra mancare questa consapevolezza.
Sui motivi si può discutere: la tua spiegazione mi sembra interessante e, forse, con dei punti di contatto con la mia (volevo provare a riassumerla ma mi sono reso conto che mi sarebbe venuto un commento troppo lungo e comunque incompleto).
Per capire meglio il suo pensiero mi piacerebbe sapere qual è lo scopo del gruppo di potere che manovra per la distruzione del sistema sociale attuale e sulla sua ricostruzione: propriamente i massoni o un gruppo affine? E cosa guadagnerebbero da questa ricostruzione?
(in pratica io sono sempre interessato al “cui prodest” e quindi le chiedo il “chi” e il “perché”).
Per la cronaca anch’io insisto molto sulla disumanizzazione della morale ma la vedo come una tendenza del profittismo (altra mia definizione; [E] 14.4), ovvero una degenerazione dell’utilitarismo, che tende a sostituire il profitto come misura del bene a scapito dell’uomo. Da qui derivano tante conseguenze come, tanto per dirne una, considerare l’uomo come un prodotto e non una persona.
Riguardo la parte finale del suo commento proprio ieri sera avevo aggiunto il collegamento a questo cinguettio: Strategia Disney
Qui sono riassunti i criteri con cui la Disney (ma probabilmente meccanismi analoghi sono impiegati anche da altre grandi aziende) produce i suoi contenuti: non sono basati sulla qualità ma su varie teorie arbitrarie del politicamente corretto.
Insomma, secondo me gran parte della produzione moderna è scadente semplicemente perché si seguono delle “ricette” sbagliate per “cucinare” il prodotto finito.
Volendo quantificare se prima la qualità media era sul 6, con buoni prodotti (7) frequenti e rari capolavori (8 o magari anche 9) adesso, che non si cerca più il “meglio” già in partenza, la media iniziale è più bassa, diciamo 5 che si traduce in prodotti accettabili frequenti (6) ma già quelli buoni (7) divengono delle rarità. Intendiamoci: dei capolavori possono comunque venire fuori ma sono rarissimi (ho in mente Joker del 2019)...
Cobra Kai è stata una delusione cocente e veramente mi dispiace.
RispondiEliminaPotevano suonare i tasti della commedia, potevano suonare quelli del realismo, potevano inventarsi qualche storia fantastica.
Hanno fatto una roba per bambini ma i bambini di oggi, confusione, assenza di riferimenti e ancora di morale, condita con pestaggi inverosimili ripetuti di continuo.
Livello A-Team.
Gli spinoff di Star Wars invece me li aspettavo orrendi, dopo avere interrotto la visione del primo film della sequenza Disney post-Lucas. Non ho mai guardato i tre film "canonici".
A proposito, tutta questa roba io la guardo in inglese via Internet, aumm aumm.
Non serve nessun magheggio particolare.
Sul Cobra Kai secondo me hanno deciso di strizzare l’occhio ai ragazzini dimenticando invece il pubblico più adulto che, come hai scritto precedentemente, apprezzava le simmetrie ribaltate rispetto ai vecchi film. Ecco allora che le puntate invece di basarsi su tematiche più profonde e interessanti (come tutti i problemi del “biondo”) finiscono per ruotare intorno ai vari amori giovanili fra i diversi ragazzini…
EliminaPoi, alla fine, i gusti sono gusti. A me le prime due stagioni mi sono piaciute: la terza l’ho vista e la quarta no…
> Non ho mai guardato i tre film "canonici".
Aahh! Un eretico! Un ateo! Un peccatore! ;-)
Evidentemente sei di almeno 15-20 anni più giovane di me: io ho visto Star Wars al cinema nel 1977 quando avevo 6 anni e quel film ha definito cosa doveva essere la fantascienza per me!
Chiaro poi che tutto quello che si discosta dai film originali per me è “peggio”. Anzi io rimasi talmente deluso dal primo prequel che i successivi nemmeno andai a vederli al cinema. Degli spin-off Disney non ho mai visto neppure una puntata (né lo rimpiango!).
> A proposito, tutta questa roba io la guardo in inglese via Internet, aumm aumm.
Come già appurato sopra lei deve essere significativamente più giovane e smaliziato di me!
(comunque gli spin-off Disney non li voglio neppure vedere!)
No no, io visto cento volte Episodio III, IV e V, ho visto anche Episodio I II e III seppure soffrendo ma non ho visto i tre film dell'era Disney, che ho chiamato "canonici" solo per contrapposizione con gli "spinoff" che cercano di esplorare rami collaterali nel malcelato tentativo di fuggire al crollo dei film. Tentativo in parte riuscito con The Mandalorian, che è tutta una citazione di stereotipi da Sergio Leone a Kurosawa, almeno la prima serie, poi colla seconda sono tornati al tema della "strong woman" e a scancellare l'epica dei Jedi vs Sith. Fallitissimo colla tragedia di Kenobi, perso nell'intellettualismo di Andor, occasione sprecata con Ahsoka.
RispondiEliminaNon sono d'accordo sulla "morale" e di conseguenza lo Ultrauomo è ovviamente una idea che si fonda sul ribellismo adolescenziale, non a caso uno dei grandi problemi della contemporaneità è che gli adulti rimangono eterni adolescenti. La attuale fase di "crisi dell'Occidente" comincia con il "giovanilismo" degli Anni Settanta. La "morale" non cambia di tempo in tempo e di luogo in luogo, ci sono concetti che sono pre-programmati dentro di noi come per la matematica e derivano dal percorso evolutivo come animali gregari. Noterai infatti che le dottrine filosofiche che trattano il vivere e le religioni tendono a convergere sugli stessi principi fondamentali. Sia nella parte positiva che in quella negativa.
Le dottrine sul vivere si dividono in due gruppi, come le arti marziali. Il gruppo che sostiene la necessità di distaccarsi dal mondo materiale, dalle pulsioni e il gruppo che sostiene la necessità opposta di eliminare tutti gli strati sopra il mero sentire, le sensazioni. Questa divisione tra l'altro è rispecchiata in quella tra introversi ed estroversi di una certa "psicologia". La crisi dell'Occidente ovviamente implica la seconda dottrina, che è diventata il "si sa che", il "constat". Infatti è un luogo comune che non conta se una affermazione sia giusta o sbagliata, conta il "sentimento", da cui il famoso concetto del "rispetto delle opinioni altrui" che in realtà significa che tutti devono essere a loro agio, contenti, non importa il prezzo e non esiste nessuno scopo, da cui "fine della storia", cioè non esiste passato e non esiste futuro, esiste solo lo "eterno istante presente".
Circa il cui prodest, cioè cosa sia il livello dove vengono fatti questi piani e dove si investono risorse per realizzarli, boh. Non sono parte dei circoli massonici. Fatto sta che dal medioevo la Massoneria ha sempre avuto il progetto di sostituirsi a Dio o per dirla in un altro modo di perfezionare la sua opera. Per perfezionare il "creato" bisogna rifare l'Uomo e da li procedere a rifare il "mondo dell'Uomo". A me non interessano i fanatismi, interessa il fatto che per i fanatici che sono in missione per conto di Dio noi siamo insetti, siamo materia inanimata, risorsa materiale un tanto al chilo. Per realizzare il progetto dello Uomo Nuovo che sarà anche "uomo unico" hanno deciso di piallare tutto quello che potrebbe rappresentare un ostacolo, un freno, un impaccio e ripartire da zero. Per "svuotare" l'Umanità bisogna cancellare la memoria, interrompere la trasmissione del sapere tra le generazioni, eliminare qualsiasi riferimento. Eccoci all'individuo dell'Occidente contemporaneo che è un infante interessato solo al godimento, capace solo di inseguire il godimento. Un po' come le batterie umane di Matrix, con un tubo in bocca e uno nel culo e i cavi elettrici nel cervello.
No, non sono giovane, mi avvicino ai sessanta. La malizia se non ce l'hai te la puoi fare, siamo della generazione che leggeva i manuali.
> No no, io visto cento volte Episodio III, IV e V […]
EliminaAh, vabbè, vedo che è molto più ferrato di me in materia!
> La "morale" non cambia di tempo in tempo e di luogo in luogo […]
Questo argomento mi sta molto a cuore e sarei tentato di scriverci sopra un pezzo…
Provo comunque a sintetizzare in poche parole la mia posizione: mi sembra che hai le idee chiare in filosofia e quindi avrai sentito altre volte le mie argomentazioni e saprai quindi spiegarmi dove sbaglio.
Allora la mia posizione di partenza è questa (da un mio commento precedente) «La morale (secondo me) non distingue il bene dal male ma definisce cosa sia il bene il male di solito basandosi sulla cultura del tempo e del luogo. Questo perché bene e male non sono assoluti di cui sia possibile tracciare un contorno esatto ma evolvono nel tempo.»
Tu mi obietti invece «La "morale" non cambia di tempo in tempo e di luogo in luogo [...]»
Le mie istanze sono sostanzialmente due:
1. Ci sono delle zone grigie in cui la morale non è così netta e varia nel tempo. Prendiamo per esempio il divorzio 50 anni fa o, sempre attuale, l’aborto o magari l’eutanasia.
Indipendentemente da come la si pensi su queste singole questioni etiche mi sembra evidente che ci sia una significativa divisione nella società che corrisponde a una pluralità di diverse morali.
2. Ma prendiamo una questione morale anche più universale che magari sembri provenire dal nostro passato evolutivo di “animali sociali”: non uccidere.
Anche questa legge non è però assoluta e ha delle eccezioni: per esempio uccidere il nemico in guerra, oppure la condanna a morte o magari la legittima difesa. Intorno a questi scenari ci sono delle zone grigie dove la morale non è ben definita e varia da paese a paese e da epoca in epoca.
Mi si potrebbe obiettare che, vabbè, questi sono casi eccezionali ma che, per esempio, l’amore fra madre e figli è così forte che la morale non ammette mai che la madre uccida il figlio. Eppure nell’antica Roma l’esposizione dei neonati era una pratica diffusa e credo si possa supporre moralmente accettabile: solo con il cristianesimo, tutte le vite sono preziose, cambiò questa specifica prospettiva morale e la pratica fu vietata (mi sembra) con Costantino.
> Le dottrine sul vivere si dividono in due gruppi […]
Il concetto mi ricorda un po’ quanto sto leggendo in “I tipi psicologici” di Jung ma ancora non sono arrivato dove affronta questo specifico concetto…
> Circa il cui prodest […]
Il “cui prodest” secondo me è molto importante quando si vuole capire un fenomeno. Soprattutto se si vuole contrastarlo: non sapere chi sono i nostri avversari rende più difficile opporsi alle tendenze che vorremmo contrastare.
Faccio un esempio banale: io potrei scoprire, magari per una serie di incredibili coincidenze, il “piano segreto” dei Supremi Gran Maestri Perfetti Illuminati (nome a caso per identificare il gruppo di potere non identificato!), e ingenuamente pensare che per smascherarlo mi basterà mandare il materiale ai media più importanti e magari condividerlo sulle reti sociali in maniera che divenga virale. L’errore in questo caso è non comprendere che i SGMPI hanno il controllo dei media e non farebbero mai pubblicare qualcosa che potrebbe danneggiarli; analogamente il considerare le reti sociali come dei mezzi neutri e che lasciano passare indifferentemente tutti i messaggi è sbagliato: esse seguono delle precise politiche e, come hanno dimostrato i “twitter files” dono fortemente influenzate dal potere politico (e quindi anche dagli SGMPI).
Insomma riconoscere l’esistenza di un problema è già un grosso passo avanti ma è molto utile riuscire a comprenderne gli aspetti più significativi.
Poi sui “sintomi” della situazione, sulle tendenze globali cioè, mi sembra che la pensiamo in maniera simile…
> No, non sono giovane, mi avvicino ai sessanta.
Oops! Allora è di qualche anno più “saggio” di me! ;-)
Ho scritto in fretta e ho sbagliato la numerazione dei film di Star Wars, comunque spero ci siamo capiti.
RispondiEliminaRiguardo lo scrivere io non faccio nessuna fatica, devo solo avere il tempo ma sono logorroico di persona e per iscritto.
Ancora non è un caso che la semplificazione di "Internet" sia cominciata dagli SMS e dai servizi di messaggistica con una limite al numero massimo di caratteri tot per messaggio. Tutto tagliato su misura per instupidire e per facilitare gli stupidi.
Non mi spiego come la gente perda tempo a scrivere messaggi di tre righe senza contenuti, eppure, d'altra parte ha preso piede la comunicazione visiva tramite le fotografie e i video. Ancora, vedi come nei film e telefilm manchi la storia ma ci siano gli effetti speciali.
Tutto converge, tutto torna.
> Ho scritto in fretta e ho sbagliato la numerazione dei film di Star Wars […]
EliminaSì, sì avevo capito!
> Riguardo lo scrivere io non faccio nessuna fatica […]
No, io sono lento a pensare e di persona faccio fatica a tenere il ritmo di una conversazione complessa. Quando invece scrivo con calma ho tempo di elaborare e strutturare il mio pensiero: in questo caso talvolta tendo a essere prolisso soprattutto per paura di essere frainteso…
> Non mi spiego come la gente perda tempo a scrivere messaggi di tre righe […]
Volendo si può essere anche sintetici e riuscire a trasmettere dei messaggi significativi (per esempio alcuni aforismi).
Poi, certo, a volte può essere frustrante non poter approfondire.
Sono cieco senza occhiali.
RispondiEliminaLa "morale" evidentemente non afferma "non uccidere", come dimostrano gli Israeliani in questi giorni ma "non uccidere per i motivi sbagliati". I motivi sbagliati normalmente sono quelli che attingono il mero vantaggio personale, quindi i motivi giusti sono tutti quelli che avvantaggiano la collettività e in seconda battuta la autodifesa.
Il guerriero è autorizzato ad uccidere quando si trova davanti le mura di Troia e difende la sua patria, in un campo o nell'altro. L'azione in se stessa è "lecita" a prescindere poi da chi vincerà e scriverà la storia seguente.
Il rapinatore che fa la stessa cosa per se stesso invece è "immorale, tanto che il ratto della moglie di Menelao appariva giusta causa agli Achei.
Non basta, presentarsi in armi davanti le mura non è una facoltà, è un dovere, un obbligo.
Il che ci porta a concludere che ovviamente la morale serve a spingere avanti la comunità anche a scapito degli individui.
Questo ti spiega anche perché la morale tende ad essere la stessa ovunque, i meccanismi comunitari sono gli stessi, più astrai la faccenda più si generalizza.
Sentivo l'altro giorno una conferenza in cui si raccontava che la morale ogni tanto cambia, per esempio nel nostro caso è cambiata per via del cristianesimo.
Tornando a Troia, oggi sarebbe impensabile che gli eroi, sconfitti gli eroi troiani, buttassero i loro figli dalle mura e riducessero le mogli in schiavitù, allora era la norma.
Il cristianesimo non ha tanto cambiato la morale verso l'esterno ma tra simili, quando gli Europei si facevano la guerra tra di loro.
Era sempre macelleria ma si affermava l'idea che dovesse essere regolata in qualche maniera, cioè anche se poi nella prassi continuava come prima, c'era l'idea diffusa che certe azioni non fossero "onorevoli" e che Dio osservasse dall'alto, mentre una volta gli Dei erano diversi per le due parti e in ogni caso giocavano coi mortali, indifferenti.
La riprova è che gli studiosi di cose militari scoprirono già nell'antichità che la maggior parte degli armati non è capace di uccidere, solo una minoranza di psicopatici eccelle.
Negli ultimi conflitti si scopri che i soldati sparavano nella generale direzione del nemico per spaventarlo, un po' come le scimmie che fanno la scena urlando e picchiando per terra ma senza l'intenzione di ferire.
Per ovviare al problema si dovette introdurre un addestramento mirato a piallare la personalità dei soldati e automatizzare le reazioni, cioè oggi il soldato ideale è un automa biologico che ammazza per riflesso condizionato, senza coinvolgimento emotivo e meno che meno razionale.
Ergo la responsabilità risiede in chi emana gli ordini.
Poi ovviamente c'è tutta la faccenda speculare di disumanizzare gli altri, tanto che ancora in antico i popoli estranei si chiamavano con appellativi che ne sottolineavano la bestialità, come "barbaro" che significa "quello che abbaia" (invece di parlare greco).
Ancora, evidentemente è difficile disumanizzare gente che è uguale a te, facile con chi è diverso.
Tornando ai giorni nostri, ennesima riprova della follia "russa" quando afferma che gli Ucraini sono "russi" con un altro nome ma li deve disumanizzare per farne dei nemici satanici. Allora il trucco di Putin per i fessi è dire che gli Ucraini non esistono, l'Ucraina non esiste. Il problema non esiste.
La questione di partenza comunque era se la morale fosse indipendente da società e tempo. Il mio “non uccidere” era solo l’esempio di un qualcosa spesso considerata come una morale universale.
EliminaLa morale tende sempre in generale a definire ciò che è bene distinguendolo dal male e, come giustamente osservi, lo fa anche per specificare meglio quando sia giusto uccidere.
Ma il bene di una società non corrisponde sempre a quello di un’altra: tu stesso scrivi che più le società sono simili (“i meccanismi comunitari sono gli stessi”) e più le morali divengono simili. Ma questo è proprio il mio punto: società diverse hanno morali diverse (perché cambia ciò che è bene per una o per l’altra).
Gli aforismi richiedono convenzioni.
RispondiEliminaSe ci parliamo per vent'anni poi sappiamo già quello che l'altro dirà prima che lo dica.
Se siamo estranei, bisogna parlare per vent'anni.