Oggi voglio provare a concludere la mia riflessione iniziata in Sui ricatti (1/?).
Prima provo a definire ciò che per me è l’essenza di un ricatto.
Il ricatto è un particolare patto o accordo fra, in genere, due parti: una forte (F) e una debole (D).
In genere gli accordi sono benefici per entrambi gli attori: chi compra delle scarpe in un negozio è felice per il proprio acquisto e lo stesso vale per il venditore.
Il ricatto ha però la seguente particolarità: lo scambio non soddisfa entrambe le parti ma solo quella forte. Esso avviene perché quanto concesso da F è indispensabile a D e, per concederlo, chiede un “prezzo” (di qualsiasi forma) che in condizioni normali non sarebbe mai accettato: in altre parole D è spesso costretto, a volte per la propria diretta sopravvivenza o comunque per non rischiare di compromettere il proprio benessere (in senso lato), ad accettare le condizioni imposte da F.
È bene ribadirlo: non è un accordo libero fra le parti perché D è costretto ad accettare condizioni che, normalmente, non prenderebbe in considerazione e lo fa solo per poter sopravvivere.
Il ricatto prevarica la libera volontà di D: la possibilità di scelta di D diviene infatti solo apparente e formale: D potrebbe in teoria rifiutare l’accordo ma, se lo facesse, a causa dell’indispensabilità dello scambio, rischierebbe di compromettere la propria vita o quella dei propri cari.
D ha quindi il diritto e il dovere morale di difendere la propria libertà: al ricatto è giusto quindi non cedere ma opporvisi con il massimo vigore.
Esempi di ricatto: il prestito dello strozzino a tassi altissimi; il mafioso che vende la “protezione” a un negozio; il fuorilegge che nelle vecchie pellicole propone al rapinato la “scelta” fra la borsa o la vita; il coniuge che minaccia di usare i figli come strumenti di coartazione...
Possiamo dire che il verdepasso è un ricatto? Di sicuro abbiamo una parte forte, in questo caso lo Stato, e una debole, il comune cittadino, che fanno un contratto/accordo: lo Stato fornisce il verdepasso al cittadino che ha fatto il vaccino (e altri casi, comunque importanti, che analizzeremo dopo questo) da un certo numero di giorni.
Il verdepasso è essenziale per sopravvivere o, comunque, per non compromettere la propria vita?
Sì: per gli adulti spesso il verdepasso può essere essenziale per poter lavorare; per i giovani alcune attività sportive o culturali possono essere altrettanto importanti in un periodo critico di crescita e formazione individuale come l’adolescenza.
Ciò che chiede F in cambio della concessione del verdepasso è qualcosa, cioè il vaccino, che normalmente sarebbe considerato inaccettabile da D?
Sì: senza entrare nei meriti sanitari dei diversi vaccini sperimentali, ognuno deve essere libero di decidere come curarsi e quindi chi, con piena consapevolezza, ha deciso di non vaccinarsi non dovrebbe essere obbligato a farlo.
Per capirci l’analogia fra patente di guida e verdepasso è speciosa: è vero che la patente di guida è spesso indispensabile per lavorare ma l’esame per ottenerla è qualcosa di considerato ragionevole ed equilibrato da tutti i cittadini: non si tratta quindi di un ricatto.
Ma veniamo alle alternative che lo Stato offre per concedere il verdepasso:
1. il verdepasso è rilasciato anche a chi è guarito dalla malattia negli ultimi tre mesi (*2).
Ma in questo la scelta di essere stati ammalati non sussiste: non è un qualcosa sotto il diretto controllo del cittadino: non è una scelta ma pura casualità. Chi non è stato malato è impossibilitato a usare questa opzione. Per un’ampia fascia di popolazione è ininfluente sulla possibilità di ottenere il verdepasso. Per questo motivo non incide sulla moralità del provvedimento ma, al massimo, è una discriminazione (sebbene non arbitraria).
2. tampone (effettuabile gratuitamente) negativo negli ultimi tre giorni. Apparentemente questa opzione potrebbe sembrare ragionevole ed equilibrata e, in effetti, lo è per chi avrebbe bisogno del verdepasso solo occasionalmente: ma è ovvio che per chi, per esempio, necessita quotidianamente del verdepasso per lavorare diventa improponibile. Al netto che non è chiaro quali siano le tempistiche necessarie per fare il tampone e ottenere il relativo risultato (*4) è ovvio che obbligare delle persone a farlo ogni tre giorni è improponibile. Anche i calciatori di serie A, pure coccolati e viziati, col tampone fatto comodamente al centro sportivo, lo scorso campionato lo facevano solo una volta alla settimana (*3).
Insomma anche queste alternative non cambiano nella sostanza l’essenza dell’accordo/scambio proposto dallo Stato per ottenere il verdepasso: esso è un ricatto.
Ma al di là di questa mia dimostrazione teorica è possibile fornirne anche una dimostrazione “pratica” che il verdepasso sia un ricatto: esso non è presentato come uno strumento di coercizione ma come un mezzo per prevenire la diffusione del covid-19, ma è realmente così?
I vaccini hanno due problemi: attualmente sono basati sul ceppo di SARS-CoV-2 originario e risultano molto meno efficaci con la variante delta. Non ricordo esattamente i dati al riguardo ma più o meno dovrebbero dare a una percentuale di immunità del 60%: questo significa che circa il 40% di vaccinati si ammala ed è quindi in grado (specialmente gli asintomatici) di trasmettere il virus (*5). Il secondo problema è che l’efficacia del vaccino, almeno contro la variante delta, diminuisce più rapidamente del previsto: il Pfizer, dopo 6 mesi, dà un’immunità di circa il 20%.
Questo significa che i vaccinati possono trasmettere il virus ad altri vaccinati e al resto della popolazione.
Gli unici che non corrono rischi né di trasmettere il virus né di infettarsi sono i guariti recentemente dalla variante delta.
Al contrario, chi ha il verdepasso in virtù del solo tampone negativo, non rischia di infettare gli altri (muniti di verdepasso) ma può esserne infettato (*6).
Insomma dato che non è vero che lo scopo del verdepasso sia prevenire la diffusione del contagio allora rimane solo il suo effetto di coartazione burocratica. Se il suo scopo non è sanitario allora i suoi reali intenti devono essere altri: sicuramente costringere più persone possibili a vaccinarsi e, forse, raggiungere l’immunità di gregge (v. Immunità di gregge all’italiana).
Si potrebbe obiettare che però lo scopo del verdepasso è “buono”: ovvero far vaccinare la percentuale maggiore di popolazione possibile e, quindi, diminuire il numero dei morti (perché i sintomi di chi, vaccinato, si ammala di covid-19 sono infatti mediamente meno gravi che per un non vaccinato).
Fermo restando che questo presunto fine non cambierebbe la natura ricattatoria del provvedimento (e quindi sbagliato di per sé), la logica che il fine giustifica i mezzi è utilitaristica, tipica della nostra società moderna dove tutto è quantificabile col denaro. Al contrario in una logica dove al centro vi sia l’uomo e la sua libertà (sto pensando a Kant) il fine non giustifica assolutamente i mezzi: l’imperativo categorico non può essere corrotto: non si può cercare di evitare un male con un altro male ma si deve sempre e comunque operare con il bene.
Da un punto di vista meno filosofico e più pratico va sottolineato che lo Stato potrebbe imporre l’obbligo del vaccino a tutti ma, concordo con Zhok, non lo fa perché non vuole assumersi la responsabilità politica (*1) di questa decisione e preferisce invece usare, ipocritamente, l’arma del ricatto: ovvero lasciare l’apparenza di una libertà di decisione solo formale.
Conclusione: ecco, adesso, dopo circa due settimane di riflessione sarei pronto a ribattere all’accusa del mio amico ingegnere che la volontà di non piegarmi a un ricatto sia “stupida”. Sicuramente mi risponderebbe con qualcosa di ascoltato alla tivvù e io per ribattere avrei bisogno di, almeno, un ulteriore settimana! È il problema di chi, come me, è lento a pensare e ama valutare bene tutte le possibilità…
Nota (*1): c’è da aggiungere che Draghi non è stato eletto né votato dagli italiani e non ha quindi alcuna responsabilità politica verso di essi ma solo, almeno in teoria, verso i partiti che lo tengono al governo. Proprio questi ultimi hanno invece la responsabilità politica per TUTTE le decisioni del governo: è penoso lo scaricabarile di molte forze politiche (penso a M5S e Lega) che fingono di dissociarsi da alcune decisioni di Draghi pur restando al governo: essi hanno le stesse responsabilità di, per esempio, PD e Forza Italia.
Nota (*2): la scelta dei tre mesi è arbitraria ed estremamente conservativa: l’immunità del guarito dipende da vari fattori che non è possibile stimare a priori (come la qualità del sistema immunitario individuale o la gravità della malattia: più si è stati malati e maggiore è la “memoria” immunitaria) ma un periodo di 9 mesi o un anno sembrerebbe più ragionevole.
Nota (*3): come per la nota (*2) la scelta di una validità di soli tre giorni è assolutamente punitiva ed, evidentemente, vuole essere un disincentivo a scegliere questa opzione.
Nota (*4): perché se fra prenotazione e risultato occorresse attendere un mese (o comunque tempi lunghi e imprevedibili) è chiaro che non si tratterebbe di una scelta praticabile.
Nota (*5): secondo almeno una ricerca il carico virale prodotto dai vaccinati non sarebbe neppure inferiore a quello dei non vaccinati.
Nota (*6): e in effetti questa disparità di trattamento, a fronte dei diversi pericoli per sé e per gli altri, è difficile da giustificare: chi fa il tampone potrebbe infatti obiettare: “Perché devo dimostrare di non essere ammalato mentre i vaccinati, che potrebbero esserlo con una probabilità comparabile alla mia, no? Perché io devo dimostrare di non essere un pericolo per gli altri mentre chi potrebbe essere un pericolo per me ne è esentato?”.
alla prima stazione
1 ora fa
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