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mercoledì 11 novembre 2020

Il sopravvissuto

Un racconto scritto a schermo spento mentre ascoltavo una raccolta di symphonic metal. Scritto di getto intorno a un'idea nata sul momento. Non ho cambiato praticamente niente perché mi piace la sua spontaneità: ho appena sistemato alcune frasi che non tornavano e corretto gli inevitabili refusi, ma non ho aggiunto né tolto niente. Nel complesso un racconto che mi pare carino: colpa di Cataclysm DDA a cui ormai gioco da settimane?

Il Sopravvissuto
Il Sopravvissuto era sopravvissuto ma adesso era solo. Il giorno precedente il mondo ruotava come sempre, poi improvvisamente era successo. Non sapeva perché, non sapeva come, ma era così. Un qualcosa, forse una radiazione misteriosa, forse un virus venuto dallo spazio, aveva cambiato tutto. Nel giro di 24 ore l’intera popolazione mondiale, almeno a quanto ne sapeva il Sopravvissuto, si era trasformata in zombi.
Non gli zombi ridicoli che si vedono in tivvù o al cinema: è chiaro che dei cadaveri formati da carne putrefatta non potrebbero muoversi perché i corpi, per poter funzionare e muoversi, devono avere i polmoni che respirano, il sangue che circola nelle vene etc.: avete capito cosa intendo.
Questi zombi erano diversi: il corpo era intatto ma la loro mente si era offuscata: il Sopravvissuto fantasticava che, forse, avessero perso l’anima. Ma probabilmente si trattava di qualcosa di molto più prosaico: qualcosa che provocava un’insufficienza al cervello e né diminuiva tutte le capacità mentali.
La cosa forse più terribile era che questi zombie nemmeno si rendevano conto di essere tali: ormai incapaci di parlare propriamente farfugliavano fra di loro frasi sconnesse, annuivano e facevano smorfie che volevano essere, forse, sorrisi. Continuavano a scimmiottare quella che doveva essere stata la loro vita. Camminavano lentamente con movimenti scoordinati e guidavano ancora peggio: piano piano tutti in fila, come sedati: se non si aveva fretta questo in realtà non era malaccio.
Il Sopravvissuto capì immediatamente cosa doveva fare: quando aveva provato ad agire normalmente gli zombi, con un istinto dettato da qualche malevola intuizione, sembravano capire nonostante i loro cervelli malati che lui non era come loro: allora spalancavano la bocca e lo indicavano producendo una sorta di basso gorgoglio famelico, poi tentavano di raggiungere il Sopravvissuto barcollando come ubriachi ma quest’ultimo non era mai rimasto ad attendere per capire che intenzioni avessero. Semplicemente se ne era dato a gambe levate facendo perdere facilmente le proprie tracce.
Osservandoli da lontano ne aveva poi studiato il comportamento: i movimenti, le abitudine, le vocalizzazioni… Non gli era parso troppo difficile provare a imitarli.
Stanco di nascondersi e muoversi furtivamente la notte il sopravvissuto aveva deciso di confrontarsi prima con un singolo zombi: avrebbe provato a muoversi e a parlare come lui e avrebbe visto cosa sarebbe successo.
Il tentativo, nonostante l’inevitabile titubanza, andò sorprendentemente bene: era passato più volte arrancando intorno allo zombie, una volta urtandolo volontariamente con una brusca spallata, ma lo zombi non aveva dato segno di accorgersene. Poi aveva provato a parlargli: “Gru co? Para che...” gli aveva detto. Lo zombie gli aveva risposto sputacchiando “Toto car… carta.. no”. Il Sopravvissuto lo aveva ringraziato con un cenno storto del capo e lo zombi gli aveva restituito a sua volta un sorriso vacuo e stupido.
Dopo questo successo il Sopravvissuto acquistò sempre più coraggio: con prudenza si accorse che, semplicemente muovendosi lentamente e con esitazione, non andando dritto verso la meta ma vagolando un po’ qua e là, magari emettendo qualche verso privo di significato di tanto in tanto, riusciva a passare completamente inosservato. Gli zombi nemmeno lo degnavano di uno sguardo e proseguivano nei loro ottusi compiti.
Passarono così prima settimane e poi mesi e il Sopravvissuto si rese conto di non essere felice: iniziava a sentirsi solo. Aveva ogni bene materiale a sua disposizione ma in realtà non aveva niente. Qualsiasi cosa volesse la poteva prendere: ma si rese conto che nulla aveva importanza per lui.
Come si giudica infatti il valore delle cose? Non glielo diamo noi: lo decide la società. E questi zombi non facevano distinzione fra una Panda rossa o una Ferrari: al massimo commentavano con un “Brum brum” quando gli passava lentamente accanto guidando un macchinone nuovo preso direttamente dalla concessionaria più vicina...
Straordinariamente la società degli zombi riusciva, nonostante la sua assoluta ottusità, se non a prosperare almeno a sopravvivere. In qualche modo il cibo arrivava in tavola: i soldi, sebbene un po’ a casaccio, passavano di mano in mano e perfino la vita continuava: gli zombi continuavano a sposarsi, ad accoppiarsi e a produrre altri ottusi piccoli zombini che avevano lo stesso sguardo smorto e spento dei loro genitori..
Il Sopravvissuto era perso: in ogni città che visitava la situazione era la stessa: nonostante la familiare apparenza di vita vedeva che la morte era già calata, se non nel corpo, nelle mente degli zombi. E soprattutto si sentiva solo: il Sopravvissuto non era mai stato un grande chiacchierone né idee particolarmente brillanti avevano illuminato la sua mente. Però sentiva crescere il bisogno di pronunciare parole umane, frasi compiute che avessero un senso per quanto piccolo e insignificante e, ancor meglio, avrebbe amato udire una risposta intellegibile e non i soliti mugugni dissenati.
Per un certo periodo di tempo aveva trovato momentanea soddisfazione nella compagnia femminile delle zombesse: alcune, se non le si guardava negli occhi, erano davvero carine quando non belle…
Ed erano abbastanza confuse da non ricordare o sapere se fossero fidanzate o no. Il Sopravvissuto fece molti esperimenti ma in breve capì che vi erano tre tipi di femmine zombi: il primo gruppo si conquistava mostrando loro del denaro (non sapendo più contare bastava anche una banconota da 5€ mentre le monete, indipendentemente dalla quantità, non sembravano attirare la loro attenzione), il secondo con un fiore (in realtà notò che bastava anche una spiga di grano o anche un ciuffo d’erbacce purché con un bel fiocco colorato) e l’ultimo con un libro (inizialmente usava raccolte di poesie ma poi si accorse che bastava un libro qualunque, anche l’Almanacco del Calcio andava bene).
Quindi quando vedeva una femmina zombi dalle forme gradevoli le faceva passare sotto il naso una banconota: se la zombessa reagiva con uno schiaffo allora lui le girava intorno, contava fino a 5, poi le si ripresentava davanti e provava con un fiore; infine, se anche questo tentativo falliva, passava al libro. Insomma prima o poi la zombessa gli sorrideva in una maldestra imitazione di malizia femminile. A quel punto il Sopravvissuto le faceva capire cosa voleva da lei, la portava dove non sarebbero stati disturbati, poi le si metteva alle spalle (temeva sempre che standole di fronte avrebbe potuto tradirsi e, se la zombessa se ne fosse accorta, lo avrebbe sicuramente morso proprio quando era più vulnerabile) e così soddisfaceva i suoi bisogni sessuali nella maniera più sicura possibile. Un sesso meccanico che però presto perse ogni attrattiva e che si riduceva alla distrazione di pochi momenti di piacere che difficilmente poteva confondere con vera felicità.

Nel corso del tempo il suo desiderio di non essere più solo si fece sempre più forte: pensò che magari vi erano, da qualche parte, degli altri sopravvissuti come lui che, a loro volta, si fingevano degli zombie per poter sopravvivere senza problemi.
Ma come identificarli? L’unica maniera era viaggiare, visitare nuovi luoghi, stando bene attento a notare particolari, magari uno sguardo più vivo, o uno scopo razionale che emergesse dall’apparente caos: indizi insomma che potessero svelargli la presenza di altri essere umani come lui.
Il Sopravvissuto girò diverse nazioni: ora non vi era più bisogno di conoscere alcuna lingua: i grugniti erano uguali da tutte le parti.
Provò a camminare fra gli zombi portando un cartello con su scritto “Sono vivo” ma qualche zombie si accorgeva che aveva qualcosa di strano e lo squadrava con preoccupante curiosità bestiale. Allora il Sopravvissuto iniziò a lasciare messaggi con lo spray sui muri degli incroci più trafficati: dava degli appuntamenti, scriveva di lasciare indicazioni o recapiti: ma nessuno arrivò mai ai suoi appuntamenti né gli lasciò alcun messaggio.

Alla fine il Sopravvissuto perse ogni speranza di trovare altri come lui. Si sentiva sempre più triste e iniziò a chiedersi che senso aveva continuare a vivere questa apparenza di vita: che senso aveva sapere di non essere uno zombi se poi doveva comportarsi come questi per sopravvivere? E comunque che senso aveva sopravvivere se il prezzo era l’infelicità?

Era più importante vivere o essere felici? Si chiese quindi se, divenendo uno zombie egli stesso, avrebbe potuto essere felice: magari quei cervelli malati si accontentavano della propria assurda esistenza inconcludente, magari riuscivano a produrre un qualche ormone o una tossina che li illudeva di essere felici, di avere uno scopo nei loro sciocchi e ripetitivi gesti quotidiani; magari si sarebbe sentito importante e soddisfatto a sistemarsi con una zombessa e avere con lei tanti zombini.
Forse la felicità non esisteva: forse era solo un’illusione che si raggiungeva più facilmente con gli occhi offuscati e privi di umana intelligenza.

Ovviamente erano ragionamenti senza senso: ma vivendo per anni da solo, senza potersi confrontare con altre persone capaci di capirlo, iniziò a convincersi che non vi fosse altra soluzione.
Decise quindi di infettarsi e diventare egli stesso uno zombi: prima provò con la saliva, poi col sangue, via via in quantità maggiori, ma niente…. Ogni sera si addormentava con una leggera febbriciattola, augurandosi di svegliarsi nel torpido sonno che caratterizzava la non vita degli zombi, ma invece ogni mattina si svegliava esattamente lucido come la sera precedente. Intorno a sé vedeva la follia di una stupidità malata su cui lui non aveva alcun potere.

Un giorno infine, dopo anni di disperata solitudine, il Sopravvissuto trovò sollievo.
Probabilmente pensate che egli finì per suicidarsi: per abbandonare volontariamente una vita che gli dava solo sofferenza: ma non fu così...
Il Sopravvissuto infatti scoprì le droghe e l’alcool: non erano la felicità ma almeno l’imitavano abbastanza bene facendogli dimenticare, sebbene temporaneamente, il grande vuoto che l’opprimeva.
Una domenica, completamente sbronzo, decise di andare allo Stadio a vedere la partita della sua squadra del cuore: i giocatori passeggiavano lenti per il campo, alcuni con le magliette messe al contrario, altri in tute da ginnastica, spesso con due o tre palloni in gioco contemporaneamente. Ma a questo il spettacolo il sopravvissuto era abituato: quello che gli fece perdere le staffe fu l’arbitro che, proprio al novantesimo, fischiò (senza inghiottire il fischietto) giustamente un rigore ma lo fece battere alla squadra che difendeva. Gli ospiti pareggiarono così la partita e il Sopravvissuto, che aveva scommesso sulla vittoria della propria squadra, si arrabbiò così tanto che iniziò a inveire contro l’arbitro: fin qui niente di male, lo facevano tutti i tifosi zombi con i loro ululati belluini, egli però imprecò con proprietà di linguaggio, con offese ben costruite grammaticalmente, con una sintassi e un brio scatologico che non passò inosservato agli zombi che lo circondavano e che si esprimevano solo con grida disarticolate e senza costrutto. Fosse stato lucido il Sopravvissuto se ne sarebbe accorto e probabilmente avrebbe rimediato tornando a fingere di essere uno zombi; invece quel giorno rimase oblioso ai segnali di pericolo: agli sguardi famelici e alla bava che iniziò a colare copiosa da bocche digrignanti.
O, ci piace pensare, magari anche le droghe non davano più nessun reale sollievo al Sopravvissuto che quindi aveva deciso di morire: non per errore e sciocca distrazione ma per profonda volizione sebbene inconscia…

Quale che fosse la ragione del cieco furibondo turpiloquio del Sopravvissuto egli non smise di smoccolare nemmeno quando il primo zombie lo morse a un braccio e, pochi secondi dopo, sparì sotto una massa di zombi eccitati dal sangue che ne dilacerarono le carni facendolo a brandelli.

Così morì l’ultimo umano in un mondo di zombi e nessuno se ne accorse: la terra continuò a girare e gli zombi continuarono a vivere le loro inutili parodie di vita.

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