Il negoziato fra PD e M5S sta andando come mi aspettavo: Renzi è intervenuto per evitare che l'idea di accordo fra le due parti prendesse troppo momento. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Mi ha invece sorpreso la dichiarazione di Di Maio di voler tornare al voto. In Cambia tutto?, basandomi sulle informazioni contenute in un articolo di Jacopo Iacoboni, avevo scritto: «Ci avevo pensato [sulla regola del limite di due mandati] e, sbagliando, davo per scontato che in caso di ritorno anticipato alle urne, diciamo nel giro di un anno, si sarebbe derogato dalla regola dei due mandati per non disperdere l'esperienza maturata dai parlamentari pentastellati nella scorsa legislatura. Questa notizia ha importanti ripercussioni sulla strategia politica di Di Maio che, essendo più debole, sarà disposto a maggiori concessioni di quanto avevo supposto pur di formare un proprio governo.»
Per Di Maio infatti il ritorno al voto implicherebbe una terza legislatura, in teoria, contraria ai principi del M5S.
Il fatto che invece sia proprio Di Maio a proporre il ritorno alle urne come va interpretato? Beh, io ci vedo solo tre possibilità: 1. Di Maio ha avuto rassicurazioni da Grillo/Casaleggio che in caso di ritorno anticipato alle urne si derogherà alla regola del limite dei due mandati (cosa a mio avviso molto sensata); 2. è una dissimulazione per cercare di mettere pressione a qualcuno, ma a chi? (*1) 3. Di Maio sa benissimo che il suo appello cadrà nel vuoto e, quindi, è solo un modo per dimostrare coerenza senza correre reali pericoli.
Questo ci porta direttamente alla domanda del perché Salvini non abbia colto al volo la proposta di Di Maio di chiedere al Presidente lo scioglimento anticipato delle camere: come abbiamo infatti sempre scritto (e Salvini l'ha confermato) la Lega non ha paura di un ritorno al voto.
Qui la spiegazione è più articolata: prima di tutto Salvini vuole tornare al voto rimanendo però all'interno e al vertice della coalizione di centro-destra: non vuole cioè rischiare di perdere i voti di FI (vedremo poi un'ipotesi di dove questi potrebbero andare) e, per farlo, deve muoversi cautamente.
Passaggio obbligato per Salvini è quello di tentare di fare un governo di centro-destra guidato da lui. L'appoggio di Di Maio sembrerebbe impossibile (*1) ma mi chiedevo cosa potrebbe succedere in caso di spaccatura del PD, magari coinvolgendo alcuni parlamentari pentastellati che in caso di ritorno anticipato alle urne rischierebbero di non essere ricandidati: la mia sensazione è che comunque mancherebbero i voti ma tentare non nuoce e, come detto, si tratta di un passaggio obbligato per Salvini solo dopo il quale potrà chiedere il ritorno alle urne.
Va infine presa seriamente in considerazione l'ipotesi di una spaccatura del PD: in effetti questa sembrerebbe la vera strategia di Martina (che sa bene di non avere il numero di parlamentari per governare col M5S) tutta in funzione anti-Renzi, per indebolirlo e logorarlo.
Nell'ipotesi di un PD spaccato c'è da considerare quali potrebbero essere le possibili alleanze di questi suoi frammenti (chiamiamoli per semplicità PD-Renzi e PD-Martina) in caso di ritorno alle urne. Probabilmente è fantapolitica ma sarebbe possibile (magari anche solo come minaccia!) un'alleanza PD-Renzi + FI + (forse, ma più facile che rimanga con la Lega) FdI? Io credo che sarebbe improbabile ma non impossibile.
Il PD-Martina invece resterebbe alla sinistra da solo (a mio avviso con buone prospettive) oppure si potrebbe ipotizzare una coalizione M5S + PD-Martina? Il M5S ha sempre voluto correre da solo ma probabilmente in questo caso l'alleanza sarebbe veramente vincente: decisiva la posizione di Grillo-Casaleggio, basterebbe una loro parola e anche questo ennesimo cambiamento di strategia sarebbe accettato dalla base pentastellata. Piuttosto riemergerebbe veramente la questione se il M5S-Grillo/Casaleggio sia un populismo rinunciatario o ambizioso.
Riassumendo: 1. la lotta interna nel PD sta andando come previsto, piuttosto si dovrebbero già analizzare le possibili alleanze in caso di ritorno alle urne; il voto anticipato mi sembra ancora un'eventualità impossibile ma la paura di esso è ciò che attualmente muove la politica nazionale e ce ne dà la chiave di lettura: per questo è importante valutare le ipotesi delle possibili alleanze (fanta e non) sullodate. 2. Il comportamento di Salvini è logico e segue il percorso previsto: quando sarà pronto, anche lui chiederà il ritorno al voto ma non prima di aver fatto i passi necessari (essenzialmente il tentativo di formare un governo). 3. Le ragioni della richiesta di ritorno al voto di Di Maio non mi è chiara: come minaccia per forzare un'alleanza fra M5S e (solo) Lega infatti non funziona (*1): probabilmente va vista solo come un passo necessario in vista di un governo del presidente (o come lo volete chiamare) ipotesi però questa che, sebbene accettabile dal M5S-Grillo/Casaleggio non è certo la preferita da Di Maio che perderebbe infatti la possibilità di divenire primo ministro. Tutto questo considerando solo le dichiarazioni ufficiali riportate dai media che non ci raccontano gli eventuali accordi segreti e che, probabilmente, rendeno opache le reali intenzioni di Di Maio...
Conclusione: continuo a ritenere l'ipotesi più probabile un governicchio del presidente (o come lo volete chiamare), che non durerebbe un anno ma andrebbe per le calende greche...
Nota (*1): ho capito! si tratta proprio di pressioni alla Lega! La dichiarazione di Di Maio va letta infatti non come “o ti allei (da solo) con noi o si ritorna al voto”, ipotesi che a Salvini andrebbe benissimo, ma “O ti allei (da solo) con noi o si fa il governo del Presidente e tu resti da solo all'opposizione”. Cioè la dichiarazione di Di Maio equivale a un “preferiamo fare un governo del Presidente piuttosto che allearci insieme all'intero centro-destra”. E tutto questo mostrando spirito democratico e “coerenza” agli elettori pentastellati suggerendo il ritorno al voto.
alla prima stazione
1 ora fa
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