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mercoledì 22 novembre 2023

Panoramica sul "femminicidio"

Non seguo i media italiani ma ogni tanto, inevitabilmente, qualche notizia mi raggiunge. Per esempio ieri sera ho visto la partita Italia-Ucraina e sono così venuto a sapere dell’ultimo femminicidio (termine che non amo particolarmente: vedi poi fra i collegamenti ai miei vecchi pezzi).

Perdonate la mia mancanza di sensibilità ma non mi è chiaro cosa questo abbia di speciale rispetto agli altri: tenete presente che non avendo visto la televisione mi sono perso appelli dei parenti, genitori straziati, interviste agli zii, foto e commenti dalle reti sociali, amiche in lacrime e tutto ciò che di solito accompagna questo tipo di servizi di cronaca dei telegiornali.

In realtà me ne ero già completamente scordato quando nella colonna dei “Ghiribizzi che mi piacciono” ho notato un articolo dal titolo MASCHI ASSASSINI, così tutto in maiuscolo, da POSTODIBLOGGO. In realtà questo ghiribizzo non lo leggo quasi mai e quindi non saprei dire che genere di pezzi vi si trovino usualmente (*1).
Comunque il pezzo in questione non mi è piaciuto: troppo emotivo e poi dare colpe collettive (a tutti i maschi) non mi sta bene: per me ognuno è responsabile delle proprie azioni. Ecco, analizzando le mie sensazioni, mi ha dato l’idea di voler “farsi bello” mostrando la propria indignazione (in inglese lo chiamano “virtue signaling”) ma di concreto non propone niente.
Però mi sono incuriosito e ho cercato fra gli altri ghiribizzi nella mia lista se altri bloggatori avevano commentato questo fatto di cronaca.
Cosi ho trovato e letto Questo non è amore da Il blog della Curiosona. Questo ghiribizzo lo seguo abbastanza dato che i suoi articoli sono brevi, curiosi e piacevoli: contemporaneamente non lo leggo sempre perché raramente esprime le proprie idee direttamente (*2) e questo, per qualche motivo che non so spiegare (forse una sensazione di incompletezza), mi irrita.
In questo caso non si smentisce e prima dà un po’ di informazioni fattuali (che mi sono state utili per capire meglio cosa fosse successo) e poi propone delle poesie sul tema che ha trovato qua e là.
Poesie anche carine che però, più che proporre soluzioni, esprimono emozioni. Dal mio punto di vista (lo so: freddo e arido) poco costruttive.
Infine ho letto Tra giustizia e vendetta da Il blog di Andrea. Questo è un altro ghiribizzo che seguo abbastanza: su questioni importanti pensa il mio esatto contrario ma mi piace seguirlo perché mi dà l’idea del pensiero tipico di una fascia importante di popolazione su questioni specifiche (lo stesso vale per “Il blog della Curiosona”).
Comunque in questo caso si sofferma su un dettaglio della vicenda, il desiderio di vendetta di alcuni, e argomenta che la vendetta non è giustizia. Un aspetto forse non centrale ma almeno ha scritto qualcosa di costruttivo e utile.

A questo punto non potrei esimermi dal dire la mia sulla vicenda: ma come ho spiegato non so niente dei dettagli di questa storia. Ma comunque cambia poco: anche se ne avessi seguito l’evolversi, per la mia psicologia ne avrei comunque tratto delle generalizzazioni.
Io credo che all’origine di questo tipo di tragedie vi siano i seguenti fattori in ordine (più o meno) di importanza:
1. La psicologia di lui (e in misura minore quella di lei).
2a. La situazione sociale, anzi il disagio sociale.
2b. La situazione famigliare.
3. La cultura del tempo.

1. Sul fattore principale, la psicologia di lui, c’è poco da fare: immagino un temperamento emotivo, portato alla rabbia e alla violenza, che perde il controllo delle proprie azioni. Questo fattore potrebbe essere forse in alcuni casi migliorato dall’educazione famigliare nei primi anni di vita ma non so quanto si possa cambiare l’essenza di una persona. Per chiarezza con carattere intendo quel nocciolo genetico che non può essere cambiato più di tanto da educazione e ambiente.
Il carattere di lei entra nell’equazione nel non essere in grado di rendersi conto dell’imminenza del pericolo: magari crede di poterlo aiutare a risolvere i suoi problemi (ho sentito dire che alcune donne sono attratte dalle personalità problematiche). Attenzione però: il carattere di lei è l'ennesima coincidenza che porta all'esito esiziale della vicenda ma NON è una colpa (vedi anche il PS finale a questo pezzo) come del resto, volendo essere precisi, non lo è neppure quello di lui (egli ha colpa del proprio comportamento non della propria natura) essendo solo uno dei vari fattori.
2a. Questo secondo punto è di importanza simile al terzo. Io credo che, data pure la psicologia individuale, se una persona è felice e realizzata, nonostante il trauma emotivo di una rottura sentimentale, si attaccherebbe agli aspetti positivi della propria vita e, magari impiegando un po’ più tempo della media, supererebbe la crisi. Se invece abbiamo una persona insoddisfatta allora la rottura sentimentale può divenire la famigerata goccia che fa traboccare il vaso.
A questa voce inserirei anche l’istruzione scolastica: qui il problema di fondo è che ci sarebbe bisogno di una scuola capace di formare gli studenti, di trasformarli in adulti consapevoli e maturi; al contrario adesso predominano gli aspetti nozionistici e tecnici: studenti capaci di fare/sapere cose ma senza capirle.
2b. La famiglia (e volendo anche gli amici intimi), come prima cerchia sociale potrebbe accorgersi che qualcosa non va. In teoria potrebbe parlargli, mettere tutto in una prospettiva razionale e positiva, e aiutarlo a superare i problemi. Ma nella pratica mi rendo conto che questo non sempre è possibile: l’individuo in questione avrà un carattere particolarmente chiuso e non sarà facile accorgersi immediatamente che qualcosa di importante non va come dovrebbe. E poi a volte i problemi sono sociali e la famiglia non può fare più di tanto: altrimenti non avremmo tanti giovani disoccupati se bastasse la famiglia a trovare un buon lavoro.
3. La cultura è il fattore di gran lunga meno rilevante: lo segnalo soprattutto perché da più parti l’ho sentita tirare in ballo…
Il fatto è che nessuna cultura insegna agli innamorati che è bene uccidere le ex fidanzate se sono loro a lasciarli. Ho sentito parlare di cultura “patriarcale”: che alcuni valori giustificherebbero, almeno parzialmente, tali omicidi.
Sono scettico: le culture patriarcali, come tutte le culture, non tollerano questo tipo di crimine: sicuramente il colpevole sarebbe giudicato più brutalmente da una società veramente patriarcale: che poi la cultura italiana non è più patriarcale e ne mantiene forse solo qualche eco. Per esempio il desiderio di giustizia occhio per occhio menzionato nel pezzo Tra giustizia e vendetta mi sembra un retaggio di cultura patriarcale…
La cultura dovrebbe, in teoria, esaltare il rispetto e la tolleranza verso chi la pensa diversamente da noi ma la tendenza è ben diversa. L’attuale civiltà moderna da una parte, su certe precise tematiche, esalta l’individualismo più sfrenato, di cui secondo me il “wokismo” ne è un eccesso, per dare un’illusione di libertà; ma da un’altra non tollera il pensiero critico, soprattutto se contrario alla narrativa dominante stabilita dal potere secondo i propri interessi, che dell’individualismo dovrebbe rappresentare il lato migliore. Come è stato trattato nella nostra cultura occidentale chi, per esempio, era critico o scettico verso i vaccini mRNA? Con tolleranza e rispetto? Cercando di instaurare un dialogo costruttivo? Non mi pare: si è negato un dialogo aperto e sereno e invece si sono sguinzagliati i burioni (*4) di turno col compito di ridicolizzare, colpevolizzare e disprezzare chi aveva dubbi legittimi. Ho citato l’esempio datoci dalla pandemia ma la tendenza come ho detto è generale: rivediamo lo stesso comportamento, per esempio, verso chi ha opinioni non allineate al pensiero maggioritario sulla guerra fra Ucraina e Russia oppure su questioni specifiche come l’immigrazione, l’euro o l’Unione Europea, altre vacche sacre la cui bontà non può essere messa in dubbio.

Solo una volta individuate le cause si può pensare a cosa fare per risolvere o almeno ridurre il problema.
Sulla psicologia individuale si può fare poco: mi viene solo in mente che la consapevolezza dei propri limiti psicologici potrebbe essere utile a preparare mentalmente certi individui a gestire meglio le proprie emozioni senza farsi travolgere da esse nei momenti critici.
Che la società dovrebbe essere migliore è ovvio quanto vago: indicativamente intendo che la società dovrebbe mirare a rendere i propri membri felici e soddisfatti di sé mentre in genere, terminata la scuola, abbandona i giovani nell’arena del mercato libero a combattere fra loro e con adulti molto meglio armati (e pieni di cicatrici). Di quali dovrebbero essere gli obiettivi di una società migliore ho scritto in [E] 18.1, “Obiettivi e doveri”.
La scuola, durante la formazione degli studenti, potrebbe fare qualcosa: in primo luogo, come detto, insegnando delle basi di psicologia (per esempio su come gestire i conflitti) e, in senso più ampio, promuovendo i valori del rispetto reciproco: quest’ultimo però farebbe parte della formazione della persona e non del nozionismo oggi dominante (*4).
Analogamente la famiglia potrebbe fare qualcosa durante gli anni di formazione dei propri figli: qui il problema di fondo è che per diventare genitori non occorrono ne lauree né diplomi. La conseguenza è che ogni famiglia procede all’educazione dei propri figli facendo (in genere) del proprio meglio ma improvvisando, chi più chi meno, sul momento. Giustamente molti hanno notato nella psicologia degli aggressori una forte componente di egoismo: ma quanti sono i genitori capaci di notarla e quindi combatterla nel proprio bambino invece di sorridere benignamente ("ha carattere") quando l'osservano? Incidentalmente faccio notare che l’egoismo infantile è ostacolato automaticamente da eventuali fratelli: da questo punto di vista i figli unici sono maggiormente a rischio.

Nella mia panoramica è rimasta fuori la questione delle pene più severe: il fatto è che io non le ritengo particolarmente importanti, almeno non per la dissuasione dall’omicidio.
L’assassino non ragiona razionalmente: sa che la legge lo punirà e che lui, come primo sospetto, non potrà evitare la punizione. Ma a questo punto non credo che sapere di passare qualche anno in più in carcere gli cambi niente.

Per completezza fornisco altri pezzi in cui avevo scritto di questo tema: Femminicidio e No-TAV (del 2013). I miei dubbi sulla specificità del femminicidio mi sembrano ancora rilevanti mentre la parte sui No-TAV è superata.
Sull’inutilità di nuove leggi più severe: Stalking (del 2010). Buon pezzo: in particolare sottolineo come, proprio contro le persone più pericolose, alcune leggi siano inutili. Sintetizzo bene questo concetto in Come funziona “bene” (del 2013) dove scrivo: “[…] nei casi più gravi la legge anti-persecuzione è inefficace: le persone malate di mente non si fermano con una carta bollata ma solo curandole.”.

Conclusione: questo non sarà il mio migliore pezzo, del resto ho riflettuto poco sulla materia, ma almeno ho tentato di fare una panoramica sulle cause del fenomeno e di suggerire possibili interventi. Se vogliamo che la morte dell’ennesima vittima possa servire a qualcosa dobbiamo fare ragionamenti di questo tipo (preferibilmente migliori del mio, più approfonditi e non improvvisati) invece di limitarsi a esibirsi a stracciarsi le vesti, cospargersi la faccia di cenere e ululare genericamente contro i “maschi”...

Nota (*1): probabilmente vi lessi un giorno un articolo che mi era piaciuto e tanto bastò a inserirlo nella mia lista…
Nota (*2): in genere scrive qualcosa del tipo: “La penso come XXX che ha scritto YYY”…
Nota (*3): con il termine “burioni”, scritto volutamente minuscolo, intendo per antonomasia col “grande” scienziato tutte quelle figure che dovrebbero rappresentare l’autorità della scienza ma che invece sono usate dai media per propalare specifici messaggi decisi dal potere di turno.
Nota (*4): qui vi è il problema di fondo che il potere oggi non vuole una buona scuola che formi adulti coscienti e maturi: questi infatti sarebbero in grado di pensare con la propria testa e di criticare, e quindi opporsi, al potere. Piuttosto vuole dei lavoratori e consumatori senza grandi ideali che si accontentino di poco e non causino problemi. È difficile quindi che la scuola riesca a formare i giovani sul rispetto senza dargli una formazione più completa: mi immagino quindi che, se qualche iniziativa verrà presa sull’insegnamento scolastico, si tratterà di informazioni tanto nozionistiche quanto inutili.

PS: nel frattempo (avevo iniziato a scrivere questo pezzo ieri sera) un altro bloggatore che seguo ha scritto un pezzo sul recente fatto di cronaca: A proposito di Giulia su Correndo sull’orlo del boccale.
Ancora non l’ho letto per paura di dover cambiare qualcosa nel mio pezzo (sono pigro) ma sono sicuro, conoscendo l’autore, che avrà scritto qualcosa di costruttivo e intelligente.

Modifica 23/11/2023:
Finalmente mi sono deciso a leggere A proposito di Giulia su Correndo sull’orlo del boccale.
Come avevo previsto “sulla fiducia” è molto interessante: pone l’accento sull’accusa alla famigerata “cultura patriarcale” (che io ho appena sfiorato) e nel distinguere fra le responsabilità dei singoli da quelle degli uomini in generale (che io ho dato per scontato).
Però non avrei polemizzato con le dichiarazioni della sorella di Giulia: al di là di cosa ci sia di giusto o sbagliato in esse adesso lei è ovviamente sopraffatta dal dolore e non può essere lucida: cerca giustificazioni e colpevoli, credo cerchi di dare un senso meno banale alla morte della sorella, è umano.
Altro punto che mi ha lasciato interdetto è il commento sul comportamento di Giulia (di cui io non sapevo niente) che, mi sembra, venga quasi considerata in parte colpevole della drammatica conclusione della vicenda per non avere “troncato più nettamente” la relazione.
Concordo sul fatto che tale comportamento possa aver portato alla morte di lei ma in ciò non vi vedo alcuna colpa morale: lei ha voluto semplicemente comportarsi in maniera gentile con lui, probabilmente le sembrava ragionevole rimanere in termini di amicizia per ciò che di buono e bello avevano condiviso insieme. Queste sono scelte personali che non si possono assolutamente giudicare dall’esterno e solo col senno di poi si possono dichiarare errate: sul momento il suo comportamento mi pare moralmente ineccepibile, ha fatto ciò che riteneva giusto, magari sopportando una compagnia che non poteva esserle gradevole, per affetto senza preoccuparsi delle conseguenze.

2 commenti:

  1. Non ho trovato il tuo punto di vista “freddo e arido”. Hai fatto un’analisi puntuale e ragionata su un episodio che, sì, in realtà non é più speciale di altri, perché una vita é sempre una vita, e ogni vittima ha lo stesso peso, e genera lo stesso dolore e lo stesso sdegno. É un po’ quel che accade con gli scomparsi: ad alcuni sono dedicate ore e ore di trasmissioni, ad altri dieci minuti e arrivederci. E lo scrivo pur essendo una persona che empatizza molto, che ha seguito e segue le storie di queste vite spezzate (o svanite nel nulla). Ma l’onestà di vedere quel che è bisogna sempre averla. Comunque, tutto vero quel che scrivi. Seppur hai ammesso che il punto 2 e 3 si equivalgono, io li avrei comunque invertiti, perché scuola e società entrano in gioco in momenti successivi rispetto alla famiglia (quando una famiglia c’è). La scuola, per esempio, dovrebbe esserne un supporto, e non il contrario (sempre ipotizzando una situazione “standard”). La famiglia ha un ruolo fondamentale, molte delle dinamiche, infatti, rappresentano l’esempio di quel che si concretizza nella mente e nel cuore dei bambini, che poi cresceranno e diventeranno adulti. Ma quel che hanno visto e vissuto nel contesto familiare, difficilmente cambierà. La gestione dei conflitti va giustamente spiegata, ma se vissuta ha tutta un’altra forza. Per concludere, un’altra cosa che ho detestato nel seguire questa storia è stata la generalizzazione sugli uomini. No, gli uomini non sono tutti mostri, non sono tutti aggressivi, possessivi, assassini. Il problema non sono gli uomini, ma quelli che odiano le donne, anzi, quelli che odiano la vita. Mi è capitato di leggere offese assurde, su Instagram, a commenti educati e anche emozionanti solo perché scritti da “nick” di sesso maschile. Sarebbe utile che la follia venisse arginata, non lasciata esplodere oltre i limiti già ampiamente superati. Notte :)

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  2. Ti ringrazio per il commento: mi rincuora che una donna lo abbia trovato ragionevole perché ho sempre paura di scrivere qualcosa che a me appare semplicemente logico ma altri insensibile o fuori luogo. In questo caso poi la tematica calda e che, da quel poco che ho visto, suscita grande emozione la consideravo particolarmente “a rischio”!

    Per il resto che dire? Beh, sicuramente avrei potuto mettere la famiglia come più importante rispetto a società/scuola: del resto la mia lista non voleva essere super precisa ma solo dare un’indicazione di massima. Come hai giustamente notato a favore dell’importanza della famiglia ci sono buoni argomenti ma, per esempio, la scuola potrebbe avere mezzi e conoscenze e anche una presenza costante che non tutte le famiglie, non per colpa loro, hanno. Insomma siamo lì: guarda, volevo rileggere e correggere il pezzo perché vi ho notato molti errori e allora ne approfitterò per mettere famiglia e società/scuola a parimerito come importanza... ;-)

    Sugli uomini in generale siamo d’accordo: è qualcosa che non ho ribadito perché mi sembrava ovvio ma probabilmente avrei invece spiegarmi meglio.

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