Tutti conoscono il piccolo magico fraticello di Assisi, detto San Francesco, e i suoi numerosissimi miracoli: l’indemoniato obnubilato, il lebbroso appestato, il coro degli uccelli a cappella, la peccatrice riveduta e corrotta, la moltiplicazione delle posate, la racchia rimbellita, il burattino animato del falegname negromante, la banda dei sette nani e tanti altri.
Famose pellicole ci mostrano la ricorrente immagine del biondo fraticello che mormora una preghiera, rivolge gli occhi al cielo e infine compie il suo gesto ipnotico lasciando gli spettatori a bocca aperta.
Eppure l’ignorante comune sa ben poco del suo miracolo più grande, la conversione del Lupo di Gubbio: oggi vogliamo colmare questa lacuna con l’importante spin off scaturito dal sopraddetto miracolo di San Francesco.
Secondo la leggenda il Lupo di Gubbio (LdG) altri non era che un figlio naturale della Lupa che poi adottò Romolo e Remo: forse lo si può identificare col famoso Laziolo, il fratellastro che tifava per i sabini. La storia sembrerebbe plausibile anche se rimane un buco di duemila anni da colmare: in pratica non sappiamo nulla dell’intera infanzia e adolescenza del LdG.
Di sicuro c'è che, una volta adulto, il LdG divenne lo spietato e dissoluto capo di una banda di lupi: canidi astuti e malvagi, lesti a compiere azioni abiette e a vantarsene poi al bar con gli amici.
La banda guidata dal LdG era una delle più scellerate dell’intera Umbria. Le sue imprese terribili sono innumerevoli ed è famigerata la sua usanza di rapire e mangiare fanciulle e bambini per poi defecarli nei campi degli inconsolabili genitori solo per fargli dispetto. Il macabro senso dell’umorismo di LdG si manifestava anche in altre maniere: a volte, quando trovava delle case isolate, vi entrava, divorava la nonnina, indossava la sua cuffietta e i suoi occhiali e si infilava nel suo letto: quando poi, inevitabilmente, la nipotina andava a trovare l’anziana parente, era tutto uno sghignazzare per i surreali dialoghi a base di orecchie grandi, denti grandi, lingua lunga, guance pelosette, verga nodosa, piedini provati dal rovo e simili.
Sembrava che nulla e nessuno potesse fermare le prave gesta del LdG fino a quando non ci fu l’incontro col magico fraticello d’Assisi. Francesco gli raccontò la parabola dell’agnello e della carota, poi compì il suo gesto ipnotico e così il LdG si convertì.
Non tutti però sanno che il LdG prese anche i voti e divenne a sua volta un frate francescano: si fece anche tagliare il pelo a mo' di tonsura ma, dopo qualche mese, questo gli ricrebbe più folto di prima; da qui deriva il detto “Il lupo perde il vizio ma non il pelo”.
Il LdG andò quindi a predicare fra le pecorelle perdute: in breve tempo le pecore smisero di fare le svergognate. Nessuna usciva più la sera ma leste, obbedienti agli ordini degli stupefatti pastori, rientravano all’ovile prima di cena: inizialmente qualcuna continuò a far baldoria ma, in breve tempo, sempre meno tornavano al mattino sbronze perché la notte LdG predicava su quelle che rientravano a casa da sole.
Volendo imitare il santo archimandrita, che proprio in quel torno aveva scalato la hit parade col suo “Fratello Sole e Sorella Luna”, anche il LdG si dette alla musica leggera. Considerata l’epoca, lo stile del LdG era decisamente innovativo: il suo pubblico di riferimento erano i giovanissimi perché li riteneva più puri, teneri e gustosi degli adulti.
Ancora oggi possiamo ammirare un frammento di una delle sue liriche più apprezzate, come detto dedicata ai più piccini, pervenutoci attraverso la tradizione orale umbra:
«...
Hey mucca! Vieni nella stalla con la tua amica porcella
Quale? Quella solita grassoccia e monella
Faccio “Muu”, sono di fosso
Vi faccio una doccia di buon Montefalco DOC rosso
bevilo se sei raffinata ma non scaracchiare
poi assaporalo senza ruttare
...»
Della profonda concezione mistico-religiosa del LdG sappiamo pochissimo: infatti, sfortunatamente, non ci è pervenuta nessuna delle pergamene scritte di sua zampa. È un peccato perché sembra che fossero delle ottime ricette, la maggior parte delle quali per carne di pecora e agnello.
Anche il LdG, durante la sua missione evangelica, compì numerosissimi miracoli di cui è inutile descrivere i dettagli perché noti a tutti: la sparizione delle salsicce, il pinguino balbuziente, i tegami sudici ripuliti senza sapone, il trattamento per l’alopecia genetica, lo storpio e l’urban crossover, il veterinario superbo, la gatta beghina e l’alluce rancoroso, etc...
La fama del suo buon umore presto varcò i confini della penisola italiana cosicché, addirittura, fu invitato alla corte del sultano d’Egitto che lo chiamò per vedere dal vivo una sua esibizione. Il LdG mostrò al sultano il meglio del suo repertorio: gli diede la zampa, fece lo starnuto, poi si mise a pancia in su e scodinzolò per avere il premio. Il sultano rimase un po’ deluso così, invece di dargli l’oro promesso, gli regalò un tappeto. Il LdG però non apprezzò: prima lo strappo tutto a morsi, poi ci urinò sopra e infine se ne andò senza salutare nessuno.
Tornando in nave verso l’Italia, giunto nel mar Tirreno, il LdG si imbatté in un barcone di pirati saracini che si appropinquavano a razziare e depredare le coste toscane. In quel drammatico frangente il LdG dette libero sfogo ai suoi istinti di predatore, ormai da anni sublimati ad alti ideali, ma mai completamente dimenticati. Così, ululando “La pacchia è finita!”, speronò il barcone di saracini e ne fece strage: non pago della grande vittoria fece macellare i vinti, vivi o morti che fossero, per fare con le loro carni delle gustose sarsicce. Ne inviò poi anche un bel fagottino al Papa per renderlo partecipe del trionfo: il Papa ringraziò il LdG con un bigliettino di auguri con Snoopy e un arazzo raffigurante Santa Ermafrodita che confonde un ginecologo satanico. Il commento del LdG a tale dono è il celebre apoftegma: “Questo arazzo non sa di un cazzo!”.
Dopo una lunga vita al servizio della Chiesa, quando il LdG capì che i suoi giorni erano ormai contati, volle confessarsi: ma per paura di non essere trattato abbastanza severamente non si rivolse a un confratello francescano come sarebbe stato naturale: volle invece che ad ascoltare i suoi peccati fosse un padre cappuccino. Il Perugino ci ha lasciato un toccante affresco di quelle ore fatidiche: in esso vediamo il LdG a letto, con gli occhiali calati sul lungo muso, la lingua penzolante senza forze e gli occhi rivolti al cielo; di spalle, il piccolo confessore cappuccino che, essendo un amante della moda, indossa una cocolla rosso carminio. Proprio su questo episodio reale è basata la fiaba “Cappuccino rosso e il lupo”.
Una volta spirato volò in Cielo, nei verdi pascoli del Paradiso, dove infatti le pecorelle sono un po’ stressate perché pare che il LdG predichi ancora su quelle che rimangono isolate fra le nuvole.
L'esempio di Benjamin Franklin
3 ore fa
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