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martedì 10 novembre 2020

Razionalizzazionalmente

Razionalizzazione e razionalità non sono la stessa cosa.
La razionalizzazione è una razionalità imperfetta: assomiglia alla razionalità ma nelle sue premesse ci sono degli errori di fondo che si propagano nei successivi passaggi logici, indipendentemente da quanto questi siano corretti.

La premessa fallace della razionalizzazione può assumere diversi aspetti: per esempio potrebbe essere una statistica o una ricerca scientifica.
La statistica potrebbe affermare che ogni persona mangia un pollo la settimana mentre, nella realtà, metà della popolazione ne mangia due e l’altra metà zero. Assumere che tutti mangino almeno un pollo è quindi errato.
Le ricerche hanno in genere tanti vincoli e limiti: anche quelle che appaiono più definitive, leggendone bene il testo, si scopre che hanno dei presupposti talvolta piuttosto arbitrari e che, cambiandoli, si potrebbero ottenere risultati completamente diversi.

Un esempio per capirci: alle passate elezioni, per il referendum, mi capitò di leggere su FB un commento di un tizio (mi pare fosse un ingegnere) che con argomentazioni estremamente logiche, e a suo dire oggettive perché basate su dati e ricerche, arrivava a concludere che bisognasse votare “sì” alla riduzione del numero dei parlamentari. Alla base del suo ragionamento vi era una ricerca: “On the Optimal Number of Representatives” di Emmanuelle Auriol e Robert J. Gary-Bobo del marzo del 2008. Ora non ho più il collegamento ma scaricai il PDF: suppongo che con Google sia facile ritrovarlo per chi è interessato.
La ricerca è composta da 59 pagine con parecchia matematica che non riesco a comprendere ed è basata sui dati statistici di un centinaio di paesi.

Io che sono uno scettico ero piuttosto perplesso dal fatto che si potesse trovare con la sola matematica una risposta univoca al problema essenzialmente sociale e politico che è quello di individuare il numero ottimale di rappresentanti parlamentari dei diversi paesi. Così spulciai il testo prendendo per buone le dimostrazioni, che comunque non ero in grado di capire, ma concentrandomi sulle premesse.
Per ogni rappresentante la ricerca calcola la probabilità che faccia gli interessi della popolazione partendo dall’ipotesi, cinica ma sostanzialmente corretta, che egli faccia il proprio: e poi via via altra matematica…
Ma fra i vari presupposti ce n'è uno piuttosto debole, il quarto: “The n representatives are independent random drawings in the probability distribution P .
In parole povere significa che i rappresentanti sono estratti a caso dalla popolazione e non hanno relazione fra loro.
Questo significa che i rappresentanti non sarebbero aggregati in partiti (quindi niente gioco di squadra) e che chiunque, indipendentemente dalle proprie caratteristiche psicologiche, potrebbe divenire un parlamentare: vi sembra ragionevole? È veramente così nella realtà o non sono i politici in maggioranza dei furbastri egocentrici e magari narcisisti? A mio avviso questo presupposto è troppo arbitrario e vanifica quindi tutto l’esercizio matematico seguente.
Gli stessi autori ammettono che questa semplificazione può suonare “naïf” ma, ovviamente, la difendono e la giustificano visto che, come ho detto, è basilare per la loro dimostrazione.

Quindi qui abbiamo visto due diverse razionalizzazioni: la prima è quella dei ricercatori che per la loro ricerca si sono basati su una premessa fortemente arbitraria (e secondo me errata); la seconda razionalizzazione è quella dell’ingegnere (mi pare) che ha preso per assolutamente corretto e affidabile il risultato di detta ricerca.
Tutti i loro ragionamenti potevano poi essere anche essere logicamente ineccepibili ma le loro conclusioni saranno comunque falsate dai rispettivi “peccati originali”: in questo caso prendere per certo ciò che non lo è.

Alla fine la razionalità pura è probabilmente irraggiungibile (magari escludendo l’ambito matematico e/o fisico) visto che ci saranno sempre delle premesse più o meno arbitrarie.
È quindi fondamentale essere coscienti di questo problema in maniera da essere in grado di individuare eventuali falle sia nei ragionamenti altrui ma anche nei nostri.

Ma a cosa è dovuta questa mia disquisizione che, almeno apparentemente, sembra andare a cercare il pelo nell’uovo?
È che in verità la trovo molto attuale: soprattutto in questi giorni in cui tutti, dal virologo all’imbianchino, sparano le conclusioni più disparate basandosi su statistiche e ricerche sul covid-19.

Lo spunto me l’ha dato Antifragile di Taleb.
Nell’introduzione scrive: «Il fragilista è vittima dell’“illusione sovietico-harvardiana” l’(ascientifica) sopravvalutazione della portata della conoscenza scientifica. A causa di questo, è quel che si definisce un “razionalista ingenuo” […] nel senso che crede che le ragioni dietro alle cose gli siano automaticamente accessibili. Attenzione però a non confondere la razionalizzazione con la razionalità [...]» (*1).
Nella pagina seguente fa degli esempi pratici di “fragilisti” fra cui include i medici che pongono troppo la loro attenzione sul curare a ogni costo dimenticandosi degli altri aspetti che compongono la vita.
Cito: «In sintesi, il fragilista (in medicina, in economia, nella pianificazione sociale) è colui che ci fa impegnare in politiche e azioni, tutte artificiali, di cui i vantaggi sono piccoli e visibili e gli effetti collaterali, invece, potenzialmente devastanti e invisibili.» (*2)

Solo io vi vedo una parafrasi delle indicazioni dei virologi nostrani e delle decisioni del mondo politico che, più o meno, gli va dietro a cappella?
I danni all’economia (per non parlare di quelli psicologici dovuti alla limitazione della libertà e alla privazione degli affetti famigliari, più difficilemente quantificabili ma ugualmente importanti) sono ancora invisibili ma emergeranno più chiaramente con lo sblocco dei licenziamenti: e più povertà significa meno salute e quindi più morti. Non è quindi neppure detto che i morti evitati nel breve termine non si tradurranno in più vittime nel medio lungo periodo…

Conclusione: la realtà è più complessa di quel che sembra e fermarsi all’apparenza, soprattutto all’illusione di una verità scientifica, può condurre a gravi errori di valutazione.

Nota (*1): tratto da Antifragile di Nassim Nicholas Taleb, (E.) IlSaggiatore, 2013, trad. Daniela Antongiovanni, Marina Beretta, Francesca Cosi e Alessandra Repossi, pag. 27.
Nota (*2): ibidem, pag. 28.

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